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I Veri Segreti per Invecchiare Bene
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I Veri Segreti per Invecchiare Bene
E-book74 pagine40 minuti

I Veri Segreti per Invecchiare Bene

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Info su questo ebook

L'invecchiamento non è un processo monolitico, a senso unico, di logoramento, dominato dalla perdita, ma è influenzato da variabili complesse che possono, al contrario favorire un invecchiamento di successo. L’età matura deve essere un esempio di realizzazione personale e non di declino. Prendiamo in mano la nostra vecchiaia e facciamone un Capolavoro!

LinguaItaliano
Data di uscita24 nov 2012
ISBN9781301500024
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    Anteprima del libro

    I Veri Segreti per Invecchiare Bene - Patty Jones

    In questo testo, ci proponiamo di avversare l'opinione abbastanza comune e frequente che l'invecchiamento si accompagni inesorabilmente al deterioramento irreversibile delle funzioni fisiche e mentali. Ciascuno di noi, alla nascita, ha al proprio interno un orologio che scandirà il tempo dell'esistenza. Se nei nostri geni è scritto, in buona parte, il nostro destino, la possibilità di raggiungere l'età avanzata sarà condizionata dal modo in cui conserviamo l'orologio, evitando che si inceppi prematuramente oppure che i meccanismi possano arrugginirsi. Recentemente è stato dimostrato che, accanto a fenomeni di perdita, di cellule e di collegamenti, nel cervello senescente sono conservate capacità riparative, e rigenerative; questa proprietà, nota col termine di plasticità neuronale, potremmo immaginarla come quella di un meccanico esperto che interviene a riparare alcuni danni. La plasticità è il meccanismo del cervello che ne regola la caratteristica di essere continuamente modificato e modificabile dal prodotto della sua stessa attività. L'invecchiamento non è un processo monolitico, a senso unico, di logoramento, dominato dalla perdita, ma è influenzato da variabili complesse che possono, al contrario, nell'equilibrio instabile tra logoramento e plasticità, favorire un invecchiamento di successo. L'attività mentale e fisica rappresentano potenti mezzi per amplificare i meccanismi di difesa dell'organismo e del cervello. E' stato dimostrato che un ambiente stimolante e l'opportunità di un maggior esercizio producono un aumento di spessore e peso del cervello, un aumento dei collegamenti tra neuroni nonché un miglioramento delle performance generali. Numerose osservazioni, ottenute prevalentemente in laboratorio, suggeriscono l'evidenza di un effetto protettivo della stimolazione: Usalo o lo perderai titolava un recente articolo riferendosi al cervello; dovrebbe essere il motto per tutta la vita. Sono numerosi gli anziani che in età avanzata conservano la capacità di svolgere compiti complessi e di rivestire incarichi sociali impegnativi. E' stato dimostrato infine, in un gruppo di anziani che svolgevano regolarmente attività fisica anche dopo il pensionamento, che la circolazione cerebrale e le funzioni mentali erano meglio conservate rispetto a coloro che avevano ridotto o sospeso l'attività fisica. Ciò che si vuole sottolineare è il fatto che gli esempi, numerosi, di invecchiamento di successo, costituiscono un punto di riferimento per tutti quelli che invecchiano; sono la prova, inequivocabile, che è possibile invecchiare, sia pure con qualche acciacco, conservando la propria autonomia ed un cervello ben funzionante.

    INTRODUZIONE

    Nei poemi epici dell'antica Grecia, come l'Iliade e l'Odissea, scritti fra il X e l'VIII secolo A.C., il vecchio era tenuto in gran conto; Platone sosteneva nella sua Repubblica che al vecchio doveva essere demandato il compito di indirizzo e di direzione del potere politico, tanto che, letteralmente i più anziani devono comandare ed i più giovani obbedire; Marco Tullio Cicerone, un anno prima della sua morte, scriveva sul suo libro De Senectute che l'anziano non doveva abbattersi per il peso degli anni, perché c'è sempre il modo di rendersi utili, quando si è depositari di un patrimonio di conoscenza e di abilità che non può non essere utile alle generazioni future. C'è un Autore classico che ha invece contribuito ad alimentare il pregiudizio sulla vecchiaia, ed è Terenzio: la sua convinzione, peraltro citatissima, è che senectus ipsa morbus. Ma Terenzio non è il solo che fa allusioni più o meno esplicite alla necessità di porre fine all'esistenza degli anziani in quanto ormai inutili: pensieri di questo genere si trovano nelle letterature di tutte le epoche e di tutte le civiltà. In effetti gli anziani, sebbene costituiscano un gruppo di persone assai eterogeneo, con altissime differenze individuali, sono seriamente colpiti anche nella società attuale da una serie di pregiudizi che ledono la loro dignità e tendono di fatto alla loro emarginazione. Tra questi, i più comuni si riferiscono al fatto che le persone anziane siano sempre malate, invalide, povere, infelici, insofferenti, poco intelligenti, contrarie ai cambiamenti, non interessate al sesso, prive di soddisfazioni e via dicendo. La classificazione della condizione anziana come malattia cominciò con le ipotesi avanzate dai medici a cavallo dell'ultimo secolo, quando attraverso la dissezione di cadaveri furono indotti a pensare che era il processo stesso dell'invecchiamento a produrre condizioni patologiche irreversibili, che rendevano inevitabili una serie di malattie. Anche la moderna geriatria non è del tutto esente da colpe: nei suoi orientamenti di studio infatti essa ha fatto largo uso della associazione vecchiaia-decadimento oppure vecchiaia-malattia, qualunque fosse il grado di salute, di energia, di attività fisica degli anziani che si trovava a curare. Tutti i sintomi che si manifestavano in età avanzata tendevano ad essere considerati come precoci manifestazioni di demenza senile, in particolare la malattia di Alzheimer. Il semplice, naturale e del tutto sano processo di invecchiamento fisiologico è stato dunque spesso trattato spesso come una patologia. La riduzione delle capacità funzionali, l'emarginazione, la desocializzazione, la fragilità o la sofferenza che si possono talvolta osservare nei pazienti geriatrici distorcono facilmente

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