I Promessi Sposi in poesia napoletana
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Prosa in dialetto napoletano del famoso romanzo di Alessandro Manzoni 'I Promessi Sposi'.
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Anteprima del libro
I Promessi Sposi in poesia napoletana - Raffaele Pisani
RAFFAELE PISANI
I PROMESSI SPOSI
IN POESIA NAPOLETANA
Prefazione di
MARIA ZANIBONI
2016
Raffaele Pisani
raffaelepisani41@yahoo.it
www.raffaelepisani.it
Proprietà letteraria riservata
eBook by ePubMATIC.com
INDICE
Prefazione (di Maria Zaniboni)
CAPITOLO I
Don Abbondio
CAPITOLO II
’O suonno ’e don Abbondio
CAPITOLO III
Renzo va a’ casa ’e don Abbondio
CAPITOLO IV
Renzo torna addu Lucia
CAPITOLO V
Renzo va addu Azzecca-mbruoglie
CAPITOLO VI
Fra’ Galdino
CAPITOLO VII
Fra’ Cristoforo
CAPITOLO VIII
’A vita ’e fra’ Cristoforo
CAPITOLO IX
Fra’ Cristoforo va addu don Rodrigo
CAPITOLO X
Fra’ Cristoforo e don Rodrigo
CAPITOLO XI
’O Griso
CAPITOLO XII
Agnese penza ’e fa’ scemo a don Abbondio
CAPITOLO XIII
Agnese parla cu Renzo
CAPITOLO XIV
Renzo trova ’e duie testimmone
CAPITOLO XV
’O Griso va a’ casa ’e Lucia
CAPITOLO XVI
’O matremmonio a ssurpresa
CAPITOLO XVII
Menicuccio, ’o nepote d’Agnese
CAPITOLO XVIII
Lucia, Agnese e Renzo lassano ’o paese
CAPITOLO XIX
Lucia, Agnese e Renzo se sparteno
CAPITOLO XX
’A monaca ’e Monza
CAPITOLO XXI
Don Rodrigo denunzia a Renzo
CAPITOLO XXII
L’arresto ’e Renzo
CAPITOLO XXIII
Renzo vene liberato
CAPITOLO XXIV
Renzo arriva a Bergamo
CAPITOLO XXV
Don Rodrigo va a parlà c’ ’o zio
CAPITOLO XXVI
’O zio ’e don Rodrigo e ’o patre provinciale
CAPITOLO XXVII
Don Rodrigo e l’Innominato
CAPITOLO XXVIII
Egidio fa ascì a Lucia d’ ’o cunvento
CAPITOLO XXIX
Lucia arriva addu l’Innominato
CAPITOLO XXX
’O pentimento ’e l’Innominato
CAPITOLO XXXI
’O cardinale Borromeo manna a chiammà a don Abbondio
CAPITOLO XXXII
L’Innominato libera a Lucia
CAPITOLO XXXIII
Don Rodrigo giura ’e se vendicà
CAPITOLO XXXIV
L’Innominato regala ciento munete d’oro a Lucia
CAPITOLO XXXV
Lucia mantene ’o vuto
CAPITOLO XXXVI
Renzo manna nutizie a Lucia
CAPITOLO XXXVII
Agnese fa scrivere a Renzo
CAPITOLO XXXVIII
’A carestia
CAPITOLO XXXIX
Renzo se nfetta ’e peste
CAPITOLO XL
Don Rodrigo se nfetta ’e peste
CAPITOLO XLI
Renzo torna a ’o paese
CAPITOLO XLII
Cecilia
CAPITOLO XLIII
Renzo trova a fra’ Cristoforo
CAPITOLO XLIV
Renzo trova a Lucia
CAPITOLO XLV
Lucia e Renzo
CAPITOLO XLVI
Fra’ Cristoforo scioglie ’o vuto a Lucia
Conclusione
Bibliografia della critica
Note critiche
PREFAZIONE
Bistrattati e contestati, criticati o faziosamente ignorati, ritenuti negli anni caldi della contestazione, sorpassati, paternalisti, grondandi puzzo d’incenso e stucchevolmente moralisti, questi benedetti «Promessi Sposi» devono tuttavia avere in sé qualche cosa di particolare, un fascino o un sortilegio a cui non ci si può sottrarre se poeti, scrittori, pittori, musicisti, commediografi, giornalisti e cinematografari continuano da un secolo e mezzo a trovarvi sempre nuove ragioni di interesse. E tutto questo, s’intende, senza tener conto dell’enorme mole di lavoro degli studiosi e dei critici, un campo che esula da queste brevi note .
Cinematografo e televisione, libretti d’opera con relativa musica, tragedie e commedie, dischi e complessi canori, collezioni di figurine, cartoline illustrate, disegni, stampe (ma soprattutto oleografie), album di fumetti e perfino una pubblicazione intitolata «Sfinge Manzoniana», con rebus, sciarade, indovinelli tutti derivati da personaggi o episodi del romanzo: non esiste mass-media (tanto per usare un termine del linguaggio corrente) che non sia stato usato per portare il capolavoro manzoniano a conoscenza di centinaia di migliaia di persone. E pensare che nella sua (falsa) modestia, il nostro don Lisander prevedeva per il suo romanzo poco più di due dozzine di lettori!
In tutta la gamma delle rielaborazioni della nostra «love story» nazionale, è ovvio che la parte del leone sia toccata alla poesia e alla prosa attraverso le quali la vicenda ci è stata riproposta ora in tono drammatico ed ora moralistico, ora in terza rima e ora in ottave, ora in stile canzonatorio e ora aulico, ora in lingua e ora in dialetto, a cominciare dall’avvocato Francesco del Nobolo che nel 1838 riduceva il romanzo in dodici canti in terza rima per l’Editore fiorentino Ciardetti, seguito poi via via dalla dissacrante riduzione «Gli Sposi non promessi» (1863) di Cletto Arrighi (pseudonimo di Carlo Righetti); dalla poetessa decenne Myriam Weber (in «Fanfulla della Domenica», 27 febbraio 1910); da Giuseppe Paolini che parafrasava la vicenda in ottantacinque sonetti in dialetto pratese (Bacci, Firenze, 1923); dalle trasposizioni in dialetto milanese tanto del Casartelli quanto di Auro Nighi (I duu moròs); da Guido da Verona con la sua dissacrante parodia; da «I Promessi Sposi in USA» di Domenico Campana. Il tutto senza ricordare, per ovvie ragioni di spazio, né i libretti d’opera, né i drammi, né le commedie.
In tutta questa giostra di riduzioni, di rielaborazioni e di rifacimenti del romanzo ne mancava tuttavia una: quella in dialetto napoletano, «lingua» non meno illustre del toscano o del milanese, lacuna a colmare la quale ha provveduto Raffaele Pisani il quale evidentemente un bel giorno si è posto l’interrogativo: «Se i panni del Manzoni sono stati risciacquati sia in Arno e sia nel Naviglio perché non proviamo a risciacquarli anche nelle acque di Mergellina?». Ed ecco nascere così «I Promessi Sposi» in poesia napoletana, oggi alla seconda edizione.
«Na sera ’autunno (tiempo n’è passato), / se ne turnava a’ casa, cuoncio cuoncio, / nu certo don Abbondio, era ’o curato / … ». Sono questi, i primi versi del libro, con cui Raffaele Pisani ci trasporta subito «in medias res» ossia a quell’incontro tra don Abbondio e i bravi di don Rodrigo che apre la strada alle complesse vicende dei due fidanzati costretti a «tirare il collo» attraverso ben quarantasette capitoli filati prima di inginocchiarsi ai piedi dell’altare. Intercalato da riassunti essenziali quanto funzionali, il romanzo va avanti sul filo di una arguzia costante, di una disarmante e ingenua vivacità, di un «divertissement» al quale il disimpegno nulla toglie di serietà e aderenza all’originale, fino alla conclusione quando Lucia «soavemente arrossendo» rassicura Fra’ Cristoforo, che, malgrado il voto, il suo amore per Renzo non è affatto cambiato anzi «Cchiù ’e primma ’e Renzo songo annammurata…».
Ma, attenzione agli equivoci. Se il lavoro di Raffaele Pisani apparentemente sembra disimpegnato, senza dubbio portarlo a termine è stato tutt’altro che semplice e se il risultato finale è stato felice lo si deve a quell’amore umile e insieme appassionato con cui il Pisani s’accosta sempre alla poesia e che fa la sua voce una delle più valide tra quelle dei giovani poeti dialettali d’oggi. Poeta nato, disponibile e attento non solo ai moti gioiosi del cuore, ma anche alle ansie e ai problemi che da sempre attanagliano l’umanità («L’urdema lettera ’e nu giovene drogato» è la prova che la sua Musa non poteva restare insensibile davanti a uno dei più angosciosi drammi del nostro tempo), i suoi versi altalenano tra sofferenza e trasfigurazione magica, tra delusioni e speranze, tra inclinazione al sogno e bisogno di chiarezza, tra il tendere a un mondo felice e l’imperativo di un’analisi onesta di se stessi. Non crediamo quindi di sbagliare dicendo che, pur senza togliere merito ai «trasformisti» che lo hanno preceduto, mentre per la maggior parte di questi a mettere in moto la macchina della fantasia sono state senza dubbio la parte più romantica e romanzesca della vicenda (riducibile senza troppa difficoltà a un fumettone strappacore) e l’antitesi caratteriale buonocattivo (Lucia-Geltrude, Renzo-Don Rodrigo, Innominato-Cardinale Borromeo, Agnese-donna Prassede) uno degli ingredienti di più sicura presa su lettori e spettatori, ben altro ha spinto Raffaele Pisani ad accostarsi al capolavoro manzoniano al quale come giustamente ha detto Sebastiano di Massa nella prefazione alla prima edizione del volume «non è bastata l’ammirazione profonda per il grande romanzo e per l’arte del suo autore, ma qualcosa di più intimo deve avere spinto e guidato il giovane poeta a cimentarsi nell’ardua prova». C’è stata senza dubbio tra Pisani e le pagine di Manzoni una rispondenza interiore, un’aderenza all’esaltazione dei valori eterni dello spirito umano, alla fede nella giustezza dei disegni divini