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Rituali scolastici
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Rituali scolastici
E-book92 pagine1 ora

Rituali scolastici

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Info su questo ebook

Come il prof, dopo aver massacrato per trent´anni la vitalità dei suoi alunni, scopre d´averne nostalgia. Come la prof di matematica viene accecata da un aeroplanino di carta, antico e poetico rituale che continua a sopravvivere nonostante la devastante concorrenza del telefonino. Come il bidello Attilio si meraviglia di quell´arnese, chiamato scopa, del quale ignorava l´esistenza. Come il pluriripetente Efisio, equilibrista improbabile, utilizza la sedia con i braccioli del prof. Come l´alunno, che sognava di emulare le gesta di Gianfranco Zola, scopre, mentre manovra una betoniera, che la scuola non è orrenda come lui se l´aveva dipinta. 
Proprio come accade per il teatro i personaggi di questo racconto, prima d´entrare in scena, indossano una maschera. E proprio come in una commedia, la sorpresa è nel finale...
Età: dai 10 ai 14 anni.
LinguaItaliano
EditoreCondaghes
Data di uscita18 mar 2018
ISBN9788873568766
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    Anteprima del libro

    Rituali scolastici - Augusto Secchi

    Augusto Secchi

    Rituali scolastici

    postfazione di Gianfranco Zola

    seconda edizione

    ISBN 978-88-7356-876-6

    Condaghes

    Indice

    Dedica

    Citazioni

    Rituali scolastici

    Quasi come un'introduzione

    L'alunno è un attore

    L'attore è un impavido

    Oltre alle comunicazioni ai genitori

    Le possibilità di raggiungere l’obiettivo

    All’entrata del prof in classe

    Il giorno dei colloqui

    Durante il compito in classe di italiano

    Dopo che ha esaurito i motivi familiari

    Quando all’alunno viene impedita

    Fuori dalla scuola il prof

    Fra aprile e maggio la scolaresca

    Il momento più drammatico

    Ogni tanto il prof

    Il prof solitamente

    Siccome la scuola oltre che

    Quasi come una conclusione

    Nota dell’Autore

    Postfazione di Gianfranco Zola

    L'Autore

    La collana Il Trenino verde

    Colophon

    in memoria di Gianluca

    a Gianfranco Zola

    ai miei alunni, inevitabilmente

    ...e le inutili ore di scuola scorrevano tra il

    materialismo hobbesiano e la critica al marinismo.

    Le punizioni minacciate dai profii e gli annunciati

    regolamenti di conti tra loro e gl’indolenti della classe non arrivavano mai, e il nostro,

    nel dubbio, non apriva nemmeno i libri.

    Stava seduto in ultimo banco...

    Enrico Brizzi

    Jack Frusciante è uscito dal gruppo

    L’elenco delle cose che la scuola ufficiale

    non vuole che si sappiano è sempre

    più nutrito e più interessante

    di quelle che essa vuole far conoscere.

    Michelangelo Pira

    La rivolta dell’oggetto

    Rituali scolastici

    Quasi come un’introduzione

    L’alunno è un martire, un perseguitato, una vittima immolata sull’altare della conoscenza. L’angolatura dalla quale patisce questa condizione è un parallelepipedo in fòrmica (cm. 80 x 45 x 2 circa), interamente coperto di graffiti vie­tati ai puri di cuore, detto comunemente ­banco.

    Le scarse dimensioni di questo laminato color teak, e il fatto di osservare dal basso verso l’alto il proprio carnefice assiso su una sedia con i braccioli, gli procura un senso di inferiorità dal quale si sente schiacciato: cerca di affrancarsene attraverso comportamenti e atteggiamenti che hanno il preciso intento di far fare la figura del babbeo al prof.

    Le indicibili sofferenze cui è sottoposto quotidianamente fanno deragliare, spesso, il suo intelletto e la sua percezione. Quando ciò accade si persuade che il suo carnefice sia nato ieri e che può gabbarlo quando e come vuole.

    Pensa, in altre parole, «che lei, proprio lei, caro professore, lei che non si è accorto d’avermi mandato otto volte in bagno nel giro di cinque minuti, lei che oramai ha sacrificato la sua integrità mentale e la sua memoria dentro quel registro blu, lei che mi ha messo quella nota, lei, caro il mio professore, mi verrebbe voglia di dirglielo in faccia, ma è meglio di no, è un cretino integrale».

    In realtà il prof, anche se è un beota di prima categoria, conserva un’invidiabile memoria a breve termine, e quando tu, proprio tu, chiedi per l’ennesima volta di andare in bagno, è felice di partecipare a quella recita che gli consente di liberarsi almeno per qualche minuto del tuo viso saccente e brufoloso e arrogante, e chiudiamola qui che è meglio.

    Il punto di vista dell’insegnante, detto anche rudere e carnefice e balengo e tonto e babbeo, e chiudiamola qui che è meglio, è un altro parallelepipedo, decisamente più grande (cm. 130 x 75 x 2 circa), ma sempre in fòrmica di pessima qualità, detto pomposamente cattedra. Dall’alto del suo scranno con i braccioli e dei suoi anni che scorrono troppo in fretta si convince di dominare la situazione.

    Questo relitto umano, si capisce, vorrebbe essere nato ieri e spesso rimpiange i bei tempi che furono, ma è incapace di proiettarsi indietro in quella bella età che precede ­l’adolescenza.

    Questa mancanza di memoria a lungo termine non gli fa conservare quel minimo di tolleranza necessario per farsi ingannare amabilmente dagli alunni.

    Egli reputa ogni risata una perdita d’autorità, ogni raggiro perpetrato nei suoi confronti un peccato mortale che deve essere espiato con la flagellazione o, in alternativa, con una sospensione a vita.

    In realtà, abbagliato com’è dalla sua protervia, non s’accorge che quei comportamenti da Capitan Fracassa, quell’andatura dinoccolata da bullo, quello sguardo da balente, altro non sono se non tentativi, quasi sempre maldestri, che il ragazzo utilizza per ridurre la distanza incolma­bile fra il banco e la cattedra, fra lui e il rudere.

    Quando porta a compimento la sua encomia­bile iniziativa, oltre a sentire appagati i suoi istinti primari, sente il proprio prof umanamente più vicino. Scorge, dietro la corteccia inespres­siva di quel viso programmato per terrorizzare, un essere umano.

    E se, putacaso, quell’essere cosiddetto umano un bel giorno d’autunno sorriderà, lui inizierà ad aprirsi e a parlare e a raccontargli i propri problemi e il motivo vero per cui ama così poco la scuola e chi ci lavora.

    E se il prof, non sia mai, continuerà a sorridere anche d’inverno, non è improbabile che quell’alunno incostante gli racconterà di una scuola distante dalla sua vita, dai suoi sogni, dalle sue aspettative. E forse, chissà, con l’arrivo delle prime rondini, accadrà un piccolo miracolo: quel ragazzo difficile e problematico sarà diventato un po’ meno difficile e un po’ meno problematico, sia per la scuola che per la società.

    In altre parole: se il prof, diocenescam­pieli­beri, ridesse più spesso e si lasciasse turlupinare con più frequenza, conquisterebbe la sua fiducia, e dunque, conoscendolo meglio, avrebbe più autorevolezza e ascendente su di lui.

    Il prof invece preferisce non mettersi in gioco e nascondersi dietro una maschera fatta di certezze apparenti e di espressioni truci che acui­scono questa distanza: «Ragazzi, ricordatevi che sono io che ho il coltello dalla parte del manico! Avete capito? Non sono mica nato ieri, io! Dove voi siete andati, il sottoscritto è andato e tornato! Tenetelo sempre a mente! Chiaro? Paolo si può sapere perché stai ridendo? Saltami la porta all’istante!».

    La cosa triste è che l’alunno continuerà in questo gioco al massacro per tutta la sua carriera scolastica, il prof fino al giorno della ­pensione.

    Quando nell’ultimo Collegio dei docenti scarterà la confezione dell’orologio in acciaio quasi inossidabile donato dai suoi colleghi gentili carini, si commuoverà e ringrazierà tutti con un sorriso e con un discorso interrotto quarantatre volte dagli applausi.

    Poi verrà stappato

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