Riflessi perduti
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Anteprima del libro
Riflessi perduti - Lorenza Spaiardi
Quest’opera di fantasia è ispirata a una storia realmente accaduta.
Ogni riferimento a fatti e/o a persone esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Lorenza Spaiardi
RIFLESSI PERDUTI
Titolo originale: Riflessi Perduti
Copyright ©2011 by Lorenza Spaiardi
E’ vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, se non espressamente autorizzata dall’autore.
RIFLESSI PERDUTI
A Loredana ,
un Angelo salito in cielo troppo presto
PREFAZIONE
Il numero tredici nell’immaginario collettivo è sempre stato considerato poco favorevole, forse per questioni di superstizione o magari a causa di racconti orali trasmessi nel tempo, che non hanno certo aiutato questo piccolo simbolo a essere considerato in maniera più degna.
Io ad esempio sono nata il giorno tredici di una calda estate e non ne faccio certo una questione personale, ma a parer mio questo numero dovrebbe essere valutato da punti di vista differenti o più precisamente sotto un’altra luce, così come, sarebbe importante non fermarsi alle apparenze quando si tratta di considerare molte altre situazioni che improvvisamente scuotono il nostro vivere quotidiano.
Mi capita spesso di incorrere nel numero in questione, lo trovo tra date che per me hanno un significato o una valenza precisa, ancora sotto altre forme, ma non sono capace ovviamente di stabilire quanto questo possa apparire come una semplice coincidenza o al contrario, come un evento ben più complesso.
Nel linguaggio della numerologia, il tredici rappresenta il caos, il disordine, ossia qualcosa che intralcia l'armonia e rompe gli schemi ma scomponendo il suddetto numero si ottiene come somma dei suoi elementi il quattro, che al contrario di tutto è considerato benevolo, perché ristabilisce la pace.
Inoltre sembrerebbe che questa sorta di emblema nella sua unicità possa essere in grado di predire nuovi inizi, mentre altre fonti sostengono invece, che chiunque sia nato il giorno tredici, debba aver lasciato una situazione in sospeso in una vita precedente.
Nella geometria sacra infine, lo stesso numero rappresenta l'eterna distruzione e creazione della vita.
Si tratterebbe quindi di un simbolo tanto contraddittorio e negativo quanto necessario, affinché possano verificarsi indipendentemente dal nostro volere alcuni percorsi di vita talmente significativi da poter incidere sulla nostra intera esistenza.
Non sono in grado naturalmente di garantire l'attendibilità di queste informazioni per ovvi motivi, ma al contrario sono più che sincera quando parlo della mia esperienza, attraverso la quale ho potuto rivalutare molti aspetti della mia vita e capire almeno in parte, che tutto quello che vivo quotidianamente non è poi così superficiale e casuale come potrebbe apparire inizialmente.
Ho imparato che un sogno non può essere considerato solo come un insieme d’immagini più o meno piacevoli.
Non dico che non ci si deve fidare del proprio istinto.
Semplicemente, sarebbe opportuno soffermarsi quel tanto che serve, per riflettere su ciò che ci accade ogni giorno.
Spesso ci accontentiamo di spiegazioni immediate e facilmente reperibili, precludendoci così delle conoscenze ben più ampie che ci potrebbero mostrare chissà quali strade.
Basterebbe aprire la mente quel tanto che serve per riuscire ad acquisire la capacità, nonché la volontà, di dare maggiori attenzioni alla nostra psiche, compreso l’intero bagaglio che essa ci offre in continuazione, in maniera esplicita o meno evidente.
Non è sempre facile provare ad accogliere queste avvisaglie, perché spesso non siamo neanche a conoscenza della loro possibile esistenza e a volte, gli elementi culturali e religiosi influenzano notevolmente la nostra mente, impedendoci di agire individualmente.
Attraverso questo romanzo vorrei quindi suscitare curiosità e conseguenti riflessioni su argomenti che solitamente vengono sottovalutati e non concepiti nella giusta misura.
Nessuno naturalmente dice che è facile compiere certi percorsi, non esiste neanche la maniera per spiegare come agire in questi casi, ma è tutto lì, vicino a noi, bisogna solo saper ascoltare.
Sono concetti ampi e impalpabili, qualcuno la chiama fede, forse è fiducia o magari non esistono parole abbastanza espressive per descrivere tutto ciò, quello che invece conta realmente è che bisogna crederci.
Capitolo uno
Un punto di partenza
Raramente, nonostante la mia memoria non sia delle migliori, quando mi soffermo e ripenso a quel giorno, mi stupisco della chiarezza con cui i ricordi tornano alla mente e ancor di più del coraggio che abbiamo avuto io e mio marito Dan nel prendere una decisione così grande.
Erano circa le sei del mattino e faceva piuttosto freddo, nonostante la primavera fosse arrivata da una decina di giorni, l’umidità nell'aria, solita di quella città di pianura, accentuava tutto, così fin da quando ero piccola ricordo che durante l’inverno il freddo era pungente e il caldo che caratterizzava le mie estati era a dir poco insopportabile.
Ora però sarebbe stato tutto diverso, perché io, Dan e i nostri bambini Matt e Viki stavamo per cambiare ogni aspetto della nostra vita.
Saremmo partiti pochi minuti dopo e con quel gesto avremmo voltato letteralmente pagina.
Non avevo mai amato particolarmente la città in cui ero cresciuta e non ricordo neanche il motivo reale che fu alla base di questa nostra scelta, forse furono molteplici le questioni che incisero realmente, ma la decisione di andare a vivere in montagna fu quasi un colpo di testa.
Forse un sogno nascosto che si realizzava, fuggire lontano da quel luogo rumoroso, pieno di tutto e allo stesso tempo di niente.
Non fu un percorso facile da affrontare.
I parenti inizialmente, una volta messi al corrente, ebbero diverse reazioni dettate naturalmente da varie ragioni, ansie, paure e aspetti caratteriali, in pieno accordo con il mestiere di genitore, nulla di discutibile da quel punto di vista, ma al tempo, pensavo che la vita dovesse essere vissuta a pieno e così la decisione presa fu irrevocabile nonostante i disaccordi.
La nostra spavalderia nell'affrontare tutta la situazione fu ammirevole ma non priva di paura, sarà stata nostra complice l’età, l’inadeguatezza di vivere ogni santo giorno la frenesia di quella metropoli caotica o magari, la sana curiosità di conoscere altre realtà, totalmente diverse da quella grigia, nebbiosa e ripetitiva vita, che ci aveva accompagnato fino ad allora.
Credo che tutti quei pensieri finirono con le altre cose all'interno delle tre valigie che ci portammo durante il viaggio.
Il tempo di dare un’ultima occhiata a quelle strade ancora vuote e inevitabilmente da quel preciso istante, tutto cambiò.
Capitolo due
Il viaggio
Fummo svelti quella mattina, avevamo già preparato l'automobile la sera precedente, ma la cosa più importante da fare prima di partire, fu quella di spiegare ai bambini, nonostante la tenera età, il cambiamento incontro al quale noi tutti saremmo andati, a partire dal giorno seguente.
Naturalmente ci soffermammo a evidenziare loro l'aspetto più allegro, ossia la natura con i suoi paesaggi, le sue montagne, nonché la descrizione degli animali presenti tra i tanti boschi di quelle alture.
Credo che la voglia di affrontare il tutto fosse più nostra che loro, resta il fatto che tra molti dubbi partimmo comunque e nessuno ci fermò...
Il viaggio durò quattro ore.
Avevamo già percorso in altre occasioni quella tratta ma questa volta pareva quasi che stessimo viaggiando per una destinazione sconosciuta e lontana.
Nonostante tutto, mentre attraversavamo l’autostrada, nella mia mente, un'unica domanda si ripeteva ritmicamente e in maniera ossessiva: Staremo facendo la cosa giusta?
Penso che anche il mio compagno fosse assalito da qualche timore ogni tanto, è ovvio però, che di fronte a uno stesso dubbio si generavano diverse reazioni.
Infatti, Dan con tono calmo, di tutta risposta mi proponeva sempre la stessa frase: Charli, nessuno ci può dire con certezza se abbiamo preso la decisione migliore ma cerca di vivere alla giornata, più serena insomma e vedrai che le cose andranno bene.
Troppo ottimista
. Questa invece era la mia risposta, celata naturalmente tra i miei pensieri un po' confusi.
Non era mia intenzione apparire pessimista, ma la mia parte istintiva aveva già avuto il suo peso in tutta la situazione, semplicemente volevo iniziare a tenere i piedi per terra e far prevalere la mia razionalità.
Non so ancora chi di noi due avesse tenuto il comportamento più adeguato in quel periodo, ma per quanto fosse stata forte la determinazione, durante i primi giorni, ci fu ancora spazio per alcuni dubbi e lievi ripensamenti.
L’esperienza personale mi aveva insegnato che non tutto va sempre per il verso giusto, gli eventi accadono spesso indipendentemente dal nostro volere e il più delle volte, lasciano segni irreversibili.
Ero solo spaventata.
Nei mesi avvenire però, qualcosa andò diversamente, perché gli impulsi interni furono tali da spingerci oltre ogni paura.
Del viaggio naturalmente non ho un ricordo nitido, so per certo che mentre passavamo da un paesaggio metropolitano circondato da fabbriche fumanti e grigie a un’esplosione di verde incontrastato, le mie preoccupazioni più pratiche erano rivolte ai bimbi e a tutte le loro necessità.
La fine del viaggio si concretizzò con l'arrivo alla vecchia casa della nonna.
Capitolo tre
La vecchia casa
Da quando Dan ed io c'eravamo sposati, per svariati motivi, avevamo cambiato casa già due volte, senza contare quest’ultimo colpo di testa.
Era un continuo spostamento, sostenuto da motivazioni di carattere pratico, ma anche da impulsi di tipo psicologico.
Ricordo che il periodo durante il quale avveniva un trasferimento da un'abitazione all'altra, era spesso offuscato da un velo di malinconia, perché il cambiamento, anche se dettato dalle necessità del momento, non sempre rispettava i nostri progetti iniziali.
Sentivo ogni volta un senso di disorientamento che mi accompagnava, fino a che lo spirito di adattamento non prendeva il sopravvento.
Al contrario, la cosa più strana che mi capitò inaspettatamente al termine del viaggio, fu proprio quella di provare un’intensa sensazione di quiete.
Erano passati ormai due anni dall'ultima volta che avevo visitato la vecchia casa appartenuta alla cara nonna materna e ancora erano vivi i ricordi di quando con la famiglia, durante l'infanzia, andavo a trascorrere le vacanze estive, proprio in quello stesso paese.
Era sempre bello ritornare in quel luogo.
Ora però la situazione era differente, perché mi ritrovavo esattamente a quattrocento chilometri di distanza dall’ultima abitazione, per non dire poi di strade e luoghi a me famigliari, certamente più conosciuti, lasciati nella grande città insieme al mio orgoglio che rimarcava il fatto di non poter più tornare indietro dopo una simile decisione.
Questa volta non si trattava di una semplice vacanza.
Resta il fatto che una volta varcata la soglia di casa, tutto andò diversamente.
Entrando infatti, mi guardai intorno e con stupore mi accorsi che in quel luogo fatto di pietre, di legno e ricordi d'infanzia impastati a un odore di rose e di chiuso, per la prima volta in vita mia, in quel vecchio paese scordato da tutti, mi sentivo finalmente a casa.
Ero tornata, come quando si è di ritorno da un lungo viaggio.
Le sensazioni positive provate in quei giorni furono decisive per me, perché oltre a rispolverare lontane memorie momentaneamente rimosse, mi diedero la conferma di aver preso la strada giusta e che presto il coraggio e l'incoscienza ci avrebbero ripagato.
Tra quelle stanze avevo decine di ricordi e il prorompente profumo di rose, oltre a custodirli per me, li rievocava in maniera talmente nitida, tanto da farmi tornare bambina, anche se solo per pochi istanti.
A volte quell’essenza di fiori rosati era così intensa da farmi pensare che la nonna fosse ancora lì, ferma sulla sua sedia di pino, a guardare fuori dalla finestra e a roteare con le sue dita il rosario di legno.
La ricordo ancora, intenta a ripetere fedelmente le sue preghiere serali, avvolta dall'odore acre emanato dalle canne fumarie pregne di umidità.
Tante sensazioni raccolte intimamente tra quattro semplici mura e ancora incredibilmente presenti dopo molti anni.
La casa in sé era piuttosto antica ma poco adatta per noi che naturalmente eravamo abituati a tutte le comodità di un normale appartamento di città.
Si trovava all'interno del centro storico, tanto da poter udire a ogni ora, i rintocchi emessi dal vicino campanile.
Un minuscolo cortile antistante