Ricordiamolo
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“Dovrebbe”, ma la realtà è ben diversa, purtroppo.
Finché ci saranno uomini ghettizzati e resi schiavi; donne vessate, maltrattate, vilipese e rese oggetto, confinate in una dimensione
di assoggettamento nei confronti dell’uomo, e bambini a cui verrà negato il diritto allo studio e allo svago, l’essere umano non progredirà, rimarrà invischiato nelle spire di una politica espansionistica che attraverso l’abuso di potere mira all’affossamento dell’uomo, vanificando il concetto di Democrazia.
Oggi più che mai è necessario darsi da fare, unirsi in una collaborazione fattiva, ma soprattutto prendere coscienza che dovremmo essere noi a cambiare, a imparare ad accogliere, a non giudicare.
Ricordiamolo, ricordiamolo sempre, che la cooperazione è alla base della crescita, dello sviluppo della collettività.
Francesco Perrone in questo bellissimo saggio offre una panoramica delle condizioni aberranti relative a scenari di guerra e a tentativi disperati di sovvertire sistemi dittatoriali: proprio per ricordarci che intorno a noi c’è tanta disperazione.
Gli aspetti che rendono unico il carattere del mio caro amico risiedono nell’atto riflessivo: condotto con impeto e solerte volontà di discernere unanimi concetti, al fine di restituire un solidale senso di dignità alla natura umana. Tale ottemperanza non funge da contraltare a quel suo esser impavido, che per nulla teme di imboccare i sentieri più reconditi della propria anima.
S’inneggia così all’elevazione dei propri costumi e delle proprie virtù; stoicamente, senza esito.
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Anteprima del libro
Ricordiamolo - Francesco Perrone
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Prefazione
È assai complessa la trattazione dei diritti umani quando la stessa vuol incanalarsi verso la definizione di questi ultimi, vuoi per le banali associazioni che potrebbero insorgervi, vuoi per l’ardua e spesso impraticabile riuscita… primeggiano i singoli riferimenti a processi naturali che, d’acchito, conferirebbero a questi una configurazione originaria e primordiale, a scapito invece di un’inquadratura corretta, la quale si renderebbe visibile mediante l’unificazione di un numero plurimo di cicli, processi ed eventi naturali, che più di qualsiasi altro schema rappresentativo calzerebbe a pennello.
Paragonarli a una qualche fenologia sarebbe irrisorio, penso alla secolare vita di una quercia, che al pari di ogni altro essere vivente giungerebbe al suo termine decretando la sospensione definitiva delle attività organiche.
È del tutto preferibile una qualificazione articolata e indeterminata come vuol essere la natura, quale oggettivazione perfetta dei diritti umani, la cui violazione rappresenterebbe un atto deplorevole e inammissibile per l’uomo stesso… sacrilegio che mi prefiggo di narrare attraverso la stesura di alcuni racconti.
Francesco Perrone
Primo capitolo
Quale corpo ha necessità di essere subordinato per sua natura ad una particolare ideologia religiosa?
Ovviamente alcuno, non credo vi sia una legge primordiale che lo preveda o ne ordini tassativamente l’adeguamento forzoso… la religione è appannaggio di un’altra dimensione, quella sacrale appunto, che viene ubicata diametralmente opposta alla reale, ma ne prevede una convivenza per scelta individuale, ovvero personale.
Pertanto sarebbe opportuno attribuire una funzione apposita alla medesima prospettiva, nel dettaglio mi piacerebbe definirla come accessoria alla vita sociale, politica e collettiva.
Può accadere che alcuni principi evangelizzati da un certo credo siano conformi a quelli universali, o meglio dire fondamentali, ma questo non deve far sì che ci sia uno sconfinamento totale dalla retta via, per imboccare un sentiero ideologico-partigiano che ponga quest’ultimo come bussola orientativa.
Invero, concedere un arricchimento culturale che alimenti la trasmissione di usi e costumi, gioverebbe a tutte le generazioni, le quali potrebbero acquisire, provare e cambiare senza alcun divieto impostogli.
Contraria ad ogni previsione è la realtà che sovente attraversa ogni zona della nostra epidermide e non solo, domina egregiamente il lato psichico, messo a bada dal senso di colpa che irriga ovunque ci sia impulso di dissenso.
Ma la motrice autentica di questo servilismo è un retaggio funesto che impera dal principio e col tempo ha potuto giungere ai suoi massimi traguardi, tanto ambiti e ben adempiuti… una visione della vita che mal si concilia con quello che di vivo c’è e non lo si può marginare o estinguere come spesso accade per eliminare quello che per pensiero viene definito problema.
Si è soliti identificare il problema nella diversità, nel misto, in tutto quello che ordinato
non è formalmente, con la conseguenza che lo si tende a criticare, vietare, condannare… beh questi occhi non possono rappresentare l’unica vista percorribile.
Tutte le situazioni de facto sono vere, e non le si possono definire inammissibili perché incompatibili con il credo vigente, la politica come il sociale non possono subire influenze di parte, ma essere neutrali per garantire una situazione di vita stabile all’intera collettività.
Ciò non toglie che la scelta di divenir un buon fedele sia errata, ognuno è artefice del proprio futuro purché non ostruisca quello altrui con imposizioni, mancanze e pretese, le quali divampano in particolar modo quando di mezzo vi è un fondamentalismo, morsa che attanaglia.
La dimensione spirituale è di rilevante importanza, specie nell’attenuare turbamenti che ledono il nostro animo, ma come ribadivo, tale aspetto andrebbe vissuto personalmente, con un’interpretazione propria, senza che vada ad inficiare su altri… altrimenti rischieremmo di confonderla per una disposizione di legge, la quale, invece è valida per tutti, ma riguarda ben altro, la Società civile che abbiamo voluto ergere.
Quale Dio vorrebbe che ci fosse un’oligarchia al timone e tanti sudditi che obbedissero? O che ci fossero uomini ricchi e uomini poveri, ancora che ci fossero razze umane superiori e altre inferiori… quale Dio lo vorrebbe?
Credo nessuno, eppure nel xvi secolo d.c un certo De Vitoria, quale mediatore fra il mondo reale e quello sacrale, citò tali affermazioni.
Quale divinità vorrebbe che la donna per sua natura fosse subordinata all’uomo? Questi tratti sono ripresi dalla Bibbia, da molteplici interpretazioni del Corano, i quali meglio di qualsiasi altro, manifestano il concetto di proprietà esteso anche alla figura umana, quasi fosse un oggetto sul quale esercitare tutte le sollecitazioni che si desiderano.
Le risposte a queste domande sono lapalissiane ed è intollerabile che intere comunità debbano subire ingerenze tali precludendosi la facoltà di essere in un certo modo, atteggiarsi in un altro, seguire delle lezioni per istruirsi, poter intraprendere un percorso lavorativo, uscire in piena autonomia senza che vi sia un tutore che le guidi, e infine poter amare chiunque prescindendo dalla provenienza geografica, dall’etnia, dalla religione che professa, dal sesso, semplicemente amare per essere amati.
Bisognerebbe giungere ad una consapevolezza in tema di religione, ovvero, tener presente che tutto muta e nulla resta sedimentato come la prima volta o radicato, e se ciò accadesse non vi sarebbe alcuna compatibilità con le micro-realtà circostanti che subiscono ridimensionamenti continui.
I cambiamenti sono processi naturali e inevitabili , basti pensare a 2000 anni or sono, quando la dimensione sacrale era pervasa da molteplici divinità. Oggigiorno ci troviamo in una situazione ove il monoteismo ha prevalso su quel che di presente c’era in tempi passati il politeismo
.
L’unica via percorribile verso una coesistenza è l’interpretazione evolutivo-estensiva di questi precetti tanto rigidi e incisi nei vari tomi di lettura… alcuni direbbero un valido sacrificio per garantire, seppur parzialmente, la trasmissione ideologica di un preciso credo, altri ancora ben poco avrebbero da condividere con l’affermazione appena citata, palesando l’ostinazione a un cambiamento meramente benigno.
Per comprendere più accuratamente questo problema, possiamo rifarci a degli esempi, prendendo in considerazione il decadimento del Cristianesimo al quale possiamo attribuire come data d’inizio il 1521 d.c. anno in cui Martin Lutero diede avvio alla diffusione delle 95 tesi e augurando la riforma protestante… beh, di lì in poi la religione ha subito innumerevoli dissensi e mai nessuno ha cercato di arginare questo fiume in piena, esponendosi tanto come il Papa odierno, favorevole a un riconoscimento dell’amore tra persone dello stesso sesso, quasi ci volesse un’autorizzazione all’amore, qualcosa di ineffabile… ma è durata ben poco questa evoluzione, dato che la Santa Sede si è espressa affermando che si riconoscono i peccatori, ma non il peccato, l’abominio tanto condannato si equipara in linea di peccato con il mangiare crostacei, radersi, eppure sfiderei chiunque nel dimostrarmi che nessun esponente, anche della Curia romana, segua questo divieto.
Questo inaccettabile rapporto è persino condannato in molte religioni e paesi … e pensare che Aristofane, quasi 3000 anni fa affermava: Diversamente dall’amore eterosessuale, rivolto al piacere fisico e alla procreazione dei corpi, l’amore omosessuale è infatti rivolto a fecondare le anime per procreare idee
.
Da ciò si evince l’ottusa convinzione dell’immutabile.
Remare contro una propulsione destinata a sovrastarci è profondamente deleterio, converrebbe assecondare l’onda, al fine di poter attenuare l’impatto inevitabile.
D’altronde parliamo di una dimensione intangibile, gli antichi Romani direbbero "quae tangi non possunt", qualcosa di incorporale, che per quanto sfuggente sia, anima le nostre vite o tanto meno le vite di chi decide o è indotto a crederci, perché spesso il cammino spirituale è un’imposizione da seguire e non la si può contrariare, emergerebbero scenari del tipo: il disonore, la vergogna e l’impurità, con tutte le ripercussioni che potrebbero sconfinare nella violenza.
Di contro è inammissibile che non venga permesso a delle comunità di poter imboccare il cammino religioso che più le rispecchi.
Sposare alcuni canoni-principi non può tradursi con l’impersonare ferocia verso gli inermi, reprimere ogni visione critica di un certo culto, intimidire e abusare di quelle donne che contrariamente a quello che si vorrebbe facessero, manifestano il più alto dissenso verso questa oppressione inaudita e palesemente ingiusta per tutti.
Associare gli esemplari di sesso femminile di alcune specie animali al ruolo di fattrici è deplorevole, immaginiamo se fosse il soggetto femminile dei Sapiens ad essere equiparato a tale obbrobrio… eppure l’interpretazione del testo coranico ad opera dei talebani prevederebbe l’esclusione totale delle donne ad ogni attività lavorativa, politica e sociale,