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Va' dove ti porta il ruolo: Avventure semiserie di una docente precaria nella Repubblica delle banane
Va' dove ti porta il ruolo: Avventure semiserie di una docente precaria nella Repubblica delle banane
Va' dove ti porta il ruolo: Avventure semiserie di una docente precaria nella Repubblica delle banane
E-book95 pagine1 ora

Va' dove ti porta il ruolo: Avventure semiserie di una docente precaria nella Repubblica delle banane

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PREFAZIONE DI MARCO TRAVAGLIO

De Gregorio, docente di scuola superiore, racconta le peripezie di una precaria, che per dieci anni insegue il posto fisso, in giro per lo Stivale, in compagnia di altri “sfigati” come lei. Con una narrazione dai toni caustici, irriverenti ma anche frizzanti e divertenti, prende di mira, infatti, anche tutti quei politici che, pur non sapendo nulla di scuola, regalano perle di saggezza agli addetti ai lavori e propinano riforme e controriforme annunciate come risolutive, foriere di speranza per chi avrà il privilegio di provarle sulla propria pelle… e che invece si rivelano sempre delle «boiate pazzesche», come le ha definite Travaglio nella prefazione.
Passa in rassegna l’iter (leggasi via crucis) per arrivare al ruolo, raccontando delle scuole di specializzazione in cui nessuno ha imparato nulla, del concorso (“il concorsone”) diabolicamente ideato dal ministro Profumo, della creazione delle graduatorie ad esaurimento (definizione sinistramente profetica voluta da Fioroni), dell’anno di prova e formazione da affrontare e superare una volta passati in ruolo, magari a 50 anni suonati, dopo averne trascorsi 30 a stagionare in graduatoria, spesso lontani dalla propria terra, attrezzandosi per condurre una esistenza il meno vagabonda possibile, affidandosi a san Sussidio, il santo patrono di tutti i precari della repubblica bananesca, che dal primo luglio fino al 31 agosto si pongono sotto la sua benefica protezione per ricevere il miracolo, in ossequio al dono dell’ubiquità, di mangiare pane e companatico, fino a settembre, quando la scuola, ricomincerà.
LinguaItaliano
Data di uscita23 lug 2016
ISBN9788861556614
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    Va' dove ti porta il ruolo - Lucia De Gregorio

    Lucia De Gregorio

    Và dove ti porta il ruolo

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.

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    ISBN 978-88-6155-661-4

    Proprietà letteraria riservata

    © Giraldi Editore, 2016

    Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo

    Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale o utilizzato dall’autore ai fini della creazione narrativa.

    A chi mi ha detto Scrivi un libro!

    Ed io l’ho scritto.

    PREFAZIONE

    di Marco Travaglio

    Se le prefazioni sono gli sproloqui di un dilettante che tenta di parlare di un libro scritto da un professionista, allora questa è una prefazione. Io della scuola sono sempre stato un utente piuttosto distratto, prima come studente e ora come padre di due figli studenti. Da giornalista, poi, ho tentato più volte di approfondire i temi e i problemi scolastici, visto che ogni due per tre arriva una riforma, regolarmente annunciata come storica ed epocale nonché risolutiva. Ma mi sono sempre arreso, perché confesso di non averci mai capito un’acca: mi bastavano, lombrosianamente, le facce dei ministri che le firmavano, quelle riforme, per capire che erano delle boiate pazzesche. Ora, dopo la lettura di Va’ dove ti porta il ruolo, sono felice di scoprire di averci azzeccato.

    Confesso che, dopo aver assistito agli esami di maturità di quest’anno dove passava anche mio figlio (che mi hanno ricordato pericolosamente il mio, ma di terza media), mi erano cadute un po’ le braccia e avevo perduto quel po’ di fiducia nella scuola che mi era rimasta. Ma poi, leggendo la prosa frizzante e divertente di Lucia De Gregorio in questo libro, mi sono parecchio rincuorato. Vorrei che gli insegnanti, precari o di ruolo, fossero tutti come lei: competenti, appassionati e spiritosi. Se prendessero tutti esempio da lei, forse riuscirebbero a lasciare qualcosa ai nostri figli, perché non c’è miglior arma dell’umorismo per parlare di cose serie, far passare un concetto, insegnare una nozione, far amare uno scrittore, foss’anche il più palloso.

    Certo, ci vuole pure del fegato per mantenere il sense of humour dopo l’incredibile via crucis professionale ed esistenziale narrata da Lucia, eterna precaria divenuta finalmente di ruolo dopo dieci anni di insegnamento: dalla laurea all’abilitazione, dal master al perfezionamento, dai semestri aggiuntivi ai corsi di metodologie dell’insegnamento e strategie della comunicazione, dai laboratori psico-pedo-etno-antropo-qualchecosa ai concorsoni, dall’anno di prova con tutor incorporato su su (o giù giù) fino alla gimkana geografico-burocratica per non morire o andare in pensione con i galloni da precario storico, o da neoprecario, o da precario di ritorno (alias perdente posto). Il tutto con la valigia sempre pronta a caccia di supplenze in giro per l’Italia. E in cambio di uno stipendio da fame, con corollario beffardo di risolini ironici degli amici che ti domandano: «Ma ancora lì stai? Ma chi te lo fa fare?!». O, peggio: «Ma perché ti ostini a credere nella scuola pubblica, col rischio che ti crolli in testa il soffitto, e non passi al privato?».

    Ecco, è meraviglioso scoprire che, a fare il mestiere più bello e più utile del mondo, sia rimasta qualche Lucia De Gregorio. E che, per puro miracolo, non abbia perso il sorriso.

    INTRODUZIONE

    Come si scrive un’introduzione seria ad un testo comico? Come si fa a scherzare su temi che suscitano, in chi li subisce, angosce e paure?

    Comincio raccontando un aneddoto. Ogni libro che si rispetti ha bisogno di una prefazione, affidata ad una firma autorevole, seria, meglio se conosciuta. Dati simili requisiti, mi è venuto spontaneo pensare a Marco Travaglio, che non ha bisogno di presentazione alcuna. La sua penna, infatti, è autorevole quanto basta, ma soprattutto ha una vena di comicità sottile e cattiva al punto giusto. È come un ghigno tra il serio ed il faceto, che spalanca la porta alla riflessione profonda, passando attraverso una risata di gusto.

    Decido, dunque, di rivolgermi a Marco Travaglio. Procuratomi il suo numero di telefono, che salvo sul cellulare sotto la voce Marco T. (per mantenere un certo qual riserbo e perché, in fondo, non ci credo neanche io che ho il contatto del mio giornalista-mito), mi piazzo davanti lo specchio e comincio a simulare una possibile conversazione. Quando mi sento sufficientemente pronta, compongo il numero, e aspetto, un po’ agitata ed in apnea, una risposta dall’altra parte. E invece è occupato. Riprovo: ancora occupato. Il signor T. è gettonato! Riprovo per una terza volta: niente. La conversazione-fiume, evidentemente, non accenna a diminuire. Dopo pochi minuti mi arriva un sms: «Chi sei?». È il signor T. Pensavo di cadere per lo shock! Poi sopraggiunge il panico: come spiego chi sono? Con le mani sudaticce che scivolano sullo schermo, emozionata mentre digito e poi cancello, devo fare ricorso a tutta la mia capacità di sintesi (che proverbialmente è assai scarsa), per dirgli chi sono, come ho avuto il suo preziosissimo numero e soprattutto per chiedere «Posso rubare due minuti?».

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