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Spiritualità Occidentale
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E-book285 pagine3 ore

Spiritualità Occidentale

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Info su questo ebook

Da noi in Europa, i cammini spirituali sono stati riservati nel passato esclusivamente ai credenti. La spiritualità viene ancora oggi considerata dagli autori cristiani non soltanto come un mezzo per ottenere la salvezza nell’aldilà, dopo la morte, ma soprattutto per arrivare alla perfezione cristiana ormai in questo mondo. Per giunta, ci dicono gli stessi autori, la spiritualità cristiana si può praticare solo nell’ambito ecclesiale visto che extra ecclesiam non salus – al di fuori della chiesa non c’è salvezza. Il presente volume scioglie tutti questi legami. La spiritualità si fa accessibile ai semicredenti e ai non credenti: qua non si punta alla perfezione ma si invita all’interiorizzazione, non si entra in chiesa e chiostro ma si rimane a casa, in piazza, nei capannoni industriali. È una spiritualità che non odora di incenso ma di gasolio e di benzina. Qua non si sale verso l’infinito ma si vola a bassa quota, non si predicano dettami etici ma si pratica la libertà personale, inseparabile dall’europeo odierno. Non si prega con formule delimate ma si riflette in silenzio. Essendo intesa per l’europeo, la presente spiritualità non può pretendere di avere un carattere universale: i nostri valori non sono necessariamente i valori altrui, lo sviluppo storico della nostra cultura non è senz’altro la norma che detti gli standard per l’andamento culturale di altri popoli. E pur è cristiana questa spiritualità. Cristiana perché vede nella solidarietà sociale la massima espressione europea del messaggio centrale del vangelo, cristiana perché invita alla cura altrui, cristiana perché punta alla formazione e conservazione di società europee trasparenti, basate sulla verità. È però un cristianesimo per la cui pratica non si abbisogna né si chiede il permesso di nessuno.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2012
ISBN9788891100047
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    Anteprima del libro

    Spiritualità Occidentale - German Navarro

    G. Navarro

    Spiritualità Occidentale

    Per semicredenti e non credenti

    Youcanprint Self - Publishing

    Copyright © 2012

    Youcanprint Self-Publishing

    Via roma 73 - 73039 Tricase (LE)

    Tel. 0833.772652

    Fax. 0832.1836533

    info@youcanprint.it

    www.youcanprint.it

    Titolo : Spiritualità Occidentale

    Autore : G. Navarro

    Illustrazione di copertina © Vincenzo Sanapo - Youcanprint

    ISBN: 9788891100047

    Prima edizione digitale 2012

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941

    Indice

    Capitolo 1 - Spiritualità e libertà

    Capitolo 2 - Spiritualità e cultura europea odierna

    Capitolo 3 - La spiritualità come disciplina

    Capitolo 4 - Spiritualità odierna: introduzione

    Capitolo 5 - Spiritualità odierna: prima fase

    Capitolo 6 - Spiritualità odierna: seconda fase

    Capitolo 7 - Tempo e Parola

    Appendice – Testi biblici.

    Calender

    Tempo di Avvento

    Capitolo 1 - Spiritualità e libertà

    Impegnarsi spiritualmente è un’attività a cui noi in Occidente non giungiamo più. Intuitivamene capiamo che la spiritualità si relaziona con l’interiorizzazione e con pratiche religiose, e questo sembra metterla a miglia di distanza dalla nostra vita quotidiana. La spiritualità non si presta a essere combinata con le nostre occupazioni giornaliere, col lavoro, con la vita di famiglia, con esercizi sportivi. La spiritualità è, anzitutto, un’entità del passato. Al di fuori di monaci, preti e suore, non sembra che ci siano altri da noi, in Occidente, che dispongano di tempo sufficiente per approfondirsi in se stessi.

    Riflessione spirituale, impegnarsi spiritualmente, spiritualità. Queste sono espressioni che, pur conservando ognuna la propria sfumatura, denotano tutte certe attività dello spirito. Ma non ogni attività dello spirito è equivalente. Essere alle prese con la soluzione di un problema, ragionare, preoccuparsi, premeditare un’azione, pianificare, sognare a occhi aperti, etc., sono anch’esse delle occupazioni che fanno appello alle nostre facoltà mentali, ma che noi mai qualificheremmo come riflessione spirituale.

    Tutti noi riconosciamo dei concetti che riusciamo a capire meglio se si incomincia con un delineamento di quel che essi non sono. Proprio questo abbiamo appena fatto con la nozione di spiritualità. Definire positivamente la spiritualità è un affare più arduo. E poi, l’essenza dell’attività spirituale svolta da un monaco tibetano è probabilmente assai diversa da quella sperimentata da un certosino proveniente dalle nostre regioni. La spiritualità è, in altri termini, culturalmente determinata.

    Ma anche limitandoci all’Europa occidentale, trovare una definizione ovunque accettata, sia del concetto generale di spiritualità, sia più in particolare di quello di spiritualità occidentale, è un compito pressoché impossibile. Per giunta, con questo libro vorrei invitare il lettore a partecipare a una forma di riflessione spirituale adatta a essere inquadrata in uno stile di vita odierno, occidentale e che, allo stesso tempo, si basi sulle radici più profonde della civiltà occidentale: il Cristianesimo. Addirittura, appartenendo la spiritualità cristiana occidentale fino ai nostri giorni al dominio del chiericato e volendo, con questo libro, rivolgermi al laico¹, dovrò cercare di tirare la spiritualità fuori dalle mura incensate di Chiesa e chiostro e porla in mezzo alle nostre strade affollate, nei centri commerciali, sulle autostrade e nei capannoni industriali.

    Il concetto di spiritualità che si propone in questo libro si basa su due concetti fondamentali che la distinguono radicalmente da ogni altra forma di spiritualità concepita o delineata da scrittori religiosi occidentali. Questi concetti sono: da un lato una ricerca delle radici sacrali della nostra cultura occidentale e dall’altro un tentativo di estendere, con la sua pratica, l’ambito della libertà personale, sottintendendo entrambi gli elementi come componenti delle società a cui apparteniamo. Il primo aspetto, quello della ricerca del sacrale, parla quasi da sé. La spiritualità si relaziona sempre col trascendentale, qualunque sia la cultura in cui essa si sviluppa. Da noi il trascendente si chiama Dio, il Dio del popolo giudeo, il Dio dei cristiani, il Dio che è penetrato nelle ossa delle nostre società, che ci piaccia o no. Il secondo aspetto punta, nonostante sembri paradossale, a un allargamento della libertà individuale.

    In questo schizzo la spiritualità si slega completamente da ogni dettato etico. Certo, il lettore viene invitato a riconsiderare il suo atteggiamento nei confronti del consumismo e di altri fenomeni collegati con le nostre società opulente e permissive ed eventualmente a rivederli. Alla fine però è l’individuo che decide liberamente se mettere in pratica, o meno, la moderazione suggeritagli.

    Un ultimo commento prima di entrare in materia: contrariamente a quanto pretendono moltissimi dei cammini spirituali disegnati dal chiericato, la presente proposta non pretende di avere un carattere interculturale, anzi lo esclude: la spiritualità proposta in queste pagine si dirige esclusivamente al lettore europeo, più concretamente a quello proveniente dall’Europa occidentale. Ciò ha a che fare con le due colonne, appena menzionate, su cui si basa la presente spiritualità: la ricerca della base sacrale cristiana delle nostre società e l’allargamento della libertà individuale. Un Cristianesimo che non si può slegare dal passato dell’Europa occidentale e una libertà che è intimamente congiunta con lo sviluppo odierno dei nostri popoli.

    È probabile che questa concezione della spiritualità sembri, per il momento, incomprensibile; spero però che il lettore, conclusa la lettura dei due capitoli iniziali, sia in grado di ricavarene il significato inteso.

    ***

    Il presente libro non ha la pretesa di presentare qualcosa di nuovo. Tutti gli elementi con cui invito il lettore a riflettere sono stati già proposti da uno o più autori, come sarà evidente dalla lettura del capitolo intitolato La spiritualità come disciplina. L’unica cosa che potrebbe dare al presente invito a riflettere un carattere un po’ diverso, deriverebbe dal fatto che è ora un laico che scrive per lettori altrettanto laici. Ciò in contrapposizione con l’immensa maggioranza dei trattati sulla spiritualità, che provengono dal chiericato. E i chierici, anche quando dicono di scrivere per laici, non sembrano essere in grado di abbandonare quel linguaggio dolciastro e quell’atteggiamento alquanto sfasato che a mio avviso è una della ragioni per cui l’uomo moderno europeo non è incline ad ascoltarli. Il fatto però che io coinvolga il Cristianesimo nella presente proposta spirituale mi obbliga ad andare alla ricerca del parere di coloro che nel passato hanno dedicato i loro sforzi intellettuali congiuntamente alla spiritualità e al Cristianesimo. Ora, questo comun denominatore mi fa atterrare in un campo di ricerca dominato diciamo al cento per cento dal chiericato.

    Nel corso di questo scritto tenterò di avere un occhio di riguardo non nei confronti dei credenti, che hanno a loro disposizione intere biblioteche di autori cristiani, ma dei semicredenti e addirittura dei non credenti. Il primo gruppo potrebbe trovare in queste pagine la conferma di certe convizioni cristiane ormai – parzialmente – accettate, mentre il secondo potrebbe magari fare una rinnovata conoscenza con le verità di base del Cristianesimo.

    Coloro però che hanno la volontà di vivere con una certa intensità la pratica spirituale qui proposta potrebbero arrivare all’esperienza di una certa spiritualità dopo la lettura di queste pagine, ma soprattutto di quelle in cui si rispecchiano le parole di Paolo di Tarso e di altri esponenti del protocristianesimo². Visto però l’esiguo livello dall’attuale proposta spirituale, mi è impossibile offrire al lettore un vero e proprio cammino o metodo di spiritualità degno di questo nome. La presente proposta non punta troppo in alto e non va al di là di un’introduzione alla spiritualità occidentale. A coloro che veramente desiderino seguire fino in fondo un cammino spirituale che sia in grado di ridimensionare la propria esistenza, si suggerisce di prendere un’altra strada, tracciata da un vero e proprio maestro spirituale giacché il presente tentativo si limita a una presa di coscienza, a esigua portata, da parte dell’europeo occidentale, della sua vita quotidiana.

    Intraprendendo questo tentativo e invitando sia il semicredente sia il non credente alla riflessione cristiana, mi rendo ben conto del fatto che questo invito si svolge non soltanto al di fuori della vita sacramentale della Chiesa, ma anche al di fuori di ogni influenza del ministero ecclesiastico. Si tratta in fin dei conti di gruppi che l’ufficio sacerdotale nel passato non è stato in grado di raggiungere e che la Chiesa di fatto si rifiuta di attendere se non con mezzi che, sebbene siano adeguati per i propri fedeli, hanno dimostrato di non esserlo per coloro che si sono allontanati dalla Chiesa o che non sono stati mai membri di essa.

    ***

    La spiritualità è stata in Occidente sempre un’attività altamente individualizzata. All’inizio della nostra era non era raro che moltissimi, che desideravano dedicare la loro vita agli affari dello spirito, cercassero la solitudine del deserto e là, nell’ascetismo più completo, conducessero una vita in totale isolamento. Era la famosa fuga dal mondo, che più tardi si sarebbe istituzionalizzata in chiostri e abbazie. Là i monaci, e più tardi anche le monache, tentavano di arrivare alla perfezione cristiana, spesso in assoluto silenzio. Ma anche in seno a queste comunità la spiritualità era un affare di ognuno per sé, benché la vita claustrale con le sue preghiere, cantici e riti collettivi fosse organizzata in modo tale che da essa si levasse un invito comunitario a seguire il cammino di Dio.

    Chi si addentra nello studio delle diverse culture si rende conto che i popoli, prima di tutto, sviluppano una religione. Solo dopo che la religione si è affermata con radici robuste nella comunità si sviluppa una cultura, che deriva però dalla religione vigente. Ottmar³ asserisce che la cultura non si può paragonare a un indumento che semplicemente si appende alla religione e che portare avanti una ricerca della fede nuda, senza coinvolgere la cultura, non è affatto possibile. Una volta che la religione ha generato una vera e propria cultura e una volta istituzionalizzate le loro identità, la religione diventa il dominio del sacrale, la cultura quello del civile. Quest’ultimo è perlopiù un’espansione del primo per quanto regole comunitarie, costumi e prescrizioni – ovvero l’etica sociale – derivino dai dettami basilari della religione prevalente. Spesso si manifesta anche, accanto alla casta sacerdotale, un clan o una famiglia dominante che si impadronisce del potere civile e che rappresenta la comunità dinanzi al mondo esterno. Religione e cultura dominano allora collegialmente la comunità nella sua totalità.

    Questo stato di cose sembra idilliaco, anzi è idilliaco, finché la comunità accetta l’autorità, tanto sacrale quanto civile, e si conforma alle regole prescritte dalla religione e dalla cultura. C’è un ente supremo che ha ordinato il mondo. I suoi rappresentanti in terra non fanno altro che confermare quell’ordine e, se necessario, mantenerlo. Perturbazioni che appaiano in quel mondo armonioso, si resistono, se arrivano dal di fuori, e si reprimono se si tratta di dissidenti originari interni.

    L’aspetto culturale di una comunità dominata ancora dall’élite religioso-culturale porta però in sé il germe della rivoluzione. È un germe che è nutrito precisamente da liquidi e viscosità culturali ovunque presenti e che, prima o poi, fa quello che fa ogni seme collocato in un ambiente propizio: ributta. L’essere umano porta in sé la tendenza alla libertà, una pulsione che può essere soffocata, ma soltanto temporaneamente. Alla lunga diventiamo tutti liberi, anche se c’è il caso di società condannate ad aspettare per millenni prima che sia loro consentito di arrivare alla terra promessa della libertà.

    Per ciò che riguarda il Cristianesimo afferma Patterson⁴ che esso, già ai tempi della sua nascita, suscitò un’ondata di libertà nell’impero romano rialzando a un livello spirituale la libertà dei suoi seguaci, i quali, in parte non poco considerevole, appartenevano alla classe dei liberti. Il Cristianesimo si rivelò come l’unica religione mondiale che issò la libertà, dichiarandola suprema meta religiosa: la redenzione, il riscatto dalla servitù spirituale e dalla maledizione del peccato originale, grazie a l’immolazione del Redentore. Patterson parla inoltre in questo contesto di una sacralizzazione della libertà, tale e quale essa viene elaborata da Paolo nelle sue lettere ai romani e ai galati. È chiaro che Patterson, parlando così, si riferisce alla libertà sacrale, non a quella civile.

    Si potrebbe dire che il Cristianesimo ancora una volta, intorno al Duecento, iniziò una seconda ondata di libertà, una vera rivoluzione che per l’umanità, presa nel suo complesso, non ha ancora raggiunto il suo punto di arrivo. Tutto ciò ebbe inizio in Europa, un continente che in più di un senso frequentemente è servito da laboratorio – dunque non da esempio – al mondo. Chissà, forse grazie alle circostanze climatologiche propizie, che intorno alla fine del primo millennio si ebbero da queste parti del mondo, l’Europa si poté economicamente permettere un surplus di scienziati.

    Gli scienziati di allora facevano esattamente quello che fanno gli scienziati odierni: riflettere. Ma la riflessione è la minaccia più accanita di quel sacrale che non è ancora arrivato alla maturatità. Il sacrale rispecchia in effetti, negli stadi iniziali, una delucidazione della realtà che praticamente nel suo insieme si attribuisce all’ente supremo e che di conseguenza possiede un carattere immutabile. Questa realtà, che in un certo qual modo è come se fosse stata scolpita in pietra, è l’unica realtà, e questa viene inoltrata alla comunità dalla casta sacerdotale.

    La riflessione umana indipendente genera in cambio una realtà la cui origine non soltanto è terrena, ma entra anche in competitività col sacrale. Il contenuto della concezione umana della realtà, anche se in assoluta concordia con la versione divina, diventa, in virtù dei suoi primordi umani, impugnabile. Prima o poi la realtà umana entrerà in conflitto con quella divina e lo stato attuale dello sviluppo umano indica che l’uomo alla lunga fa prevalere la visione terrena della realtà su quella divina. È appunto per questa umanizzazione totale della realtà che io riservo il termine di libertà civile, o semplicemente libertà, per indicare uno stato in cui l’umano – il civile, si potrebbe anche dire – arriva a un punto di slegamento dal sacrale.

    In opposizione alla libertà si trova il legame. Prima di arrivare all’appena indicato stato di libertà, ma soprattutto durante il sopraddetto stato idilliaco di accettazione delle autorità religiose e civili, il legame di una determinata società nei riguardi dell’essere supremo ha essenzialmente un carattere obbligatorio. Il carattere compulsivo di questo legame viene causato da un lato dal potere collettivo dell’autorità sacro-civile, che è ben in grado di imporre il conformismo, e dall’altro, ma specialmente durante le fasi iniziali dello svegliarsi della cultura, dall’assenza di una realtà terrena, concepita dall’uomo, che possa servire da realtà alternativa.

    Giacché il raggiungimento della libertà è un processo evolutivo secolare, le società, dopo aver iniziato lo sviluppo di una concezione umana della realtà, finiscono in una condizione ibrida di libertà e legame: la libertà civile si incrementa di continuo e questo avviene a danno del legame sacrale. Teoreticamente si verifica nella storia delle culture un momento di equilibrio in cui libertà e legame si incrociano. È un equilibrio che però viene sperimentato squilibratamente visto che si entra in una fase di conflitti che conduce di solito a una prova di forza fra il divino e l’umano, fra cielo e terra.

    Il mio presupposto è che, per ciò che riguarda l’Europa occidentale, il viaggio di scoperta della libertà cominciò nel Duecento, come prima accennato, e che noi, ai nostri giorni, ottocento anni dopo, attraversiamo il momento del trionfo indiscusso della libertà civile sul legame sacrale. In un tale stato di libertà assoluta può prosperare soltanto una spiritualità esercitata in un clima di legame volontario, in contrapposizione alla spiritualità praticata sotto la regia del sacrale, che si effettuava in uno stato di legame obbligatorio.

    La sostanza di una spiritualità da esercitare in un clima di legame volontario nei confronti del sacrale non è necessariamente diversa da quella esercitata sotto la sua regia – questo vale peraltro anche per l’esperienza e la confessione della fede. La differenza è che chiunque si addentri nel cammino volontario interiorizza la sua vita, non per dare ascolto a un du sollst provenente dal sacrale, terreno o celeste, ma perché egli, dopo aver preso atto del sacrale, si conforma a esso volontariamente. La coazione, terrena o celeste, è inadeguata per fare da filo conduttore per l’uomo moderno che ha raggiunto uno stato di libertà assoluta. La decisione di avviarsi per il sentiero della spiritualità la può prendere oggi l’uomo occidentale soltanto in assoluta libertà. Poi, visto che noi nell’Europa occidentale viviamo un momento culturale di un ben avanzato sviluppo delle nostre libertà, concludiamo che una spiritualità esercitata sulla base di un legame volontario ci è più adatta. Su questa supposizione si basa la spiritualità presentata in questo libro.

    ***

    Furono dei chierici coloro che fecero i primi passi sul cammino della libertà in Europa verso il Duecento. Non poteva essere altrimenti, visto che coloro che avevano accesso al sapere erano esclusivamente i chierici. Come per incanto emersero allora figure come un Tommaso d’Aquino, che in un batter d’occhio deplatonizzò il pensiero occidentale introducendo le idee di Aristotele, e un Guglielmo di Occam, che ridusse al concreto la realtà conoscibile. D’altronde, conseguenza immediata di questa sua tesi fu il negare alla teologia il suo stato di scienza giacché Dio, agli occhi di Occam, non essendo parte della realtà concreta, non poteva essere considerato parte della realtà conoscibile. Questo paradigma, nonostante la sua semplicità, conteneva già in sé il seme della scienza sperimentale.

    Figure come Tommaso d’Aquino e Guglielmo di Occam appartengono al primo gruppo di ribelli che fecero i primi, insicuri passi sul cammino della libertà in Europa. Durante la loro vita i poteri sacrali e civili riuscivano ancora, operando congiuntamente, a mantenere la popolazione europea, assolutamente ignorante e indigente, in uno stato di legame obbligatorio con la norma collettiva religioso-civile. Per descrivere questo stato servono le parole di Chimirri⁵: Ci fu un tempo, nelle società chiuse e primitive […] quando non si tolleravano le cosiddette ‘libertà individuali’: l’individuo doveva conformarsi completamente ai costumi vigenti visto che la libertà non possedeva nessun valore da sé ma quel valore dichiarato possibile dall’ideologia dominante, dal sistema giuridico locale o da chiunque avesse il potere e le prerogative di controllo sulla comunità. (Rilevazioni testuali originali).

    Il nuovo pensiero tomista prevalse mentre l’autore era ancora in vita e la sua predominanza esclusiva nel pensiero europeo durò per ben quattrocento anni. Il sacrale incorporò perfino le sue concezioni e le promosse a pensiero normativo dell’Occidente. Il sacrale però non segnalò che Tommaso, lo scienziato, aveva detronizzato Agostino, il Padre della Chiesa, come pensatore standard del Cristianesimo. Un Padre della Chiesa non s’impugna. Uno scienziato invece sì. E questo accadde immediatamente, a cominciare con Bonaventura, contemporaneo e principale oppositore di Tommaso. L’opinione aveva fatto l’ingresso nel paese dei dogmi. L’Europa si avviava verso la libertà civile.

    Le offensive contro i concetti tomisti continuarono incessantemente dopo Bonaventura, ma il sacrale si difese strenuamente considerando ogni colpo contro Tommaso come un colpo contro l’essenza del Cristianesimo. Di proprio pugno, o con l’aiuto del braccio forte del civile, il Cristianesimo sacrale riuscì a imporre per molti secoli, sia al popolo comune sia all’intellighenzia, alle sue verità un legame obbligatorio. Lo sviluppo del Rinascimento italiano può considerarsi integralmente come un preparativo massiccio al distacco del civile nei riguardi del sacrale. Durante il predominio della dottrina di Tommaso nacque a ogni modo un dominio cognitivo civile, soprattutto nel settore delle arti, e sorse una nuova casta di scienziati civili. Il mero fatto dell’apparizione in scena di nuovi conoscitori e di un nuovo sapere che arrivava a rompere il doppio monopolio del sacrale, significò un secondo, significante passo sul cammino della libertà civile dell’Europa.

    Le vie del civile e del sacrale si incrociarono in Europa nel corso del XVII secolo. Prima che questo avvenisse, il sacrale era riuscito, nel XVI secolo, a immergere l’Europa in una sanguinosa guerra religiosa di lunga durata che ebbe inizio verso il 1525 e andò avanti per oltre un secolo e mezzo. La fine di questo conflitto coincise pressappoco con tre cambiamenti su vasta scala nel continente

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