Chi muore si rivede
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Non ingannino le situazioni e i dialoghi alla Pirati nei Caraibi, perché Chi muore si rivede è
un romanzo storico a tutti gli effetti. Siamo nel 1946 nella zona più arida e povera del Brasile, il cosiddetto Nordeste, là dove ancora resistono all’avanzata dell’Ordine e del Progresso i cangaceiros, i banditi del Sertão, e dove sbarcheranno, alla ricerca di un fantomatico tesoro, alcuni pirati provenienti addirittura dal golfo del Carnaro, nell’Adriatico. Da una parte il capo Bibbia, il luogotenente Unghie di Gatto e la femmina Brigantina Suarez; dall’altra Capitan Nebbia, il quartiermastro Scassacarogna e tutta la Camera dei Lordi, la famigerata ciurma uscocca di Fiume. L’alleanza tra questi due mondi produrrà un susseguirsi di avventure, che culmineranno nel modo meno previsto allorquando i pirati si accorgeranno che esiste un secondo tesoro molto più appetibile del primo e i cangaceiros scopriranno invece che i loro nuovi compagni altro non sono che ritornanti, ovvero non-morti che vagano senza pace sin dal 1500...
Vicende storiche inoppugnabili (interessantissime quelle del Partito Comunista Brasiliano che qua e là vengono dall’autore rapportate al ribellismo anarcoide dei cangaceiros e al fanatismo religioso che hanno percorso il Brasile di quell’epoca) e citazioni colte (fantastico il racconto in latino di un improbabile matrimonio) non stridono affatto con quella particolare comicità che da sempre caratterizza la narrativa di Felli.
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Anteprima del libro
Chi muore si rivede - Pierluigi Felli
Il Sertão – quaranta gradi all’ombra, se ci fosse ombra – è un postaccio talmente arroventato dal Sole che, soltanto a nominarlo, prima ti viene sete, poi ti prende la febbre e infine muori. Abbronzato, ma muori. Vostra Squamosità?
urlai all’indirizzo di Capitan Nebbia. Chi osa?
sibilò di rimando il nostro condottiero. Sono io, Eminenza…
Grigia solo perché avvolta nella caligine e non certo per il fatto che consigliasse chicchessia senza farsene accorgere, da dietro le quinte, nell’oscurità. Sono Scassacarogna, il vostro indegno quartiermastro
continuai e volevo soltanto permettermi di segnalarvi che sarebbe giunta l’ora di salpare l’ancora.
Per dove, di grazia?
Ma… ma come per dove… Ma per il Brasile, Vostra Assurdità. L’avevate per caso dimenticato?
No di sicuro, Scassacarogna, che dite mai. Volevo in realtà mettervi alla prova, vedere insomma se eravate pronto, mentalmente reattivo. E noto con un certo dispiacere che lo siete ancora, nonostante l’età. Comunque, dicevate il Brasile… e dove si trova, questo Brasile?
Dall’altra parte del mondo, Sire. Ma non dovete preoccuparvi di nulla perché ci arriveremo senza alcun dubbio. Abbiamo una ciurma pronta a tutto, lo sapete.
Ah bene, bene così. Ma ditemi, Scassacarogna dei miei stivali, non è che questo Brasile si trovi per caso in Lusitania?
Ma no, che dite! Siamo oramai nell’anno Domini mill…
"Aaaaahhh!!! Cosa odono mai i miei nervi acustici, la
mia coclea, il mio labirinto, la mia staffa, la mia incudine (e sto) e il mio martello (e allora batto), il mio timpano, la mia tromba d’Eustachio e il mio padiglione auricolare!
Quante volte vi ho ripetuto, Scassacarogna che non siete altro, che qui, sulla mia nave, esiste soltanto l’anno Neptunii?
Chiedo venia, Vostra Anatomica Erudizione. Tuttavia dobbiamo adeguarci ai tempi e quindi, solo per farmi comprendere meglio, voglio dire che siamo nel 1946, mese di settembre per la precisione, e la Lusitania ora è conosciuta da tutti come Portogallo. E il Portogallo è a due passi da noi, mentre il Brasile, ve l’ho detto, si trova al di là dell’Oceano Atlantico. Questi due luoghi sono stati uniti da una lunga storia di colonizzazione – che non sto a rammentarvi perché voi, Immensamente Colto, già la conoscete, ne sono sicuro – e lo sono tuttora quanto alla lingua, che è giustappunto la medesima. Ma certo non lo sono, uniti, dalla terra."
Lo so lo so
disse spiccio Capitan Nebbia, mentre accompagnava le parole con un gesto come a suggerirmi Via via, andate oltre ve ne prego, soprassedete. Tuttavia non feci in tempo ad obbedir tacendo, che Lui continuò. Ah la Lusitania!
proferì romantico. Avevo una fidanzata, una volta, in Lusitania. Ma ora è passato talmente tanto tempo che non ne ricordo nemmeno il nome, pensate.
Brigantina, se posso permettermi. Si chiamava Brigantina Suarez e voi… voi… come dire…
Orsù, dite dite! Non fatevi pregare.
Voi insomma… l’avete fatta uccidere, ecco!
Dite, Scassacarogna?
Dico dico, Vostra Irraggiungibile Statura Immorale: l’abbiamo, sempre dietro vostro ordine, s’intende, prima caricata su una tinozza, poi fatta allontanare in mare aperto infine affondata dopo un paio di bordate. Saltò in aria che fu uno spettacolo e poi sicuramente il kraken, la piovra gigante che ci viene appresso da secoli, se la sarà pappata in un sol boccone. C’è da aggiungere che avete anche pronunziato il suo elogio funebre, salvo in ultimo ritirarvi nelle vostre stanze – che poi di camera ne avete una soltanto e per di più la dividete con il qui presente – per tatuarvi sulla pancia un cuore trafitto e, va da sé, sanguinante.
Ma davvero?
si chiese Capitan Nebbia mentre le sue mani avevano appena iniziato una gorillesca opera di disboscamento, di estirpazione dei peli dell’addome sì da ricercare il disegno indelebilmente marchiato, ovverosia la prova di quanto da me asserito. Comunque, bando al sentimento!
gridò all’improvviso. "La sfera emozionale non fa per noi! Piuttosto, dato che dobbiamo partire per l’ennesimo lungo viaggio, mettetemi al corrente dei nomi dei componenti di questa ciurma cerimoniosa e maligna, come ebbe a dire, un dì lontano, il Foscolo. Insomma del basso personale a bordo della nostra…
anzi della mia nave.
In verità, Vostra Eccentricità, non è che siamo rimasti in molti, dopo l’ultima battaglia. Siamo però sempre una bella marmaglia; belle canaglie voglio dire, decise e capaci nel rendere la nostra goletta una botte di ferro."
I nomi, egregio il mio infinitamente succube, voglio che elenchiate i nomi di questi giovani virgulti appartenenti alla Camera dei Lordi.
Beh, giovani…
Nell’animo, suvvia! In mare, in fondo, e anche in fondo al mare, non abbiamo mica mai avvistato un’anagrafe! Magari un naufrago, un bastimento, un cetaceo, questi sì! Ma un’anagrafe, per la barba di Saturno, mai.
Ovviamente è come dite voi, Vostra Luminescenza…
E certo che ho ragione io, miserabile riverbero!
Sicuro, appunto
continuai con tono sommesso nonché sottomesso. Quindi, dicevo: dei Quindici Uomini (sulla cassa del morto, oh ohoh oh ohoh!) che eravamo un tempo, ora siamo rimasti in dieci.
Dieci???
Sì, esatto: otto più noi due. In compenso, però, a supporto abbiamo ai remi una dozzina di schiavi appena catturati nell’Alto Volta; quindi c’è un ratto, Mezza Orecchia, che da giovane dice…
Dice?
Va be’, insomma, squittisce di esser stato addirittura guardiamarina. Poi c’è il mio personale pappagallo, il famosissimo Quando Tramonta il Sol, che ha sempre meno penne, devo dire, ma del resto in qualche modo dovrò pur scrivere…, e infine c’è il kraken, lo sapete.
Ad abundantiam.
Per l’appunto.
"E ditemi, vil Scassacarogna, ma com’è che sono schiattati questi nostri ragazzuoli? Mi spiego meglio, ché voi già capite poco per conto vostro. Vorrei che mi delucidaste su come sia mai potuto accadere di aver registrato tra le nostre fila delle perdite, dei caduti, insomma dei morti quando noi,
noi Uscocchi della Camera dei Lordi, siamo un’accozzaglia di spettri, un equipaggio (con solo voi, però, a far da paggio) fantasma che da secoli vaga per mari e che di conseguenza, per Antonomasia e per Tritone, non può morire?"
Misteri della letteratura popolare, presumo
risposi mentre, carta d’ingaggio alla mano, mi accingevo a leggere a voce alta i cinque nominativi sui quali avevo vergato un appropriato signum crucis.
Posterum, quel maledetto turlupinatore di imberbi, se n’è andato tra le possenti braccia di Poseidone a pagina del mio precedente diario di bordo; Ven…
Ah sì, Posterum. Lo ricordo magnificamente. Se non sbaglio…
Ma voi non errate mai
ebbi l’ardire di interromperlo,
seppur da genuflesso.
Se non sbaglio, dicevo
mi diede sulla voce, stizzito "aveva il gozzo da abitante di Bergamo, Bergamo bassa, e quegli occhi tiroidei inequivocabilmente descritti dall’esimio professor Karl von Basedow nel tomo Gozzoviglie vissute pericolosamente, con smodatezza e nel chiasso più totale in quel di Port-au-Prince. Un capolavoro assoluto.
Dico a-sso-lu-to, chiaaaroooo?"
Come l’aurora in Finlandia
ammisi prima di continuare, imperterrito, con l’elenco. "Vento in Panna, il brachiopode, è sparito negli abissi a pagina 58, mentre Motombo, quel mezzo boscimano, è morto a pagina 70.
Quanto a Mazzanera, riportai la notizia della sua testa mozzata nella pagina 118, dedicandogli invero non più di qualche capoverso,