L'UGUAGLIANZA DEGLI ANTICHI E DEI MODERNI, ovvero dell'origine dell'UGUAGLIANZA
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Lo strumento, quindi, per attuare l’Uguaglianza è la Cittadinanza, riconosciuta a tutti gli esseri umani, poichè facenti parte di un unico Ordinamento Giuridico.
Gli Antichi, ed in particolar modo i Romani, riconoscevano lo status di cittadino, contenitore di diritti esclusivi per chi possedesse tale status. Si era uguali solo se possessori del medesimo status, il mondo era fatto di cerchi concentrici, si era uguali solo all’interno dello stesso cerchio.
Con l’arrivo di Gesù nella Storia, in modo deflagrante si fa largo un altro modo di vedere gli esseri viventi, le persone sono tutte uguali in quanto persone umane, in quanto già basta la condivisione dell’Umanità, si è tutti uguali nella Città di Dio.
E così in 2000 anni di Storia si diffonde sempre più il principio dell’uguaglianza universale riconosciuta a tutti gli Uomini e le Donne della Terra.
Ma i principi di uguaglianza ed il riconoscimento di uguali diritti a tutti gli Umani rimane lettera morta, un mero proposito se scisso dal concetto di Cittadinanza nell’ambito di un Ordinamento Giuridico.
Perciò è necessario lavorare per promuovere quest’ultimo sforzo che l’Umanità deve fare per rendere attuabile ed attuale l’Uguaglianza per tutti gli Uomini e le Donne della Terra, finalmente attraverso il riconoscimento della Cittadinanza Universale, poichè facciamo parte Tutti di un Unico Ordinamento Giuridico nell’ambito del quale Tutti hanno uguali diritti ed in egual modo li possano tutelare.
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L'UGUAGLIANZA DEGLI ANTICHI E DEI MODERNI, ovvero dell'origine dell'UGUAGLIANZA - MARGHERITA IANTOSCA
CAPITOLO I
L'uguaglianza dei moderni e metodo storico
L'uguaglianza dei moderni e metodo storico
§ 1. Una scelta di metodo
Se lo studio del diritto classico romano, il suo sistema sovrannazionale [1] , nei suoi aspetti, privatistici e pubblicistici, può essere di stimolo a noi, per affrontare nuove riflessioni e ricercare nuove soluzioni ai problemi odierni [2] , il rapporto non è biunivoco. Infatti, «se vogliamo conoscere un diritto storicamente determinato dobbiamo ricostruirlo nella sua fisionomia originale e ridargli la sua forza espressiva. In questo sforzo ci può aiutare l’interpretazione storica, reintegrandoci nelle condizioni psicologiche onde i fatti si svolsero. La critica storica individua precisamente il punto di vista che bisogna avere per l’analisi di società diverse da quella nella quale vive lo storico», così Betti afferma nel suo Diritto romano e dogmatica odierna [3] .
Bisogna operare una scelta di metodo. Nella ricerca romanistica ci si è serviti di strumenti orientativi, cioè dogmatici, moderni, «di categorie giuridiche generali, sotto la specie delle quali noi moderni siamo portati a considerare e formulare il fenomeno giuridico, non solo sul terreno del diritto positivo nostro, ma ancora su quello di altri diritti positivi, ... siano pure di epoche e di società diverse dalla nostra» [4] . Ovviamente si tratta di funzioni logiche della mentalità giuridica propria del giurista odierno, «di predisposizioni, di abiti mentali, acquisiti bensì con la tradizione e con l'esperienza, quindi scientificamente controvertibili e storicamente contingenti, ma non per questo meno necessari per noi, che viviamo nell'epoca attuale, perché ormai identici con noi stessi» [5] .
Naturalmente non bisogna applicare la dogmatica odierna al diritto romano, in modo meccanico, sovrapponendo concetti preconfezionati, ma in realtà estranei al mondo romano, e «dimenticando il loro valore strumentale» [6] .
Così quando parliamo di uguaglianza, di libertà, di stato, di diritto, sicuramente non intenderemo le stesse cose che " aequabilitas -
aequus
libertas,
res publica o
ius" indicavano ai Romani. O quando ci riferiamo alla persona [7] umana, possiamo individuare, nel rapporto tra stato ed individuo, una categoria di diritti della personalità [8] , presente anche nel diritto romano?
Se dovessimo verificare l'esistenza di questi diritti, a chi dovremmo attribuirli, in modo uguale per tutti gli uomini?
«Il giurista, quindi, deve conservare, alle proprie categorie, quel grado di elasticità e di forza dinamica che le renda atte a stringere più da presso gli istituti studiati ed a coglierli nella loro storica peculiarità» [9] . Le categorie giuridiche, di cui ha bisogno il giurista odierno, infatti, non sono schemi rigidi, compiuti e sufficienti a se stessi, bensì «forme destinate ad assumere un contenuto e capaci di configurazioni svariate».
§ 1.1 Persona
Nell'ordinamento giuridico attuale, dire soggetto di diritto e dire persona è , secondo l’insegnamento tradizionale , la stessa cosa (Vico, De univers. Iuris, II , 2 (De costantia philosophiae , 69) ed. Nicolini , Bari 1936 , 433 : come homo è vocabulum naturae , così persona è vocabulum iuris). Storicamente si è arrivati alla identificazione di uomo e persona , ma nel linguaggio tecnico , la qualità di persona si pone sempre come un’attribuzione esclusiva dell’ordine giuridico , il quale può operare modificazioni , limitative ed estensive , secondo la formula enunciata dal Savigny ( Sistema , tr. Scialoja , Torino 1888 , II ) , nel senso di negare a taluni individui , in tutto od in parte , la capacità giuridica , o di estendere tale capacità a qualche altro ente , oltre l’uomo singolo . Si diviene ‘persona’ , soggetto di diritto , mediante l’attribuzione , da parte del diritto positivo , della capacità giuridica , attitudine ad essere titolare di diritti ed obblighi , « qualità che non si trova in natura » e nella cui attribuzione l’ordinamento giuridico viene vincolato solamente dalla necessità d’un sostrato naturale a cui riferirla e dall’impossibilità , del sostrato naturale di funzionare indipendentemente dal conferimento della personalità stessa (Betti, Diritto romano , I , 1935 , pag.67ss.) .
La capacità o , meglio, la personalità giuridica , è la condizione fondamentale per il possesso di ogni e qualsiasi diritto , è la capacità giuridica ed anche è il diritto di essere trattato come soggetto , essendo stato riconosciuto per tale (Perassi, Introduzione alla scienza giuridica , 46 ).
Così, dato che, il fatto che la realtà sociale sia costituita da individui (Cesarini- Sforza, Collettività e persona, in Studi per F. Ferrara, 1943, pagg.4,9), naturalisticamente intesi, e che tale fondamento naturale non va dimenticato , questo stesso fondamento va superato attraverso il riconoscimento che dal rapporto di ciascun individuo con la società, gli individui traggono il valore di persona, divenendo soggetti di diritto.
Il presupposto della società è un «sentirsi» in comune con gli altri, è il porre in essere un atteggiamento soggettivo di autolimitazione dei propri interessi immediati, in vista dello sviluppo di se stessi che è dato dall’essere riconosciuti come persona dagli altri. E perciò la società non è un’entità autonoma che viva fuori degli individui, anzi vive in interiore homine, nello spirito e nella coscienza individuali. Ma è da avvertire che questi individui, che pongono in essere la società, hanno cessato di essere atomi , per divenire persone, membri di una organizzazione che impone doveri e crea poteri.
Dai miei appunti delle lezioni di Ist. Di diritto romano del Prof. Andrea Di Porto,