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La Foresteria
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E-book232 pagine1 ora

La Foresteria

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«Un susseguirsi di flash narrativi, un rincorrersi di attimi avvinghiati a un vincolo vitale senza freni. Nella complessità strutturale dell’opera non riusciamo a percepire un segmento, piuttosto ci arriva un ritmato susseguirsi, travolgente, di situazioni poetiche. Non a caso l’autore, nel sottotitolare la raccolta, utilizza l’espressione Diari poetici e poesie prosaiche: sotto le sembianze di appunti irriverenti, si cela una studiata architettura narrativa e percettiva. Sentiamo una certa fremente eccitazione nello svincolarli dalla mente e farli scivolare, non via, ma tra le mani, in una quasi possessiva voluttà.»

David Tognoli, nato a Edolo (BS), classe 1984, vive a Brescia tra musica, letteratura ed escursioni montane. In arte David Moriarty, partecipa come chitarrista e voce a vari progetti, fra cui il duo Franc Didic (indietronica, live visuals) e, attualmente, la band Teich (post-rock, shoegaze). Ha occupazione in diversi ambiti lavorativi, in ultimo nel settore GDO e ristorazione. Tra gli esperimenti letterari spicca la raccolta di haiku New Pops, pubblicata nel 2018.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2020
ISBN9788830631472
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    Anteprima del libro

    La Foresteria - David Tognoli

    prosaiche

    Introduzione

    di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile:

    «Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere.

    Sarò tutti i personaggi che vorrò essere».

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi:

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi, ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei Santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i quattro volumi di Guerra e pace, e mi disse: «Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov».

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre, è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi, potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Prefazione

    di Pamela Michelis

    Un susseguirsi di flash narrativi, un rincorrersi di attimi avvinghiati a un vincolo vitale senza freni. Nella complessità strutturale dell’opera non riusciamo a percepire un segmento, piuttosto ci arriva un ritmato susseguirsi, travolgente, di situazioni poetiche.

    Non a caso l’autore, nel sottotitolare la raccolta, utilizza l’espressione Diari poetici e poesie prosaiche: sotto le sembianze di appunti irriverenti, si cela una studiata architettura narrativa e percettiva. Sentiamo una certa fremente eccitazione nello svincolarli dalla mente e farli scivolare, non via, ma tra le mani, in una quasi possessiva voluttà.

    [...]

    Piove al risveglio, ma non sulle nostre teste – bagliori negli occhi, nel buio per associazione scorci diventano di Twin Peaks, per una notte con il fiume vicino.

    Attraversiamo un vecchio ponte di pietra medievale e saliamo lungo la stradina al paese. Santi sui muri di paesi di pietra. Santi nei boschi e sui sentieri.

    Noi divisi: con attese e pensieri vuoti, solo formule, e ciechi e sordi all’accadere.

    [...]

    (Gestazione del mantello terrestre)

    È un ritmo sostenuto e continuo, quello che permea l’intera opera, come una camminata a passo svelto senza un appuntamento preciso, solo per il piacere di sentire quel brivido di accelerazione nel prendere in mano la propria vita.

    Ogni verso è un salto visivo, come se fosse talmente tanta l’esperienza da concentrare che non è possibile soffermarsi a lungo su un dettaglio. Quasi una visione famelica, ingorda... eppure, non c’è un odore, un profumo, uno sguardo o un suono che sia sfuggito alla percezione del poeta. Anzi. Tutto ci viene restituito con una vividezza che tramortisce, in una totale assenza di mezze misure. Un eccesso di cui non ci sentiamo mai sazi.

    [...]

    Sulle mani e nel naso

    Ho catturato per sempre

    L’odore della Perla Nera Danzante

    – donna selvaggina fiera e meravigliosa e viva che non si nasconde e si insinua in oniriche riproposizioni come se tutto non potesse finire mai e fossimo tutti figli di una stessa Festa del Mondo senza camere affittate o comprate raccogliendo preghiere attorno ad alti roghi universali –

    Sull’argine erboso

    Papaveri, vulve sfiorite sull’asfalto muto, nudo

    E dietro casa, uccelli nel cielo volteggiano,

    Urlando – È un fiore di carne! È un fiore di carne! –

    [...]

    (X-Files)

    Allo stesso tempo, l’autore è capace di incredibile delicatezza, in quegli attimi che sentiamo sospesi, appartenenti a una dimensione privatissima che con enorme sforzo mette a nudo per un lettore guardone che forse potrebbe non capire: è una prova di fuoco, quasi decidesse di gettare in pasto qualcosa che vuole farci credere meno importante, ma così non è.

    [...]

    Ti sento forte e chiaro dentro di me

    Parlando e confrontandomi con la gente,

    Guardando negli occhi gli amici.

    Ti sento forte e disperato dentro di me

    Quando penso alla tua scelta di abbandonare la vita

    Per disperderti chissà dove.

    [...]

    (A mio padre)

    Non fermatevi: a una prima lettura, a un primo giudizio, a una prima percezione... non è questa un’opera che merita un solo incontro, scoprirete come, a ogni verso che farete scorrere tra le vostre labbra, vi arriverà un sapore nuovo. E ne vorrete ancora, e ancora.

    Prima parte - Dal mondo, dai mari e dai sogni

    Aegades

    Una visione ipnagogica:

    Sto sparpagliando tutt’in giro, a terra,

    Un sacchetto di biglie d’argento –

    Mi desto che son seduto sulla sedia di un Dio

    E salgo sopra il mondo, oltre una landa di nuvole

    Arrivo in Sicilia

    In cerca di passaggi in autostop

    Gambe incrociate seduto sull’asfalto

    Caldo dentro sotto e sopra

    Lo sconfinato, azzurro-celeste-indaco

    Che dice Aah! Che gioia!

    E mi accoglie nel miglior modo a braccia aperte

    Fino ai bagli di sole nelle campagne

    E poi a zig zag sulle frontiere del mare

    Fino a corpi di stelle,

    E poi verso casa, una mia nuova casa nel mondo,

    Am Königreich

    Riporta una targhetta sull’ingresso

    Vicino a un piccolo geco sul muro

    Mentre io me ne sto con la mia catarsi dell’io

    Già dentro al canale di reti e preghiere

    Che strisciano, che strisciano tutte

    Per le vie della casbah

    E non ci vuole molto tempo

    Ascoltando Lory Anderson

    Per vedermi scuotere la cenere e le briciole

    Dalla tovaglia del pranzo,

    E dopo aver trovato la pace pomeridiana

    Già mi vedo arabo cartaginese, beduino,

    Favignana, sì, Favignana ti cambia all’istante,

    È già sera a Favignana,

    Levanzo è una macchia nera sull’orizzonte

    Del mare che non è così tenero come dipinto

    Nei quadri delle osterie,

    La luce del faro di Punta Lunga

    È un fantasma che corre veloce

    Fra gli arbusti di finocchietto immobili,

    Sera che rimbocca spiagge e scogli,

    Laggiù nella sera sonnecchiano

    Cala Rotonda con il suo teschio del passato,

    Tutti i tramonti che ha visto l’Arco di Ulisse,

    I segni del bastone e le orme di Sciascia sugli sterrati

    E io non sono altro che un giovane vero falso poeta

    Adesso qui, in mezzo a letterati che mi circondano

    Ormai vecchi e affermati, stanchi,

    Perduti quasi quanto me,

    Che non mi danno molto retta

    Se non quando faccio domande

    Innocenti sulla rafia o raffia e mi innaffio la gola

    E il cuore cercando di non dare troppo nell’occhio

    Con bicchieri di rosolio di lumìa

    In veri bicchieri d’epoca per il rosolio,

    Quindi mi incammino e passeggio nella notte

    Alla zona del Pozzo, ai Faraglioni, e fantastico

    Su quello che nel corso degli anni

    Può essere successo dove mi trovo,

    Sulle orge romane che avvenivano in paese,

    Sui tragitti in barca a vela anni ‘50 ‘60 verso la

    Mistica Marettimo, su tutto

    Quello che è sempre appartenuto

    A queste isole, a tutti quelli che hanno sospirato

    E che si sono goduti la vita

    Oppure no, a impazzire, a morire,

    Un’altra stretta lunga strada disperata nel mondo

    Intravedo già,

    Stelle che sorprendentemente spuntano

    Quando la sera è tarda per tutti

    Ma non per me, estasi,

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