Odissea nella nebbia
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Ritornano i pirati Uscocchi della Camera dei Lordi, già protagonisti nei romanzi Quindici uomini (ed. Pulp, 2010) e Chi muore si rivede, le cui strampalate gesta vengono raccontate nel diario di bordo del quartiermastro Scassacarogna. Questa volta Capitan Nebbia, protagonista assoluto della storia, si fa fuorviare dalla visione del film di Stanley Kubrick 2001 Odissea nello Spazio e quindi decide di voler rivivere le tappe percorse da Ulisse dopo la presa di Troia. Tutto sommato la cosa potrebbe risolversi in una semplice crociera nel Mediterraneo, se non fosse che il Capitano è un seguace convinto di quella teoria, peraltro portata avanti da esimi professori universitari, in ragione della quale l’Odissea - testo base di riferimento per Felli - non è stata ambientata nell’odierna Turchia, in Grecia e in Italia, bensì nel Baltico, nel Mar di Norvegia, nella Scandinavia. Tutto sembra molto assurdo, ma non è affatto così...
Polifemo, Eolo, Circe, i Mangiatori di loto, i Lestrigoni, Scilla e Cariddi, le Sirene, Argo e altri ancora tornano dunque a farci compagnia, prendendo sembianze solo meno tragiche e più grottesche e surreali rispetto all’originale. Ovviamente, come al solito, non manca il tesoro da cercare, in questo romanzo che a suo modo, nonostante le evidenti influenze del Moby Dick di Melville, null’altro è che una rilettura in chiave comica del capolavoro di Omero.
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Anteprima del libro
Odissea nella nebbia - Pierluigi Felli
Prologo
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Scassacarogna?
Eccomi, Santità.
"Cara la mia feccia, volevo solo dirti che saranno sette giorni che ho finito di vedere il film 2001 Odissea nello Spazio e ancora..."
Bello?
Veramente non ci ho capito nulla, ma non è questo il punto.
E qual è, Vostra Enigmistica Settimana?
Il punto è che mi ha fatto venir voglia di partire di nuovo… e pure subito!
Ma… ehmmm… insomma… così, su due piedi? Proprio ora che avevamo trovato un po’ di serenità nella nostra isoletta della Sicilia, nel nostro nuovo regno… e poi, Vostra Luce, in che luogo vorrebbe andare?
Non di certo in un villaggio Mediterranée o Valtur, spregevole unicellulare, mi par ovvio. Ce lo vedi, tu, Capitan Nebbia in mezzo a casalinghe frustrate, a mariti affetti da rachitismo, a bambini superattivi e ad animatori depilati e muscolosi?
Chiaro che no, Vostra Barbarie, ci mancherebbe! Io int…
Ecco bravo, stai al tuo posto, sottoproletario che non sei altro, valvassino nonché di man falangetta, e ascoltami: innanzitutto non ti sto dicendo dove vorrei andare, bensì dove sicuramente andremo. Io, purtroppo te, e tutta la nostra invincibile ciurma uscocca della Camera dei Lordi.
Come comanda, Vostra Preveggenza. E allora orsù, parlate: per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?
"Mi sembra scontato: ho visto 2001 Odissea nello Spazio e quindi mi è salito il desiderio, incontenibile, di…"
Di andare sulla Luna?
No, tontarello, lì ci stanno per andare gli Americani…
Ah no, perché, come dire… sapete… è facile fare due più due: Spazio-Luna-magari Marte-Venere e…
E Zeus Cronide! Lascia perdere e stammi a sentire, piuttosto. Sto parlando del bisogno che ora ho di ripercorrere le tappe di Ulisse, per gli Achei Odisseo, appunto, dopo la presa di Troia.
Ah, bene,
risposi "e io chissà che mi credevo! Quel percorso, oggi che stiamo nel 1969, corrisponde né più né meno che ad una crociera nel Mediterraneo. Turchia, Grecia, Italia, un saltino sulla costa tirrenica, tuppe tuppe marescià, poi passiamo per lo stretto di Messina ed eccoci già di ritorno, qui, nella nostra bella isola Ferdinandea. Allora bisso il bene! e prenoto i biglietti. A proposito: la cabina, lato mare o corridoio?"
"Bisso il bene??? Ma come parli, ignobile oligofrenico da diporto. Come parli e soprattutto dove vivi? Omero, l’Uomo Che Non Vedeva, mica ha ambientato le sue opere in quelle zone là, sai?"
No-o?
No.
E allora dove si sarebbe svolta l’Odissea, Vostra Onniscienza?
"Tu segui me, inferior-inferioris-inferiori-inferiorem-inferior-inferiore, e lo scoprirai."
Lo seguii, e purtroppo abbastanza tardi compresi anche cosa volesse intendere quando, maligno e serafico, mi disse…
I posteri potranno trovare i luoghi esatti delle peregrinazioni di Ulisse solo quando si rintraccerà il calzolaio che ha cucito l’otre dei venti.
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Capitolo Primo
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Per organizzare la dipartita – è voluto – non ci impiegai che tre giorni.
Il primo di questi lo occupai per recuperare i dozzinanti. Scelsi il prodiere a cui affidare le manovre di prua, un maestro d’ascia tuttofare, un ramponiere, un dispensiere, un mozzo e una vedetta. Dell’originaria ciurma avevo soltanto sei uomini, ma nessuno di essi avrebbe potuto svolgere al meglio quei ruoli rimasti scoperti.
Oremus, Damerino Jackson, Anà, Unboccale Inunsorso e Cuore Spezzato erano dei pirati, pirati e basta, quindi guerrieri della tolda, mentre il Signor Tre era sia vecchio che mutilato. Insomma un ancorotto, come diciamo noi, un disalberato, un monco per di più talmente zoppo da esser addirittura dispensato dall’inginocchiarsi davanti a Dio, a Nettuno e a Capitan Nebbia.
Durante le selezioni, chiamiamole così, l’animo mi si rallegrò pure, e il motivo di ciò va ricercato nel fatto che feci la conoscenza di alcuni esseri davvero singolari.
Penso al ramponiere, laureato sul campo in Cetologia ma scansato da tutti gli abitanti dell’isola Ferdinandea non tanto per esser convolato, da ubriaco, a giuste nozze con un orango, quanto per non aver minimamente pensato, da sobrio, al divorzio.
Oppure al giovin mozzo, la cui sola presenza fisica generava in chi gli si poneva di fronte un sentimento di tenerezza. Persino un antropofago avrebbe avuto pena di quel dodicenne appena schiuso alla vita, di quel novellino dagli occhioni neri capaci di stupirsi per un nonnulla, di quel merluzzo ancora candido come la vetta dell’Himalaya e incompromesso dal marciume dell’esistenza quasi quanto il più famoso dei bimbi: lo scampato per miracolo al censimento di Erode; persino un cannibale della Papuasia, dicevo, avrebbe avuto pietà di lui e lo avrebbe quindi lasciato… come ultima pietanza!
Non da meno, per l’interesse che mi suscitò, fu il nerboruto ometto che mi si parò dinanzi per essere ingaggiato come addetto alla coffa, che è quel nido d’aquila a forma di cestello posto sulla sommità dell’albero di maestra, sul quale viene mandato il marinaio dalla vista più acuta con il compito di segnalare qualsivoglia elemento suscettibile di interesse.
Ho parlato semplicisticamente di marinaio, ma in realtà, per assolvere a regola d’arte questa importantissima funzione, il candidato deve avere… anzi deve essere molto di più che un lavorante della nave. L’abitatore della testa d’albero abbisogna che sia, a suo modo magari, anche un eremita. L’Uomo della Coffa deve per forza di cose esser dotato di sovrumana pazienza ed è bene anche che si senta portato per le meditazioni algoritmiche, che del resto rappresentano ancor oggi l’hobby più diffuso tra questi filosofi dell’attesa.
A proposito.
Il nostro aspirante al posto, diciamo pure alla più alta carica del bastimento, nel presentarsi al mio cospetto non solo mi allungò nella mano un vero e proprio