Sottosopra - La mia Via degli Dei: Da Bologna a Firenze a piedi sperando che le salite prima o poi finiscano
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Un libro che è anche, e sopratutto, testimonianza, ricco di foto, scorci panoramici e punti di interesse di questa Via che gli appassionati italiani di trekking stanno valorizzando e percorrendo sempre di più, anno dopo anno.
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Anteprima del libro
Sottosopra - La mia Via degli Dei - Federico Schio
Prefazione
Quando Federico mi ha annunciato il suo progetto di percorrere la Via degli Dei mi sono subito chiesto quale fosse la sua motivazione. Non ho avuto però l’occasione né il coraggio di chiederglielo.
Quei luoghi sono nel mio cuore da sempre, l’idea mi piacque tantissimo e lo pregai così di portarmi nei suoi pensieri. Dopo un po’ di tempo mi disse che aveva scritto un libro di quell’esperienza. Non nascondo che fossi preoccupato, l’ennesima guida sulla Via? Anche no!
Tremavo un po’ e mi immaginavo una sorta di insipido diario di bordo, una cosa trita e ritrita
, monotona! Immaginate quando mi disse che voleva un parere schietto e sincero! E ora? Che faccio?
Con un po’ di timore cominciai la lettura e mi accorsi che le mie paure erano totalmente infondate.
Le pagine scorrevano a meraviglia già dall’introduzione, in men che non si dica mi trovai idealmente zaino in spalla. Ho avuto la sensazione di salire sul treno, di entrare nel vivo delle sue giornate, nel calore dei suoi pensieri.
È molto bello che Federico sia riuscito con questo racconto
a esprimere le sue emozioni, narrare le sue descrizioni, un pot pourri che d’incanto si allarga, il suo
diventa del lettore, così che magicamente, lungo il cammino, ti senti parte del gruppo.
È una sensazione così viva che coinvolge in positivo, che lancia un messaggio preciso, ma che non vi rivelerò!
Sono certo che nella lettura troverete tante risposte; da parte mia troverò sempre un posticino nel mio zaino, per rileggerlo nei momenti più diversi del cammino della vita.
Luciano Romeo
Un amico
Tutti
i più grandi pensieri
sono concepiti
mentre si cammina
Friedrich Nietzsche
Introduzione
Mi chiamo Federico; ho superato la metà del secolo da cinque anni, cioè al momento di scrivere ne ho cinquantacinque, e mi è sempre piaciuto camminare. L’ho fatto e lo faccio da solo, l’ho fatto con la famiglia, quando la obbligavo a estenuanti sfacchinate durante le vacanze, l’ho fatto con il mio cane, che ogni tanto mi guardava implorante, e questa volta l’ho fatto, in maniera più impegnativa, con altri quattro. I loro nomi sono di fantasia; ognuno può immedesimarsi come vuole. Ritrovare momenti già vissuti o immaginarne di nuovi. Sono un camminatore medio, nessun fisico statuario, anzi a vedermi non si direbbe che macino tanti chilometri. Bassetto, in sovrappeso e con i pochi e rari capelli ben nascosti da una rasatura perennemente a zero. Il mio territorio, nell’alto Lazio vicino Roma, l’ho quasi girato tutto. Ogni tanto ci porto anche qualcuno; faccio finta di essere una guida.
Non ho alcuna velleità di diventare uno scrittore, né un influencer, né tantomeno un blogger, uno youtuber o altro. Tantomeno la mia intenzione è quella di scrivere l’ennesima guida sulla Via degli Dei. Gli scaffali di librerie e biblioteche sono pieni di guide che, oltre all’enorme quantità di materiale in rete, descrivono e spiegano i possibili diversi tracciati, i materiali, i dislivelli a scendere e salire, i consumi energetici, e ogni possibile variazione del cammino. Io fra l’altro, e soprattutto, non avrei neanche l’esperienza tecnica per poter dare consigli ad altri camminatori.
Ho solo il desiderio di raccontare come ho vissuto la mia Via degli Dei, e quella degli altri quattro amici che l’hanno percorsa con me, raccontando le sensazioni, le emozioni, gli aneddoti e aggiungendo, magari, qua e là alcune informazioni, dettagli, soluzioni logistiche che non avendo trovato io in primis
in nessuna guida consultata, credo possano aiutare i futuri camminatori. E c’è soprattutto una mia personalissima, fortissima, insopprimibile esigenza di fissare su carta le sensazioni, i pensieri, il mood, il sentito di quei giorni.
Per dirla con altre parole, è la voglia che nasce durante il cammino, e tipica del camminare, di condividere un’esperienza totalizzante, mettendo a disposizione di tutti gli errori, gli episodi, i sorrisi e i pianti di un breve ma intensissimo trekking (ho scoperto solo pochi giorni fa la differenza fra trekking e hiking e quindi ora me la gioco tutta).
È evidente che tutto quello che troverete scritto è il mio punto di vista; non ripeterò quindi a ogni inizio frase secondo me
, ma voi fate finta che ci sia.
Non è dunque una guida alla Via degli Dei; non lo vuole essere e non nasce per questo anche perché sulla Via degli Dei è praticamente impossibile perdersi (anche se vi racconterò che noi siamo riusciti anche in quello). È semplicemente un racconto di cinque giorni passati a camminare, condividere, raccontarsi e raccontare, in solitaria e in gruppo, immersi in scenari naturali incredibilmente belli e affascinanti, sotto la pioggia e sotto al sole, sotto le nubi e sopra le vette, in salita, tanta, in discesa, poca.
Ogni camminatore ha la sua motivazione, ha i suoi perché che lo spingono a macinare
decine di chilometri ogni giorno con qualsiasi tempo e a qualsiasi latitudine.
Ci sono motivazioni religiose, e allora il camminatore è un pellegrino; ci sono le motivazioni salutiste, quelle naturalistiche, quelle catartiche e quelle di evasione. Ogni spinta è assolutamente valida, tutte indistintamente; nessuna è migliore delle altre.
Semplicemente una cosa che si fa con il cuore e, come ho letto in un libro ultimamente, molto spesso quando qualcuno fa qualcosa con il cuore, gli si dà del pazzo. Si smette di credergli.
È una brutta forma di discriminazione, non credete? Ecco allora il racconto di un pazzo, perché in questa Via io, il cuore, ce l’ho messo proprio tutto.
E soprattutto perché sono convinto che, se non ci avessi messo tutto il cuore possibile, non ce l’avrei fatta.
Il cammino, in qualunque modo lo si affronti, è un fatto personale. Si cammina sempre da soli, anche quando si è in gruppo. Si condivide, certo, il quotidiano, ma il cammino è sempre un’esperienza personale e solitaria.
E questa caratteristica di solitudine apre la strada anche a una serie di concetti che, una volta assorbiti, ti cambiano la visione della vita e come affrontarla quotidianamente.
A me l’hanno fatto.
Nel cammino capisci che ogni responsabilità a questo mondo e nella vita è assolutamente personale; impari in altre parole a distruggere una volta per tutte l’alibi che sia sempre colpa di qualcun altro, e a comprendere che ogni fatto, qualunque episodio della nostra vita, lo decidiamo e lo pilotiamo noi, e unicamente noi.
Il cammino ti insegna che per andare dal punto A al punto B ci sono infinite strade e che ognuna porta precisamente da un punto di origine a quello, voluto, di destinazione. Sei tu che devi trovare la tua personale rotta, il tuo intimo Gps, quello che ti fa stare bene in quel preciso istante, sapendo che ogni strada può essere giusta per qualcuno e sbagliata al tempo stesso per qualcun altro, anche se tutte raggiungono la stessa meta. La vita, come il cammino, va vista sempre a 360 gradi, senza perdere nessuna possibile visione, nessuna angolazione, capendo che quello che è giusto per noi può essere non corretto per gli altri, ma che tutti tendono a raggiungere lo stesso obiettivo ricercato. Non esiste, in altre parole una verità assoluta. E questo ci porta a rapportarci con gli altri in un diverso modo, più aperto. Il cammino allora diventa rispetto del tuo corpo e della tua mente come del corpo e della mente degli altri; diventa saper ascoltare e sapersi ascoltare. Ognuno cammina al proprio passo; il cammino diventa accoglienza. Il cammino è la massima espressione dell’inclusività. Il cammino è spirito di adattamento, capacità di affrontare gli imprevisti e trasformarli in esperienze di vita, senza necessariamente connotarli negativamente.
Il cammino è laico, il cammino è religioso. Il cammino è totalizzante.