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L'oceano oltre la rete
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L'oceano oltre la rete
E-book374 pagine5 ore

L'oceano oltre la rete

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Info su questo ebook

L'isola di San Vignan è l'ultimo avamposto civile prima del nulla di un oceano sconfinato. In quello scoglio sperduto esistono solo due ragioni di vita: la pesca e il calcio. La squadra locale ha una regola ferrea cui non è mai venuta meno: vesti quella maglia solo se sei nato a San Vignan. David Rojo è il giocatore locale più famoso. Ha vinto tutto nella vita, giocato per nazionale e squadre importanti. Ma ora torna a casa. E da questo momento la sua vita cambierà per sempre. Un romanzo sul calcio, sull'onore ma, soprattutto, un romanzo in cui le donne rivestono un'importanza basilare, come figlie, madri, mogli, compagne. Per loro la salvezza in ballo non è solo quella di una squadra ma di persone che segneranno percorsi che si ritroveranno sul dischetto di un rigore da battere, perché per tutti sarà quella la porta da oltrepassare per non essere condannati prima del tempo.
LinguaItaliano
Data di uscita11 ott 2022
ISBN9788868514259
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    Anteprima del libro

    L'oceano oltre la rete - Ettore Zanca

    sidekar

    19

    Ettore Zanca

    L’oceano

    oltre la rete

    arkadia editore

    L’isola di San Vignan è l’ultimo avamposto civile prima del nulla di un oceano sconfinato. In quello scoglio sperduto esistono solo due ragioni di vita: la pesca e il calcio. La squadra locale ha una regola ferrea cui non è mai venuta meno: vesti quella maglia solo se sei nato a San Vignan. David Rojo è il giocatore locale più famoso. È stato sulla terraferma dove ha vinto tutto, campionato del mondo incluso. A 39 anni non ha più nulla da chiedere al mondo del pallone. Prossimo al ritiro, con la testa solo al proprio futuro, per un gioco del destino, in quel momento, il San Vignan sale nella massima serie e Rojo viene chiamato dalla squadra. Al suo ritorno nell’isola si troverà catapultato in un luogo che non riconosce, tra vecchi rancori, amori svaniti, incontri e scontri con un passato che non se ne è mai andato. L’oceano oltre la rete è un romanzo in cui il calcio è scenario di esistenze che si inseguono, dove è la tenacia delle donne a recuperare vite alla deriva, nel ruolo di compagne, sorelle, figlie, in cui la salvezza in ballo non è solo quella di una squadra ma di persone che segneranno percorsi che si ritroveranno sul dischetto di un rigore da battere, perché per tutti sarà quella la porta da oltrepassare per non essere condannati prima del tempo.

    Ettore Zanca palermitano, classe 1971, laureato in Giurisprudenza, giurista d’impresa, docente di storytelling e di scrittura creativa per ragazzi autistici e pazienti pediatrici, svolge lezioni di legalità nelle scuole. Appassionato di calcio, è autore di Zupì e gli infedeli, la favola di Don Pino Puglisi e di Vent’anni (vincitore del premio per la legalità La torre dell’orologio, 2012). Ha pubblicato il racconto Meglio essere Peter Parker (premio speciale Fame di Parole della Società Italiana di Psicologia Sessuologia e Criminologia). Ha inoltre scritto i racconti Oltre la linea bianca, La giostra della memoria (Urban Apnea), Zisa Football Club (CartaCanta) e Stiamo arrivando (Gemma Edizioni). È autore di E vissero tutti feriti e contenti (Ianieri Edizioni, prefazione di Enrico Ruggeri) e di Santa Muerte (Ianieri Edizioni, Premio Presidente della giuria all’Etnabook 2020). Scrive per la Repubblica - Palermo, Stadionews 24, Gioco Pulito (blog de Il Fatto Quotidiano) e City. Ha collaborato con Informazione Libera, La Valle dei Templi, Chizzocute, L’Ora, Rosalio, Giornalettismo, Revolver e Ingresso Libero.

    instagram.com/ettore_zanca

    facebook.com/ettore.zanca

    © 2022 arkadia editore

    Collana di narrativa a cura di

    Ivana Peritore, Mariela Peritore e Patrizio Zurru

    Collana SideKar 19

    ettore zanca

    L’oceano oltre la rete

    Foto di copertina: Oleh_Slobodeniuk / iStockphoto.com

    Realizzazione grafica A.DeCicco, Cagliari

    Prima edizione digitale ottobre 2022

    isbn 978 88 68511 79 1

    arkadia editore

    09125 Cagliari – Viale Bonaria 98

    tel. 0706848663 – fax 0705436280

    www.arkadiaeditore.it

    info@arkadiaeditore.it

    L’oceano oltre la rete

    A chi amo ed è nella mia vita

    perché trasforma ogni giorno il mio sangue in inchiostro.

    A Enrico, perché anche se non c’è più,

    non hanno mai ucciso l’Uomo Ragno.

    1

    Quanta vita contiene un piccolo spazio? Un dischetto del rigore raccoglie anni, dolori, sacrifici e sbandate. Per Antoine quel dischetto è l’apocalisse. Il Giudizio Universale. Ha coscienza che comunque vada, in qualsiasi modo tirerà, nulla sarà più come prima.

    La rissa è stata placata a fatica dall’arbitro. I suoi ex compagni lo hanno cercato come una preda succulenta, per linciarlo. Antoine non è fuggito, ha ascoltato le loro minacce e le loro illazioni sul mestiere di sua madre, senza reagire. Ha sopportato lo sputo in piena faccia di Samor, il capitano del Real Blanca, che è stato visto dall’arbitro. Rosso diretto. Un tempo si sarebbe scagliato e avrebbe preso a pugni chiunque. Non oggi. Oggi è il capitano, deve dare l’esempio. L’arbitro gli si avvicina.

    «Gerard, lei batte il rigore e poi fischio la fine, chiaro?»

    Si passa una mano sulla fronte e fa un cenno di assenso. Ha capito.

    Agger lo afferra per un braccio. «Straniero, comunque vada, grazie di averci portato fino a qui. Ora però fai il culo a questi fighetti.»

    Sugli spalti ha intravisto Alma in piedi, preoccupata, freme. Lo stadio è una caldaia, otturata da tifosi urlanti del Blanca, che può scoppiare da un momento all’altro. Un rigore all’ultimo minuto. Se Antoine Gerard segna, il San Vignan raggiungerà una storica salvezza nella sua prima volta in massima serie. Dall’altro lato, il Real Blanca che, se perde, non andrà in Champions.

    «Figlio di puttana, ti sei giocato la carriera!», sibila Samor uscendo dal campo. Un serpente imbottito di rabbia.

    Antoine sistema la palla. Guarda il portiere che comincia un balletto idiota per distrarlo. Antoine sorride, pensa che si dice «Giocare a pallone», ma il calcio è tutto fuorché un gioco, fin da piccoli. Pensa a Springsteen, a David, ad Alma. Un avversario riesce a raggiungerlo e a dargli una spallata, è subito portato via dai difensori centrali del San Vignan, Agger e Reno, due armadi; l’arbitro minaccia cartellini come se piovesse. Poi si piazza in posizione e fischia.

    Antoine prende la rincorsa non guardando nessuno degli angoli della porta. Non vuole dare riferimenti al portiere. Ma nel frattempo, con il cuore che si accavalla ai nervi, pensa che un rigore può davvero valere una vita. Anzi, due.

    2

    But the stars are burnin’ bright like some mystery uncovered

    I’ll keep movin’ through the dark with you in my heart

    My blood brother

    Sul tavolo della cucina, il telefonino vibra e diffonde la suoneria del Boss. David decide di non guardare chi sia mentre aspetta che esca il caffè. Nel frattempo prepara la colazione a Sara, circondato dalle fusa tra le gambe e dai tentativi di assedio al cibo di Aisia e Vlad, i due gatti neri di casa.

    Il tempo finalmente si dilata, avrebbero avuto dei momenti per loro. La loro storia non sarebbe più stata quella tra un calciatore sempre in giro e una giornalista impegnata. Ne avevano discusso il giorno prima.

    «Se vuoi, posso parlare con i miei dirigenti, potresti venire a fare il commentatore in studio.»

    «Mi ci vedi a parlare in tv in giacca e cravatta?»

    «Sei anziano, ma sei un bel figo. Adesso che avrai più tempo libero, devo anche stare attenta a chi ti ronza intorno. Anzi, con tutte le colleghe giovani e belle che ho, mi sa che non ti faccio venire.»

    «Intanto pensiamo a prepararci per le vacanze, finalmente senza i miei allenamenti a dettarci le scadenze.»

    Dopo la fine del campionato, la decisione per David Rojo è praticamente scontata. Per anni è stato capitano dell’Atletico Inasga, la squadra che, campionato dopo campionato, aveva da sempre conteso il titolo al Real Blanca. Con il club e con la nazionale aveva vinto tutto. Tre Champions, un campionato europeo, due coppe intercontinentali e la sua più grande soddisfazione a trentasei anni, quando non ci sperava più, il campionato del mondo. Ora però lo aveva capito da solo: a trentanove anni non gli avrebbero rinnovato il contratto. E aveva maturato l’idea di ritirarsi. Sara premeva per averlo finalmente più presente e non doversi incastrare tra impegni e trasferte reciproche. La donna, dopo essersi svegliata, con la faccia impastata di sonno e struccata, gli si avvicina e chiude con un bacio la protesta per una colazione a letto rovinata. Il bacio sta diventando qualcosa di più impegnativo, quando il telefono di David squilla nuovamente.

    «Chi è che ti cerca con questa insistenza?»

    «Sarà il mio agente, vorrà dirmi che ovviamente il suo lavoro è finito.»

    «Rispondi, non si sa mai.»

    Il «Non si sa mai» di Sara è sempre efficace nel mettergli inquietudine.

    «Pronto Raul, dimmi.»

    «Hai acceso la tv stamattina? Hai letto i giornali?»

    «Non ancora, mi sono alzato adesso. Che succede?»

    «Succede che hanno penalizzato il North Trail. Decisione emessa appena adesso dal giudice sportivo. Irregolarità gravi di bilancio.»

    «E a me questo dovrebbe importare?»

    David guarda Sara e solleva gli occhi al cielo come per dire «Una scocciatura».

    «Sì, perché era la terza classificata del campionato di Seconda Divisione.»

    «Continuo a non capirti, Raul.»

    «Il San Vignan era quarto: con la penalizzazione del North è in Prima Divisione. Ora hai capito?»

    «Cioè la squadra del mio cuore è…»

    «Promossa in Prima Divisione per la prima volta, esatto. Appena adesso mi hanno chiamato i dirigenti, dopo la decisione stanno cercando tutti i giocatori nati sull’isola, tra cui te. Vogliono farti giocare un altro anno e farti fare il capitano. Sei il loro giocatore più famoso. Che vuoi fare?»

    David dà un’occhiata, non visto, a Sara. Distratta, con una spallina della camicia da notte semiabbassata, beve il caffè guardando una rivista e accarezzando Aisia. Inconsciamente lo chiama a qualcosa più terreno della nobiltà di una decisione così pesante. Tornare a San Vignan significa aprire un crepaccio nel futuro che sta programmando. Inizia a guardare il soffitto, chissà se la soluzione non arrivi dal tetto bianco perla.

    «Ti richiamo, dammi un po’ di tempo per pensarci.»

    San Vignan non è solo un’isola dove c’è una squadra di calcio, è l’isola del calcio. O peschi o giochi a pallone. David era troppo bravo con la palla tra i piedi per andare a tonni. Da sempre la squadra aveva vivacchiato tra seconda e Terza Divisione. Ne era stato parte fino ai ventiquattro anni, quando poi partì per Inasga. Ma per lui San Vignan non era solo calcio o tonni.

    «Cosa ti ha detto?», chiede Sara emergendo dalla pigrizia. La sua voce è musicale, armonica, anche mentre fa una domanda banale. «Allora?» Tono di un’ottava sopra. Ma mai sopra le righe.

    «Sai, è successa una cosa imprevista. Il San Vignan è andato in Prima Divisione.»

    «Eh?»

    «Mi hanno chiesto se voglio giocare con loro la prossima stagione.»

    «E tu cosa vuoi fare? Stai già cambiando idea?»

    «Sara, non sto cambiando idea, è che… Lo sai cosa sto pensando, c’è un motivo per cui vorrei tornare.»

    «E quel motivo ovviamente vale più della tua volontà di smettere, del figlio a cui volevamo pensare, della casa in campagna, di tutto, vero? Lo sai che ci sbatterai la faccia?»

    «Lo so… ma tu mi conosci.»

    «Ti conosco? Non lo so. Pensavo così fino a ieri.»

    Sara è decisamente più impegnativa di qualsiasi attaccante.

    «Preferisco perdere avendoci provato.»

    «Sei noioso, a volte, David. Pensi di fregare anche me con i tuoi discorsi motivazionali da spogliatoio.»

    «Ma è solo un anno.»

    «Non è un anno e basta. Io so quanto è difficile andare a San Vignan.»

    «Troveremo un modo.»

    «No, David, non siamo in una partita dove basta cambiare schema, qui si tratta di non vedersi per tanto tempo tra i miei impegni e i tuoi. E perché? Perché il bambino non vuole rinunciare al suo giocattolo!»

    «Dai, lo sai che è anche per…»

    «Per chi? Per Amaranta? Credi davvero che ti parlerà?»

    «Non lo credo, lo spero.»

    «Tanto fai sempre di testa tua, decidi come meglio pensi, David.»

    L’intera lite è stata condotta da Sara senza mai andare sovrattono. David rimane spesso meravigliato da questo, lei può dire le cose più atroci non urlando, non andando mai in escandescenze. A volte, in alcune discussioni, avrebbe voluto vederle spaccare un piatto o sbottare per poter dire «Grazie a Dio, perde la pazienza pure lei». Invece no.

    Sara va verso la stanza da letto. Chiude la porta con delicatezza.

    David si siede sul divano, seguito da Vlad che si mette accanto a lui. Accende la tv gigantesca che aveva fortemente voluto. Per godersi le partite e per guardare Sara quando conduce il telegiornale sportivo avendola davanti quasi a grandezza naturale.

    Quando aveva problemi con lei, David si rifugiava nel ricordare i momenti belli. Come quando non avrebbe scommesso nemmeno un centesimo che una donna così lo avrebbe notato.

    Il loro era stato un amore nato durante le interviste a bordocampo. A Sara non piacevano granché i calciatori, ma quel capitano, cortese e con parole sempre appropriate, l’aveva colpita. Il culmine era stato scoprire in un fuorionda che, sceso dal pullman della squadra, aveva in mano Le intermittenze della morte di Saramago. Avevano cominciato a parlarne insieme e non avevano più smesso.

    In tv stanno proprio parlando del San Vignan. Il giornalista in video non usa mezzi termini: «Una squadra da tirare su in fretta, la dirigenza sta cercando tutti i calciatori nati sull’isola per farli tornare, ma sarà dura. La società non ha molti soldi e i calciatori dovranno accettare di tagliarsi lo stipendio.» La notizia è già trapelata. «Prime indiscrezioni danno Rojo in cima alla lista dei giocatori da prendere. Si tratterebbe di una notizia clamorosa per un calciatore che aveva già annunciato il suo ritiro…» Poi la frecciata: «Sicuramente a tutti fa piacere avere un altro anno di stipendio e Rojo, per quanto irreprensibile, non sarà da meno.»

    David biascica una parolaccia e pensa Non ho nemmeno accettato e questi già dicono stronzate su quanto prenderò.

    La porta della stanza da letto si apre, Sara ha addosso la camicia da notte e il telefonino in mano.

    «Mi stanno sommergendo di chiamate dalla redazione: a quanto pare ho in esclusiva la notizia che tutti aspettano, visto che la fonte divide il letto con me.»

    Non sorride, sembra rassegnata. David non muove un muscolo. Spegne solo velocemente la televisione. Lei si avvicina conciliante ma non troppo.

    «Tu vuoi andare, vero, David?»

    «Credo si tratti di un’occasione unica, però vorrei sapere cosa pensi tu.»

    «Ho capito una cosa di te, da tempo.»

    «Cosa?»

    «Sarai anche andato via dall’isola, ma l’isola non è andata mai via da te. Ho ragione?»

    «Come sempre.»

    * * *

    La luce fioca non lo occulta. Lo hanno riconosciuto lo stesso. Sta parlando con un suo amico.

    L’uomo passa e butta un’occhiata sbilenca, poi tira dritto. Si gratta la testa scavando tra i capelli unti e ghigna, poi solleva i pantaloni cascanti e si abbassa la maglietta sulla pancia da troppo alcol. Va verso un tavolo farcito di gente. Nel pub le voci urlate si mischiano in una zuppa sonora con la telecronaca di una partita del Real Blanca, replica del campionato appena finito.

    Antoine Gerard butta un occhio distratto, cercando di ricordarsi se in quella partita aveva giocato o era il periodo in cui era stato sbattuto fuori dalla squadra.

    L’amico parla e lascia riscaldare la birra, Antoine è già alla terza terminata, si accinge a ordinare la quarta per la sete nervosa che non si placa.

    «Non starai esagerando, Antoine?»

    «Fatti i cazzi tuoi! Tanto domani devo mettermi a stecchetto, vado a rinnovare il contratto con questi sfigati del Blanca e poi si parte per il ritiro.»

    «E ti presenti già ubriaco?»

    Non ha il tempo di replicare, sente una mano sulla spalla. Pesante, invasiva. Si gira di scatto. L’uomo corpulento in piedi, visibilmente su di giri, lo scruta e ridacchia.

    Antoine toglie la mano dalla sua spalla e si alza. L’uomo è il doppio di lui. Più alto, più grosso, apparentemente non vuole sfidarlo a una gara a nascondino.

    «Che cazzo vuoi? Perché sei venuto a rompermi i coglioni?»

    «Tranquillo Gerard, io e i miei amici lì abbiamo deciso di offrirti un altro giro di birra.»

    «E io non so che farmene della vostra generosità.»

    Il tono roco di voce normale di Antoine è diventato un ruggito.

    L’uomo gli mette di nuovo la mano sulla spalla. Antoine sente gonfiare le vene delle braccia che pompano sull’inchiostro dei tatuaggi.

    «Nessuna generosità. Noi ti offriamo la birra e tu ti rendi utile. Qui a Blanca non hai fatto un cazzo e ti sei solo fregato i soldi, tu ci dici su chi scommettere per un risultato sicuro, tanto sappiamo che bere ti piace tanto e scommettere ancora di più.»

    Non gli dà il tempo di finire. Un pugno, in piena faccia, lo stende nonostante sia più grosso di lui. Gli è sopra come un ghepardo sulla giugulare della preda. Picchia, alla cieca, l’altro cerca di riprendersi, di provare ad abbrancare le sue braccia per fermare quella tempesta. Ma Gerard è cresciuto dove chi picchia ha sempre ragione e chi si difende è stato solo stupido a non partire per primo. Quella deflagrazione improvvisa fa arretrare tutti, tranne l’amico di Gerard, che prova a tirarlo via. Ma non riesce. Non lo stacca. Come un predatore che vuole uccidere, continua a picchiare fino all’arrivo della Polizia, chiamata prontamente, che lo deconcentra e lo ferma. L’uomo è una maschera di sangue. Antoine ha il fiato famelico. Avrebbe continuato ancora e ancora.

    3

    Lo sguardo si perde tra gli aerei in atterraggio e in partenza, quando una voce familiare lo attira verso il televisore.

    «Secondo lei, come sarà il campionato del San Vignan? E il ritorno di Rojo può dirsi determinante?»

    «La squadra di un’isola circondata da mare perennemente agitato, piove cinque giorni su sette; il diavolo ama giocare a pallone a queste latitudini, dove l’unico lato positivo è che si mangia tonno buonissimo. Non so quanto Rojo possa ancora dare a una squadra oggettivamente non attrezzata per restare in Prima Divisione.» Così un opinionista influente sta chiosando pomposamente in tv, rispondendo alla domanda di Sara durante la sua rubrica di approfondimento calcistico. La mancata replica di lei provoca un moto di tenerezza in David.

    Le dirò qualcosa di carino appena la sento.

    Lui osserva attentamente l’espressione di Sara mentre l’esperto affonda i colpi sulla condizione atletica della squadra e del suo capitano. La mascella stretta le rende il viso duro. Segno che è colpita a pelle dalle parole contro David. Il ruolo le impone di non mandare a quel paese un critico che non ha mai messo piede nemmeno per sbaglio dentro uno spogliatoio.

    L’isola però è davvero infame da raggiungere. Per questo nei secoli è diventata quasi un territorio a parte. Un piccolo Stato in cui non manca nulla, perché, se mancasse qualcosa, sarebbe dura andarla a prendere.

    I collegamenti con la terraferma sono una scommessa. L’aereo resta il mezzo migliore. La navigazione è lunga e tormentata da un mare perennemente affetto da incazzatura atavica. Aveva chiesto a Sara di accompagnarlo, ma il «No» era scontato, la stagione televisiva del calcio era già a pieno regime e lei era una delle giornaliste di punta. Mentre gli tirava su la cerniera della giacca di pelle come si fa a un bambino, lo salutava confortandolo.

    «E poi è meglio che tu vada da solo. Sono anni che non torni a San Vignan, avrai parecchie cose da fare e da risolvere.»

    «Soprattutto da risolvere. Sei ancora arrabbiata con me?»

    «David, io sono perennemente arrabbiata. Ma non con te, con me che mi sono innamorata. Poi mi spiegherai che piacere hai di andare a giocare in una squadra che è candidata alla retrocessione e a fare collezione di maledizioni da tua figlia.»

    «Non chiedermelo. Forse non sono del tutto disposto a fermarmi adesso.»

    «Per me è meglio chiudere una carriera un attimo prima del crollo che non dopo.»

    «Tu credi che io sia alla frutta?»

    «Posso dire che lo spero?»

    «Lo speri?»

    «Sì, almeno finalmente ti fermi e torni a casa. Troverai alcuni miei colleghi in aeroporto se ti va di dire qualcosa.»

    «Va bene, ma se c’è quello che ha insinuato che faccio tutto questo per soldi, gli do un pugno in faccia.»

    «Non ci credo nemmeno se lo vedo.»

    All’arrivo David realizza che valore ha, per gli abitanti dell’isola, il suo ritorno. Striscioni di benvenuto e una folla corposa. Appena sceso, lo accolgono urla e cori da stadio, nel dialetto che non sentiva da quindici anni.

    Dal sindaco con tanto di fascia di rappresentanza, ai pescatori venuti in pellegrinaggio verso un Messia improbabile cui si chiede il miracolo di salvare una squadra, ancora più gradito del moltiplicare i pesci. Giusto a completare l’aspetto mistico della vicenda c’è il prete dell’isola. Don Grenaldo. Tifoso appassionato che, se si gioca in casa, anticipa l’orario della messa per arrivare puntuale alla partita e non accetta confessioni. Soprannominato don Pérignon per la sua nota passione per il vino della chiesa che va via ben oltre l’uso ufficiale. Ha visto crescere David. Lo ha visto partire e ora, mentre scende dalle scale dell’aereo, piange come se fosse il ritorno del figliol prodigo.

    Uscendo dall’aeroporto, intravede anziani che si ricorda tali anche quindici anni prima: non sono cambiati di una ruga. Il suo timore di essere accolto con freddezza viene subito vanificato. Guarda dappertutto, di Amaranta nemmeno l’ombra. Viene strattonato da un gruppo di donne che gli implorano un selfie. Una più audace si avvicina con la maglia del San Vignan poggiata su seni fin troppo generosi. David le guarda un tatuaggio con il suo emblema DR 13 al collo e, per un attimo, è inquietato da tanto affetto feticistico. In una delle foto, gli viene il sorriso sghembo e stanco. Un uomo in divisa lo prende da un braccio.

    «Capitano, da quanto tempo non ci onori di una visita?»

    Quella voce, simpaticamente stridula, per lui sa di casa.

    «Henri, cazzo! Così fai il tuo lavoro? Dov’è la Polizia quando serve?»

    «Qui, a salutarti e a portarti via. Troppo amore ti fa male. Sali in macchina, ti aspettano in sede, ti accompagno io.»

    «Stai bene con il pizzetto. Hai deciso di imitarmi?»

    «Da ragazzini facevi tutto quello che facevo io, ora tocca a me.» Henri Navarro è il capo della Polizia locale e l’amico d’infanzia di David. Un legame sopravvissuto alla fama e alle assenze. Quel tacito patto che si contrae da piccoli tra interminabili partite e firmato con il sangue delle ginocchia sbucciate. «Ne è passato di tempo… Finalmente torni a casa per restarci un po’.»

    «Un anno sicuramente, poi si vedrà…»

    Henri sente che una domanda rimbalza tra la testa e le labbra di David. Legge il timore nel silenzio degli occhi che guardano il tappetino dell’auto.

    «Posso chiederti se hai…»

    «Notizie di Amaranta? Sì, sta bene, nessun problema a scuola e ti somiglia moltissimo, ma lei è più bella. E non ha il pizzetto.»

    «Vorrei vederla.»

    «Non credo sia il caso adesso, sapeva che saresti arrivato, tv, giornali, social, eri ovunque.»

    «No, certo, hai ragione.»

    Segue un lungo silenzio quasi imposto dall’espressione di David che manda giù un altro pezzetto della sua sconfitta più pesante. Henri rilancia il dialogo deviandolo completamente.

    «I tuoi non vedono l’ora di vederti, soprattutto Alma. Le hai portato quello che ti ha chiesto?»

    «Ah, lo sai anche tu?»

    «Sono mesi che tormenta chiunque. Tutta l’isola sa che vuole la maglia di Ramirez con la sua firma. Lo ha pubblicato anche su Instagram. Dovresti fartelo il profilo, c’è anche Amaranta lì.»

    «Sì, lo so. Lo odio, odio i social, Sara li usa e ogni tanto mi fa vedere tutti quelli che le sbavano dietro. La maglia ce l’ho, perfino con la dedica. Se Ramirez si fosse rifiutato di farmela, gli avrei spezzato le gambe prima di lasciare l’Atletico Inasga.»

    «Bravo capitano, mi è sempre piaciuto il tuo approccio gentile ai problemi. C’è qualcuno che riesce a tenerti testa quando vuoi raggiungere qualcosa?»

    «Sì, Sara. Ma non vince sempre.»

    «Come fai a dirlo?»

    «Perché sono qui. A giocare ancora.»

    Non appena David scende dalla macchina però l’atmosfera di trionfo si stempera. Un gruppo di tifosi lo aspetta davanti al cancello del Catedral, lo stadio della squadra. Uno striscione recita un concetto inequivocabile e difficile da fraintendere: non vogliamo i mercenari.

    Henri guarda il capitano, la sua delusione che doveva essere gioia fino a un secondo prima.

    «Non farci troppo caso David. Sono solo quattro stronzi.»

    «No, sono l’altra parte dell’isola. Quella tradita.»

    Non tutti i tifosi avevano preso bene l’addio di David di quindici anni prima. Molti speravano di aver trovato il capitano di tante battaglie. Sembrava che niente avrebbe portato via il ragazzo dall’amore dell’isola. Invece non era stato così.

    Scende dalla macchina e si solleva gli occhiali da sole sopra la testa. Punta verso il cancello di entrata. Henri lo segue. Non prende nemmeno la pistola dal cruscotto. Sa che non ci sarà mai qualcosa che lo porterà a sparare in aria per disperdere la folla. Intanto corre per raggiungere David e far sentire il peso dell’autorità.

    Un gruppo di tifosi gli si avvicina. Il più grosso di loro si fa avanti con passo sicuro, nonostante il pancione in perenne nono mese, e si pianta davanti a lui con il suo berretto segnato da anni di pesca all’alba.

    David non abbassa lo sguardo.

    «Cos’è, Rojo, sei stanco di fare lo straniero? Sei venuto a svernare?»

    «Io non sono uno straniero. Sono qui per giocare.»

    «Te ne sei andato, te ne sei fregato del San Vignan, della nostra vita. Perché dovremmo crederti?»

    David lo fissa, si avvicina ancora di più. Dalla mole e dal modo di muovere la bocca, gli ricorda per un attimo un tricheco.

    Henri rimpiange di non aver preso la pistola solo per spaventare. Gli altri tifosi però non si muovono. L’aria è solida come titanio.

    David mette una mano sulla tasca, prende qualcosa, un mucchietto di stoffa. La sua fascia da capitano. La lancia al pescatore in stato interessante. Nonostante i riflessi che compiono azioni del giorno prima, riesce ad afferrarla.

    «Per questo dovresti credermi. Quella è la fascia con cui ho vinto tutto.»

    Il pescatore la osserva. Oltre alle sue iniziali e il suo numero, DR 13, c’è il simbolo del San Vignan. I due gatti neri.

    «Ma questa è…»

    «La fascia che portavo qui. Non ho mai rinnegato le mie radici. E lo sapete. A ogni vittoria il pensiero era sempre

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