Evoluzione della Comunicazione Istituzionale nell’Ultima Istituzione Totale
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Evoluzione della Comunicazione Istituzionale nell’Ultima Istituzione Totale - Enrico Farina
Bibliografia
Introduzione
L’attenzione alla comunicazione, intesa come mezzo attraverso il quale si strutturano le dinamiche tra individui ed organizzazione, ma anche in quanto strumento atto a veicolare l’immagine dell’Amministrazione all’esterno, è un aspetto che nessun Ente (pubblico o privato) può oggi trascurare, neppure il carcere che, per natura intrinseca chiusa ed autoreferenziale, è stato definito l’ultima Istituzione Totale.
Il presente elaborato si pone l'obiettivo di offrire una cornice concettuale utile a comprendere l'evoluzione della nozione di Comunicazione Istituzionale nell'ambito del sistema penitenziario italiano, approfondendo nello specifico l'esempio di una realtà di eccellenza di tale settore, la Casa di Reclusione di Sant’angelo dei Lombardi, vincitrice nel 2011 del Premio Qualità della P.A.; questa realtà organizzativa ha saputo mediare tra esigenze di sicurezza e di rieducazione del reo, attraverso l’implementazione di un efficace sistema organizzativo basato su principi di management by objectives.
Questo carcere, oggi considerato fiore all’occhiello dell’Amministrazione Penitenziaria, è divenuto oggetto di costante attenzione positiva da parte dei media nazionali, per la capacità del proprio management di saper applicare, in una realtà tanto difficile come quella penitenziaria, un modello di organizational learning idoneo a conseguire risultati istituzionali sempre più ambiziosi e lungimiranti.
Lo studio di tale modello verrà preceduto dall'illustrazione di un concetto essenziale e propedeutico alla comprensione del sistema carcere, che si sostanzia nell'assunto che l'esito di qualunque azione di reinserimento sociale dei condannati si basa su un efficace ed innovativo sistema di gestione organizzativa dell’Amministrazione della Giustizia, con specifico riferimento a quella penitenziaria, chiamata a bilanciare e mediare tra esigenze di rieducazione e di sicurezza: non può esservi rieducazione senza sicurezza e, allo stesso tempo, non può esservi sicurezza senza rieducazione. Il concetto di pena non può più prescindere, né scindere, il principio di sicurezza da quello di rieducazione, come invece è avvenuto nella realtà quotidiana delle carceri italiane sino al 26 luglio 1975, data di introduzione della Legge 354 sull’Ordinamento Penitenziario. L’evoluzione normativa della Legge 354/75 ha dato impulso ad una profonda trasformazione dei concetti di pena, carcere e rieducazione. I recenti stimoli concettuali ed operativi provenienti dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria Italiana, ispirati ai principi fondanti la legge 354/75, mirano a implementare nuove modalità di gestione delle dinamiche carcerarie di custodia e di trattamento rieducativo.
Lo stesso concetto di custodia richiama la duplice funzione delle carceri, che si sostanzia:
da un lato, nel custodire
i soggetti privati della libertà personale;
dall'altro, nel predisporre percorsi trattamentali individualizzati che tendano
alla rieducazione del reo; non può esservi rieducazione, infatti, a prescindere dai fattori individuali (giuridici e psicosociali), sociali, culturali e sub-culturali.
Nei prossimi anni il carcere dovrà affinare gli strumenti operativi necessari a garantire gli obiettivi di sicurezza sociale e rieducazione dei condannati (così come affidato dalla Costituzione), ma anche imparare a comunicare l'organizzazione all'esterno, veicolando un messaggio di apertura e collaborazione tra il dentro ed il fuori.
1-Evoluzione del concetto di Pena nel terzo millennio
Il trattamento penitenziario, in ossequio al dettato Costituzionale, è finalizzato alla realizzazione di un duplice obiettivo:
sostegno degli imputati
rieducazione dei condannati e degli internati
.
L’accezione attribuita al concetto di custodia
si correla imprescindibilmente a quello di individualizzazione del trattamento; infatti, come recita l’art. 1 dell’Ordinamento penitenziario: "Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione, in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti".
Il nuovo ordinamento penitenziario, dettagliato nelle disposizioni della legge n. 354/1975 e nelle norme regolamentari del D.P.R. n. 230/2000, ha contrassegnato una fase storica di grande discontinuità, rispetto alla concezione di pena e di carcere dei secoli precedenti; la nuova visione di carcere riconosce all’essere umano detenuto
, l’attenzione organizzativa di tutta l’Amministrazione Penitenziaria, contrassegnando così, definitivamente, il superamento delle teorie meramente retribuzioniste della pena (basate sull’assunto che il bene vada ricompensato con il bene
ed il male con il male
). Affermano i sostenitori della scuola Classica, secondo un approccio Retributivo della pena
, che quest’ultima doveva essere: afflittiva, proporzionata, determinata e inderogabile. Sostenitore della concezione retributiva della pena, il filosofo Hegel affermava che il delitto è ribellione all'autorità dello Stato, è la negazione del diritto; la pena, a sua volta, è la negazione del delitto e quindi la riaffermazione del diritto
. La pena, così interpretata, era priva di finalità risocializzanti.
La nuova concezione di carcere ingloba e fa propria la nozione di rieducazione
che, a sua volta, si correla a quello di trattamento
, sia nell’accezione generica di trattamento penitenziario