L'oscura esistenza - Adolescenza vampira (prima parte)
Di Manuel Mura
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Anteprima del libro
L'oscura esistenza - Adolescenza vampira (prima parte) - Manuel Mura
633/1941.
Esistenza incerta
L'urlo di Isabella si perse dentro l'abitazione che non riconosceva.
Le sembrava di essersi appena svegliata da un incubo di cui non ricordava i particolari ma era certa fosse stato sconvolgente.
Si trovava seduta su un letto senza niente addosso, in una piccola stanza buia che non aveva mai visto. Ma la cosa strana era che riusciva a vedere tutto perfettamente malgrado l'oscurità circostante. E il suo sguardo si posò sull'uomo che dormiva poco distante da lei. Gridò nuovamente ma questi non si scompose.
Si alzò di scatto guardandosi freneticamente attorno cercando sia i vestiti che di dare un senso a quell'assurda situazione.
Oltre il letto c'era un modesto comodino con diversi cassetti sulla destra mentre il lato opposto era occupato da un grosso mobile di legno scuro con due porte a specchio. Si diresse lì senza pensarci riuscendo a scorgere perfettamente la sua immagine riflessa.
Era una ragazza molto bella. Alta il giusto e proporzionata nel corpo aveva splendide forme che raggiungevano la perfezione nel fondoschiena. Anche il viso dai fini lineamenti non era da meno, contornato da lunghi capelli neri lisci e occhi chiari penetranti e spensierati fino a un attimo prima. Ora era preoccupata per quell'assurda situazione ma non di meno rimaneva una ragazza dal grande fascino. Non le mancava niente nemmeno in termini economici dato che i suoi erano ricchi come non le erano mai mancati i ragazzi, anche se non era tipo d'andare con il primo venuto. Inoltre non ricordava nulla di quell'uomo che continuava a dormire beatamente, così immobile da non sembrare vivo.
Ma fissando la sua immagine le vennero in mente come in un flash i ricordi della sera precedente.
Era andata in discoteca con le sue amiche per festeggiare il suo diciottesimo compleanno. Aveva per lo più ballato, sia da sola che con diversi ragazzi, poi uno di questi si era avvicinato e l'aveva attirata a sé. Non ricordava come ma aveva un quadro completo del ragazzo. Era alto, ben piazzato, con capelli biondi corti, occhi chiari e un accento straniero, forse inglese: praticamente uguale a quello che vedeva nel letto.
Ragionando un attimo sulla situazione era chiaro quanto fosse successo in seguito, allora perché non lo rammentava? E ancora peggio: perché si sentiva così strana?
Non che stesse male tuttavia c'era qualcosa fuori posto in lei, qualcosa che non riusciva a definire ma le metteva i brividi.
Guardando la sua immagine riflessa non le pareva di muovere il petto per respirare, anzi non le sembrava proprio di farlo come non ne avesse bisogno. E anche il cuore non lo sentiva battere come di consueto. Urlò e corse alla porta.
Si trovò in un ampio soggiorno che costituiva il cuore della casa.
Solo due piccole porte poste ai lati opposti fornivano la possibilità di altri ambienti ma tutto era concentrato in quello davanti a sé.
Al centro divani e poltrone occupavano buona parte dello spazio insieme a un televisore mentre una serie di mobili facevano da contorno accompagnati da qualche quadro e un vaso posto su un comodino.
Tutto l'ambiente era immerso nella più totale oscurità. Non si vedevano finestre, solo due tapparelle in alto abbassate e chiuse. Ma anche in quella circostanza vedeva tutto perfettamente, anche la porta posta in fondo sulla sinistra. Era certa portasse fuori da quell'appartamento che le metteva addosso una strana inquietudine, tuttavia prima di varcarla doveva trovare i suoi vestiti. Pensando agli abiti le vennero in mente altri particolari della serata appena trascorsa.
Era insieme a quell'uomo in una piccola cucina e stava bevendo qualcosa, del vino forse. Poi ricordava la voce autoritaria di quell'individuo ordinarle di spogliarsi e aspettarlo in camera da letto. E aveva preso senza indugi la direzione indicata come fosse un automa incapace di reagire. Da lì in poi c'era nuovamente il vuoto ma era facile capire quanto successo in seguito, anche se non lo ricordava.
Le venne da pensare di essere stata drogata. Più quell'idea le frullava in testa più le sembrava plausibile. Di sicuro in quella bevanda c'era qualche droga che l'aveva resa incapace di reagire e in quel mentre quell'uomo si era approfittato di lei. Doveva essere andata così e ora che aveva finito di divertirsi dormiva beatamente nel suo letto. Quel pensiero le mise addosso una rabbia indicibile ma scemò presto dato non avrebbe portato a nulla.
Era sempre stata una ragazza controllata e anche in quell'occasione cercò di far riaffiorare l'autocontrollo.
Adesso la priorità era recuperare i vestiti e uscire da quell'appartamento, poi avrebbe pensato come comportarsi con quell'uomo.
Si diresse senza indugi alla porta di sinistra ritrovandosi nella stessa piccola cucina in cui si perdeva l'ultimo ricordo.
Era un ambiente piccolo con un tavolo al centro, quattro sedie attorno, un lavabo sulla sinistra a cui seguiva un piano cottura e un piccolo frigorifero. Dall'altro lato c'era posto solo per una piccola lavatrice mentre la finestra sul fondo era chiusa e sprangata come il resto dell'appartamento in modo che nemmeno un raggio di sole giungesse all'interno. E malgrado il buio circostante era convinta fosse l'alba, anzi più probabilmente mattina inoltrata.
Non sapeva da dove venisse tale convinzione ma ragionandoci un attimo era logico pensare che dopo la notte passata in quella casa fosse ormai giorno.
Non ci pensò oltre spaziando lo sguardo nella cucina fino al punto dove ricordava essere seduta a bere. E lì, appesi a una sedia, vide i suoi vestiti.
Li indossò rapidamente constatando con gioia che non mancava niente. Oltre la biancheria intima c'era sempre il suo vestito scuro con la gonna corta dello stesso colore ma anche soldi e cellulare.
Pensò per un attimo di chiamare i suoi genitori o la polizia ma lasciò subito perdere. Non sapeva nemmeno dove si trovava e al momento la cosa migliore da fare era uscire da quell'appartamento e non farvi più ritorno.
Una volta lontana e al sicuro avrebbe denunciato quel tipo.
Corse alla porta: l'aprì ritrovandosi finalmente fuori da quel maledetto appartamento.
Si ritrovò in aperta campagna in un ambiente che non conosceva, sicuramente distante da Pisa dove viveva. E come aveva immaginato era ormai giorno. La giornata si presentava molto nuvolosa, piuttosto fredda e ventosa, fin tanto per essere appena incominciato l'autunno. Tuttavia un pallido raggio di sole riuscì a sbucare dalle nuvole per una frazione di secondo e come si posò sulla sua figura un dolore terribile la prese da capo a piedi.
Urlò più volte non comprendendone l'origine. Sentiva la pelle bruciare e la vista spegnersi sotto quella pallida luce più accecante di mille lampade puntate in faccia.
Le sembrò assurdo ma il dolore era reale e tangibile, ogni attimo più terribile. Con lo sguardo annebbiato riuscì a scorgere le fiamme che lambivano il suo corpo che come fosse fatto di benzina le alimentava sempre più. Urlò più volte e corse rapida alla porta. Era vicinissima ma le appariva irraggiungibile; ancora peggio si ricordò d'averla chiusa.
Urlò più volte sbattendo i pugni con forza sperando si aprisse e quel dolore lancinante finisse. Di colpo si ritrovò dentro l'appartamento.
Rimase per terra diverso tempo a rigirarsi dal dolore che non sembrava abbandonarla mai del tutto.
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La voce boriosa del giovane accanto a lei le scatenò una rabbia infinita tanto da far passare in secondo piano anche il dolore. Si alzò di scatto ritrovando in un istante tutte le forze.
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L'aria da scherno unita a quella di superiorità moltiplicarono le forze di Isabella: lo spinse indietro e corse rapida in cucina.
Rovistò rapidamente nei cassetti trovando un coltello piccolo e largo, non molto affilato ma comunque utile, sicuramente meglio di un vaso.
E quando l'uomo arrivò spavaldo le si gettò addosso con rabbia cercando di colpirlo con l'arma. La sua furia venne fermata sul nascere: l'avversario si mosse così rapido che nemmeno vide la manata che le arrivò in faccia sbattendola a terra. Nella caduta sbatté la testa rimanendo ulteriormente stordita.
Provò a tirarsi su ma tutto le girava e un calcio dell'uomo fermò la sua azione sul nascere.
Non bastasse il dolore che già sentiva le vennero tirati i capelli con forza e si ritrovò la testa piegata all'indietro. Urlò e si dimenò cercando di liberarsi ma comprese subito di non avere speranze. Poté solo inveire contro di lui senza che questo lo scomponesse di un millimetro: rimaneva sempre freddo e con quell'espressione da superiorità che la mandava in bestia.
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Cercò di divincolarsi dalla stretta e soprattutto prendergli il coltello che teneva nell'altra mano ma era del tutto impossibile da quella posizione infausta.
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Le fece sbattere con forza la testa sul pavimento procurandole altro dolore per poi lasciarla.
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Ma Isabella era ancora a terra stordita e disperata. Al suo rifiuto la prese nuovamente per i capelli tirandole la testa indietro: per un istante i loro occhi si incrociarono. <
Stavolta la ragazza si alzò senza nemmeno rendersene conto, muovendosi come un automa.
Le rivennero in mente i momenti in cui si trovava in discoteca: quell'uomo l'aveva attirata a sé in un modo che non aveva compreso. E lo stesso quando si trovava in cucina: era bastato lo guardasse negli occhi per perdere tutta la sua volontà. Di sicuro quello sguardo freddo nascondeva molto più di quel che dava a vedere: era certa fosse in grado d'ipnotizzarla.
Era la spiegazione più logica a quanto successo ma se credeva d'averla in pugno si sbagliava di grosso e se ne sarebbe presto accorto a sue spese.
In qualche modo se ne sarebbe sbarazzata e uscita da quella maledetta casa. Anche se fuori il suo corpo bruciava non era quanto la fiamma della rabbia che la divorava dentro intenzionata a riversare contro il suo avversario: l'avrebbe annientato.
Una dura realtà
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Ripensando a prima non l'aveva nemmeno visto muoversi né il colpo preso. Toccandosi un istante il mento si accorse che non le faceva male e anzi tutti i dolori causati fino a quel momento erano incredibilmente già passati.