La comunicazione non verbale nel colloquio criminologico
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La comunicazione non verbale nel colloquio criminologico - Francesca Mamo
Note
INTRODUZIONE
La capacità di comunicare attraverso l’uso di parole è ciò che contraddistingue l’uomo dagli altri esseri viventi.
L’uomo però non comunica soltanto con le parole ma anche attraverso i movimenti del proprio corpo.
La comunicazione non verbale nel corso dell’evoluzione storica della specie umana ha avuto un significativo impatto che ancora oggi le consente di avere un ruolo fondamentale anche a livello giuridico.
Essa infatti è di grande aiuto al criminologo nella determinazione del reato e nello studio sia della vittima che dell’imputato per aver commesso il fatto.
I messaggi espressi attraverso la comunicazione non verbale possono essere emanati da diverse parti del corpo di una persona: la parte più comunicativa è il volto, caratterizzato a sua volta dai movimenti delle labbra, degli occhi, delle sopracciglia, del naso.
Movimenti che sia singolarmente che insieme trasmettono uno o più messaggi.
Si pensi ad esempio alla posizione degli occhi ogni qualvolta si recepisce un messaggio di tipo verbale; l’alzare agli occhi al cielo fa recepire all’interlocutore una sorta di fastidio da parte del soggetto con cui ha intrapreso una comunicazione.
Non meno importante è il tono della voce con cui si comunica, un’incrinazione della stessa può racchiudere al suo interno un messaggio di tensione, ansia, pressione.
Al fine di far comprendere quanto la comunicazione non verbale sia vero e proprio strumento giudiziario in questo elaborato si è presa in considerazione una vicenda di diritto penale ovvero il delitto del piccolo Samuele Lorenzi che vide imputata la mamma Anna Maria Franzoni.
In particolar modo si dimostrerà come la comunicazione non verbale sia stata di fondamentale aiuto ai criminologi e agli esperti chiamati ad esporre un giudizio in merito alla capacità di intendere e di volere della donna e alla sua partecipazione ai processi ex articolo 70 del Codice di Procedura Penale [¹] ; oltre ad essere di fondamentale importanza per le determinazioni criminogenetiche e criminodinamiche che sono richieste al criminologo nelle sue valutazioni e per il ruolo che egli riveste.
CAPITOLO I: LA COMUNICAZIONE NON VERBALE
LA COMUNICAZIONE VERBALE A CONFRONTO CON QUELLA NON VERBALE
Comunicare significa scambiarsi informazioni, intenzionalmente e consapevolmente, utilizzando significati sulla base di sistemi simbolici e convenzionali [²] . La comunicazione non è formata soltanto dalle parole, essa è infatti composta anche dal linguaggio non verbale.
Il corpo attraverso sguardi, espressioni del viso e gesti delle mani emana messaggi strettamente legati a quella verbale che è invece caratterizzata dall’uso delle parole e dalla contestualizzazione delle stesse in discorsi logici.
Il linguaggio non verbale oltre ad essere ricondotto a quello verbale può anche definirsi parallelo all’evoluzione umana: la mancanza di un sistema di comunicazione univoco ha fatto si che le prime forme comunicative avvenissero proprio sotto forma di gesti che assumevano significati specifici e che via via andavano a perfezionarsi arricchendosi e portando all’utilizzo della parola.
Oggi la comunicazione verbale implica una interazione tra i soggetti e questa può essere: simmetrica, che pone i soggetti che si relazionano in una condizione di uguaglianza; oppure complementare dove i soggetti hanno differente condizione culturale e sociale.
Possiamo dunque dire che la comunicazione, soprattutto quella di tipo verbale, dipende molto dalle caratteristiche ambientali in cui si verifica in quanto l’informazione viene recepita dai soggetti anche tenendo conto delle loro capacità comprensive.
Questo avviene anche per i segnali del corpo, che a differenza delle parole non hanno significato univoco e soprattutto ben pochi possono dirsi comuni.
Proprio per questo motivo possiamo dire che esistono tre livelli di comunicazione [³] :
Verbale: costituita dalle parole utilizzate sia nel parlare che nello scrivere e che vengono scelte con cura spaziando nelle proprie conoscenze per meglio esprimere concetti e suscitare curiosità nel proprio interlocutore.
Paraverbale: consiste nel modo in cui le parole vengono esposte e in questa definizione vengono presi in considerazione il timbro della voce, il tono di quest’ultima. Se invece si analizza la comunicazione scritta si presta attenzione alla lunghezza del periodo e alla punteggiatura utilizzata. Rispetto al primo livello quello paraverbale è più immediato, soprattutto nella sua espressione orale.
Comunicazione non verbale: tutto quello che non si esprime attraverso la parola cioè la postura o il movimento. Nelle interazioni tra soggetti si prende in considerazione molto il movimento corporeo, mentre nella comunicazione scritta possiamo rilevare un messaggio non verbale nella presentazione e nella impostazione dell’elaborato (l’ordine, la calligrafia, la scelta della carta).
Oltre a distinguersi su tre differenti livelli, la comunicazione è caratterizzata da delle specifiche funzioni:
Proporzionale: volta ad elaborare ed organizzare le informazioni e le conoscenze