Racconti “choosy”
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Anteprima del libro
Racconti “choosy” - Sara Notaristefano
633/1941.
IL FANNULLONE.
«Il padre di Johnny è un vero uomo! Ha sudato sette camicie per creare la sua fortuna! Non è come te! NON È COME TE! NON È COME TE!»
Accompagnato sin dal risveglio dalle parole che la figlia gli aveva rivolto la sera prima, Luca entrò in ufficio con una cera così brutta che una sua collega gli chiese:
- Buongiorno, Luca! Che hai?
- Buongiorno, Lea. - mormorò lui e, in un sospiro, aggiunse: - Stasera cenerò con gente importante.
- E hai quella faccia? Io da dieci anni ceno solo con mia suocera!
- È che sono troppo… emozionato. - spiegò, appendendo con cura il giubbotto su un attaccapanni sull’orlo del collasso: - Stasera conoscerò il fidanzato di mia figlia e i miei futuri consuoceri!
- Non mi avevi detto che Simona fosse fidanzata!
L’altro impiegato, Mario, anch’egli appena arrivato, sfilandosi la sciarpa dal collo, esclamò:
- Oh! Non sapevamo che avessi un genero! Ci devi aggiornare!
- Avrei bisogno di un aggiornamento anch’io, visto che l’ho saputo solo una settimana fa. - disse Luca, sedendosi: - E lei stava con questo Johnny da oltre un anno!
- E non ti sei accorto di nulla?
- Come no! Ero preoccupato! Vedevo mia figlia più stralunata del solito, più distante, insofferente. Addirittura mi sembrava diversa nei lineamenti del volto… Ogni giorno le vedevo tra le mani qualcosa di costoso: gioielli, profumi, uno strano cellulare che sembra un computer… Per non parlare di una serie di vestiti firmati, così firmati che, quando la vedevo pronta per uscire, mi sembrava di assistere alle sfilate di alta moda! Quando le chiedevo da dove provenisse quella roba, mi rispondeva che erano regali di amici: ora per il compleanno, ora per Natale, ora per un esame superato… E aggiungeva: «Dovevo arrivare a ventun anni per ottenere queste cose belle!».
- Però! Simona sa quel che vuole! - commentò Mario.
A questo punto, l’anziano dell’ufficio, Pasquale, smettendo per un istante di leggere la pagina sportiva del suo quotidiano, sentenziò con aria severissima:
- I giovani d’oggi sono degli indolenti, buoni a nulla, viziati bamboccioni!
- Poverina! - intervenne Raffaella, la più giovane impiegata della facoltà dove lavoravano: - Ha solo trovato un buon partito! Non bisogna fargliene una colpa! E, in un periodo di crisi economica come questo, poi, è stata davvero brava! Aveva molte più probabilità di mettersi con un disoccupato e quindi di non sistemarsi, rimanendo a casa dei genitori vita natural durante a fare la fidanzata adolescente!
- Non è detto che sarebbe rimasta a casa. Avrebbe potuto cercare un lavoro. – obiettò Lea.
- Ah sì? E credi davvero che ne avrebbe trovato uno solo perché è iscritta all’università? Che valore ha la laurea, oggi? – replicò Raffaella.
- Quindi, secondo te, ad una donna non resta altra scelta che farsi mantenere? – iniziò ad infastidirsi la collega.
- In molti casi, sì.
- Allora perché non cerchi tu qualcuno che ti mantenga e lasci libero il tuo posto ad una donna che invece voglia guadagnarsi da vivere con le proprie forze? – si adirò Lea.
- Ma questo Johnny lavora? - chiese Mario a Luca, non avendo la minima voglia di assistere ad un battibecco.
- Sì. - rispose il collega, con voce grave: - Per il padre.
- E che fa il tuo consuocero? – s’informò ancora Mario, contento di aver ristabilito la quiete nell’ufficio, visto che le due colleghe erano tornate ad interessarsi di Luca.
- È un facoltoso imprenditore. - mormorò Luca, scatenando un’esplosione di esclamazioni di ammirazione da parte dei presenti.
Pose fine a quel chiasso l’apparizione dalla porta sul retro della capo area, l’imponente dottoressa Fanelli, che tuonò:
- Fate più casino voi degli studenti! Mancano solo cinque minuti alle nove! - e, detto questo, si chiuse nella sua stanza personale sbattendo la porta.
- Che stronza! - esclamò Pasquale: - Apriamo ogni giorno con dieci minuti di ritardo per fare colazione in pace ma ogni tanto finge di non saperlo e fa la voce grossa; mentre lei, di cornetti e cappucini, ne consuma tre volte più di noi!
- Chi se ne frega! - disse Mario: - Tanto alla fine facciamo sempre ciò che vogliamo noi e che fa comodo anche a lei! Anzi… - e sollevò la cornetta del telefono: - Cosa ordiniamo?
Alle nove e dieci, trascorso il tempo necessario per terminare la colazione con relativa sigaretta e per far inferocire gli studenti in attesa davanti allo sportello chiuso, gli impiegati si decisero a dar inizio a quella giornata lavorativa.
Pasquale negò l’evidenza olfattiva con un giovane che, avendo fiutato puzza di fumo nell’ufficio, aveva domandato polemicamente: «Nei corridoi e nelle aule è vietato fumare, mentre negli uffici no?».
Mario, invece, tirate amichevolmente le orecchie al ragazzo part-time per i suoi cinque minuti di ritardo, gli concesse l’onore di svolgere il lavoro al posto suo, per fargli «fare esperienza»; mentre lui lasciò l’ufficio per andare a zonzo.
Raffaella, che non aveva ancora digerito la stilettata della collega, ostentò per tutto il giorno un’aria altera e risentita.
Luca, invece, lavorò come un cane, quasi più diligentemente di Lea, la stakanovista dell’ufficio. Certo, lui si era sempre dimostrato un indefesso lavoratore, ma, quel giorno, aveva particolarmente bisogno di stordirsi con la burocrazia: non voleva pensare a ciò che, lasciato l’ufficio, avrebbe potuto trovare tra le pareti domestiche. E che, effettivamente, trovò.
Rincasato, lo spettacolo che lo accolse, infatti, non era dei più sereni: suo figlio Matteo stava urlando disperatamente con la madre perché l’ennesimo colloquio di lavoro aveva avuto esito negativo; Cecilia, sua moglie, ascoltava ora Matteo, ora Simona; e quest’ultima stava tracciando un solco tra la sua camera e la cucina per chiederle il parere sul vestito da indossare quella sera.
Luca si era appena tolto sciarpa e giubbotto,