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Una madre per caso
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E-book898 pagine19 ore

Una madre per caso

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Info su questo ebook

Lavinia, splendida, determinata e dolce ragazza, a diciassette anni scopre improvvisamente che non sono i suoi genitori naturali coloro che da sempre l'hanno cresciuta. Tacendo ai suoi stessi familiari di aver appreso questa sconvolgente verità, riprende la sua vita con questo pesante fardello sulle spalle. Dieci anni più tardi il suo precario equilibrio emotivo subisce un nuovo colpo: la madre adottiva viene a mancare e, con la ricomparsa della madre biologica che la cerca insistentemente, Lavinia è costretta a gestire situazioni per lei fino a poco prima inimmaginabili: segreti, sotterfugi, misteri, inganni, pilastri della sua vita che si sgretolano. Ora sono i tormenti e le preoccupazioni i nuovi compagni del suo cammino. La ricerca della felicità, il desiderio di comprendere e di conoscere la verità, non abbandoneranno più l'animo di Lavinia, così come una costante, sottile e agghiacciante sensazione di pericolo, anche quando tutto sembra procedere per il meglio.
LinguaItaliano
Data di uscita15 mar 2015
ISBN9788867931484
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    Anteprima del libro

    Una madre per caso - Giulia Assunta Vinci

    http://creoebook.blogspot.com

    Giulia Assunta Vinci

    UNA MADRE PER CASO

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    1° Capitolo

    Davanti a quella bara aperta, mentre osserva assente quel corpo inerte ancora caldo, si interroga stancamente su mille questioni…

    Lei conosce bene da sempre quella donna, ma comunque è per lei un’estranea e oramai lo resterà per sempre. Lavinia è una donna molto attraente di ventisette anni, realizzata nella vita privata e in quella professionale, con un carattere molto complicato e un vissuto a livello sentimentale tragico, nonostante la suo giovane età. Il suo primo vero amore, esaltante e appagante in ogni senso, l’ha incontrato per poi perderlo in un attimo in modo drammatico e improvviso.

    Ma nonostante questo fatto devastante che l’ha profondamente segnata, i suoi veri problemi di sempre, quelli più assillanti e irrisolti, le derivano da un unico settore, quello affettivo strettamente connesso alla sua famiglia d’origine. Solo da una decina di anni ha scoperto che quella che da sempre ha conosciuto per essere sua madre, in realtà non lo è, anche se dentro di sé ha sempre saputo che quella donna con lei non c’entrava assolutamente niente, in nessun senso.

    Adesso, volente o nolente si ritrova, nonostante gli importanti traguardi raggiunti negli altri campi, a dover fare i conti con i suoi fantasmi, affrontando quella che per lei è la sua più grande sconfitta…

    Da quando ha saputo di avere ben due madri, quella biologica e quella naturale, vivendo però da sempre una realtà da orfana, si è sentita ancora più sola e frustrata a causa di quell’avvilente situazione. Una sensazione certamente non nuova per lei, seppure vissuta dapprima a livello inconscio, ma che le dava comunque un inspiegabile tormento costante e sottile, come il lamento ringhioso e silenzioso di un cane rabbioso, che sa di essere malato e ha paura che chi gli sta intorno se ne accorga…

    Lavinia, pur non avendo alcuna responsabilità in questo senso, essendo l’unica vittima di un’intricata situazione che ha avuto la sua origine molto prima che lei nascesse, si sente afflitta in modo devastante e impotente, adesso più che mai.

    Porta dentro di sé una ferita che la logora in modo subdolo, che deriva dalla certezza assoluta della consapevolezza del sapere, seppure questo suo sapere è ancora a uno stato larvale…

    Per questo adesso sente di avere un disperato bisogno di risposte vitali, per proseguire la sua esistenza in modo sano, perché domande prepotenti senza risposte da troppo tempo, la dissanguano a livello mentale lentamente, senza tregua e senza alcuna pietà.

    E anche adesso mentre sfiancata è lì, che poggiata rassegnatamente a un muro spia quella donna che l’ha cresciuta e che non ha più in sé il soffio vitale, le sue elucubrazioni cerebrali continuano ad avvolgerle la ragione assillandola, senza farle trovare delle risposte almeno accettabili, che possano dare una qualche soddisfazione e quindi un po’ di sollievo, alla sua profonda pena.

    Quella madre apparente che la sorte casualmente ha abbinato a lei, non c’era mai stata come avrebbe dovuto, né affettivamente né in alcun altro senso…

    Quella strana e incomprensibile madre per caso, che da sempre e sino alla fine non aveva fatto altro che negare l’evidenza dei fatti persino a se stessa, con un’ostinazione senza senso, adesso sembra riuscire, seppure con il suo mutismo forzato, a darle più risposte di quante gliene abbia mai date in vita.

    Inconsapevolmente consapevoli, quando Lavinia era ancora una bambina, le due donne avevano iniziato una corsa al massacro psico-fisico pacifica, e sempre più spesso silenziosa, che aveva logorato lentamente e irreparabilmente il loro rapporto, ammesso che ce ne fosse mai stato uno, divenendo spietatamente e irreversibilmente cronica. La ragazza triste e oramai rassegnata a quelle evidenze dolorose, si domanda se la smemoratezza degli ultimi anni di quella donna era vera, o magari un suo ennesimo, lucido, comodo tentativo, di trincerarsi dietro una serie di non mi ricordo, non lo so oppure io non ne so niente e non so che dirti

    Lavinia rammenta bene che una volta che era arrivata a un certo punto, stremata e sfiduciata, aveva deciso di lasciar perdere ogni tentativo di arrivare alla verità su ciò che era stato nel passato, giungendo alla conclusione che comunque fossero le cose, poco sarebbe cambiato nella sua vita oramai o forse addirittura niente.

    Da quando poi si era sposata, perdendo solo dopo due anni dal matrimonio il suo amore in un tragico incidente automobilistico, tutto sembrava essersi sfumato lentamente. Molte cose avevano finito con il passare in secondo piano, dopo quel terribile capitolo della sua esistenza che le aveva portato via il suo Sergio…

    Con la sua prematura e violenta morte, erano state divorate le sue già poche certezze a una velocità allucinante, certezze che con fatica i due avevano costruito insieme, da che erano poco più che bambini.

    Ma nonostante tutto allora, con grande sofferenza e una determinazione che andava a singhiozzo, aveva provato a riprendere le redini della sua vita, ritrovandosi però adesso a fare nuovamente i conti con i suoi problemi di sempre mai definiti. Eppure per qualche anno in quel periodo, le era parso di poter riuscire a non porsi più troppi perché e come, relativi alla sua nascita e alle sue origini, e c’era riuscita…

    O almeno questo era quello che lei pensava e sperava, visti i risultati della situazione che sta vivendo adesso. Infatti, di fronte al silenzio definitivo e per una volta vero, di quella donna immobile dentro quella bara, quei ricordi e quei dubbi cominciano nuovamente ad assalirla prepotenti, come se con il trascorrere del tempo avessero addirittura acquistato un potere indiscutibile.

    I suoi occhi grigi si incupiscono ancora di più pensando tristemente a ciò, e una lacrima solitaria le bagna una gota…

    La quasi certezza che quei dubbi e quei fantasmi angoscianti possano rimanere tali per sempre, le dilania l’animo.

    Povera Lavinia, non riesce nemmeno a sfogarsi come dovrebbe e come le farebbe bene fare…

    Il suo viso pare adesso di cera, come pure il suo corpo che è rigido in modo innaturale. Si sente terribilmente sola, nessuno la può aiutare in questo suo dilemma, ma soprattutto nessuno può aiutarla a dissolverlo se lei non riesce a trovare la giusta forza dentro di sé, per affrontare con più determinazione tutto ciò che potrebbe ritrovarsi davanti.

    Nemmeno il padre l’aveva potuta aiutare a porre fine a questo suo martirio, essendo morto prematuramente e molto prima che lei venisse a sapere in modo brusco, di essere stata adottata quando aveva meno di una settimana.

    E chissà se mai l’avrebbe fatto, se anche non fosse morto in seguito a un arresto cardiaco…

    Mentre si fa divorare passivamente da questi pensieri e da questi interrogativi, non si accorge nemmeno che Monsignor Gonzales Martinez, dopo averle preso le mani tra le sue, le sussurra parole di conforto e speranza. L’alto prelato è da sempre il miglior amico della sua famiglia, e la sua presenza nella vita di ognuno di loro è sempre stata costante da che lei ricorda. Lavinia finalmente si rende conto che lui le è vicino, quindi gli sorride grata prima ancora che per le sue affettuose parole che a malapena ha sentito, per il fatto che lui l’ha liberata, seppure momentaneamente, dalla stretta morsa dei suoi devastanti pensieri.

    L’uomo, rendendosi conto del suo innaturale ed eccessivo pallore, con un lieve cenno del capo invita Suor Maria Lopez a raggiungerli, e con il suo aiuto conduce Lavinia in un salotto adiacente al salone, dove è stata allestita la veglia funebre di Donna Irene.

    Una volta giunti nella stanza, Monsignor Gonzales Martinez fa subito sedere la ragazza su una comoda poltrona, poi dà disposizioni a Suor Maria, affinché citofoni in cucina per farle preparare una camomilla doppia. Non ancora soddisfatto, una volta giunta la cameriera con l’infuso, le dice di condurre da loro il Dottor Rasenti che lui ha salutato poco prima, e che si trova ancora adesso nel salone adiacente.

    Lavinia lo ringrazia per il suo premuroso interessamento e tenta di rassicurarlo dicendogli che sta bene, e che non è il caso di preoccuparsi troppo per lei. Ma lui non vuole sentire scuse e con un dolce sorriso, le fa comunque capire educatamente, che sa lui quel che deve fare, ma soprattutto che è necessario farlo.

    Quando arriva il medico di famiglia, per consentirgli di visitare la ragazza escono tutti dal salone, eccetto la cameriera. Dopo circa una decina di minuti la porta si riapre, il medico rassicura sulle condizioni della ragazza ma si apparta comunque qualche minuto con Monsignor Gonzales Martinez, dopodiché somministra una ventina di gocce a Lavinia che, pur capendo che sicuramente si tratta di una qualche soluzione rilassante, non fa alcuna opposizione, anzi… sentendosi stanca, sente il bisogno di staccarsi un po’ da quel tutto che la angoscia.

    Poco dopo la cameriera la accompagna nella sua stanza e l’aiuta a mettersi a letto per riposare. L’oblio giunge a breve, cercando di strapparla dalle grinfie di quegli spettri che anche adesso paiono volersi prendere gioco di lei e della sua salute. È grata al suo Gonci Mattiz per essere intervenuto a suo favore e ripensa serena al giorno in cui, quando era ancora molto piccola, aveva creato quella simpatica abbreviazione del suo nome non riuscendo a dirlo nel modo corretto, poi pensa sorridendo, che quell’uomo sa sempre cosa è meglio fare in ogni situazione, come adesso d’altronde.

    Quando si risveglia, sono le undici del giorno dopo.

    La cameriera deve aver dormito nella sua camera sulla poltrona, c’è infatti ancora una coperta ben piegata sopra.

    Fa per scendere dal letto, quando la ragazza che l’ha vegliata tutta la notte, apre silenziosamente la porta. Tra le mani ha un enorme vassoio con la sua colazione. Lavinia quando sente l’odore dei croissant appena sfornati, fa cenno di no con la testa, non ha fame, anzi quell’intenso profumo le dà la nausea. Allora la cameriera quasi la supplica di mangiare qualcosa dicendole che Monsignor Gonzales Martinez le ha tanto raccomandato di non perderla di vista e di farle ingerire del cibo nutriente, perché è troppo debole. Lucia, questo il nome della ragazza, ha solo vent’anni ma sembra più piccola rispetto alla sua vera età, e l’espressione smarrita del suo viso dovuta all’inesperienza, la fa quasi sembrare una bambina smarrita. Per questo motivo Lavinia decide quindi di bere un po’ di spremuta d’arance e di dare anche qualche morso a una fetta di torta di mele, la sua preferita… quella che da sempre le prepara la donna che è stata la sua tata e che è poi diventata la governante di Villa Conti.

    Finalmente il viso della cameriera si rasserena e i suoi tratti delicati smettono di essere contratti, infatti poco dopo un dolce sorriso si dipinge sopra il suo volto come per magia. Anche Lavinia si sente adesso un pochino meglio, comincia a rendersi conto di avere fatto bene a ingerire qualcosa nonostante non ne avesse voglia, quindi accennando un mezzo sorriso pensa: − Gonci Mattiz ancora una volta ha avuto ragione… −

    Dopo aver terminato di fare colazione, decide di fare una doccia calda per riattivare bene la circolazione perché, nonostante abbia dormito tanto si sente indolenzita. Appena ha terminato in bagno, guarda da una delle finestre della sua camera da letto e vede che fuori c’è un bel sole, le piacerebbe vestirsi e uscire un po’ in giardino, ma quando ha terminato di vestirsi decide improvvisamente di rimanere nella sua camera per leggere un libro poiché si sente stanca e svogliata. Il suo fisico già delicato, è stato messo a dura prova da quasi due giorni in cui ha solo bevuto un po’ di succo d’arancia, senza dimenticare poi il peso di tutto lo stress vecchio e nuovo, a cui è stata sottoposta la sua psiche.

    Si sprofonda sulla sua poltrona preferita, si compre le gambe con un plaid verde e comincia quindi a leggere, ma si assopisce quasi subito dopo la prima pagina. Dopo circa un’oretta viene svegliata all’improvviso, dal suo cellulare che è sul comodino…

    Si alza e lo prende per vedere chi la chiama e quando vede che si tratta di Lola Galvèz, sua madre biologica, fa una smorfia. Lola non è nemmeno l’ultima persona che vorrebbe sentire in questo momento. L’ultima volta che l’ha chiamata è stato il giorno dopo che il suo adorato Sergio è morto, ben sapendo che lei non ha mai piacere di sentirla, figuriamoci poi in certe orribili situazioni come quella di allora e anche quella attuale.

    Decide quindi di non risponderle.

    Riflette poi per la prima volta sul fatto che da quando ha saputo dell’esistenza di quella donna, che senza alcuna richiesta da parte sua, ha provveduto ha fornirle ogni genere di documento per dimostrarle di essere la sua vera madre, lei non ha condiviso con nessuno questo grande segreto.

    Giusto Sergio, e solo un mesetto prima di avere quel brutto incidente, vedendola ancora più strana del solito, era riuscito a carpirle, con la sua proverbiale dolcezza, qualcosa di frammentario. Comincia a pensare, con tristezza, che forse proprio quel non voler condividere con nessuno quel segreto, sia stato il suo più grosso errore…

    Tra sé e sé si dice infatti, che sicuramente anche altre persone che la conoscono da sempre, oltre i suoi genitori adottivi, possono e devono sapere qualcosa di più relativamente a quanto è capitato quando lei aveva pochi giorni.

    Prima fra tutti la sua tata, la donna che, come lei stessa le ha sempre raccontato, si è sempre occupata di lei, diventando, una volta che è cresciuta, la governante della casa. Seguono poi, come possibili persone che possono sapere qualcosa che le può essere utile per capire tante altre vicende, i suoi insegnanti delle elementari, il medico di famiglia, e perché no, anche Gonci Mattiz.

    Si ripropone che appena si sarà ripresa, inizierà una ricerca mirata e più ravvicinata, perché deve ritornare quanto più possibile indietro nel tempo, con l’aiuto di tutti coloro che la conoscono fin da piccina. È disposta a ricorrere anche all’ipnosi se necessario, pur di dipanare quell’intricata matassa che sembra essere la sua vita.

    Si domanda dubbiosa solo adesso, come mai Lola sia stata sempre così prodiga di documenti relativi al test del DNA, e mai le abbia risposto alla sua domanda relativa a chi fosse suo padre…

    Lei stessa poi volutamente, non aveva insistito più di tanto per sapere la verità, per paura di sentirsi dire che nemmeno Ferdinando Conti, aveva niente a che fare con la sua nascita. Quella possibilità la impauriva in modo assurdo, si sentiva persa solo all’idea che potesse essere vera. E la donna dal canto suo, sembrava non avere alcuna voglia di rivelarle di più riguardo a quella questione, anzi, l’aveva ammonita, quasi minacciata, di non dire niente a nessuno relativamente al loro incontro, adducendo come giustificazione per quella sua pretesa, la paura che qualcuno potesse farle del male, per aver svelato quel segreto che tutti volevano rimanesse tale.

    A sentire parlare lei, il motivo che l’aveva spinta finalmente a cercarla, era il desiderio di vederla, dicendo di essere una madre ingiustamente privata della sua piccina appena nata, di cui molti avevano approfittato in un momento di vulnerabilità. Lavinia non aveva creduto a tutto ciò che quella donna le aveva detto allora, perché sentiva che qualcosa di subdolamente menzognero, albergava in quell’essere che quando si avvicinava più di tanto a lei, le creava inspiegabilmente un’ansia mai provata prima.

    Comunque fossero andate le cose a suo tempo, un’unica cosa è certa adesso per Lavinia: quella donna è davvero sua madre. Questo non solo per tutti i documenti da lei esibiti, che potevano tranquillamente essere falsi, ma in base a delle nuove analisi effettuate in un laboratorio privato scelto proprio da lei, dove per di più allora lavorava anche suo marito Sergio, il cui esito è positivo e al di sopra di ogni ragionevole dubbio.

    Lo stress relativo a quella questione e a tutto ciò che essa si trascina dietro, accumulato in anni e anni, seppure in un momento decisamente poco tranquillo per tanti aspetti, la porta a pianificare con determinazione un piano da seguire per arrivare a capo di quell’intricata storia, che la vede suo malgrado protagonista.

    Il cellulare squilla molte altre volte mentre lei riflette ansiosa su quelle questioni, e a chiamarla è sempre Lola, la donna pare decisa a non desistere dal suo intento di scovarla ancora. Questo fatto non fa piacere a Lavinia, che vorrebbe riflettere con serenità, e stare sola con se stessa in quel particolare momento. Quindi anche lei è altrettanto decisa che non risponderà alla madre…

    Le sue telefonate si fanno però più ravvicinate, tanto che quel fastidioso e continuo squillare del cellulare la costringe ad alzarsi nuovamente per prenderlo ed eliminare la suoneria. Finalmente riesce ad avere un po’ di meritato silenzio, adesso Lola può chiamare ancora tutte le volte che vuole, a lei non importa.

    Non si sente in sintonia nemmeno un po’ con quella strana madre che prima l’abbandona quando ha solo pochi giorni di vita, e poi la assilla sino alla nausea, non dandole tregua, facendole mille chiamate tutte in una volta. Poi sorride, ma il suo sorriso sembra più una smorfia disgustata, quando riflette sul fatto che ha avuto ben due madri, ma in realtà non ne ha avuta nemmeno una.

    Il suo sguardo si rabbuia, e riflette sul fatto che adesso che avrebbe nuovamente bisogno di una spalla sulla quale piangere, si sente sola, tanto sola, seppure sola non è.

    Ha tanti amici e amiche, ma loro non sono in grado di darle ciò di cui ha bisogno adesso…

    Qualcuno nel frattempo bussa alla porta, è Lucia, la giovane cameriera; la ragazza la informa che Monsignor Gonzales Martinez ha chiesto di lei chiamando al telefono fisso, non ottenendo alcuna risposta al suo cellulare, è molto preoccupato e la prega di rispondergli quando la richiamerà. Lavinia la rassicura anche stavolta, perché forse per il riverente timore misto a un rispetto smisurato che Lucia ha per l’alto prelato, pare nuovamente molto spaventata, e comunque sia le fa anche piacere parlare con l’uomo.

    Quindi domanda alla cameriera di portarle il cellulare che è ancora sul comodino vicino alla porta, poi chiama lei stessa il cardinale, e poco prima di cominciare a parlare con Monsignor Gonzales, con un sorriso congeda Lucia che pare avere intenzione di non muoversi da lì.

    Gonci Mattiz le risponde al primo squillo, Lavinia sorride soddisfatta e pensa: − Deve essere davvero molto in ansia per me… −

    Poi senza parole, tra sé e sé si dice: Eh sì, quest’uomo che oramai mi conosce meglio di chiunque altro, mi è sempre stato vicino più di ogni altra persona, e io gli voglio un bene immenso, e certamente lui ne vuole altrettanto a me.

    Iniziano la loro conversazione…

    Gonci Mattiz: Mia cara, scusa se mi sono permesso di disturbarti, magari riposavi, sono preoccupato per te e vorrei essere rassicurato sulle tue condizioni direttamente, anche se la governante, con la quale ho parlato poc’anzi, è stata abbastanza esaustiva rispondendo alle mie domande. Ma mi ha anche detto, che con tutto in trambusto che c’è stato alla villa ieri e anche stamane, non è ancora riuscita a salire da te.

    Lavinia: Non devi preoccuparti così perché sto bene, ho fatto colazione, dopo qualche insistenza di Lucia, ma l’ho fatta, a proposito che le hai detto? La poverina era decisamente spaventata quando le ho fatto capire che non avevo appetito, o meglio, a dire il vero quando ha inteso che non mi andava proprio di mangiare, è quasi sbiancata.

    Gonci Mattiz: Non le ho detto niente di particolarmente strano, le ho solo raccomandato più volte, di tenerti d’occhio, tutto qui. Se lasciamo fare a te chissà che combini, già da sempre mangi come un uccellino, adesso poi so bene che sei rimasta praticamente due giorni senza ingerire niente di solido, e a parte qualche sorsata di spremuta, non hai preso niente altro.

    Lavinia: Esagerato, comunque sia rasserenati, ho molti buoni motivi per non abbattermi troppo e riprendermi quanto prima.

    Gonci Mattiz, un po’ rasserenato da quelle parole: Meglio così, ciò che mi dici mi fa un enorme piacere, e se hai bisogno di parlare con qualcuno, sai bene che io ci sono, non devi fare altro che chiamarmi. Adesso ti saluto mia dolce fanciulla, e ti auguro una splendida giornata.

    Lavinia: Va bene, e grazie mille per avermi chiamata… sei sempre così gentile e premuroso con me, ti auguro buon lavoro e riguardati anche tu, mi raccomando!

    Dopo la breve chiacchierata con Monsignor Gonzales Martinez, Lavinia si sente un po’ meno sola e più serena. Riflette sul fatto che quell’uomo è per lei come un faro nella nebbia, sempre acceso e ben visibile, e lei non saprebbe fare a meno di lui.

    E poi, si dice fra sé e sé: Perché dovrei fare a meno di lui? È pur vero che ha ben settant’anni, ma è ancora ben in forze e certamente ha ancora molto da vivere dal momento che sta bene in salute, e poi, perché pensare sempre negativamente! Uffa, basta…

    Le due ultime parole le ripete a voce alta, quasi come per farle sentire ai suoi fantasmi che avverte essere lì intorno ben vigili. Dopodiché si alza di scatto e, decisa a non lasciarla in pace sino a che non le avrà detto tutto ciò che sa, va alla ricerca della governante, la sua ex-tata…

    Sa bene che è impensabile che lei non possa saper rispondere a certe sue domande, a meno che non lo voglia ovviamente.

    2° Capitolo

    Dopo aver girato praticamente tutto il piano superiore della villa alla ricerca di Maria Gutierrez, questo il nome della governante della casa, Lavinia scende nella cucina per domandare a Lucia se lei sa dove la donna può essere in quel momento. La cameriera la informa che circa una mezz’ora prima l’ha vista fuori con i giardinieri, mentre gli spiegava come sistemare alcune piante e fiori nelle aiuole vicine alla fontana grande, davanti alla facciata dell’edificio. Lavinia inizialmente decide di dare il tempo alla donna di definire ciò che sicuramente ha cominciato là fuori e che, non essendo ancora rientrata in casa, certamente non ha terminato.

    Infatti quando sbircia dal portone principale, nota che ci sono ben due furgoni carichi di fiori e piante, che sicuramente devono essere sistemati nello splendido giardino della villa a cui sua madre, Donna Irene, teneva in un modo quasi maniacale. Socchiude la porta e ritorna sui suoi passi con fare indeciso, pensando di posticipare il colloquio con Maria al pomeriggio, ma dopo aver fatto solo pochi metri, si ferma all’improvviso e tra sé e sé si dice: Non fare la codarda, non è così che risolverai le cose, è solo a causa di questo tuo irrazionale comportamento che ti trovi in questa situazione: una fase di stallo totale e devastante, quindi ritorna indietro e dille che hai urgenza di parlarle… adesso!

    Prende fiato saturando di aria nuova i suoi polmoni, che per un minuto sono rimasti immobili mentre rifletteva, come per darsi una giusta carica che prima le mancava, per affrontare le verità che la sua ex-tata potrebbe finalmente svelarle, relativamente alla sua infanzia.

    Esce dall’androne della villa e una volta che è abbastanza vicina alla governante si ferma e la chiama con tono deciso dicendo: Maria, raggiungimi nel salotto verde, devo parlarti subito.

    La donna resta per un attimo basita per il tono grave di Lavinia, quindi preoccupata lascia tutto a metà con i giardinieri, dicendogli di iniziare a piantare tutti i fiori attorno alla fontana. Neanche cinque minuti dopo sono una di fronte all’altra, lo sguardo di entrambe, una per un motivo e una per degli altri, è decisamente interrogativo. Lavinia invita la donna a sedersi in una poltrona di fronte a lei, vuole guardarla bene negli occhi qualunque cosa si diranno. Lei ha molta fiducia in quella brava donna di mezza età, la conosce da sempre, non le ha mai mentito, e di questo ne è certa. Però sa anche bene che non le ha mai fatto domande su questioni tanto delicate, come quelle che si appresta a discutere adesso…

    Per questo è molto preoccupata… spera che niente possa incrinare lo splendido rapporto instaurato con Maria, che le ha sempre dimostrato molto più affetto delle sue due madri messe insieme, e su questo punto non ha il minimo dubbio.

    Esordisce quindi con cautela dicendo: Cara Maria, devi sapere che anche se non ne ho mai fatto parola con alcuno, a parte con Donna Irene a cui comunque, non ho mai fatto domande troppo dirette, facendo addirittura finta di avere dei dubbi dovuti a semplici sensazioni, io so bene di essere stata adottata… Quindi ti prego, se qualcuno… per qualsivoglia motivo dovesse averti fatto qualche pressione, relativamente a questioni che mi riguardano, ritieniti da adesso dispensata… per una questione di lealtà nei confronti di… mia madre e di chissà chi altro, dal rispettare questa specie di voto…

    Maria Gutierrez dapprima sbianca, resta muta per qualche istante che pare un’eternità ad entrambe, poi con un fil di voce sussurra: Da quando sai?

    Lavinia: Si è messa in contatto con me direttamente la mia madre biologica, poco dopo che ho compiuto diciassette anni.

    Maria Gutierrez: Povero il mio tesoro, hai custodito questo pesante e devastante segreto per così tanti anni, adesso comprendo il perché dell’inizio della tua evidente anoressia! Non sei mai stata particolarmente incline all’essere golosa, ma già prima dal compimento dei tuoi diciotto anni, hai cominciato a essere sempre più spesso inappetente, svogliata e nervosa. Io già tempo prima dissi a tua madre che era giunto il momento di cominciare a dirti qualcosa, relativamente alle tue vere origini, ma lei rimandava sempre, non le sembrava mai il momento adatto, e poi… quando hai cominciato a dimagrire, sinceramente anche io ho pensato che era senz’altro meglio posticipare ogni discorso a tempi migliori. E tu invece… sapevi già… povera la mia bambina. Per proteggerti troppo, ti abbiamo invece lasciata sola con il tuo dramma!

    Maria si interrompe e comincia a piangere disperata tenendosi la testa tra le mani, mentre tra un singhiozzo e l’altro dice: Cosa ti abbiamo fatto, potrai mai perdonarci?

    Lavinia: "Stai serena, so bene che non hai agito a fin di male e certamente non per tua volontà.

    Ma io adesso ho bisogno di sapere, e tu mi devi dire tutto ciò che sai perché io di te mi fido, lo sai."

    Maria le prende le mani tra le sue e gliele bacia, poi domanda: Sono qui a tua disposizione, ti dirò tutto ciò che so, piccola mia.

    Lavinia: Tu hai mai conosciuto Lola Galvèz, la mia madre biologica?

    Maria: L’ho vista solo una volta, quando poco meno di ventisette anni fa, venne proprio in questa casa…con un fagottino avvolto in una morbida copertina rosa, eri tu e dormivi serena…

    Lavinia: Quindi c’è stato un contatto diretto tra lei, Don Ferdinando Conti e Donna Irene Bassi, proprio qui nella villa di Torino?

    Maria: Sì, e che io sappia è anche stato l’unico. Del personale, io ero l’unica al corrente di quell’incontro, ma nemmeno io so cosa loro si siano detti dopo che mi hanno invitata a lasciarli da soli… La signora, mi ha dato infatti disposizioni affinché ti portassi nella tua camera e ti sistemassi nel tuo lettino, e così ho fatto. Anzi, adesso che faccio memoria, rammento che qualcun altro, dopo che ho chiuso la porta alle mie spalle, li ha raggiunti da un passaggio segreto che c’è da qualche parte nello studio di tuo padre, però non ti so dire di chi si tratta, di sicuro era un uomo, ma non ho riconosciuto la voce. E poi sai bene che non è nella mia indole origliare, e sinceramente in quel momento mi premeva occuparmi di te.

    Lavinia: Ma dimmi, com’è possibile che solo tu sappia queste cose… Mi domando come Donna Irene può aver giustificato la presenza di una bambina, che fin da subito ha spacciato per sua, agli occhi della servitù… Perché, va bene che data la posizione sociale che da sempre appartiene a questa famiglia molto potente e stimata, non era nella condizione di giustificarsi con nessuno, ma come ha fatto a salvare almeno le apparenze ed evitare chiacchere e pettegolezzi?

    Maria: "Eh sì mia cara, hai ragione a porti queste domande perché devi sapere, che tutto era stato ben organizzato molto tempo prima del tuo arrivo, niente è stato lasciato al caso. Donna Irene e Don Ferdinando erano talmente disperati dal fatto che non riuscivano ad avere figli loro, che si erano organizzati per adottare un’altra neonata prima di trovare te, infatti la Contessa Bassi, avendo saputo che avrebbe potuto adottare una creatura di soli pochi giorni, ha simulato con il mio aiuto, giorno dopo giorno e con una costanza amorevole e anche inquietante, una gravidanza…

    Poi, una volta giunto quasi il tempo del finto parto, tutto è sfumato perché la mamma della neonata ha cambiato idea all’ultimo istante. Donna Irene e anche Don Ferdinando sono stati tanto male quando gli è stata data quella notizia, poi miracolosamente, grazie a un loro segreto amico, sono riusciti a trovare un’altra neonata che ovviamente eri tu. Per questo motivo nessuno ha sospettato niente allora, e nemmeno dopo. Pensa che i tuoi genitori adottivi, per essere maggiormente sicuri che nessuno potesse vedere e sentire qualcosa di sconveniente, quando il giorno del finto parto tu gli venivi consegnata, a parte me, in casa non c’era nessun altro perché preventivamente alla servitù, erano stati dati un paio di giorni di permesso. O meglio, ora che ci rifletto bene, può aver notato un qualche movimento sospetto solo Augusto, l’autista che c’era in quel periodo qui, ma come ben sai purtroppo ci ha lasciati ben dodici anni fa, pover’uomo che brutta fine ha fatto…"

    Lavinia: Come… che brutta fine ha fatto… Cosa vuoi dire? Io so che è deceduto in seguito a un aneurisma cerebrale…

    Maria: No mia cara, non è così, devi sapere che uno dei giardinieri, il più anziano, il signor Giovanni… l’ha trovato agonizzante nella stalla. Aveva il volto insanguinato e tumefatto, tanto che lui come l’ha visto ha pensato che Nerone, il cavallo di tuo padre… che si agitava nervosamente e inspiegabilmente fuori dal suo box in quel momento, lo avesse preso a calci spaventato a morte da qualcosa… La cosa strana è che il signor Augusto sofferente, poco prima di spirare, con un fil di voce ha detto: ‘È pazza… è pazza… dillo al padrone…ʼ Poco dopo è morto tra le braccia del giardiniere.

    Lavinia, che senza rendersene conto ha trattenuto il fiato, quindi espira e in spira avida l’aria, poi tremante chiede: "Ma come mai nessuno ha fatto delle indagini al riguardo, data la situazione?

    Viene chiaramente assassinata una persona, perché è di questo che stiamo parlando, e nessuno fa niente?"

    Maria: No… no… non è che non è stato fatto niente, anzi… Devi sapere che tuo padre ha assoldato ben tre investigatori tra i migliori, chiedendogli di lavorare insieme in modo da non disperdere le energie così da arrivare quanto prima a capire, cosa fosse realmente accaduto. Era determinato a trovare il colpevole di quanto era capitato nella stalla, stanne certa.

    Lavinia: La colpevole, vorrai dire…

    Maria: Questo fatto non è certo…

    Lavinia: Cosa vuoi dire?

    Maria: Voglio dire che il signor Giovanni, avendo una certa età ed essendo anche un po’ sordo, quando tuo padre… il signor Conte gli ha domandato se era sicuro di aver sentito dire ʻè pazzaʼ e non ʻè pazzoʼ ha detto che non era più tanto sicuro di quello che aveva sentito.

    Lavinia: Pensi che sia vero che lui non era più certo di aver sentito bene, o che in qualche modo sia stato manipolato?

    Maria: Mah… non penso, il signor Conte, come tu ben sai, è sempre stato molto corretto, quindi escludo che possa averlo condizionato in qualche modo, inoltre non avrebbe avuto nessun interesse a farlo dal momento che le indagini erano state avviate per sua volontà.

    Lavinia: Io non mi riferivo… a mio padre…

    Maria: E chi potrebbe avere fatto, ammesso che sia così, una simile cosa… ma soprattutto perché?

    Lavinia: Questo non lo so, ma sicuramente non escludo che possa essere capitato.

    Maria: L’aver parlato di questa vecchia storia mi ha messo ansia, sono preoccupata sai, e anche molto, non mi sento per niente tranquilla, quindi ti prego, qualunque cosa deciderai di fare, fai attenzione.

    Lavinia: Non stare in pensiero, so bene quello che faccio, piuttosto sai dirmi se le indagini che sono state fatte relativamente a quanto accaduto al signor Augusto, sono poi arrivate scoprire qualcosa di concreto?

    Maria: Purtroppo dopo la prematura scomparsa di tuo padre, il Conte Fernando, nessuno si è più occupato della cosa, e ora che ci penso, la cosa strana è che nessuno dei tre investigatori assoldati da lui, si è mai più fatto vivo da allora, nemmeno per essere pagato…

    Lavinia: Conosci i loro nomi… almeno uno? Il nome di una delle loro agenzie?

    Maria: No tesoro mio, però magari puoi trovare qualcosa tra le carte di tuo padre, nello studio… Se vuoi ti posso dare una mano per verificare.

    Lavinia: Hai ragione, solo lì posso controllare. Non mi viene altro in mente al momento, e poi da qualche parte devo pur iniziare, anche se qualcosa mi dice che non sarà per niente facile mettere ogni pezzo al suo posto per capire qualcosa, è trascorso così tanto tempo da allora…

    Maria con un sospiro: Eh sì, mia cara ragazza, proprio per questo non sarebbe meglio lasciar perdere tutte queste cose tristi, per cominciare quanto prima a vivere una vita tutta tua in modo spensierato come meriti? Hai già sofferto tanto…

    Lavinia: Non potrei voltare pagina così, nemmeno se lo volessi, cara Maria. Devo assolutamente sapere chi sono e cosa è capitato in questa casa, solo dopo potrò riprendere la mia vita dandole una nuova sana spinta.

    Maria con un viso tristemente angosciato: E sia come tu vuoi, mia cara, ti starò vicina qualunque cosa deciderai di fare.

    Lavinia: Grazie di esistere, Maria. Adesso termina pure di fare ciò che hai lasciato in sospeso in giardino, dopodiché raggiungimi nello studio di mio padre.

    Maria: Va bene mia cara, a dopo.

    Lavinia fa per aprire la porta ma si ferma all’improvviso, si gira verso la donna che la segue e le domanda: A proposito, hai parlato di una porta segreta nello studio di mio padre, dove si trova?

    Maria: Se lo sapessi, non sarebbe più segreta, non credi?

    Lavina perplessa: Vuoi dire che nessuno sa dov’è e come si apre?

    Maria: Temo di sì…

    Lavinia: Di bene in meglio… Ok, mi do da fare subito, comunque sappi che mi chiuderò dentro una volta che sarò nello studio, così nessuno potrà disturbarmi. Perciò quando hai terminato in giardino, prima di raggiungermi, avvisami chiamandomi al mio cellulare.

    Maria: Come vuoi, ma fai attenzione mi raccomando.

    Lavinia: Se non sono al sicuro nella casa dove sono cresciuta, dove mai potrò esserlo?

    Maria sorride alla ragazza mentre le carezza dolcemente il viso, Lavinia allora le sorride poi va verso la porta, e dopo averla aperta, ognuna delle due donne va per la sua strada.

    3° Capitolo

    Una volta giunta dentro lo studio del padre, e solo dopo aver chiuso a chiave la porta dell’ampio salone, Lavinia comincia a tastare, come un gatto selvatico chiuso in una gabbia, ogni parete…

    Dopo quasi un’ora, non riuscendo a trovare qualcosa che possa farle capire dove ci possa essere un qualche passaggio, comincia a innervosirsi, quindi decide di sedersi sulla poltrona del padre, proprio dietro la sua scrivania. Cerca di calmarsi, certa che è inutile andare così alla ceca, deve ragionare… provando a immedesimarsi nel padre, quasi come se potesse sbirciare nella sua testa.

    Chiude gli occhi e si rilassa per parecchi minuti, poi improvvisamente li riapre e guarda bene di fronte a sé, pensando che mai e poi mai una qualsiasi persona, men che meno il padre, avrebbe sistemato la scrivania in modo da dare le spalle a un qualsiasi passaggio segreto. Questa tesi le sembra la più ovvia soprattutto perché da che lei rammenta, la sua posizione nel tempo non era mai stata variata, seppure modifiche là dentro ne sono state fatte parecchie, sia alla tappezzeria delle pareti che all’arredamento stesso.

    Senza muoversi da dov’è, quindi memorizza visivamente ogni singolo punto che le sembra interessante e potenzialmente idoneo a poter celare una qualche porta, decisa a ispezionarlo poi da vicino alla ricerca di un qualche indizio. All’apparenza però, sembra tutto talmente ben disegnato, proporzionato, ogni cosa è in perfetta armonia soprattutto da quella distanza, che le risulta impossibile capire qualcosa. Quindi si alza certa che deve ispezionare meticolosamente tutto ciò che ha di fronte, a costo di spostare ogni singolo libro dalla grande e capiente libreria che occupa quasi tutta la parete, proprio in quella zona.

    Dopo un’altra mezz’ora, delusa perché non riesce a scorgere niente che manovrato possa rivelare un qualche passaggio, si siede per terra come un guru in attesa di ispirazione e poi alza la testa. Quell’enorme libreria, vista da là sotto, fa decisamente impressione… si sente piccina, piccina…

    Fa per rialzarsi spaventata, come se tutta quella cultura avesse una volontà propria e minacciasse di piombarle repentinamente addosso in qualche modo, cercando di punirla per la sua sfacciata volontà di violare il suo segreto, facendola sentire vulnerabile. Mentre riflette poco serena su queste sensazioni, a un certo punto, avverte dei brividi di freddo… Si avvicina di più alla parete, annusa qua e là, e in una zona ben delimitata avverte che passa dell’aria fredda, poca… ma la sente, soprattutto quando prova a sedersi nuovamente sul grande tappeto persiano che c’è proprio là davanti. Sorride sorniona pensando: "Aria fredda uguale spifferi, spifferi uguale passaggio…

    Si tira su raggiante e comincia a togliere alcuni libri qua e là per poter picchiettare la parete, pensando che si dovrebbe sentire rumore di vuoto se in quel punto c’è davvero un passaggio, ma resta delusa. Non scopre niente che possa far pensare che lì ci possa essere una parete meno spessa delle altre. Ritorna imbronciata verso la scrivania del padre e si siede nuovamente sulla sua poltrona, chiude sfiduciata gli occhi per la seconda volta, e riprende a riflettere ansiosa…

    Suo padre, Don Ferdinando Conti, non era certamente il tipo che lasciava qualcosa al caso, amava le comodità, quindi mai e poi mai avrebbe fatto costruire un passaggio senza poterne comandare l’apertura dalla sua stessa scrivania. Lavinia spalanca contenta gli occhi e inizia a ispezionare pezzo per pezzo l’antico mobile, che purtroppo è totalmente intarsiato e ricco di cassettini e cassetti di mille generi. Rosoni elaborati si alternano ovunque, piccoli e grandi, e tutti hanno al centro una specie di bottone d’ottone, ognuno dei quali è circondato da una elaborata cornice in legno di ciliegio. L’impresa di riuscire a scovare un qualche comando che possa far aprire il passaggio segreto che sta cercando, sembra ardua, se non addirittura impossibile.

    Dopo circa tre quarti d’ora, stanca soprattutto mentalmente, è costretta ad arrendersi. Pensa delusa che o sta sragionando lei, congetturando cose che non stanno né in cielo né in terra, oppure quel comando che lei sta cercando è così evidente da non essere scovato da nessun altro, a parte da chi è a conoscenza della sua esistenza. Si alza seccata di scatto, mette male il piede destro e cade rovinosamente per terra… Batte la testa sul grosso legno che delimita la seduta della massiccia poltrona dove poco prima era ben accomodata, dolente si massaggia il capo e poi si gira verso di essa per appoggiarsi e tentare di rialzarsi. Tastandola senza guardare, nota che nel lato destro di quel grosso legno c’è una sorta di piccolo piolo. Apre gli occhi e lo osserva incuriosita e attenta da vicino, notando poco dopo che ce n’è uno identico anche nell’altro lato… lo tocca incerta, con la paura di restare delusa ancora una volta, cerca poi di tirare verso di sé sia l’uno che l’altro, ma purtroppo non accade niente.

    Non dandosi per vinta, prova allora a tirarli tutti e due insieme, ma di nuovo non accade niente. Furibonda dà uno spintone alla poltrona con tutte le forze che ha in corpo, come per punirla di una sua improbabile reticenza a voler rivelare qualcosa che invece conosce molto bene, e non avendo alcun appoggio dietro le spalle che possa ammortizzare quel gesto deciso, repentino e stizzoso, cade all’indietro finendo all’interno della capiente cavità della grande scrivania che deve accogliere la poltrona, battendo forte la testa per la seconda volta. Dolente ancor più di prima, tenta con difficoltà di uscire da là sotto, e in quell’istante, tastando dietro di lei alla cieca, si rende conto che la pressione da lei involontariamente esercitata sul pannello interno del mobile, quello posto proprio davanti a dove viene posizionata la poltrona, è andato indietro di ben un paio di centimetri…

    Esce da sotto la scrivania, poi tenta di alzarsi con fare incerto a causa del capogiro causatole dai due colpi presi in testa, ci riesce… dopodiché osserva fiduciosa se qualcosa nella parete di fronte si è mosso. Purtroppo resta nuovamente delusa perché tutto è com’era prima.

    Esausta si lascia cadere sulla poltrona, poi si massaggia la testa dolente e si accorge di avere un bel bernoccolo, finendo per questo con il sentirsi ancora più sfiancata, triste e delusa. Si lascia scivolare, come se avesse esaurito tutte le forze, poi allunga le braccia sui comodi e larghi braccioli della poltrona, quasi in segno di resa… quando a un certo punto, tastando incredula la parte terminale dove cerca di far aderire le mani, si rende conto che uno dei due pioli di prima, quello a destra, altro non è che un cassettino che adesso è aperto. Lavinia, dopo averlo osservato attentamente, riflette sul fatto che forse l’urto involontario della sua testa, contro il pannello sotto alla scrivania di poco prima, deve aver azionato un qualche meccanismo che ha fatto scattare l’apertura di quel piccolo cassetto.

    Lo guarda ancora una volta bene per studiarne i particolari e nota che al suo interno è custodito un piccolo bottone verde, forse è un pulsante… Prova quindi a pigiarlo con delicatezza, e improvvisamente si apre di scatto anche l’altro cassettino che si trova all’estremità dell’altro bracciolo della poltrona. Lavinia ci guarda dentro e vede che al suo interno c’è un altro pulsante di colore nero. Per un attimo è indecisa sul da farsi, ha aspettato tanto prima di trovare qualcosa di concreto rimanendo più volte delusa, che adesso ha quasi paura di prendere una decisione, quindi per qualche secondo resta in riverente silenzio di riflessione, poi con un gesto repentino lo schiaccia e come per magia una parte del pavimento che si trova proprio davanti alla scrivania si solleva, portando con sé anche il grande tappeto persiano su cui un’oretta prima era seduta.

    Quell’istante sembra congelare ogni cosa nel salone, anche Lavinia resta basita e immobile trattenendo persino il respiro. A un certo punto, rendendosi conto che è da troppo tempo che trattiene l’aria nei polmoni, espira solennemente liberandosi contemporaneamente sia dell’aria in essi contenuta, che del fardello di stress che la tiene ancorata a quell’attimo senza tempo e carico di incognite.

    Dopo aver riacquistato la totale padronanza di sé, si alza e si dirige con passo deciso verso il passaggio e, dopo aver scostato alla meglio il grande e pesante tappeto, cerca di sbirciare, senza però addentrarsi per prudenza, oltre quel buio inquietante che c’è là sotto…

    Purtroppo non riesce a vedere quasi niente, a parte alcuni gradini di pietra che sembrano condurre verso il basso. Cerca mentalmente di fare il punto della situazione e pochi istanti dopo, rammenta di aver visto una potente pila da qualche parte, proprio lì nello studio del padre. Comincia a cercarla, e poco dopo la trova proprio nell’ultimo cassetto in basso a destra della grande scrivania. Per fortuna funziona ancora nonostante gli anni trascorsi da che pochi hanno frugato tra le cose del padre, le pile hanno comunque retto bene.

    Ritorna verso il passaggio segreto e pian piano comincia a scendere quei larghi gradini, resi più sicuri da una guida nera ben bloccata su di essi. Poco dopo, esattamente quando il suo intero peso si trova sul terzo gradino, con sua enorme sorpresa, si rende conto che la pila non le serve più a niente. Infatti, man mano che poggia i piedi anche sui gradini che seguono, una sorta di illuminazione posizionata in alto a destra e a sinistra, illumina un corridoio largo circa tre metri e alto circa due e mezzo. È un tunnel semplice, lungo circa una quindicina di metri che conduce in una sala abbastanza grande, che è di passaggio, visto che dopo il corridoio pare proseguire oltre. Essa pare una sorta di zona d’attesa…prima di essere ammessi oltre… Il minimale arredamento che la caratterizza è composto da un elegante e grande divano di pelle scura a tre posti, due poltrone in pendant, un tavolino e sotto di essi un tappeto persiano di medie dimensioni. Sul lato opposto un mobiletto solitario con alcuni alcolici, raffinati bicchieri di cristallo con i bordi in oro zecchino e due ampolle in stile identico che contengono ancora qualcosa… dal colore potrebbe essere whisky. Incuriosita Lavinia ne prende una, toglie il tappo e annusa il contenuto, immediatamente scosta il naso e disgustata pensa: È certamente Whisky e anche parecchio datato, chissà da quanto tempo è qui questa robaccia.

    Nonostante quel poco arredamento sia di gusto raffinato, ogni cosa in quel luogo, forse a causa del tipo di illuminazione scelta, forse a causa della sua collocazione sotto terra, risulta decisamente poco accogliente. Comunque sia Lavinia non ha alcuna intenzione di attardarsi ancora per molto in quel posto segreto, tanto più che dopo aver dato uno sguardo tutto intorno, non vede niente che possa somigliare neppure vagamente a dei documenti. Inoltre, a parte quelli già visti, non ci sono altri mobili o contenitori che possano nascondere qualcosa a sguardi indiscreti. Prosegue quindi il cammino curiosa di vedere dove sbocca quel passaggio, che ovviamente deve condurre all’esterno. Infatti dopo aver percorso a passo lento l’altro pezzo del tunnel che c’è dopo la strana sala, dopo circa dieci minuti si ritrova davanti a una porta massiccia di legno e ferro battuto. Sembra bloccata da un grosso passante in ferro, Lavinia lo alza a fatica, ma non riesce comunque ad aprirlo. Osserva attentamente la cornice in legno di castagno che circonda la possente porta e nota che a destra, all’altezza degli occhi, c’è un altro pulsante nero. Lo pigia e la porta finalmente si apre lentamente da sola verso l’interno, senza alcuna difficoltà, e contemporaneamente una enorme lastra di granito si apre verso l’esterno… Si ritrova nel giardino della sua villa, precisamente nella parte a sinistra mettendosi davanti alla casa, nel bel mezzo di una grande fontana di granito che non ha mai visto l’acqua, e solo adesso lei ne comprende il motivo… Da piccola si era sempre domandata come mai dalle tre bocche di quella splendida e imponente fontana, peraltro abbastanza inquietante a causa delle tre strane facce che da sempre sembravano spiarla, affogate nei tre grandi pannelli che la caratterizzano, non usciva l’acqua. L’aveva anche chiesto a suo padre, e lui sorridendo soddisfatto, forse per l’intuito da lei dimostrato con quella attenta domanda, pensa lei adesso dopo la scoperta fatta, le aveva risposto con tono scherzoso, che quei faccioni ingordi volevano l’acqua tutta per sé.

    Una volta divenuta grande, non potendo ovviamente accettare una simile risposta come buona, alla medesima domanda, le era stato detto che chi aveva sistemato la fontana, aveva commesso gravi errori compromettendo definitivamente l’utilizzo della stessa, e che piacendo molto, nonostante tutti i suoi oggettivi difetti, a Donna Irene che la utilizzava per sistemare proprio in quel luogo la maggior parte dei suoi più bei fiori, era stata poi lasciata così.

    Solo adesso Lavinia si rendeva conto di quanto era stata ingenua a credere senza riserve, a una simile spiegazione. Si sentiva presa in giro e non riusciva a comprendere perché tale verità le era stata negata persino una volta divenuta adulta… Si domanda inquieta cosa le possono aver nascosto oltre tutto quello che ha scoperto sino a ora… In fin dei conti, si chiede sconcertata, cosa c’è di così strano e misterioso in un passaggio come quello? Non cela indicibili misteri, non contiene niente che debba essere nascosto! Anzi, è anche troppo spoglio…

    Lavinia, ancora una volta delusa, non sapendo in che altro modo chiudere quel passaggio, prova a pigiare nuovamente il bottone che c’è nella parte alta della cornice della porta, poi si scosta veloce per sicurezza, quindi il passaggio pian piano si chiude. Quando l’operazione si è conclusa, decide di rientrare in casa senza farsi vedere mentre va via da lì, ma prima di avviarsi osserva bene con quanta perfezione è stata lavorata la lastra di granito centrale, proprio quella dietro la quale è nascosto il passaggio che conduce direttamente allo studio del padre. Da fuori è impossibile comprendere che lì dietro ci sono un portone e un tunnel. Riflette anche sul fatto che certamente lì fuori da qualche parte, ci deve essere un qualche altro congegno, mimetizzato chissà come, che consente di aprire quel passaggio anche dall’esterno, ma lei adesso non ha tempo per cercarlo e poi non le interessa nemmeno farlo.

    Si avvia seccata percorrendo il sentiero disegnato con lastre di porfido che conduce davanti alla villa, e contemporaneamente continua a domandarsi il perché di tanta segretezza che le sembra non avere alcuna giustificazione; non riuscendo a comprendere, giunge alla triste conclusione che forse persino di suo padre, morto prematuramente in seguito a un infarto, lei sapeva veramente poco.

    Si incammina immersa in questi pensieri e poco dopo si ritrova vicino a una grande siepe a forma di palla, nella quale era solito nascondersi, soprattutto quando era piccolo, il cane del signor Giovanni, il vecchio giardiniere che era oramai morto, come morto era anche quello splendido cucciolo, purtroppo.

    Lavinia si abbassa per poter entrare carponi, in quella strana tana dentro quella grande siepe cava, che da quando lei era bambina, veniva curata solo all’esterno, per questo aveva quella particolare forma a palla.

    Essendo divenuta grande, ha qualche difficoltà a intrufolarsi sino ad arrivare al punto in cui Shine, questo era il nome che lei aveva dato al cucciolo per la sua abitudine di raccattare e portare in quel suo nascondiglio, ogni genere di oggetto luccicante. Una volta dentro si siede all’indiana, proprio come faceva quando era piccola e voleva stare un po’ da sola con il cucciolo di labrador che le aveva regalato il signor Giovanni. Fruga triste tra le strane cose che sono ancora ammassate in un angolo più interno e riparato della grande siepe e trova di tutto… Carta stagnola, un cucchiaino d’argento… il suo, alcuni fili colorati utilizzati per confezionare dei pacchi di un qualche Natale sicuramente felice, un bottone impreziosito da alcune pietre di un elegante tailleur di Irene… e mentre questi bei ricordi si affollano nella sua testa, a un certo punto tastando qua e là, trova qualcosa di molto strano, sembra una catena… d’oro… La dissotterra per vederla meglio e cerca di ripulirla come può dal fango incrostato… è lunga, non sembra un gioiello di Irene. Cerca di tirarla fuori dal terreno pian piano, sembra che qualcosa la tenga bloccata da sotto… tira ancora un po’ e riesce a estrarla del tutto. Ciò che la tratteneva nella terra indurita dalle piogge, adesso è saltato fuori… Si tratta di una grande croce.

    Lavinia è perplessa, e pensa che l’unica persona a cui può appartenere quel gioiello così particolare, è Gonci Mattiz.

    Si domanda poi da quanto tempo possa essere sepolta lì e soprattutto dove la possa averla trovata Shine. Mentre la osserva attentamente, nota che le due estremità della catena che si congiungono alla croce, sia a destra che a sinistra, hanno incastonati due grossi smeraldi, a questo punto non ha più dubbi, è certamente di Monsignor Gonzales Martinez.

    Anche quella che ha adesso, seppure la croce è differente, risultando un po’ più moderna rispetto a questa, è caratterizzata dall’avere due grossi smeraldi incastonati ai lati. Lavinia è certa che questa non può essere una coincidenza, il problema è capire come mai, nonostante la catena sia così grossa, sia rotta…

    La pare anche inverosimile che, seppure Gonci Mattiz era solito giocare con il suo cagnolino prendendolo persino in braccio, il cucciolo possa avergliela strappata e dopo possa averla nascosta lì senza essere almeno rincorso da qualcuno, per recuperare il maltolto.

    Decide che, non avendo altra possibilità di capire cosa può essere successo, domanderà direttamente all’interessato, in modo così da potergliela anche rendere ove fosse di sua proprietà, cosa di cui lei è sicura. Carponi, cercando di non aggrovigliarsi i sottili capelli nei rami secchi che sono all’interno della siepe a palla, esce pian piano e si dirige con passo spedito verso la villa. Poco prima di arrivare al portone di ingresso nota che Lucia, la giovane cameriera, le sta andando incontro. Istintivamente nasconde dentro la capiente tasca della giacca di lana che indossa, il gioiello che ha appena trovato. La ragazza appena la vede nota che i pantaloni di Lavinia sono sporchi di polvere, i suoi capelli sono pieni di pezzi di foglie secche e rametti e le sue mani sono scorticate e graffiate, allora preoccupata esclama: Mio Dio signora, cosa le è capitato? Sta bene?

    Così dicendo cerca di sorreggerla, come se pensasse che da un momento all’altro potesse cadere rovinosamente per terra. Allora Lavinia dapprima sorride, poi ride di gusto, quindi esclama: "Lucia!

    Sta’ serena, sto benissimo… non sto per svenire! Mi sono semplicemente sporcata mentre rovistavo tra i fiori nelle aiuole, tutto qui."

    La ragazza la guarda rassicurata ma sempre un po’ perplessa, e insieme si dirigono verso casa.

    4° Capitolo

    Una volta giunte nell’androne della villa, Lavinia, per distogliere l’attenzione di Lucia da sé, dal momento che continua a osservarla preoccupata e perplessa, domandandole ancora se è sicura di stare veramente bene e se ha bisogno di qualcosa, le dice di andare in cucina per dire a Rachele, la cuoca, che ha una fame da lupo, e che vuole pranzare tra una mezz’ora.

    Lucia, rincuorata da quella richiesta inaspettata, le sorride e va spedita verso la cucina. Nel mentre Lavinia si dirige verso la scala che conduce al primo piano, per poi andare nella sua camera in quanto vuole lavare bene il gioiello che ha trovato, per osservarlo meglio. Una volta giunta nel corridoio, proprio quando sta per aprire la porta, vede Maria Gutierrez che dall’altro lato del lungo corridoio che conduce nella zona notte, le va incontro con fare circospetto…

    Lavinia allora lascia la maniglia della porta della sua camera, mette istintivamente la mano dentro la tasca della giacca di lana dove ha riposto la catena con la croce, con l’intento inconscio di voler proteggere quell’oggetto da qualcuno che al momento evidentemente non ha tutta la sua fiducia, pur non comprendendone la ragione dal momento che lei si fida della governante. Neanche un istante dopo, quando la donna è ancora a metà del corridoio, si interroga perplessa su questa sua reazione istintiva e, pur non riuscendo ancora a darle una spiegazione plausibile, decide di assecondarla. Quindi, nel preciso istante in cui Maria le è di fronte, non le dice niente di ciò che ha appena scoperto. La donna dal canto suo si scusa per aver tardato così tanto, e di non essere riuscita a raggiungerla se non adesso, perciò le domanda se per caso ha scoperto qualcosa. Allora Lavinia, sempre preoccupata di non far capire alla donna il fatto che le sta nascondendo qualcosa di importante, toglie la mano dalla tasca e apre la porta della sua camera invitandola a entrare. Solo una volta che la governante è dentro la camera della ragazza, si accorge dello stato in cui è. Quindi preoccupata come non mai, le domanda: Ragazza mia, cosa ti è capitato? Come ti sei ridotta così?

    Lavinia, ovviamente sa bene che qualcosa le deve pur dire, anche perché non vuole assecondare del tutto la sua istintività che le dice di non fidarsi del tutto della donna… d’altronde è vulnerabile con lei, le ha fatto più che da mamma, le risponde dicendo: Tranquilla Maria, non mi è capitato niente di grave, anzi… devi sapere che proprio quando stavo per arrendermi, almeno per oggi, sono finalmente riuscita a trovare il passaggio segreto! Devo dire che è stato abbastanza complicato scoprire il meccanismo per potervi accedere, ma ci sono comunque riuscita. A proposito, meno male che ho chiuso la porta dalla parte interna dello studio, perché dopo aver percorso il tunnel che porta in giardino, ho richiuso solo il passaggio che conduce all’esterno e che è mimetizzato in modo perfetto, con la lastra di granito della bocca centrale della fontana senz’acqua. Quindi non essendo ritornata indietro che adesso, passando dal giardino, nello studio il passaggio è ancora aperto. Dobbiamo sistemare ogni cosa, non voglio che qualcuno venga a sapere quanto ho appena scoperto, almeno non prima di aver ispezionato approfonditamente ogni cosa là sotto. Anche se a un primo sguardo, direi che in quella sala che ho trovato, non sembra esserci niente che mi può interessare, e soprattutto nessun posto dove può essere nascosto un qualche documento.

    Maria: Quindi esiste davvero il passaggio segreto, e io che cominciavo a dubitarne, anche se le persone che hanno incontrato il Conte e la Contessa la notte che sei stata portata qui, non sono certamente passate dal portone principale, e nello studio non c’è nessun’altra porta, almeno conosciuta. Ma dimmi, è così impolverato là sotto che ti sei ridotta così?

    Lavinia: Ma no, c’è un po’ di polvere, ma non così tanta poi. Il fatto è che passando per il giardino, mi sono fermata a rovistare nel roseto, quello mezzo inselvatichito che c’è vicino alla fontana senz’acqua, e mi sono graffiata sporcandomi anche di terra mani, unghie, pantaloni e chissà che altro.

    Maria perplessa le si avvicina e le toglie alcune foglie e rametti secchi dai capelli, poi perplessa dice: Che strano, queste foglie secche non sembrano di rosa… Poi dopo una breve pausa, accorgendosi che Lavinia è in difficoltà come quando da piccina non le voleva mentire ma non le voleva nemmeno dire la verità, aggiunge: Va bene che una volta che si seccano e si riducono a pezzi, è difficile distinguerle una dall’altra. Adesso ti aiuto a metterti in ordine così dopo andiamo subito giù a chiudere il passaggio.

    Maria fa per aiutare Lavinia a togliersi la giacca di lana che è decisamente sporca, allora lei la blocca di scatto, e cercando di essere naturale le dice: Non preoccuparti, faccio da sola. Caso mai, prima di ritornare nello studio, preferisco pranzare. Ho già fatto avvisare Rachele da Lucia che mi è sembrata molto sospettosa già prima, quindi meglio fare le cose come stabilito.

    Maria: Come vuoi mia cara, allora io vado a vedere se è tutto pronto e poi ti aspetto nel salone verde. Così dicendo la governante si avvia verso la porta ed esce. Subito dopo, quando sente i passi della donna che si allontana lungo il corridoio, Lavinia si precipita in bagno e chiude la porta. Si toglie la giacca e dalla tasca sfila la catena con la croce, mettendola poi sotto l’acqua corrente ben calda per disincrostarla dal fango secco rimasto attaccato. Con sua meraviglia nota nel retro della croce, proprio nel punto in cui si incrociano le due parti che la compongono, qualcosa che non si aspettava di vedere… Asciuga bene il gioiello ripromettendosi di guardare meglio più tardi quello che ha appena visto, dal momento che non può attardarsi ulteriormente per via del pranzo. Quindi lo sistema velocemente insieme ai preziosi che sono nella sua cassaforte a muro che è dietro un grande specchio, che troneggia pomposo sopra uno splendido trumeau, poi riordina ogni cosa per paura che qualcuno possa

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