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Pensieri, idee, opinioni
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E-book320 pagine4 ore

Pensieri, idee, opinioni

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Info su questo ebook

Traduzione di Lucio Angelini
Edizione integrale

Albert Einstein non appartiene a quel gruppo di studiosi che si chiudono nella «torre d’avorio» del loro lavoro di ricerca, immemori del mondo che li circonda. Al contrario, è sempre stato un osservatore acuto e critico delle tendenze e dei problemi del suo tempo. In questo senso, i discorsi, gli articoli, le lettere e gli appelli raccolti in questo volume rispecchiano non solo le posizioni scientifiche e filosofiche dell’autore, ma anche gli atteggiamenti politico-sociali. Un documento straordinario che ci restituisce nella sua interezza e profondità il pensiero di uno dei più grandi scienziati del nostro tempo.
Albert Einstein
nacque a Ulm, in Germania, nel 1879. Fu direttore dell’Istituto Kaiser Wilhelm di Berlino fino al 1933, anno in cui fu costretto dai nazisti a lasciare la Germania. Si trasferì negli Stati Uniti, dove insegnò nell’Università di Princeton. Nel 1916 enunciò la sua teoria della relatività generale che rivoluzionò i concetti di spazio e tempo. Nel 1921 ricevette il premio Nobel per le sue ricerche sull’effetto fotoelettrico. Morì a Princeton il 18 aprile 1955. Di Albert Einstein la Newton Compton ha pubblicato Come io vedo il mondo - La teoria della relatività, Pensieri, idee e opinioni, Il significato della relatività e Il mondo come io lo vedo.
LinguaItaliano
Data di uscita22 lug 2015
ISBN9788854183131
Pensieri, idee, opinioni
Autore

Albert Einstein

Albert Einstein was a German mathematician and physicist who developed the special and general theories of relativity. In 1921, he won the Nobel Prize for physics for his explanation of the photoelectric effect. His work also had a major impact on the development of atomic energy. In his later years, Einstein focused on unified field theory.

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    Anteprima del libro

    Pensieri, idee, opinioni - Albert Einstein

    Convinzioni e credenze

    2. Autoritratto

    Di ciò che è importante nella propria esistenza non ci si rende quasi conto, e certamente questo non dovrebbe interessare il prossimo. Che ne sa un pesce dell’acqua in cui nuota per tutta la vita?

    L’amaro e il dolce vengono dal di fuori, il difficile dall’interno, dai propri stessi sforzi. Faccio perlopiù quello che sono spinto a fare dalla mia stessa natura. È imbarazzante raccogliere in cambio tanto rispetto e amore. Anche contro di me sono state scagliate frecce di odio; ma non mi hanno mai colpito, perché in qualche modo appartenevano a un altro mondo, con il quale non ho niente da spartire.

    Vivo in quella solitudine che è dolorosa in gioventù, ma deliziosa negli anni della maturità.

    3. Dieci anni fatali

    Nel rileggere le righe da me scritte quasi dieci anni fa, provo due impressioni stranamente contrastanti. Ciò che scrissi allora sembra più vero che mai, nella sua essenza; e tuttavia anche curiosamente remoto e strano. Come può succedere? È stato il mondo a cambiare così profondamente in dieci anni, o è semplicemente che adesso ho dieci anni di più e i miei occhi vedono tutto in una luce cambiata, più incerta? Che cosa sono dieci anni nella storia dell’umanità? Non bisognerebbe considerare costanti tutte quelle forze che determinano la vita dell’uomo rispetto a un intervallo così trascurabile? La mia ragion critica è così suscettibile che il cambiamento fisiologico intervenuto nel mio corpo nel corso di questi dieci anni ha potuto influenzare la mia concezione della vita in modo tanto profondo? Ho la chiara sensazione che considerazioni simili non possano gettare alcuna luce su un mutamento dell’approccio emotivo ai problemi generali della vita. Né posso cercare le ragioni di questo bizzarro cambiamento nelle mie circostanze esterne personali; perché so che hanno sempre giocato una parte secondaria nei miei pensieri e nelle mie emozioni.

    No, c’è di mezzo qualcosa di completamente differente. In questi dieci anni la fiducia nella stabilità della società umana, sì, persino nella base stessa dell’esistenza, è andata sensibilmente scemando. Si avverte non solo una minaccia al retaggio culturale dell’uomo, ma anche un deprezzamento del valore attribuito a tutto quello che si vorrebbe vedere difeso ad ogni costo.

    L’uomo consapevole, a dire il vero, ha sempre avvertito con acutezza che la vita è un’avventura, qualcosa che bisogna continuamente sottrarre alla morte. In parte a causa degli eterni pericoli: si può cadere dalle scale e rompersi l’osso del collo, perdere senza alcuna colpa i mezzi di sussistenza, essere condannati benché innocenti o rovinati dalla calunnia. Vivere nella società umana ha sempre comportato pericoli di ogni sorta; ma si trattava di pericoli caotici nella loro natura, soggetti al caso. La società umana, nel complesso, pareva stabile. Rapportata agli ideali del gusto e della morale essa era decisamente imperfetta. Ma, tutto sommato, ci si sentiva a proprio agio in essa e, a parte i molteplici tipi di incidenti, relativamente al sicuro. Se ne accettavano le qualità intrinseche come un dato di fatto, come l’aria che si respirava. Si davano per scontati persino i parametri della virtù, dell’aspirazione e della verità pratica, come un’eredità inviolabile, comune a tutta l’umanità civilizzata.

    A dire il vero, la prima Guerra Mondiale aveva già fatto vacillare questo senso di sicurezza. La santità della vita si dissolveva e l’individuo non era più in grado di agire secondo i propri intendimenti e di andare dove gli paresse. La menzogna era innalzata alla dignità di strumento politico. La guerra, tuttavia, era diffusamente considerata un evento esterno, difficilmente o per niente affatto il frutto di un’azione umana conscia e intenzionale. La si pensava una sorta di interruzione dall’esterno, universalmente ritenuta sventurata e malefica, della normale vita dell’uomo. Il senso di sicurezza verso gli intenti e i valori umani restava perlopiù intatto.

    La fase successiva è nitidamente contrassegnata da eventi politici che non hanno la stessa vasta portata del meno facilmente avvertito clima socio-psicologico. Prima di tutto un breve, promettente passo avanti caratterizzato dalla creazione della Lega delle Nazioni per grandiosa iniziativa di Wilson e la costituzione di un sistema di sicurezza collettivo fra le nazioni. Poi la formazione di stati fascisti, accompagnata da una serie di rotture di patti e di espliciti atti di violenza contro l’umanità e contro le nazioni più deboli. Il sistema di sicurezza collettiva crollò come un castello di carte, un fenomeno di cui nemmeno oggi si riescono a valutare appieno le conseguenze. Fu per una manifestazione di debolezza di carattere e di mancanza di senso di responsabilità da parte dei capi dei paesi interessati, oltre che di miope egoismo delle democrazie – quelle che a tutt’oggi restano esteriormente integre – che si evitò un qualunque vigoroso contrattacco.

    La situazione si è andata facendo addirittura più fosca di quanto i peggiori pessimisti avrebbero osato profetizzare. Nell’Europa a Est del Reno il libero esercizio dell’intelletto non esiste più, la popolazione è terrorizzata da banditi che hanno dato l’assalto al potere e la gioventù è avvelenata da sistematiche menzogne. Lo pseudo-successo di tali avventurieri politici ha abbagliato il resto del mondo; si fa ovunque evidente che questa generazione difetta del vigore e della forza che permisero alle generazioni precedenti, attraverso una dolorosa lotta e a prezzo di grandi sacrifici, la conquista della libertà politica e individuale dell’uomo.

    La consapevolezza di questo stato di cose ottenebra ogni ora della mia esistenza attuale, mentre dieci anni fa era ancora estranea ai miei pensieri. È questo che provo con tanta intensità nel rileggere le parole scritte nel passato.

    E tuttavia so che, tutto considerato, l’uomo cambia solo di poco, anche se le idee dominanti lo fanno apparire in una luce molto diversa a seconda delle volte, e anche se tendenze quali le attuali gli procurano sofferenze inimmaginabili. Di tutto questo non resterà altra traccia che qualche dolorosa pagina nei libri di storia, che darà ai giovani delle future generazioni un rapido quadro delle follie dei loro antenati.

    4. Decadimento morale

    Tutte le religioni, le arti e le scienze sono rami di uno stesso albero. Aspirano tutte a nobilitare la vita dell’uomo, sollevandola dal livello della mera esistenza fisica per condurre l’individuo verso la libertà. Non è un puro caso che le nostre più antiche università si siano sviluppate dalle scuole clericali. Tanto le chiese che le università – finché assolvono la loro vera funzione – tendono alla nobilitazione dell’individuo. Esse cercano di adempiere questo grande compito diffondendo la comprensione morale e culturale, rinunciando all’uso della forza bruta.

    La fondamentale unità delle istituzioni culturali ecclesiastiche e secolari andò perdendosi nel corso del secolo XIX, fino a tramutarsi in insensata ostilità. Tuttavia non ci fu mai alcun dubbio riguardo all’impegno per la cultura. Nessuno mise in discussione la sacralità della meta, ma solo l’approccio alla stessa.

    I conflitti politici ed economici e le complicazioni degli ultimissimi decenni ci hanno posto davanti agli occhi pericoli che nemmeno i più neri pessimisti del secolo scorso si erano mai sognati. A quei tempi credenti e miscredenti in ugual misura accettavano le intimazioni della Bibbia sulla condotta umana come esigenze autoevidenti per gli individui e la società. Nessuno che mancasse di riconoscere il più alto ed eterno fine dell’uomo nella ricerca della verità oggettiva e della conoscenza sarebbe stato preso in seria considerazione.

    Eppure oggi dobbiamo ammettere con orrore che questi pilastri dell’esistenza civilizzata dell’uomo hanno perso la loro saldezza. Nazioni che un tempo ricoprivano alte posizioni si prostrano davanti ai tiranni che osano asserire impudentemente: giusto è quello che ci fa comodo! La ricerca della verità per amore della verità non ha giustificazione e non deve essere tollerata. In quei paesi si praticano apertamente e si accettano come motivati o inevitabili il governo arbitrario, l’oppressione, la persecuzione di individui, fedi e comunità.

    E il resto del mondo si è andato lentamente assuefacendo a questi sintomi di decadimento morale. Si rimpiange l’elementare reazione contro l’ingiustizia e per la giustizia, quella reazione che in definitiva rappresenta la sola protezione dell’uomo contro il rischio di ricadere nella barbarie. Sono fermamente convinto che l’appassionata volontà di giustizia e di verità abbia dato al miglioramento della condizione dell’uomo un contributo sicuramente maggiore che non le astuzie di ifna politica calcolatrice, capace solo di generare, nel lungo termine, sfiducia generale. Chi può dubitare che Mosè fu una guida dell’umanità migliore di Machiavelli?

    Durante la guerra qualcuno cercò di convincere un grande scienziato olandese che nella storia umana la forza preceda il diritto. «Non posso contestare l’esattezza della tua asserzione», rispose quegli, «ma so che non mi piacerebbe vivere in un mondo simile!»

    Cerchiamo di pensare, sentire e agire come quell’uomo, rifiutando di accettare qualunque compromesso fatale. E non sottraiamoci alla lotta, allorché si fa inevitabile per la preservazione del diritto e della dignità dell’uomo. Se così faremo, torneremo presto a condizioni che ci consentiranno di rallegrarci dell’umanità.

    5. Messaggio ai posteri

    Il nostro tempo è ricco di menti creative, le cui invenzioni ci potrebbero facilitare la vita in modo considerevole. Attraversiamo i mari con l’energia e utilizziamo l’energia anche per liberare l’umanità da ogni spossante fatica muscolare. Abbiamo imparato a volare e siamo in grado di inviare messaggi e notizie per il mondo intero senza alcuna difficoltà grazie alle onde elettriche.

    Tuttavia, la produzione e la distribuzione dei beni sono del tutto disorganiche, tanto che siamo costretti a vivere tutti quanti nella paura di essere eliminati dal ciclo economico, soffrendo di conseguenza per mancanza di ogni cosa. Inoltre, a intervalli di tempo irregolari, popoli di differenti paesi si sterminano a vicenda così che anche per questa ragione chiunque pensi al futuro non può che vivere nella paura e nell’apprensione. La causa di ciò sta nel fatto che l’intelligenza e il carattere delle masse sono incomparabilmente inferiori all’intelligenza e al carattere dei pochi che producono qualcosa di prezioso per la società.

    Confido che la posterità possa leggere queste mie asserzioni con un senso di orgoglio e di giustificata superiorità.

    6. Sulla libertà

    So che discutere dei giudizi di valore fondamentali è un’impresa disperata. Per esempio se qualcuno approva, come obiettivo, l’estirpazione della razza umana dalla terra, non è possibile rifiutare tale punto di vista su basi razionali. Ma se si arriva a un accordo su certi obiettivi e valori, si può discutere razionalmente dei mezzi con cui conseguire tali obiettivi. Indichiamo, allora, due obiettivi sui quali quasi tutti coloro che leggeranno queste righe potranno agevolmente convenire.

    1. I beni strumentali che dovrebbero servire a mantenere la vita e la salute di tutti gli esseri umani andrebbero prodotti con la minor fatica possibile per tutti.

    2. Il soddisfacimento dei bisogni fisici è di fatto la precondizione indispensabile per una buona esistenza, ma ciò di per sé non è abbastanza. Per essere contenti gli uomini dovrebbero avere anche la possibilità di sviluppare liberamente le proprie facoltà intellettuali e artistiche, nella misura consentita dalle particolari caratteristiche e abilità di ciascuno.

    Il primo dei due obiettivi richiede il perseguimento di ogni possibile conoscenza delle leggi della natura e delle leggi che regolano i processi sociali, vale a dire la promozione di ogni tipo di sforzo scientifico. Perché lo sforzo scientifico è un tutto naturale le cui parti si sostengono a vicenda in un modo che, di fatto, nessuno può anticipare. Tuttavia, il progresso della scienza presuppone la possibilità di comunicare senza alcuna restrizione tutti i risultati e i punti di vista, la libertà d’espressione e di istruzione in tutti gli ambiti dello sforzo intellettivo. Per libertà intendo condizioni sociali tali da impedire che l’espressione di opinioni e affermazioni relative a questioni di scienza generale e particolare comporti pericoli o svantaggi seri per chi le esprime. Questa libertà di comunicazione è indispensabile per lo sviluppo e la diffusione della conoscenza scientifica, una considerazione di grande importanza pratica. In primo luogo essa va garantita per legge. Ma le leggi non possono assicurare da sole la libertà d’espressione; affinché ciascuno possa esprimere le proprie opinioni senza incorrere in penalità deve sussistere un diffuso spirito di tolleranza nell’intera popolazione. Non potremo mai raggiungere del tutto un simile ideale di libertà esteriore, ma dobbiamo perseguirlo senza tregua se vogliamo far progredire il più possibile il pensiero scientifico e la riflessione filosofica e creativa in generale.

    Se si vuole assicurare anche il secondo obiettivo, cioè la possibilità dello sviluppo spirituale per tutti gli individui, si rende necessario un secondo tipo di libertà esteriore. L’uomo non dovrebbe trovarsi costretto a lavorare per il soddisfacimento delle necessità vitali al punto da non avere più né tempo né energia per le occupazioni personali. Senza questo secondo tipo di libertà esterna, la libertà d’espressione, per lui, è inutile. I progressi tecnologici potrebbero consentire questo secondo tipo di libertà se si riuscisse a risolvere il problema di una ragionevole ripartizione della fatica.

    Lo sviluppo della scienza e delle attività creative dello spirito in generale richiede un ulteriore tipo di libertà, che potremmo definire libertà interiore. Tale libertà dello spirito consiste nell’indipendenza del pensiero dai vincoli dei pregiudizi autoritari e sociali, come anche dagli stereotipi mentali non in armonia con i principi filosofici e dalla consuetudine in generale. Questa libertà interiore è un dono di natura piuttosto raro e un degno obiettivo per l’individuo. Tuttavia la società può fare molto per favorirne il conseguimento, quantomeno non intralciandone lo sviluppo. Le scuole, per esempio, possono ostacolare lo sviluppo della libertà interiore esercitando sui giovani influenze autoritarie o imponendo loro eccessivi oneri spirituali; d’altro canto le scuole possono favorire tale libertà incoraggiando il pensiero indipendente. Solo attraverso il perseguimento costante e consapevole della libertà esteriore e interiore l’uomo potrà contare su una possibilità di sviluppo e di affinamento spirituale, e con ciò di miglioramento della propria vita esterna e interiore.

    7. Principi morali e sentimenti

    Sappiamo tutti, da quanto sperimentiamo fuori e dentro di noi, che i nostri atti consapevoli nascono dai nostri desideri e dalle nostre paure. L’intuizione ci dice che ciò è vero anche per il nostro prossimo e per gli animali superiori. Cerchiamo tutti quanti di sfuggire al dolore e alla morte, mentre inseguiamo ciò che è piacevole. Nelle nostre azioni siamo tutti dominati dagli impulsi; e questi impulsi sono organizzati in modo che le nostre azioni in generale mirino alla conservazione nostra e a quella della razza. La fame, l’amore, il dolore, la paura sono alcune delle forze interiori che presiedono all’istinto di autoconservazione dell’individuo. Nello stesso tempo, come esseri sociali, nei rapporti con i nostri simili siamo spinti da sentimenti quali la comprensione, l’orgoglio, l’odio, il bisogno di potere, la pietà, e così via. Tutti questi impulsi primari, non facilmente definibili a parole, sono le molle delle azioni umane. Tutti questi tipi di azione cesserebbero se quelle possenti forze elementari smettessero di agire dentro di noi.

    Benché la nostra condotta sembri così differente da quella degli animali superiori, gli istinti primari di questi ultimi sono molto simili ai nostri. La differenza più appariscente deriva dall’importanza del ruolo giocato nell’uomo da una forza d’immaginazione relativamente possente e dalla capacità di pensare, aiutata com’è dal linguaggio e da altri processi simbolici. Il pensiero è il fattore organizzante nell’uomo, inserito tra gli istinti causali primari e le conseguenti azioni. In tal modo nella nostra esistenza l’immaginazione e l’intelligenza fungono da servitori degli istinti primari. Ma il loro intervento fa sì che i nostri atti soddisfino sempre meno soltanto le richieste immediate dei nostri istinti. Attraverso di essi l’istinto primario aderisce a fini che si fanno sempre più ambiziosi. Gli istinti introducono il pensiero nell’azione, e il pensiero produce azioni intermedie ispirate dalle emozioni, a lora volta altrettanto correlate al fine ultimo. Attraverso il reiterarsi dell’esecuzione, questo processo fa sì che le idee e le convinzioni acquisiscano e mantengano una consistente saldezza effettiva anche quando i fini da cui traevano la propria forza siano stati dimenticati da molto tempo. Nei casi anomali in cui tali intense emozioni prese a prestito aderiscano a oggetti svuotati del loro antico significato effettivo, si parla di feticismo.

    Tuttavia il processo da me indicato gioca una parte decisamente rilevante anche nella vita ordinaria. Non c’è dubbio, infatti, che a tale processo, che si può definire di spiritualizzazione delle emozioni e del pensiero, l’uomo debba i piaceri più sottili e raffinati di cui sia capace: il piacere della bellezza della creazione artistica e delle concatenazioni logiche del pensiero.

    A quanto mi è dato vedere, alle soglie di tutto l’insegnamento morale si pone una considerazione. Se gli uomini come individui cedono al richiamo dei loro istinti elementari, rifuggendo dal dolore e cercando la soddisfazione solo per se stessi, il risultato che ne traggono, tutto considerato, non può che essere uno stato di insicurezza, di paura e di promiscua infelicità. Se, oltre a questo, essi adoperano la loro intelligenza per fini individualistici, vale a dire egoistici, fondando la propria vita sull’illusione di una felice esistenza separata dagli altri, le cose saranno difficilmente migliori. In confronto agli altri istinti e agli altri impulsi elementari, i sentimenti dell’amore, della pietà e dell’amicizia sono troppo deboli e goffi per poter condurre a uno stato tollerabile della società umana.

    La soluzione di questo problema, se considerato senza pregiudizi, è abbastanza semplice e sembra fare eco agli insegnamenti dei saggi del passato sempre nella stessa linea: tutti gli uomini dovrebbero lasciarsi guidare nella propria condotta dagli stessi principi; e quei principi dovrebbero essere tali che dalla loro adozione conseguano massime sicurezza e soddisfazione per tutti, e la minima sofferenza possibile.

    Naturalmente, questo requisito generale è decisamente troppo vago per consentirci di derivarne con fiducia specifiche norme capaci di guidare le azioni degli individui. E in effetti tali norme specifiche non possono che modificarsi di pari passo col mutare delle circostanze. Se il principale intralcio a quell’acuta concezione fosse questo, la millenaria sorte dell’uomo sarebbe stata incomparabilmente più felice di quanto sia effettivamente stata, o sia tuttora. L’uomo non avrebbe ucciso il proprio simile, non ci sarebbero state reciproche torture, vicendevole sfruttamento con ricorso alla forza e all’inganno.

    La vera difficoltà, la difficoltà che ha frustrato i saggi di ogni tempo, è semmai questa: come possiamo rendere il nostro insegnamento efficace al punto che la sua influenza sulla vita emotiva dell’uomo possa resistere alla pressione delle forze psichiche elementari dell’individuo? Non sappiamo, naturalmente, se i saggi del passato si siano davvero posti questa domanda con la stessa consapevolezza e nella stessa forma; ma sappiamo quanto si siano sforzati di risolvere il problema.

    Molto prima, cioè, che gli uomini fossero maturati al punto da essere dotati di un tale atteggiamento morale universale, la paura dei pericoli della vita li aveva indotti ad attribuire a vari esseri immaginari personali, non fisicamente tangibili, il potere di scatenare le forze naturali che essi temevano o forse accettavano di buon grado. Credevano che gli esseri da cui la loro immaginazione era ovunque ossessionata fossero fatti psichicamente a loro stessa immagine, benché dotati di poteri sovrumani. Erano gli antichi precursori dell’idea di Dio. Scaturita in primo luogo dalle paure che affliggevano la vita quotidiana dell’uomo, la credenza nell’esistenza di tali esseri e nei loro poteri straordinari ebbe sugli uomini e sulla loro condotta un’influenza talmente forte che ci è difficile immaginarla. Non sorprende, di conseguenza, che coloro che iniziarono a porre i fondamenti di un’idea morale che abbracciasse tutti gli uomini allo stesso modo lo fecero collegandola strettamente alla religione. E il fatto che quelle affermazioni morali fossero le stesse per tutti gli uomini può avere avuto molto a che vedere con l’evoluzione della cultura religiosa dell’uomo dal politeismo al monoteismo.

    L’idea morale universale dovette così la propria originaria forza psicologica al legame con la religione. Tuttavia, per altri versi, quella stretta connessione le fu fatale. La religione monoteistica assunse forme differenti a seconda dei vari popoli e gruppi. Benché le differenze non fossero in alcun modo sostanziali, furono tuttavia avvertite presto con maggior forza che gli elementi essenziali comuni. E fu così che la religione provocò spesso inimicizia e conflitti, anziché vincolare tutti gli uomini all’idea morale universale.

    Poi sopravvenne lo sviluppo delle scienze naturali, con la loro vasta influenza sul pensiero e sulla vita pratica, a indebolire ulteriormente il sentimento religioso dei popoli nei tempi moderni. Il modo di pensare causale e oggettivo – benché non necessariamente in contraddizione con la sfera religiosa – lascia nella maggior parte delle persone scarse prospettive di approfondimento del senso religioso. E l’esistenza di tale stretta connessione tradizionale tra religione e prìncipi morali ha comportato, negli ultimi cento anni o giù di lì, un serio indebolimento del pensiero e del sentimento morale. Questa, a mio modo di vedere, è una delle principali cause dell’imbarbarimento dei modi della politica nel nostro tempo. Considerato in unione con la spaventosa efficacia dei nuovi mezzi tecnici, tale imbarbarimento già costituisce una minaccia terribile per il mondo civilizzato.

    Inutile a dirsi, si assiste con soddisfazione ai tentativi della religione di contribuire alla realizzazione del principio morale. Tuttavia l’imperativo morale non è materia esclusiva della chiesa e della religione, ma il più prezioso possesso tradizionale di tutta la specie umana. Si consideri da questo punto di vista la posizione della stampa, o delle scuole con il loro metodo competitivo! Tutto è dominato dal culto dell’efficienza e del successo anziché dal valore delle cose e degli uomini in riferimento ai fini morali della società umana. A questo

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