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La Bibbia tra il Sacro ed il Faceto
La Bibbia tra il Sacro ed il Faceto
La Bibbia tra il Sacro ed il Faceto
E-book1.046 pagine11 ore

La Bibbia tra il Sacro ed il Faceto

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“La Bibbia: ciò che non ti hanno mai detto né ti diranno mai. Racconti ed analisi di alcuni tra i brani biblici più nascosti e sottaciuti a testimonianza di un Autore stravagante ed imperscrutabile.
LinguaItaliano
Data di uscita16 apr 2015
ISBN9788891186041
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    Anteprima del libro

    La Bibbia tra il Sacro ed il Faceto - Corsini Lorca

    padre

    Pre-Fazio

    L’irriverenza ed il turpiloquio mal si conciliano con la ricerca della verità. Non è una regola, ma di solito, chi soffre investigando con rigore, chi si arrovella lasciandosi prendere dai dubbi più cupi e micidiali, chi non perde occasione per scandagliare il sapere umano alla ricerca del vero, del falso e dell’inoppugnabile, quando invece potrebbe comodamente protrarre le proprie estremità dedicandosi ai sollazzi ed alle innumerevoli e velleitarie attività umane, chi in un modo o nell’altro, si spende in questa caccia senza limiti né confini, non eludendo affatto nessun tipo di confronto, accettando anzi lo scontro più duro: non può essere accusato di vilipendio, qualunquismo, leggerezza o sfrontatezza.

    Se per caso pensi che questo sia solo un puerile tentativo di spiegare e non una giustificazione non hai capito un benamato: è proprio un pretesto bello e buono, un cimento bieco e spregiudicato di chi, non trovando nessuno disposto a scrivere una prefazione ad un testo scomodo e pericoloso, tenta comunque ed in qualche misura di introdurre e sviluppare concetti astrusi attraverso una parafrasi efficace ed incisiva, nell’assoluta buona fede e nella consapevolezza di non poter evitare in alcun modo di risvegliare qualche sopito e velenoso vespaio!

    Il linguaggio usato nel presente mattone, un po’ proprio per non renderlo tale, un po’ per stigmatizzare alcuni concetti prevaricando di forza la dilagante ipocrisia, è un linguaggio a volte graffiante, a volte irriverente, sferzante e tagliente: mea culpa, mea grandissima culpa!

    Ma sia chiaro, non è un linguaggio usato su Marte, oppure una reminiscenza di un dialetto dimenticato e sepolto dal tempo, bensì deriva, senza infingimento alcuno ed al di fuori da ogni convenzione, da quell’espressività, da quella gergalità, dalla sintesi di quelle terminologie oggi così comuni e largamente accettate da tutti, modi di dire spesso solo pensati e sottaciuti magari per forma o per vergogna, detti e non detti, pesati, assecondo del luogo e delle circostanze, che però germogliano e si nutrono direttamente dal comune humus sociale, in una sorta di vernacolo popolare molto vero e vicino alla gente, esplodendo spesso in termini, ritenuti dai dotti: volgari e qualunquisti, ma innegabilmente comunque di squisita chiarezza, conditi con la tipica trasparenza di chi ha, come unico scopo, quello di capire e farsi capire, quello di imparare e se gli è dato insegnare, quello di ricercare.

    L’argomento trattato, anche se a volte espresso con spocchiosa ed irriverente goliardia, è un argomento di quelli pesanti, non solo dal punto di vista cognitivo, in quanto si tira dietro, per forza di cose, tutta una serie di considerazioni ed implicazioni filosofiche, antropiche, scientifiche, investendo, come un treno in corsa, gran parte dello scibile umano, ma proprio ed assolutamente dal punto di vista sociale in quanto, dipendentemente dalla sensibilità personale e dalle circostanze, la recettività di questo tipo di conoscenze profonde influenza, a volte in modo irreversibile, il corso ed il decorso della vita d’ognuno di noi, le singole scelte, il nostro modo di vivere quotidiano e le politiche generali alle quali, dolenti o nolenti, siamo costretti a sottometterci o in alternativa, con cui dobbiamo combattere.

    La vita, in quanto tale e nella fattispecie la vita umana, è la risorsa in assoluto principale e più preziosa che abbiamo, perciò considerazioni ideologiche e scelte profonde, modificandone inevitabilmente il volgere, creano nel complesso una sorta di moto browniano, intercalato tra le varie circostanze contingenti, il quale produce a sua volta effetti immediati e proiezioni future stocasticamente diverse e disparate, assolutamente non controllabili.

    Si pensi ai martiri per esempio, e ce ne sono stati tanti, e non solo a coloro, seppur giustamente annoverati tra i suddetti, i quali hanno dato la propria preziosa risorsa per gli altri, ma ai martiri per libera scelta, a quelli sacrificati in virtù di un ideale o di un’idea, una cognizione, un pensiero, una intuizione.

    Per chiarire, permettimi solo un italianissimo esempio: Salvo D’Acquisto. Che il giovine carabiniere abbia dato coraggiosamente la sua vita per gli altri, non vi è dubbio alcuno, che abbia scelto scientemente il martirio più efferato è indiscutibile, ma è pur vero e corretto affermare, nel caso specifico, e non dimenticare che, seppur siamo di fronte ad un onorevolissimo ed altissimo gesto eroico, il prodotto finale della sua coraggiosa scelta non è nient’altro che un semplice risultato di un rapporto matematico: do ut des. Io do in cambio di: scelgo di sacrificare la mia vita in cambio di ventidue, sparisco dalla circolazione a ventitré anni al solo scopo di permettere ad altri ventidue esseri umani, e non sono pochi, di continuare a godere della vita. E questo concorda con i fatti. Tanto è vero, che i disciplinati soldati tedeschi, popolo composto da persone serissime e precise, mantennero pure – tenendo fede alla loro consolidata reputazione di buoni camerati – la parola data: una giovane vita fu spezzata in cambio di quelle degli altri, nello scrupoloso rapporto di uno a ventidue e nel rigoroso rispetto della promessa.

    Come accennavo, esistono comunque martiri di altro tipo che hanno, allo stesso modo, scelto consapevolmente di morire o di soffrire ma non per scambiare la loro miserevole vita con quella di qualcun altro bensì, hanno deviato su impervi e scoscesi sentieri a senso unico solo per un ideale, solo perché quell’ideale era per loro strategico, fondamentale, non solo importante ma determinante, centrale, imprescindibilmente legato al loro essere, alla loro dignità, alla loro natura, al fatto stesso di sentirsi vivi, uomini che volevano continuare a rispecchiarsi non solo nella limpidezza del loro animo ma anche e soprattutto nelle loro profonde convinzioni, nel loro alter-ego basato sulla trasparenza e sulla lealtà! Rinunciare a determinate scelte basate su questi ideali forti, avrebbe sì salvato loro la vita, magari prolungandola di alcuni preziosi anni ma, da quel momento in poi, nell’intimo dell’anima, il loro bene primario non sarebbe più stato tale, lo scorrere dei giorni si sarebbe trasformato solo in un inutile e tedioso calvario, ed avendo irrimediabilmente perso non solo la propria autostima ma anche, cosa ancor più grave, la propria rispettabilità sarebbero vissuti esclusivamente nel malumore in attesa del fatal appuntamento.

    Si tratta di argomenti tremendi, concetti atroci in grado di dilaniare l’anima e la coscienza di chiunque, idee in grado di sopravvivere a qualsiasi mutamento ed a qualsiasi rivoluzione, ragionamenti da sviscerare per anni senza tirarne accapo mai nulla, pur rimanendone profondamente ammaliati. Sono la spina dorsale dei pensieri che insieme percorreremo, tenendo presente che sono proprio queste le idee che possono distruggere, salvare, gratificare, indurre allo spreco, la vita di ogni singolo, di una comunità, di un popolo o di gran parte del genere umano.

    A fronte di queste considerazioni evitare l’uso di termini taglienti, a volte sgradevoli ed irriverenti, oltre che rendere meno chiara l’intera esposizione avrebbe puzzato di mera ipocrisia, lasciando spazio all’effimera polemica della quale centinaia di testi sono ridondanti ed abbondantemente pervasi.

    Di testi elucubrativi che spazzolano, spolverano ed innaffiano dolcemente la mente delle genti solleticandone le orecchie ne sono colme le biblioteche.

    Trattati di filosofica ‘intellighenzia’ intrisi di spesse dottrine condite da teologiche convinzioni, puoi trovarli ovunque.

    Lascio volentieri lo studio della filosofia ai filosofi, l’analisi della religione ai teologi e l’elaborazione delle dottrine ai clericali e, se qualcuno tentasse e cercasse altrove la Verità di certo non mi offenderei né tanto meno lo biasimerei, al massimo lo compatirei di cuore se non altro per la fatica ed il sacrificio che lo aspettano, animali feroci che lo inseguiranno senza tregua, senza alcuna pietà, consumandogli energie e dilaniandogli le carni.

    D'altronde almeno una volta nella vita un azzardo, nell’amena direzione del trascendente, deve essere pur tentato da chi ricerca e brama la Verità, anzi, auspico ai più di perdersi e lasciarsi trascinare negli impetuosi percorsi spirituali che tanto prendono ma anche tanto danno all’animo umano. La ricerca della spiritualità e della moralità fideistica può portare taluni alla pace interiore, condurre altri all’appagamento dei sensi attraverso l’essenzialità dei misteri, addirittura sospinge molti verso il culto, disciplina nodale per la stabilità dell’anima, nel raggiungimento di valori e modelli ritenuti da sempre di ragguardevole pregio e di incommensurabile valore sociale. Ben vengano dunque i docenti di teologia, ben vengano le divin dottrine e le complesse teorie trascendentali, ben accolti siano i ritualismi, se servono, tra l’altro, a calmierare i dubbi, l’ansia, la spasmodica ricerca del vero od il terrore della morte.

    A volte però lo scorrere crudele del tempo fa risuonare quella sottile corda dimenticata, un evento inatteso la fa vibrare, un collegamento fortuito pulsa ed accende in noi quella fastidiosa fiammella estinta, facendoci rivisitare luoghi e temi che pensavamo di aver superato ed abbondantemente digerito. La conoscenza di informazioni sottaciute e/o sottovalutate, ci riporta alla mente accordi stridenti che non ci aspettavamo più di sentire e per i quali, nel disordinato scivolare della vita, continuiamo a fornire false e pretestuose giustificazioni.

    Ed allora il dubbio si insinua, l’incertezza fa breccia, ci pervade l’anima, scava, ci percuote, ed immancabilmente subiamo l’irrefrenabile spinta verso lo sconforto, verso l’oblio: il baratro delle domande mai risolte si riapre fatalmente sotto di noi pronto ad ingoiarci, pronto a divorare ogni nostra certezza, ogni nostro punto di riferimento, ogni nostro traguardo faticosamente costruito e conquistato; quella forra che pensavamo fosse stata chiusa per sempre dalla porta della certezza è ancora lì, è stata sempre lì ad aspettarci, e ci accorgiamo, allora e solo in quel momento, nostro malgrado, di non poterne fare a meno, della necessità innata che abbiamo di risvegliare il nostro bisogno di investigare, di imparare, continuando a combattere, sperimentando nuove e diverse soluzioni.

    Da dove veniamo? Chi siamo e, dove siamo diretti?

    Prima o poi nella vita ti capiterà di imbatterti in una, due o, se sei solo un poco sfortunato, nella triade delle più dirompenti domande mai formulate. Sarà alla fine di un pranzo nuziale, dopo che il vino e le alcoliche correzioni post-caffè hanno messo a nanna diversi migliaia di neuroni, sarà una sera con gli amici, dopo una lauta cena, ove gli effetti sui medesimi neuroni sono simili a quelli del pranzo sponsale, sarà forse in occasione di un funerale dopo aver accompagnato a miglior vita magari un amico d’infanzia o qualche altro maleducato che ci ha definitivamente lasciato senza nemmeno salutarci, sarà come sarà, ma stanne certo, prima o poi accadrà.

    Questo enunciato è già di per se stesso una bella e buona profezia e, come constati, s’è già bella che avverata (un breve tuffo solo per prendere mano con un argomento che considereremo approfonditamente).

    No?

    Beh se sei arrivato alla prima frase di questo libro e, convinto che sia una ‘cagata’ lo hai subito chiuso: si è avverata comunque, ma tu non ne avrai alcuna cognizione, o almeno non lo scoprirai fino a quando, non sapendo come ammazzare il tempo, riprendendo in mano il medesimo tomo, magari solo per riporlo via subito dopo in preda ad un rinnovato senso di rancido, di nuovo arrivato alla similar puzzolente conclusione, non deciderai finalmente di spenderci un po’ di tempo in più e proseguire fin qui nella lettura. Purtroppo per te, nel primo caso, potresti sperimentare il mediocre covile della totale ignoranza ma, per contro, pur accusando un ammanco economico pari al prezzo di copertina, almeno ti risparmieresti qualche sonoro mal di testa. Se invece hai avuto l’ardire di continuare a leggere ed arrivare in qualche modo fin qui, anche se rimarrai lo stesso un po’ più povero, avrai la possibilità di sondare la sublime esperienza dell’irrefutabile avverarsi della profezia. Magra consolazione dirai tu, ma almeno, potrai orgogliosamente affermare, come minimo, di aver esperito una cosa nuova e, di questi tempi, con la vita uggiosa che si fa, se permetti, non è poco; come massimo invece, avrai appurato la presenza nella scatola cranica di una massa non ben identificabile ma indubbiamente presente, vista l’impellente necessità di prenderti un analgesico. Non si tratterà della fine di una cena e del conseguente affogamento neuronale nei fumi dell’alcool ma comunque trattasi di profezia avverata: un fatto oggettivo del quale devi prendere atto.

    Le evidenze circostanziali potrebbero non darmi ragione ma l’accadimento è avvenuto, ed è inconfutabile (fine del tuffo).

    Perché poi, noi – dico noi essere umani – continuiamo a chiedere da tempo immemore, ed a ricercare le risposte a tali laceranti domande, questo, di per se stesso, è un bel mistero. Cosa ce ne verrà in tasca, è tutto da scoprire. Pur tuttavia, non possiamo, non vogliamo e non riusciamo ad ignorare simili quesiti. Fanno parte della nostra essenza, della nostra esistenza, e prima o poi, in un momento che non ci aspettiamo, inquineranno di nuovo la nostra mente, mettendoci in imbarazzo, procurandoci quel fastidioso disagio al quale, per tutta la nostra vita, sarà impossibile sfuggire.

    Evidentemente, da qualche parte, nel nostro DNA c’è una istruzione, un pezzo di codice, una routine, un proto-pezzo-di-programma sopravvissuto a chissà quali cataclismi, prodotto da chissà quale brodaglia primordiale, che ci impedisce di soprassedere, ci riporta spesso daccapo in un loop infernale, impedendoci di vivere tranquillamente senza arrovellarci le cervella.

    Viviamo incoscientemente gran parte della nostra vita ma, ogni tanto, quel protocoso ‘riciccia’, quel ‘go to’ dimenticato rispunta, quella serie nascosta tra le righe di codice genetico entra in circolazione, ci rapisce, ci invade, ci pervade, ci inquieta. Che sia un virus messo dentro di noi da qualche burlone di extra terrestre? Che sia un bisogno insito nella nostra natura, come il bere, il dormire, il fare all’amore? Che sia un prodotto di quel giocherellone chiamato ‘cieco caso’ o il dejà vu di qualche distratta divinità? Boh! Nessuno sa!

    Una cosa è certa: ogni tanto ‘riciccia’!

    Esistono molte piante che si comportano alla stessa stregua: l’olivo per esempio. Anche se viene tagliato alla base, oppure gelato dal generale inverno, pur sembrando andato ed irrimediabilmente trapassato, ha quasi sempre la forza di riprendersi. Il germoglio, il caccio, la fogliolina verde rispunta e, con nostra grande meraviglia, si riprepara incurante e beffardo a vita nuova, a dare nuovo frutto, vincendo apparentemente la battaglia della vita sulla morte. La voglia di vivere, sopravvivere e riprodursi dell’olivo è davvero sorprendente: non si arrende mai, o quasi.

    Cosa ci azzeccava a questo punto sta disquisizione rupestre sull’olivo non lo so, ma ci sta bene e ce la lascio.

    Anche le tre fatidiche domande si portano volentieri appresso tutta una serie di considerazioni, dal trascendente alla cognizione scientifica delle cose, dalla visione prettamente spirituale ed immateriale a quella grettamente più concreta ed immanente, dal trasporto religioso ed etereo allo agnosticismo sofisticato fino a quello più brutale.

    Per forza!

    Non avendo punti di riferimento certi, oppure potendo mettere in discussione ogni punto di riferimento, ci troviamo a barcamenare in mezzo a quesiti, esperienze e conoscenze fra le più disparate ove, ogni essere pensante, ovvero dotato di materia grigia interposta con quasi geometrica esattezza tra le orecchie, può dire la sua senza timore di essere smentito oppure, nella assoluta certezza di essere comunque posto in discussione, messo alla berlina, deriso o ammirato.

    La religione gioca insieme alla scienza questa lunga partita dal ‘paleozoico’ sin ai nostri giorni, ed entrambi le discipline si contendono, a fasi alterne, in una sorta di atavico singolar tenzone, le risposte più logiche ed anche le più fantasiose, a volte integrandosi tra di loro a volte accapigliandosi, spesso correndo parallelamente senza mai sovrapporsi, ma pur sempre con lo stesso effetto sugli astanti: confusione, sbigottimento, fondamentalismo, scetticismo e, …. sonno, un gran torpore corollato da uno stuolo di incontenibili sbadigli, alcuni sommessi e quasi nascosti, altri pericolosissimi ed estremi in grado di scappottare definitivamente la cervice, se non fosse per la solerte quanto provvidenziale attaccatura dei lobi auricolari.

    Dubbio e certezza si mescolano e si rimestano ed, alla fine, ognuno trae le proprie conclusioni, rimanendo con l’amaro in bocca di chi pur saltando in alto con tutte le proprie forze non è potuto arrivare alla ‘fedrica’ uva.

    Sto scarrellando pericolosamente verso l’antro teologico o verso il faraglione scientifico? Non preoccuparti e tieni su le palpebre, ne esco subito!

    La corrispondenza:

    religione <=> trascendente

    scienza <=> materialismo

    ci pone dunque di fronte a questioni serie e delicate dalla cui esposizione non posso esimermi e dalla cui lettura non posso sottrarti, anche se un po’ ti compiango se non altro per non aver scelto un altro libro.

    Di religioni si stima ce ne siano oltre tremila, considerando in questo calderone dantesco quelle rituali, filosofiche e totemiche. Ma tra queste solo alcune spiegano le origini e parlano del futuro dell’umanità, facendo di questi argomenti dei capisaldi dottrinali e trasferendo al credente un certo tipo di teolologica certezza (oh! non è un errore di stampa: è la fusione di teologia e logica – un altro termine non mi veniva, porta pazienza!).

    Tra queste, le religioni cristiane, ovvero quelle che hanno alla base la Bibbia e/o i Vangeli come testo Sacro insieme alla religione Musulmana, che in misura diversa ma indiscutibile attribuisce al Pentateuco ed alla figura di Gesù un ruolo di primo piano, raccolgono la maggioranza dei consensi. Insomma se applicassimo, in questo caso, la berlusconiana tecnica dei sondaggi, tali ideologie riscuoterebbero di certo la maggioranza delle preferenze surclassando all’opposizione tutte le altre.

    Ne cito solo alcune: Cattolica, Protestante, Ortodossa, Musulmana e tralascio i numerosissimi gruppi cristianizzanti, visti a volte come sette, divergenti dottrinalmente dalle grandi religioni cristiane, ma referenti comunque degli stessi basilari insegnamenti biblici.

    Non ho volutamente inserito tra le grandi religioni quella Ebraica, e non me ne vogliano per questo i figli di Abramo, solamente per una questione prettamente numerica. Sebbene infatti il culto e la dottrina vengano oggi praticate da una sparuta minoranza rispetto alle grandi confessioni, ad onor del vero, sottacere l’Ebraismo sarebbe un grave ed irrimediabile errore in quanto proprio quest’ultima chiesa, come si vedrà nel corso del nostro viaggio, oltre ad essere alla base delle grandi religioni cristiane rappresenta in toto e per eccellenza il vessillo monoteista, se non altro in quanto nata per prima ed emersa prepotentemente con forza proprio in mezzo al crogiuolo scoppiettante del politeismo arcaico.

    Per quanto concerne la scienza alcuni, erroneamente pensano, confondendo il pensiero scientifico, la brama di conoscenza con le teorie e le leggi che la governano, che ce ne sia una ed una sola, indissolubile ed indiscutibile. Peccato o per fortuna che ogni tanto però, ciclicamente ma anche asincronicamente, la scienza stessa si auto corregge rivedendo anche in misura sostanziale gli assunti che magari hanno costituito delle inconfutabili certezze, che hanno guidato per decenni milioni di ignari esseri umani costituendone le linee guida ed i presupposti di impostazione, facendo apparire i trapassati, agli occhi dei contemporanei della scoperta, come dei poveri gonzi e degli sprovveduti.

    Accade quindi – altro fatto oggettivo – che non sappiamo spiegare decentemente come abbiano fatto gli egiziani a costruire le piramidi ma nello stesso tempo siccome esploriamo la Luna e rompiamo le balle in giro qua e là per il sistema solare con sonde e sondine, ci sentiamo superiori, semplicemente più intelligenti, di chi ci ha preceduto: la classica puzzetta sotto il naso, insomma!

    Per amore dell’argomento, esiste anche un’altra impostazione, un altro metodo di analisi della realtà che ci circonda: la fusione o l’integrazione della religione con la scienza, in una commistura di aspetti in cui si cercano di risolvere dubbi teologici con spiegazioni scientifiche e viceversa, cercando così di supportare elementi dottrinali con riscontri tecnici e giustificare racconti dissonanti con evidenze scientifiche.

    L’archeologia biblica ne è un esempio lampante.

    Molti dei racconti biblici sono suffragati da fatti scientifici che illustri archeologici hanno raccolto e catalogato a loro imperituro onore e per sempre, amen! In questo modo, mentre alcuni ben pensanti credono di legittimare la Sacra Scrittura attraverso mirabili scoperte archeologiche, altri, altrettanto illuminati, pretendono di consacrare i loro scavi e le loro deduzioni richiamando i passi del Sacro Testo.

    Alcune altre scoperte scientifiche – leggi il Big Bang, per esempio – sono in notevole sintonia con l’inizio biblico – Il Bere´shìth ebraico – supportando appieno il racconto della Genesi ed amalgamando in una sorta di pastrocchio collaccioso il misticismo religioso con l’immanente.

    Definire la Bibbia come l’unico libro religioso che risponde in maniera chiara ed esaustiva alle tre fatidiche domande non è presunzione: basta leggerla! Tale impegnativa preposizione la pone come Testo Base e come riferimento per tutte le religioni cristiane non solo per quanto concerne la parte più moderna del Testo ma anche ed in special modo nella sua sezione ebraico-aramaica, più antica. Infatti, proprio in considerazione delle evidenze che indicano come il computo storico dell’ebraismo sia pressoché attinente ai fatti così come si desumono nella stessa Scrittura, i brani considerati più vetusti asservono, nel loro insieme, il legame ideale ed indissolubile tra le dottrine ebraiche e le lezioni cristiane, producendo in sintesi la cristianizzazione appunto di ciò che è stato per decine di secoli esclusivo patrimonio degli Ebrei onde esplicarlo, diffonderlo e svilupparlo anche a beneficio di coloro di diversa estrazione, discendenza ed eredità.

    Il racconto biblico ci guida dalla creazione del primo uomo, e per fortuna nostra anche della prima donna, fino alla fine dei tempi, attraverso l’escatologia evangelica, raggiungendo e spiegando le origini del cristianesimo, terminando con il giudizio universale e l’apocalittico Harmaghedon o giudizio Divino.

    Qui gli eruditi cascheranno dalla sedia e mi tacceranno di assoluta ignoranza tirando fuori dal cassetto i Veda, i Mantra oppure dimenticate quanto impolverate epopee ripescate in qualche recesso del mondo antico, ma la cosa non mi tange e lasciarsi spaventare da giri pindarici partoriti da fertili menti alimentate da filosofici studi di alta teologia o spregiudicato misticismo non ti aiuterà a sentirti più sereno, semmai più confuso.

    La Bibbia descrive l’inizio dell’umanità come nessun altra opera religiosa conosciuta. La logica ed il raziocinio sono caratteristiche presenti sin dal racconto primordiale della Genesi, come d’altronde sono presenti, allo stesso modo e per altre ragioni, anche se in diversa misura e natura, nel racconto dell’evoluzione umana da un primate.

    Insomma un certo palinsesto logico esiste ed è ben evidente.

    Non si parla di fantomatici mondi e situazioni parossistiche plausibilmente limitrofe alla pura allegoria. Nel Sacro Testo non si rileva traccia né parvenza delle caratteristiche tipiche intrinsecamente legate alle leggende tramandate oralmente per generazioni che permeano le fantasie popolari, altresì non vi è trama alcuna o vessillo evidente dell’inquinamento fattuale dovuto alla narrativa popolare o all’inserimento prosaico di circostanze fortuite.

    L’uomo venne creato dalla polvere e fu posto in un giardino: gan-be`Èdhen, paradiso di delizia o semplicemente giardino.

    Quando l’ha saputo il mio vicino, che il suo giardino era un paradiso, ha subito provveduto a ripulirlo dall’immondizia ed ha finalmente potato quella merda di cipresso resinoso che sputa milioni di fastidiosi aghi che ti si infilano dappertutto: ora, il suo giardino, fa un po’ meno cimitero e quando mi appoggio al muretto divisorio non mi appiccico! Un bel successo no?

    Se hai avuto la sgradevole esperienza di aprire o veder aprire una tomba in cui soggiace da illo tempore uno sfortunato, semplicemente perché nato molto prima di te, hai anche avuto modo di vedere come il corpo umano sia estremamente deperibile e come, il tempo inesorabilmente trasforma il tutto in polvere.

    Così la scienza, proprio in virtù della commistione accennata prima, ci ha aiutato a capire e ci ha dimostrato la veridicità del particolare biblico.

    Il corpo umano è composto al 75% di acqua, anche se alcuni fanno una accezione per il vino, ed il resto sono materiali organici deperibili ed inorganici come rame, ferro, silicio, calcio, magnesio e ….. beh, fattelo spiegare da un biologo che è meglio!

    Genesi capitolo 2, verso 7 lo dice:

    allora il Signore Dio plasmò l`uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l`uomo divenne un essere vivente.

    Il racconto scrive ‘polvere’ ma tenendo presente che chi scrisse tali parole non era né un chimico né un biologo, ed i motivi per i quali stava trascrivendo il citato racconto nulla avevano a che vedere con un trattato di alchimia, l’approssimazione può passare tutta senza infingimento alcuno!

    Genesi capitolo 2.

    10 Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino e di là si divideva per divenire quattro corsi d'acqua. 11 Il nome del primo è Pishon; è quello che circonda tutto il paese di Havilah, dov'è l'oro; 12 e l'oro di quel paese è buono; là si trovano pure il bdellio e la pietra d'ònice. 13 Il nome del secondo fiume è Ghihon, ed è quello che circonda tutto il paese di Cush. 14 Il nome del terzo fiume che è il Tigri, ed è quello che scorre a est dell'Assiria. E il quarto fiume è l'Eufrate.

    Più chiaro di così!

    I fiumi, sino a prova contraria, scorrono sulla terra e non in cielo da una nuvoletta ad un’altra. Questo è un fatto e, seppure in un eccesso di fantasia li localizzassimo anche in cielo, risulterebbe alquanto strano che vengano chiamati Tigri ed Eufrate, ovvero con gli stessi nomi di due degli attuali fiumi che scorrono nel martoriato Iraq. Ciò ingenererebbe estrema confusione sulle indicazioni che un viaggiatore potrebbe chiedere e ricevere e sulle eventuali indicazioni che un passante potrebbe fornire. Spedire il poveraccio verso l’Eufrate nell’aldilà piuttosto che in Iraq nell’aldiquà, scatenerebbe senza meno le ire dello sprovveduto viaggiatore a meno che, vista l’attuale situazione esistente nella zona dei due terrei fiumi, le due località non si compendino a vicenda tramite qualche attentato – la probabilità è altissima ! –

    Se a Baghdad ti capita di attraversare un ponte, ammesso che gli americani ne abbiano lasciato qualcuno in piedi – ma sicuramente lo hanno fatto altrimenti come avrebbero potuto far transitare i carri armati da una sponda all’altra? – o che non ti mitraglino durante il tragitto, cosa affatto improbabile, udite, udite, stai attraversando l’Eufrate.

    Che il cronista dell’epoca si sia andato ad infognare in un cul de sac ponendo l’uomo in una località conosciuta e verificabile quando poteva benissimo glissare ponendolo in una località altrettanto reale ma non riscontrabile, pare alquanto peregrino. Sarà stato pure un canuto troglodita, un discendente di qualche scimmia infima, puzzolente e pelosa, ma non per questo, da quanto si evince dai suoi scritti, doveva essere uno scemo.

    Non c’avrà avuto accesso a Google Eearth ma un po’ di fantasia suvvia concediamogliela! anche perché, si dice, che lo stesso abbia messo mano almeno alla stesura dei primi cinque libri della Bibbia o Pentateuco e perciò, avendo indubbie ed appurabili capacità, poteva benissimo, senza per altro sforzarsi troppo, sbizzarrirsi a go go e sparacchiarci qualche sana panzana, bella condita e pronta.

    Che sia tutta una allegoria, o per essere più precisi una iperbole, disegnata dal Creatore per trasmettere un certo tipo di informazioni altrimenti intrasmissibili ed inesplicabili per degli ominidi presuntuosi con l’insana voglia del sapere?

    Questa in realtà è una spiegazione addotta e suffragata da illustri menti cresciute all’ombra di pie ed insigni università nonché scuole teologiche di notevole levatura, e si appone nel momento in cui, spesso e volentieri, il racconto biblico avanza quesiti e porta a conclusioni scomode, strane ed apparentemente illogiche. Allora, in questi casi, si ‘salta il fosso’ del realismo e ci si nasconde nel trascendospiritualismo ponendo a Dio dei limiti: siccome ciò che ci voleva trasmettere, anche volendo, non avremmo avuto modo di capirlo, il Dio, è stato costretto, nella sua infinita bontade, a giocare la carta del surreale rifugiandosi in concetti blandi, terra, terra, insomma alla nostra portata, il tutto per trasferirci al meglio quello che nella realtà Lui ha magnificamente progettato e realizzato. Ribadisco: essendo uomini ‘nu poco scemotti’ il Grande Creatore ha usato parafrasi, metaforismi e mezze verità trasmettendoci accadimenti altrimenti incomprensibili, indigeribili, astrusi e fuori dal nostro comprendonio.

    In pratica c’ha preso ‘nu poco per il culo’ ma con amore e parsimonia si intenda, senza né canzonare né tantomeno sbeffeggiare quelle splendide creaturine messe su con tanta sensibilità e dedizione, poste al centro di quel bel teatrino superbamente preparato ed addobbato a loro uso e consumo.

    Ora siccome contraddire quanto sopra significa tirarsi dietro le ire e le maledizioni dei dotti e dei blasonati, solo per scaramanzia, la termino qui. Mi permetto solo di far notare due cose.

    La prima riguarda l’aver creato gli uomini con limitate capacità cognitive: se lo avesse fatto veramente, sarebbe caduto in flagrante contraddizione con quanto da Lui stesso affermato in Genesi capitolo 1:

    ²⁶E Dio proseguì, dicendo: Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e tengano sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e gli animali domestici e tutta la terra e ogni animale che si muove sopra la terra. ²⁷ E Dio creava l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina.

    ²⁸ Inoltre, Dio li benedisse e Dio disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra e soggiogatela, e tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra.²⁹ E Dio proseguì, dicendo: Ecco, vi ho dato tutta la vegetazione che fa seme che è sulla superficie dell’intera terra e ogni albero sul quale è il frutto di un albero che fa seme. Vi serva di cibo. ³⁰ E a ogni bestia selvaggia della terra e a ogni creatura volatile dei cieli e a ogni cosa che si muove sopra la terra in cui è vita come un’anima ho dato tutta la verde vegetazione per cibo. E così si fece.

    ³¹ Dio vide poi tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, [era] molto buono. E si faceva sera e si faceva mattina, un sesto giorno.

    Se era, non buono, ma molto buono attribuire all’uomo un’intelligenza e delle capacità in grado di afferrare progressivamente quanto realizzato, tra l’altro proprio a suo beneficio, non è solo una speculazione testuale ma un’ovvia deduzione.

    Secondo, imputare a Dio un raggiro, posto in essere addirittura verso la sua migliore ed ultima creatura, mi pare non solo risibile ma un poco anche blasfemo. Quanto poi a suffragare l’insensato ragionamento della divina iperbole con il pretestuoso ragionamento che la Bibbia è stata fatta scrivere per tutti gli uomini e quindi anche per quelli del passato, i quali non avendo le nostre stesse cognizioni, non avrebbero potuto comprendere un fico secco, significa ancora una volta ridurre Dio a poca cosa, credendolo incapace di creare e farci pervenire un testo adeguato per tutte le generazioni.

    Insomma un Creatore produttore di galassie incommensurabili, fattore di oggetti strani: dai buchi neri ai batteri, che si incarta proprio sulla trasmissione della conoscenza di base ai suoi figli, ha dell’incredibile!

    C’è poi la sequenza dei giorni creativi:

    1° giorno. [da Genesi capitolo primo]

    E Dio disse: 3 'Sia la luce!' E la luce fu. 4 E Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. 5 E Dio chiamò la luce 'giorno', e le tenebre 'notte'. Così fu sera, poi fu mattina: e fu il primo giorno.

    La luce. La prima cosa che si fa quando si entra in un ambiente buio: si accende la luce.

    2° giorno.

    'Ci sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque'. 7 E Dio fece la distesa e separò le acque ch'erano sotto la distesa, dalle acque ch'erano sopra la distesa. E così fu. 8 E Dio chiamò la distesa 'cielo'.

    Il firmamento o distesa ovvero l’atmosfera. La separazione tra le acque dei fiumi, dei laghi e dei mari con le altre acque poste in sospensione: le nuvole.

    3° giorno.

    'Produca la terra della verdura, dell'erbe che faccian seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra'. E così fu. 12 E la terra produsse della verdura, dell'erbe che facevan seme secondo la loro specie, e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie.

    L’asciutto, la separazione tra mare e terre emerse e la vegetazione. Se avesse fatto prima gli animali sarebbero morti di fame salvo che non si fossero adattati a trangugiare rocce.

    4° giorno.

    'Sianvi de' luminari nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; e siano dei segni e per le stagioni e per i giorni e per gli anni; 15 e servano da luminari nella distesa dei cieli per dar luce alla terra'. E così fu. 16 E Dio fece i due grandi luminari: il luminare maggiore, per presiedere al giorno, e il luminare minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. 17 E Dio li mise nella distesa dei cieli per dar luce alla terra, 18 per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che questo era buono.

    I luminari. Viene reso visibile il sole e la lune. Non bastava che la terra ruotasse per avere il giorno e la notte ma di giorno si doveva vedere il sole e di notte la luna.

    5° giorno.

    'Producano le acque in abbondanza animali viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo'. 21 E Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, i quali le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, ed ogni volatile secondo la sua specie. E Dio vide che questo era buono. 22 E Dio li benedisse, dicendo: 'Crescete, moltiplicate, ed empite le acque dei mari, e moltiplichino gli uccelli sulla terra'.

    Gli animali.

    6° giorno.

    'Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sul bestiame e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra'. 27 E Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. 28 E Dio li benedisse; e Dio disse loro: 'Crescete e moltiplicate e riempite la terra, e rendetevela soggetta, e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra'.

    L’uomo e, a Lui la gloria a noi il piacere, la donna.

    7° giorno.

    2 Il settimo giorno, Iddio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta.

    Festa.

    Salvo la festa, questa sequenza è pure accettata da molti illustri biologi come scaletta cronologica in base alla quale è comparsa la vita umana sulla terra. Qualcuno dirà: non poteva andare diversamente, al contrario l’archibugio non avrebbe funzionato. Ok, ma comunque la sequenza collima e, considerando che il racconto della Genesi risale perlomeno a tremila anni fa, rimane stupefacente nella sua semplicità il granitico rigore portante e la coincidenza degli eventi.

    Dalla serie: le cose semplici non ci piacciono, qualche illustre teologo ha pensato bene – anche qui il DNA deve aver giocato qualche brutto tiro – di incasinare a dovere il realismo del brano.

    Prima di prelevare la costola al povero Adamo - ma tanto il gonzo non sapeva quante ne avesse, quindi poco male no? - Dio aveva detto:

    16 E l'Eterno Iddio diede all'uomo questo comandamento: 'Mangia pure liberamente del frutto d'ogni albero del giardino; 17 ma del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché, nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai'.

    Cosa era sto’ albero della conoscenza del bene e del male? E soprattutto che frutto era? Una pera? Una mela? Un Citrus reticulata (mandarancio) oppure un Citrus sinensis (arancio dolce)?

    Ma chi se ne frega.

    Non ha nessuna importanza nella tematica del racconto. Una cosa è certa, anzi due, aveva un nome strano: albero della conoscenza del bene e del male e, secondo, mangiarlo avrebbe avuto come conseguenza la morte.

    Indi: se non lo avessero mangiato non sarebbero mai morti. Mi pare lapalissiano.

    Ora fai una prova: prova ad andare al mercatino sotto casa, oppure dal tuo negozietto di orto frutta di fiducia e chiedi: mi da un chilo di conoscenza del bene e del male?

    Dapprima sarai ignorato e l’omino, guardandoti sottecchi farà finta di niente, come se non ti avesse sentito. Alla seconda ti risponderà con estrema cortesia: Cosa? Scusi, non ho capito. Alla terza lo vedrai sparire dietro al bancone, riapparire con la maschera più gioconda e rassicurante di cui dispone, per non spaventarti e tenerti buono, buono, in attesa della neuro, per farti caricare, e portare via a sirene spiegate, ma non prima di averti fatto infilare una camicia di forza.

    Evidentemente, tale albero fisico non era solo un rappresentante di spicco della flora terrestre testé prodotta, bensì rappresentava qualcosa di più: ragionevolmente costituiva un simbolo, una bandiera, un segnale, una scelta, qualcosa di veramente importante.

    Alcuni teologi, i famosi ‘teologi incasinatori’, hanno percepito nel peccato originale, ovvero la morsicata alla famosa mela, utilizzando una pindarica rimugina davvero singolare, il rapporto sessuale, il coito, la monta insomma, tra Adamo ed Eva.

    Forse questa elucubrazione, persistente ancora oggi nella mente di molti credenti, deriva proprio dalla incipiente sensualità insita nel gesto di mordere la mela: mordere nello stesso punto dove l’ha morsicata qualcuno o qualcuna di sessualità diversa dalla nostra, assaporarne la saliva in vista di gustare bel altri nettari, percepire la mistura di odori nascosti di un altro corpo! Sono questioni che fanno rizzare il villo agli impotenti, e non solo quello! La compenetrazione dentale, lo scambio di aromi, i denti che si chiudono su di uno spazio condiviso con un essere complementare, con il quale non si vede l’ora di condividere altri e più succulenti liquidi organici, fa rizzare i peli del naso persino al famoso camaleonte impotente delle Seychelles.

    Per evitare collassi cardiocircolatori al tranquillo camaleonte sarebbe stato sufficiente per lui leggere attentamente il racconto della Genesi, ma evidentemente, essendo molto impegnato a cacciare succose mosche tropicali piuttosto che a meditare tenendo ben acceso il cervello, alla fine le conclusioni alle quali è pervenuto, e che qualcuno perentoriamente ha subito sposato, hanno prepotentemente sbocciato, ben risolute in tutta la loro sfrenata libido, sopravvivendo e cementificandosi nel tempo e nelle coscienze.

    Secondo molti, troppi, leggere sta passando di moda. Secondo me non è vero, anzi, spero vivamente di no, altrimenti dovrei cambiare mestiere prima ancora di averlo cominciato!

    Il problema è un altro e, come spesso accade, celandoci dietro false giustificazioni, non essendo inclini ad accettare la realtà, ci lasciamo sfuggire il gatto dalla finestra: si legge ma, in quel poco che si legge, non ci si capisce una beata mazza, andando sempre così di fretta da non meditare affatto. Capire, infatti cela un processo più complesso del leggere, sottintende una lenta digestione ed una profonda riflessione su ciò che gli occhi trasmettono al cervello. Consta sforzo, fatica e spreco di energie il che, è vero che da un lato agevola di fatto ‘la progressione entropica’ ma dall’altro ne combatte gli effetti di lunga portata (su questo torneremo tra poche righe).

    A leggere, ci si rompe la balle insomma.

    E’ meglio senz’altro gustarsi la De Filippi, il Grande Fratello oppure la Fattoria, eventi questi i quali, essendo i neuroni richiesti o in movimento, due o al massimo tre per volta, ci aiutano a mantenere non solo la stabilità dell’universo, disperdendo una energia per ogni unità cerebrale pari a quella di una ameba zoppa, ma anche ci fanno sentire parte di una grande famiglia virtuale piena di figli, sì figli, figli d’una mignotta!

    Apro una parentesi fisica [fisica nel senso di scienza non di parentesi].

    La seconda legge della termodinamica postula che l’entropia è in aumento, ovvero l’universo va verso la morte termica. La vita, il movimento, l’agitarsi delle cose, man mano che l’energia disponibile viene consumata, o per meglio dire trasferita, trasferita da un corpo più caldo ad uno più freddo, diminuiscono e tutto diventa statico, fermo. La storia del cappuccino è emblematica e De Crescenzo non me ne vorrà se la cito, anche perché non sono minimamente intenzionato a pagargli alcun diritto. Mi rifaccio ad un suo inflazionato esperimento.

    Metti in una tazza del latte. Prendi il bricco del caffè e nota, non è affatto difficile, come ciò che hai in mano è ordinato, tutto a posto e pulito: da una parte il latte e dall’altra il caffè, devi fare solo lo sforzo di tenerli separati.

    Cosa vuoi? Il latte? Eccolo. Cosa vuoi il caffè? Eccolo qui. Più ordine di così?! Il sistema è indubbiamente ordinato.

    E’ come quando apri i cassetti del comò: da una parte trovi i calzini e dall’altra le mutande. Lo so, lo so, è un miraggio! di solito è tutto mischiato. Era solo un esempio! che pignolo!

    Versa ora il latte nel caffè o viceversa ed ottieni il tanto desiderato cappuccino: le due sostanze si mescolano inesorabilmente e tutto diventa caotico. Tre molecole di caffè si accoppiano con una di latte, due di latte con una di caffè, quattro di caffè con due di…..ma guarda di caffè, ancora: i famosi chicchi gay. Insomma un bel casino.

    Siamo passati da un sistema ordinato, dove anche un deficiente poteva distinguere il latte dal caffè, al massimo dell’entropia, dove anche il miglior matematico ha delle enormi difficoltà a scrivere la più banale delle formule che tenga conto del modello di distribuzione molecolare. Se ti fossi sbagliato e ti capitasse che il cappuccino ora non ti va più o non lo volevi proprio – ma potevi pensarci prima!? – ora ti ritroverai a dover spendere un pracco di energia per separare le due sostanze e per bere alla fine solo il caffè oppure solo il latte, quel qual cosa che fino a pochi istanti fa era lì bello e pronto. Se va beh! Dirà qualche ben pensante. Perché usare energia? Esco e mi compro un chilo di caffè ed una busta di latte, ed il gioco è fatto. E bravo! Te lo comperi. Ma pirla di un pirla, non devi spendere di nuovo? Se non cacci money chi te li ridà il latte ed il caffè?

    Ma non potevi starci un pochino attento, prima di mischiare il tutto? Testone!

    Ce l’hai l’energia sufficiente per separare o per ottenere di nuovo le due sostanze separate? Bene, ti tocca spenderla!

    Non ce l’hai? Allora sei del gatto! Non puoi far altro che berti il cappuccino ed assecondare l’inesorabile avanzata dell’entropia.

    Peccato che nei sistemi chiusi ove - molti scienziati convergono convinti ‘acci loro’ - noi viviamo, l’energia non sia illimitata, per cui una volta sciupata, ciao! siamo al disordine più totale: tutto alla stessa temperatura, mischiato, tutto fermo, zero movimento. Inutile tornare dal lattaio o al supermercato: il sistema è chiuso, non puoi andare da nessuna parte.

    Il Sole stesso, che ci scalda da mani a sera, ha poco più di cinque miliardi di anni ed ha già compiuto circa ventidue rivoluzioni intorno al centro della nostra galassia. Furbescamente, con quel bel faccino un po’ così, sorridente ed un po’ sbarazzino, ci trasmette l’impressione di essere eterno e, per quello che ci concerne lo sarà, dal momento che camperà sicuramente più di me e di te. Ma purtroppo per i post-posteri tra altre ventidue rivoluzioni intorno al bulge, il bel faccino, ci farà l’occhietto e ci mollerà definitivamente in un mare di cacca, anzi, in un mare di ghiaccio ed ‘arrivederci a sorata’, giù il sipario.

    Ecco perché oggi è sempre più diffusa la moda di guardare programmi come l’isola dei famosi, la fattoria ed una serie inanellata di talk show di basso livello, anzi solo di basso, senza livello.

    Si deve essere sparsa la voce che per far campare di più la baracca tocca starsene boni, boni e quatti, quatti: meno ci agitiamo, meno calore spendiamo e più a lungo campiamo!

    Purtroppo però, se un giorno ti accingerai a leggere la Bibbia, e non dire che non lo farai mai – dal momento che è il libro più stampato al mondo si presume che sia anche il più letto – di neuroni non te ne basteranno tre, come per la De Filippi & Co., ce ne vorrà qualcuno in più e ti costerà fatica, molta fatica, puoi starne certo.

    Ma torniamo a bomba, anzi all’albero, all’albero della conoscenza del bene e del male.

    Che non centrasse una pipa di tabacco con il coito primigenio non ci vuole uno scienziato per capirlo, basta leggere Genesi capitolo 1 verso 28:

    28 Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra»

    Insomma, essendo stato Dio stesso a comandare loro di riempire la terra, presupponendo l’anatomia di Adamo più o meno simile a quella di un uomo moderno e l’anatomia di Eva speculare a quella di una donna di oggi – ma anche di ieri – per ottemperare a questo comando, non avrebbero dovuto certo impastare dei pupazzetti di creta, né tantomeno sarebbe stato per loro sufficiente guardarsi nelle palle degli occhi: di copula si trattava, ed altre palle Eva avrebbe dovuto prendere in considerazione.

    Quindi, a meno che l’Essere non sia un Dio un po’ burlone e leggermente propenso a prenderci per il culo, non avrebbe potuto comandare l’accoppiamento e poi subitaneamente comminare la punizione non appena, i due derelitti, avessero provato a mettere in linea le loro parti anatomicamente corrispondenti, ready per la goduria.

    L’albero della conoscenza del bene e del male rappresentava evidentemente qualcos’altro, qualcosa a che vedere con la levatura morale, un concetto basilare, un irrefutabile presupposto: rappresentava la capacità, anzi il diritto, di decidere da se cosa era bene e cosa era male. Non mi pare di aver rivelato nulla di eccezionale!

    Fino a quel momento il Grande Capo aveva deciso per l’uomo, ma l’uomo doveva ora decidere da solo: era libero, il Libero Arbitrio, evviva!

    Oh! Alla prima decisione seria ci siamo persi subito! E poi dicono perché Berlusconi ha vinto le elezioni!

    Insomma Adamo, istigato dall’idea subdola del serpente, pensò: perché devo farmi comandare da Costui? Mica so’ stupido io. Sarà pure potente se ha messo su tutta sta sceneggiata ma chi l’ha detto che è pure un bravo regista? Posso fare da me e meglio di Lui. L’Oscar me lo cucco io!.

    Fortuna che all’epoca non c’era ancora Cecchi Gori, altrimenti sarebbe stata l’apoteosi del fallimento.

    D'altronde in questa decisione fu suffragato e supportato dalla bella ed avvenente Eva e, se tanto mi da tanto la signora, allora ancora signorina, non doveva essere proprio un cesso. Tocca essere onesti: tira più un pelo di fica che un carro di buoi. La decisione era strategica: stare dalla parte di Eva oppure rinnegarla e sperare che Dio ne facesse un’altra, magari più bona della prima? Era un rischio! E se poi mi fa una racchia? C’avrò pure un pene perfetto ma insomma, anche l’occhio, quell’unico occhio, vuole la sua parte.

    E…… taffete canno’ in pieno, clamorosamente. Addio giardino!

    Dalle pagine della Genesi appare subito evidente come il motivo del contendere sia legato al diritto decisionale, al libero arbitrio e comunque il Libro ci spiega, può essere condivisibile oppure no, come l’uomo ebbe origine ed anche il perché.

    Ah! già non lo abbiamo detto. Perché ebbe origine?

    Genesi capitolo 1 verso 28: Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra».

    ‘Dominate’ qui può essere benissimo inteso come gestite. Per usare un termine moderno Adamo doveva divenire un manager e condurre il giardino espandendolo su tutta la terra. Questo ovviamente implicava la dettagliata conoscenza delle piante, degli animali e del mondo fisico presente intorno a lui, un lavoro lungo e soddisfacente, in mezzo alla natura, godendo dei frutti degli alberi ed anche delle grazie della sua splendida morosa.

    L’insegnamento, sempre latente in ogni pagina ed in ogni dove nel Sacro Testo, dal primo all’ultimo libro, dirompe spavaldo da questo splendido racconto, e nella sua essenzialità, risulta imprescindibilmente legato al concetto di progresso ed al conseguente stato di benessere.

    Perché niuno dica mai che la Bibbia non serve a nulla.

    Nota bene: Adamo poteva dirigere il giardino ed espandere la propria dimora a suo beneficio ed a beneficio della futura prole solo dopo aver imparato bene come il costrutto funzionava. Doveva divenire prima un esperto botanico ed uno zoologo di ottimo livello, doveva anzitempo conoscere approfonditamente i complessi meccanismi della natura in modo da ‘dirigerla’ al meglio, insomma doveva dianzi imparare la materia e solo dopo, in un secondo tempo, quando avrebbe conseguito quella sufficiente professionalità degna di un vero intendente, sarebbe stato in grado di condurre tutto il creato.

    Ma evidentemente il G.C., forse non ancora avvezzo al sano ragionamento, non c’aveva capito ancora un famigerato cetriolo e sicuramente, non avendo avuto ancora modo di conoscere il nostro maglioncino più industriale d’Italia, deus macchina della Fiat, si atteneva ancora ed ignorantemente a poche e ben pensate idee. Che ne sapeva Lui che la più grande azienda metalmeccanica della penisola, potesse allo stesso modo essere ben gestita da uno sportivaccio in cashmere pur essendo quest’ultimo cittadino canadese con residenza in Svizzera e pur avendo la qualifica di dottore commercialista con laurea in filosofia invece che la preparazione di un competente ingegnere meccanico? Ma in Fiat cosa fanno? Fanno le macchine, scrivono libri oppure preparano bilanci? C.V.D.

    I detrattori di questo ragionamento e della presa in carico del famigerato giardino primordiale in senso letterale oppongono gravi e tediosi motivi, adducendo tesi teologiche complicatissime e raccapriccianti rimestamenti, prendendo spunti dalle lingue antiche nelle quali il Sacro testo fu scritto, quasi ad imputare di cattiva traduzione chi per secoli si è fatto il mazzo per rendere il Testo comprensibile anche a dei poveri ignoranti come noi, onde dimostrare l’inattendibilità della spiega naturalista testé propinata.

    Allora decidiamoci subito: se per capire il testo della Genesi – ma questo vale anche per gli altri libri ispirati – devo conoscere a menadito l’ebraico antico, l’aramaico, il greco ed il latino le cose sono due:

    i traduttori della Bibbia sono degli emeriti imbecilli perciò, come minimo, devono cambiare mestiere, che ne so l’idraulico per esempio o l’elettricista. Oh! non se ne trova mai uno decente neanche a pagarlo oro! e poi, continuando: se la Bibbia mi parla di Dio, del Creatore, di mio Padre, che vuol dire? chi non ha la laurea in lingue antiche, non lo conoscerà mai, non ne conoscerà mai il pensiero? Ma che razza di padre sarebbe quello che redige un testamento incomprensibile o talmente complicato che per leggerlo e per capirlo bisogna chiamare a raccolta uno stuolo di professori universitari?! Ovviamente, per noi poveri ignoranti, in questo caso si spalancherebbero senza meno le fameliche porte degli inferi le quali, richiudendosi inesorabilmente alle nostre spalle, ci impedirebbero per sempre di gustare la luce e la benevolenza divina, ahi noi poveri derelitti, lasciandoci l’unica alternativa possibile e cioè quella di sprofondare irrimediabilmente nel satanico Tartaro senza possibilità di replica.

    Siamo tutti spacciati in partenza! Iscriviti subito ad un corso di lingue antiche, dai, oppure in alternativa al triennio di studi teologici e filologici dei testi Sacri, se no il paradiso lo vedi con il binocolo!

    E poi, ancora, è il terzo punto ma fa niente.

    Perché nessuno si pone gli stessi dilemmi o fa le stesse argute riflessioni, che ne so, per esempio, nei riguardi dell’Odissea, dell’Eneide o circa gli scritti di Platone? Non sarà mica che chi possiede un più elevato livello di cultura invece di spiegarsi e diffondere il Verbo, rendendo edotti anche i servi della gleba, preferisce, vista la posizione raggiunta, prevaricare i diritti del vulgo pur di tenere tutti nell’ignoranza? Non sarà mica, per caso, che qualcuno abbia qualche interesse privato nel far dire alla Bibbia quello che a lui pare e pretestuosamente preferisce attaccarsi ai cavilli linguistici, tanto poi da perdere il senso ultimo delle cose, piuttosto che mettersi a livello degli altri semplificando con chiarezza ed onestà un testamento redatto, voluto e trasmesso a favore dell’umanità? Non sarà piuttosto uno squallido revival preso a prestito dal passato quando, taluni dotti, ovvero quelli che sapevano leggere e scrivere bene, facendo dire alla Bibbia proprio ciò che volevano dicesse, solo per fornire una giustificazione lecita, un supporto morale ai propri interessi utilitaristici, spensieratamente e senza scrupolo alcuno, spedirono al massacro, è solo un esempio intendiamoci, milioni di negri, solamente perché discendenti di Cam, il figlio scuro maledetto di Noè?

    E poi, quarto, anche questo non era previsto ma, ormai, ci sono e ce lo ficco lo stesso. Senza essere blasfemo, ma sto’ Creatore, che tutto fa e tutto può, per farsi conoscere bene, non poteva prevedere – ed a Lui gli sarebbe bastato poco – per noi poveri mortali, un corso accelerato in lingue antiche, oppure una preprogrammata capacità congenita di auto adattamento ai testi prodotti tramite idiomi dimenticati? Insomma, lasciamo perdere le lauree in Albania ad uso e consumo di qualche sprovveduto leghista, ma perché non ci ha fatti nascere imparati, già con il dottorato, bello, pronto ed incorniciato? Oltre tutto, con l’italiana moda di concedere a destra ed a manca lauree honoris causa: nessuno se ne sarebbe accorto!

    Oltre alla stonata diatriba sulle lingue antiche alcuni tirano fuori dal cilindro un altro sagace e disarmante argomento da contrapporre ad una lettura ‘semplicistica’ della Genesi, ovvero: se l’uomo e la donna non avessero subito la fatalità della morte e, per comando avrebbero dovuto, come si legge, procreare ed avere figli, i figli altri figli, i figli dei figli altri figli ancora, insomma una sterminata progenie di figli dei figli, prima o poi, la terra, non si sarebbe sovrappopolata, traboccando infine di gente?

    Scusa se puntualizzo, ma questo è un altro esempio di lettura e non di studio. Rileggiamo Genesi capitolo uno verso 28:

    E Dio li benedisse; e Dio disse loro: 'Crescete e moltiplicate e riempite la terra, e rendetevela soggetta, e dominate ……...

    ‘Riempite’ la terra! Non fatela eruttare di gente come la metro all’ora di punta, la dovete solo riempire, chiaro? Il racconto è logico ma la nostra superficialità a volte lo uccide.

    Ma non finisce qui, perché più spesso di quanto si pensi, gli stessi credenti, ad una tale osservazione, ribattono con saccente caparbietà: Ma poi quando la terra sarebbe divenuta piena, raggiungendo il limite massimo di numero di abitanti per kmq, cosa avremmo fatto, cosa sarebbe successo?, sott’intendendo di fatto alla domanda il soggetto ‘Dio’, e cioè: Ma Dio cosa avrebbe fatto?

    Allora, cari credenti dei miei stivali, ci stiamo prendendo in giro!

    Ma non siete voi i credenti? E non siete voi che dovreste dire a me, che poco o niente credo e che mi arrovello nel disperato tentativo di trovare la Verità, che Dio comunque avrebbe trovato alla fine una soluzione? anzi, che già era lì bella e pronta ed impacchettata, è solo che all’epoca del comando copulatorio, essendo semplicemente superflua, irrilevante e non utile, ha magari ritenuto di non comunicarcela, ma a Lui, nella sua smisurata saggezza e tremenda potenza, comunque non sarebbe mancato il modo e la maniera di uscire da questo impasse? D'altronde non ha Dio la capacità di fare ogni cosa? Non è Lui il formulatore di ogni dubbio ed il risolutore di qualsiasi enigma? O vogliamo credere che, dopo aver creato un universo smisurato, tempestato di stelle dalla potenza inimmaginabile, divise da spazi siderali incalcolabili, che separano pianeti stupendi e misteriosi appartenenti a cento miliardi di galassie ognuna delle quali contiene cento miliardi di astri, si sarebbe trovato al dunque di fronte ad un problema insormontabile: un bellino ma stupido pianetino insignificante tanto straripante di gente da non sapere dove allocarla? Ma siamo seri e soprattutto coerenti! Che razza di Dio sarebbe questo? Dove sarebbe la sua Onnipotenza?

    E qui nasce spontanea un’altra riflessione.

    Se ci guardiamo attorno in una notte serena, è sufficiente alzare lo sguardo verso l’alto, verso la volta celeste, per ritrovarci sotto un manto di circa seimila stelle. Anche se ci sembrano infinite – termine che denota una sensazione più che un valore numerico – sono ben poca cosa rispetto a quelle che esistono veramente e che noi, povere formichine, non vediamo e mai vedremo. Ora vuoi che il Gran Capo ha progettato e realizzato tutto sto Anfiteatro solo per farci vedere la sua magnificenza? e per dirci: Oh! Vedi come so’ stato bravo! Vedi quella gialla lassù? bella vero? peccato che sia già morta da un trilione di anni! tié, t’ho fregato! ti sembra lì, ed invece da mò che non c’è più! fesso!

    Quando ero programmatore junior, a volte, durante l’esecuzione del programma, scritto faticosamente dopo lunghe ore di riflessione, anche se tra parentesi a me sembrava meravigliosamente coerente, veniva fuori un errore che mi mandava in bestia: ILLOGICAL RUN TIME ERROR.

    Perché non venga fuori dal cervello dei credenti una segnalazione del genere quando fanno ragionamenti da pirla: Dio solo sa!

    Insomma, perché attribuire a Dio avvenimenti eccezionali: la Creazione, la Risurrezione, i Miracoli, l’apertura delle acque del Mar Rosso, e poi limitare le sue capacità quando questo fa comodo al nostro ragionamento? Non si spiega:

    ILLOGICAL!

    Stop!

    Nel corso del susseguirsi delle pagine di questo delirio tratteremo ed approfondiremo altri simil ragionamenti camminando anche su campi estremamente pericolosi irti di trabocchetti ed asperità, ma ora basta altrimenti rischio di farti ammalare di orchismo: la nota malattia per la quale gli ammennicoli maschili rischiano di impedire la normale deambulazione.

    Prima di chiudere questa pre-Fazio mi resta però come ultima cosa, chiarire, e non posso esimermi dal farlo, il significato del termine ‘pre-Fazio’, termine che ovviamente nulla ha a che vedere con prefazione!

    Alcuni penseranno mi riferisca al Fazio Antonio nato ad Alvito provincia di Frosinone l’undici di Ottobre del 1936 già ex governatore della Banca di Italia. Esatto! Complimenti, proprio lui.

    C’azzecca come i broccoli a merenda? Confessa, l’hai già pensato.

    Ebbene, ho preso a fagiuolo il Signor Antonio, già governatore della Banca d’Italia, semplicemente perché, ma potevo prendere ad esempio altri gloriosi vecchi elefanti ancora superstiti, ha avuto proprio, da governatore della Banca Centrale Italiana, un ruolo ed un modus operandi tipico della mentalità umana, modello che si ritrova spesso e volentieri nei settori più disparati dell’organizzazione sociale: congelare tutto, fotografare e rimanere inerti, come veri ed ultimi antagonisti dell’entropia. Nel caso specifico: congelare il sistema bancario italiano ed, ad ogni possibile mutamento, bloccare qualsiasi iniziativa atta a modificarne lo status immobilis tipico dell’intero sistema. Deus macchina che tutto controlla e gestisce, al quale nulla sfugge, tutto vede, ma niente fa’.

    Di fatto gestire un sistema statico, controllandone ogni possibile mutamento, impedendo sempre, qualsivoglia modificazione è abbastanza facile. Più difficile è gestire un sistema in continua evoluzione, un sistema dinamico, in movimento, dove le variabili in gioco non sono mai totalmente valutabili, dove i parametri cambiano e le incognite fluttuano con poche probabilità di previsione.

    Il risultato?

    L’era pre-Fazio, ove tutto era fermo, statico e contro-entropico, almeno in apparenza, era miserevolmente destinata a finire, ad eclissarsi, ad evaporare: appena si è passati nella fase post-Fazio il sistema bancario italiano è esploso, fusioni, join venture, accordi, incorporazioni, inchieste, avvisi di garanzia e chi più ne ha più ne metta. Finalmente dopo anni di congelata staticità si è innescato il tipico processo entropico, corso e ricorso inarrestabile e del tutto naturale, svolgimento che, seppur paralizzato da decenni di totale inattività, è infine deflagrato in tutta la sua estrema violenza infrangendo regole e dogmi che lo avevano imbrigliato a tal punto da renderlo apparentemente pertinace. Eh! Si, caro lettore o lettrice, l’entropia, prima o poi, ha sempre ragione su ogni cosa, libera una sorta di anti-energia unidirezionale difficilmente controllabile ed innesca quasi sempre trasformazioni non reversibili praticamente con probabilità tendenti allo zero di regressione.

    Mi chiedo e ti chiedo: arriverà, prima o poi, anche il momento di scardinare e stravolgere un altro sistema molto più sacro e stabilmente ancorato rispetto a quello della zoppicante finanza italiana, basato per millenni su pilastri inamovibili ed incontrovertibili, con radici profondissime e dalle implicazioni tentacolari consolidate nei più disparati settori della conoscenza, praticamente in ogni ambito dello scibile umano? Vincerà ancora l’apparentemente inarrestabile decorso dell’entropia battagliando contro la roccaforte delle roccaforti, contro la madre di tutti i sistemi inerti o, per la prima volta, le tumultuose onde del disordine si

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