Lettera aperta a uno studente universitario
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Un testo diretto e generoso che insinua dubbi, fornisce risposte, indica possibili comportamenti, ma soprattutto trasmette un grande amore per lo studio e per la conoscenza. Perché “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.
Pierangelo Dacrema
Pierangelo Dacrema è professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari all’Università della Calabria. Ha insegnato nelle Università di Bergamo, di Siena, alla Cattolica, alla Bocconi e alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Oltre a numerosi libri di carattere accademico, ha pubblicato Il miracolo dei soldi. Come nascono, dove vanno, come si moltiplicano (Etas-RCS, 2010) La crisi della fiducia. Le colpe del rating nel crollo della finanza globale (Etas-RCS, 2008), La dittatura del PIL (Marsilio, 2007), Trattato di economia in breve. Frammenti di filosofia del gesto (Rubbettino, 2005), La morte del denaro. Una rivoluzione possibile (Christian Marinotti, 2003). È padre di quattro figli, di cui i primi tre sono studenti universitari.
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Anteprima del libro
Lettera aperta a uno studente universitario - Pierangelo Dacrema
Una lettera franca e appassionata diretta a quei tanti giovani che riempiono le aule delle nostre accademie per scuoterli e sollecitare una rivoluzione nel loro mondo interiore, spesso privo di convinzioni, punti di riferimento, forti motivazioni e dir loro che è possibile trovare piena soddisfazione nell’esperienza universitaria.
Gli studenti universitari sono una comunità molto vitale, piena di intelligenze e di potenzialità, ma anche molto sofferente. Molti sono gli iscritti all’università che abbandonano gli studi, moltissimi sono coloro che li terminano con grave ritardo, e che non meritano, per questo, l’appellativo di bamboccioni
o di sfigati
. Le difficoltà del contesto universitario vanno piuttosto capite e fronteggiate nella zona più intima e profonda delle loro cause, senza illudersi che l’ennesima grande riforma basti per superarle o aggirarle.
Questa lettera, diretta e generosa, insinua dubbi, fornisce risposte, indica possibili comportamenti, ma soprattutto trasmette un grande amore per lo studio e per la conoscenza.
Perché Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtute e conoscenza
.
PIERANGELO DACREMA è professore ordinario dal 1993. Ha iniziato la sua carriera accademica all’Università Bocconi nel 1981 e da allora ha insegnato in numerose università pubbliche e private. È padre di quattro figli, di cui i primi tre sono studenti universitari.
FrontespizioA Claretta e Clara
©2013 Pierangelo Dacrema
©2013 VandA.ePublishing S.r.l.
Sede legale e redazione: Via Cenisio, 16 - 20154 Milano
ISBN 978-88-98-47501-8
Prima edizione elettronica: maggio 2013
Copertina e grafica Break Point / Jaca Book
Impaginazione epub Oldoni Grafica Editoriale, Milano
www.vandaepublishing.com
Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
INDICE
1. Prologo
2. Università, quadri familiari, giovane umanità
3. L’università come utopia
4. Ritratto di uno studente universitario
5. Uomini che raccontano ciò che sanno
6. Università come lezione d’indisciplina
7. L’università come luogo di esami
8. Uomini che rischiarano i contesti
9. Il bene che viene dai libri
10. La solitudine di chi prepara un esame
11. Continuare forsennatamente a studiare
12. Il giorno del verdetto
13. Ordine mentale e organizzazione personale
14. La relazione con gli altri studenti
15. Pensieri, desideri e stati mentali poco confacenti all’ambiente
16. Il significato del certificato
17. Una soluzione degna per qualunque problema
18. Il fascino del campus americano
19. Studiare in una delle tante, sicuramente troppe, università italiane
20. Esempi di sudditanza culturale deplorevole
21. Il reddito non finanziario della laurea
22. Un insieme di pagine che si chiama tesi
23. Il senso di vuoto del dopo
24. Laurearsi per poi occuparsi di che cosa?
25. L’importanza di una meta attraente
1
PROLOGO
Davvero non conosci la leggenda per cui l’università sarebbe nata a seguito di un intervento diretto di Dio?
No, non chiedermi da dove sia venuta fuori la storia. Non si tramanda nulla neanche a proposito di quando, con esattezza, sarebbe avvenuto il fatto. Tutte le versioni della straordinaria vicenda concordano comunque su un punto: cruciale fu il momento in cui il padreterno si rese conto che l’umanità subiva il fascino della conoscenza e dell’allettante prospettiva di un suo proficuo sfruttamento per il bene comune. Tale inclinazione, infatti, non aveva in sé alcunché di peccaminoso e sembrava anzi benigna, meritevole di essere assecondata e in qualche modo razionalizzata. L’Onnipotente decise allora di inviare sulla terra una dozzina di angeli – selezionati, pare, da Lui personalmente tra i più brillanti ed eruditi di tutti i beati – affinché collaborassero con gli uomini per dare vita a un’istituzione votata alla promozione e alla tutela delle scienze.
Devi sapere che, giunto dalle nostre parti, il drappello di queste magnifiche creature non riuscì però a mantenersi compatto e a tenere un comportamento coerente con il raggiungimento dello scopo. Alcuni del gruppo, infatti – con ogni probabilità i più deboli, forse anche i più sensibili –, si lasciarono andare alla frequentazione sempre più abituale di osterie, postriboli e altri luoghi di malaffare, mostrando così di preferire di gran lunga uno stile di vita diverso da quello raccomandato dalla rigida etichetta dell’empireo. Altri, incorruttibili – forse vittime del loro stesso rigore –, perirono in una serie di imboscate per mano di agenti satanici ai quali, nel quadro di un’operazione di controspionaggio, era stato conferito nel frattempo un mandato antitetico al perseguimento di qualunque fine edificante legato all’uso e alla diffusione della conoscenza sul pianeta.
Il manipolo dei sopravvissuti rimasti fedeli al delicato incarico – presumibilmente i più duri, scaltri, propensi a ogni forma di compromesso, astutamente capaci di difendersi dal nemico e di confondersi con gli esseri umani mediante l’adozione dei loro stessi ambigui comportamenti – riuscì comunque a dare impulso alla nascita dell’università. Che, nel corso del tempo, divenne l’organismo a noi noto, vale a dire l’ambito in cui si insegna tutto e il suo contrario, l’istituzione in cui si professano convinzioni e teorie non sempre in armonia quando non in aperto contrasto tra di loro, l’organizzazione consacrata ai valori della ricerca e della verità ma spesso disposta a tradirli. Tuttora, e non a caso, si tratta di uno spazio abitato da creature angeliche e diaboliche, percorso in lungo e in largo da chi vola e si innalza fino a lambire le vette del paradiso, da chi al contrario serpeggia nelle bassezze contigue ai meandri dell’inferno, e infine anche da altri che, in modo più enigmatico, appaiono irresistibilmente attratti ora dall’una ora dall’altra di queste opposte altitudini.
Stando così le cose parrebbe, l’università, nient’altro che una piccola porzione dell’umanità, un fenomeno idoneo a rappresentarla al pari di qualunque altra sua parte. Ma allora, per arrivare in modo un po’ rude ad affrontare gli aspetti pratici della questione, per quale motivo, ti chiederai, sarebbe il caso di profondere tante energie in un’esperienza universitaria? Quale la ragione per cui dovresti ritenerla così importante se non insostituibile?
Se vuoi trovare una risposta a questi più che leciti interrogativi, comincia a prendere in seria considerazione l’ipotesi che l’università, nonostante tutto, sia il luogo più indicato di ogni altro al mondo per elaborare immagini realistiche di un mondo migliore del nostro. E già la cosa, di per sé, non è di poco conto. Ciò premesso, sarà mio compito provare a spiegarti la strana normalità per cui un sogno irrealizzato come l’università – uno splendido fallimento, o forse meglio, un disegno di stampo divino semifallito – costituisca uno strumento quanto mai adatto a evocare altri sogni, ancora più eccitanti, e più concretizzabili, del sogno stesso che li ha generati.
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UNIVERSITÀ, QUADRI FAMILIARI, GIOVANE UMANITÀ
Una lezione universitaria è una rappresentazione, e una grande lezione presuppone una grande interpretazione. E ciò non perché sia una recita, un fatto teatrale, una finzione più o meno riuscita, ma perché vi si racconta una parte della vita, che va sempre meglio interpretata. Le conoscenze si tramandano, le generazioni parlano, comunicano. E uno dei punti più importanti di questa linea di dialogo è rappresentato dall’istituzione universitaria. Ma che cos’è oggi l’università? Il quesito non riguarda solo il mondo giovanile. Qualunque problema dei giovani, del resto, non è mai stato estraneo alle preoccupazioni dei più anziani, e non soltanto per ragioni sentimentali. Siamo in un’era in cui si moltiplicano i rapporti con tutto ciò che ci sta intorno. Aumenta la velocità di contatto con uomini e oggetti, diminuisce la possibilità di conoscere sia gli uni che gli altri.
È possibile che tu ti iscriva a un’università e la frequenti per lungo tempo senza sapere con esattezza di che si tratta? La risposta è sì, e se è per questo potresti anche aprire un conto corrente senza renderti conto di che cosa sia una banca e di che cosa faccia con precisione del tuo denaro. Il che, nella fattispecie, sarebbe meglio, poiché dare anche solo un’occhiata a quanto accade dietro le quinte di un istituto di credito avrebbe il solo effetto di angosciarti.
Vale lo stesso per l’università? Meglio ignorare ciò che si cela sotto la superficie? Non credo. In questo caso sembra opportuno approfondire, per un motivo simile a quello per cui è meglio che un soldato vada alla guerra armato.
Parlo a te, che hai optato per un qualsiasi corso universitario perché non volevi deludere tuo padre e tua madre, entrambi laureati. Parlo a chi si è iscritto a una qualunque facoltà per non frustrare le aspettative di genitori non laureati che, coscienti di quanto sia stata dura la vita in passato, non hanno mai smesso di ripetere ai figli quanto sia diventata ancor più difficile oggi. Ma mi rivolgo anche a chiunque abbia deciso di proseguire i suoi studi in università per qualsiasi altro motivo. Per la ragione che gli sembrava normale, vantaggioso, molto o anche solo lievemente conveniente, persino indispensabile – siamo in un’epoca in cui non se ne può fare a meno –, pressoché inevitabile – la vita in famiglia sarebbe diventata un inferno –, doveroso e quasi ineludibile – c’è chi è nato per lo studio, chi si sente lanciato inequivocabilmente in questa direzione, o magari è solo circondato da persone che lo hanno indotto a crederci.
Parlo all’ex liceale brillantissimo, praticamente un genio, teoricamente destinato a un futuro universitario luminoso, ma poi costretto a fare i conti con una realtà diversa da quella che aveva immaginato. E parlo anche a chi, con un passato da studente svogliato e neghittoso, sordo a qualsiasi raccomandazione e refrattario a ogni forma di impegno a parte quello di una saltuaria presenza a scuola, scopre la sua sorprendente e assoluta congruenza con tempi e metodi del sistema universitario. Ho poi forse qualcosa da dire anche ai giovani che, per mille ragioni, non hanno avuto alcuna esperienza d’università, e questo con il solo scopo di aiutarli a capire che cosa hanno perso o guadagnato, nel presupposto (per la verità, non so quanto fondato) che sia utile saperlo.
Molti genitori, per nulla propensi a trascurare i propri figli, tendono a tralasciare il fatto che un uomo o una donna di più o meno vent’anni sono ormai quel che sono, cioè un uomo o una donna. Solo nei loro ricordi prevalgono le immagini di bambini o adolescenti impreparati ad affrontare la vita. Anch’io, a volte, rivedo me stesso, nel mio periodo universitario, come non più di un ragazzo inesperto, ma solo nella parte più superficiale della mia memoria sono diverso dall’uomo che sarei diventato. Se non mi limito a riesumare qualche immagine e provo invece ad analizzarmi un po’ più a fondo, mi accorgo infatti che sono lo stesso.
Padre, o madre, che osservi tuo figlio – quello a cui ora mi rivolgo –, ti ha mai sfiorato il sospetto che l’amore per lui non te lo renda meno sconosciuto? Questo dubbio, se l’hai avuto, ti avrà fatto del male, poiché si sarà subito tramutato nel timore che egli possa soffrire senza dirtelo, anche perché il suo non è più l’intermittente dispiacere di un fanciullo, ma il più composto e persistente dolore di un adulto.
C’è un momento a partire dal quale si rimane essenzialmente uguali. Ma, ciò nonostante, il pezzo d’esistenza dedicato all’università lascia un’impronta indelebile, è diverso dagli altri che lo precedono o lo seguono: non dico migliore o peggiore ma differente, molto riconoscibile, un po’ come si distingue da tanti altri un giorno che per qualche motivo rimane memorabile. Per esempio, è indicibile la solitudine di uno studente universitario, unica e imparagonabile per come riesce ad accarezzare dolcemente o a mordere fino alle lacrime. Ma di questo parlerò più avanti.
Piuttosto, per quale ragione tu, giovane universitario, dovresti prestarmi attenzione? Forse perché, tanto per fare un esempio, conservo ricordi molto vivi di un mio passato che è ora molto somigliante al tuo presente. Ma, potresti pensare, sono trascorsi molti anni, tante cose sono cambiate, e quanto ai ricordi ognuno si tiene i propri, che valgono né più né meno come quelli degli altri. Devo tuttavia farti notare che il mio è un modo particolarmente intenso di appellarmi alla memoria, che mi trovo praticamente obbligato a ripercorrere certi sentieri, sollecitato a farlo in modo quasi irresistibile. Io non ho solo i miei ricordi del periodo universitario ma anche quelli accumulati nei decenni successivi da docente in continuo contatto con migliaia di studenti, tutti e costantemente di età simile, sempre, tutti giovani alle prese con quella medesima porzione di vita, con le stesse ansie, gli stessi pensieri. E io lì, vicino a loro, necessariamente piuttosto vicino, in un rapporto professionale, istituzionalizzato, codificato in una serie di gesti da compiere e ripetere, relazioni iniziate, sviluppate