Il premio
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Anteprima del libro
Il premio - Marco Sartoni
Andrea Ferniani, era consapevole che la squadra del Tennis Club San Pancrazio, contro la quale tra meno di un’ora il suo team sarebbe sceso in campo, era al primo posto nella classifica del girone.
Al contrario la squadra da lui allenata, i San Giusto’s Tennis Warriors, non aveva ancora raggiunto i punti necessari per salvarsi dalla retrocessione.
In quella sera di novembre, seduto a un tavolino della sala del circolo, Andrea rifletteva che precipitare dalla serie B alla serie C del circuito UISP provinciale era un po’ come per uno stronzo scivolare dalla tazza del cesso alle fogne sottostanti: non faceva tanta differenza.
Nonostante questo, il direttore della scuola tennis di San Giusto ed ex promessa mancata del tennis nazionale, si sforzava da più di un’ora per trovare una strategia di gioco che garantisse ai suoi uomini almeno una possibilità di successo.
***
E dire che all’inizio, quando il Presidentissimo del Circolo Tennis di San Giusto gli aveva proposto di gestire la squadra dei Warriors, Andrea aveva dovuto reprimere l’impulso di saltare dalla finestra e di guidare a tutta velocità fino all’aeroporto più vicino.
«Consideralo uno scambio di favori» aveva detto il Presidentissimo: «Serve al Circolo, ma serve anche a te. Per farti un po’ di pubblicità. Per promuoverti»
Andrea gli aveva lanciato uno sguardo scanzonato: anche se il bacino di utenza del Circolo di San Giusto non era paragonabile a quello dei modernissimi circoli di Lugo e Bagnacavallo, gli affari del maestro andavano benone, merito in parte della sua indiscussa qualità tecnica - questo giovanotto è stato numero quattordici della classifica nazionale, signori miei: a diciassette anni era in grado di centrare col servizio un birillo a 22 metri di distanza per, dico, dieci volte di seguito! - ed in parte, la parte più grossa, merito del suo aspetto fisico, a metà strada tra il primo Mastroianni e l’Aragorn de «Il Signore degli Anelli«.
Questa combinazione di fattori sortiva l’effetto di riempire ogni settimana l’agenda lavorativa di Andrea con ore di lezione a 32 euro l’una, distribuite tra bambini più o meno promettenti, signori di mezza età desiderosi di mantenersi in forma e una platea variegata di femmine che, pettegolezzo di pubblico dominio, sovente concludevano gli allenamenti sui sedili reclinabili della Matiz arancione del loro atletico maestro, prima di tornare dai rispettivi mariti o fidanzati.
«Non credo di avere bisogno di promuovermi. In fondo Warriors potrebbero autogestirsi. Le squadre amatoriali di solito lo fanno»
«Hanno già provato. E’ stato un disastro, litigavano in continuazione per decidere chi doveva giocare e chi doveva rimanere in panchina. Hanno bisogno di un capitano, qualcuno che sappia farsi rispettare. Tu sei la persona giusta»
Andrea non la pensava allo stesso modo - figurarsi, la persona giusta per gestire i battibecchi di un branco di quarantenni presuntuosi e sovrappeso - perciò aveva battuto un dito sull’agenda, sorridendo con aria dispiaciuta.
«La verità è che sono già pieno fino ai capelli. Mattina, pomeriggio e sera»
«Vorrà dire che rinuncerai a qualche ora di lezione. I tuoi clienti se ne faranno una ragione»
Il sorriso si era accartocciato sulle labbra di Andrea come un capello passato sulla fiamma di una candela:
«Disdire gli impegni presi non è un comportamento molto professionale»
L’uomo aveva scrollato le spalle: «Vedila così, neppure scoparsi le allieve nello spogliatoio dopo l’orario di chiusura è molto professionale, o sbaglio?»
- Touché -
Andrea fece una smorfia: così, il vecchio bastardo lo aveva aspettato al varco.
«Eppure io ho sempre chiuso un occhio», aveva continuato il Presidentissimo, angelico: «Ti ho coperto le spalle. Anche quando hai dimenticato quella cosa usata appesa alla maniglia della doccia»
Andrea si trovato costretto a convenire che un preservativo dimenticato in quel modo nello spogliatoio femminile, sotto gli occhi di chiunque, non poteva considerarsi una buona mossa promozionale per il suo lavoro, specie quando l’unica avventrice femminile del Circolo, quel giorno, era stata la moglie del direttore Unicredit locale.
Ma il Presidentissimo, ovvero l’uomo che in quel momento gli stava chiedendo di gestire a tempo perso i Warriors, era riuscito