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Si nasce morti poi si risorge: 11 fiabe antidepressive
Si nasce morti poi si risorge: 11 fiabe antidepressive
Si nasce morti poi si risorge: 11 fiabe antidepressive
E-book78 pagine1 ora

Si nasce morti poi si risorge: 11 fiabe antidepressive

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Info su questo ebook

Il titolo rimanda al trauma della nascita, in cui si condensa una doppia esperienza ossimorica di morte e di rinascita.
Le fiabe presentano un personaggio, che è quasi sempre un re, alle prese con una difficoltà, con una perdita, che lo costringe ad intraprendere un percorso, più o meno accidentato, attraverso cui avviene una metanoia personale.
E’ un percorso tipico dell’elaborazione del lutto. Per questo le fiabe sono definite “antidepressive”. Perché il protagonista procede lungo un sentiero, che erraticamente conduce alla scoperta di sé, delle proprie capacità, di una sua più completa umanità, dopo aver esperito sentimenti impotenza, di solitudine, di sconforto, di angoscia. Nel suo non cedere alle avversità, nella lotta che ingaggia per opporvisi, per fronteggiarle o almeno per tollerarle, sta la sua forza, la sua capacità di toccare la disperazione e di trasformarla in fiducia, raggiungendo quasi sempre un esito positivo.
LinguaItaliano
Editorealampi
Data di uscita25 gen 2019
ISBN9788832502138
Si nasce morti poi si risorge: 11 fiabe antidepressive

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    Si nasce morti poi si risorge - Alberto Lampignano

    Alberto Lampignano

    SI NASCE MORTI POI SI RISORGE

    11 Fiabe antidepressive

    UUID: b4bde326-2af5-11e9-ae2f-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

    L'AUTORE

    INTRODUZIONE

    BIBLIOGRAFIA

    1. QUASI COME PETER PAN

    2. IL PRINCIPE TRISTE

    3. LA MEMORIA BIRICHINA

    4. IL VECCHIO RE

    5. IL DESIDERIO SALVO' IL MONDO

    6. UN RE NON PIU' RE

    7. MORIRE FELICI

    8. L'ETA' DELL'ORO

    9. L'ULTIMA VOLTA

    10. MEMORIE DI UN CALAMAIO

    11. CHE COS'E' L'AMORE?

    Ringraziamenti

    A Giulia e Lorenzo,

    καλοì καì ἀγαθοί.

    L'AUTORE

    Alberto Lampignano

    Psicoterapeuta e psicoanalista, è stato direttore della Rivista Italiana di Gruppoanalisi ; docente e vicedirettore della Scuola di Formazione in Psicoterapia Gruppoanalitica.

    E’ autore di oltre un centinaio di lavori scientifici inerenti temi di psicoanalisi, psicosomatica, psichiatria, formazione, gruppi su riviste specializzate come: Psicoterapia e Scienze Umane , Rivista Italiana di Gruppoanalisi, Il Ruolo Terapeutico, Psichiatria Oggi, Freniatria, Neurologia Psichiatrica Scienze Umane, Giornale di Neuropsichiatria dell’età evolutiva. Prospettive in Psicologia, la Via del Sale, gli argonauti. Ha curato Fra-menti. Dialogando con Diego Napolitani, (Franco Angeli) e ha pubblicato Formarsi attraverso l’attualità. Percorsi possibili (Borla).

    E’ co-fondatore e socio di A.P_Re (Associazione di Psicoanalisi Relazionale).

    In copertina: alampi, Un'anima, 2000

    INTRODUZIONE

    Queste sono fiabe per grandi. Forse anche per piccini, se qualcuno saprà raccontargliele. I bambini capiscono molto del mondo degli adulti, soprattutto del mondo delle emozioni e dei sentimenti. E non c’è bisogno di scomodare Alice Miller (1979) e il suo bambino dotato, ossia quel bambino che legge gli stati d’animo della madre, o dei genitori, o di chi si prende cura di lui, prima ancora e meglio di chi li prova. Tutti i bambini hanno una grande sensibilità. E possono quindi cogliere le correnti affettive che percorrono le fiabe, anche se non comprendono qualche giro di frase o qualche parola.

    Le fiabe, come i miti, hanno una qualità particolare. Presentano stilemi e scostamenti dal reale che le avvicinano al linguaggio e alla rappresentazione propri del sogno, che sappiamo ha una prossimità speciale con la nostra vita più profonda. Per questo l’incontro con gli andamenti, i ritmi e i contenuti delle fiabe possono essere, elettivamente, il veicolo per visitare certi luoghi dell’anima non facilmente accessibili, o per qualche ragione trascurati, o risultati impervi.

    Devo confessare che non sono stato, né sono un appassionato di fiabe. Mia madre, che è rimasta orfana di madre da piccola, non conosceva nessuna fiaba. L’unica che ricordo – e che ho riportato anche in una delle mie – era una non-fiaba , che faceva: C’era una volta un re seduto sul sofà che diceva alla sua serva: raccontami una storia e la serva incominciò: C’era una volta un re seduto sul sofà che diceva alla sua serva raccontami una storia … Le ripetizioni non dovevano essere più di tre o quattro, perché più spesso io ma anche lei ci stufavamo.

    Ho cercato da grande di colmare la lacuna: ho un ripiano della mia libreria occupato da parecchi libri di fiabe, classiche, ma anche di paesi extraeuropei. Non sono riuscite a sedurmi. La privazione infantile deve aver avuto effetto, purtroppo.

    Ma allora perché ho scritto fiabe e non, per esempio, dei racconti? Non mi sento di dire che so le ragioni della loro scrittura. Mi sono dato comunque delle risposte, anche se probabilmente non saranno esaurienti, soprattutto per me. Non per niente m’è piaciuto il titolo italiano di un libro di Jodorowsky (2006) che fa: La risposta è la domanda , che, guarda il caso, è una raccolta di fiabe di diversa provenienza (indù, cinesi, ebraiche ecc.), Favole di saggezza , come recita il sottotitolo. E che invito a leggere, anche perché corredate da un fine e prezioso commento interpretativo. Le nostre motivazioni più profonde sono spesso inconsce e ci sfuggono. Per questo è importante farsi delle domande e non aver fretta di darsi risposte comunque. Così si è motivati a esplorare la nostra intimità e conoscerla un po’ più profondamente.

    Credo che – ecco questa è una delle risposte che mi sono dato – scrivendo delle fiabe, inconsciamente abbia voluto ritornare a un tempo antico, quello della mia infanzia, e abbia voluto rincontrare mia madre, che all’epoca della loro stesura era già morta, per continuare a restaurare o a riplasmare il rapporto con lei, che solo di tanto in tanto è stato intimo e sintonico, e di cui, ormai anziano, porto ancora qualche conseguenza non gradita.

    Le madri vivono in noi fino alla fine della nostra vita, anche se la loro presenza non è sempre visibile e riconoscibile. Perché sono parti integranti della nostra essenza. Perché il rapporto con loro ci ha forgiato, sia negli aspetti che sentiamo egosintonici, che in quelli egodistonici. Quando ci ha lasciato qualche coda indesiderata e problematica, questa salta fuori nei momenti di difficoltà o di debolezza. E spesso siamo chiamati a rimodellare dentro di noi quel rapporto in modo da affrontare e superare le difficoltà che la contingenza storica ha messo in evidenza. Dobbiamo ricordare che di quel rapporto (non solo di quello, naturalmente) siamo sostanziati, che in qualche modo riproduciamo anche nelle relazioni con gli altri, soprattutto con i familiari e con chi abbiamo un rapporto intimo.

    Dunque suppongo che scrivendo le fiabe abbia reinventato dentro di me mia madre , anche solo un po’. Facendola diventare mamma capace di narrare delle belle storie, con cui avrebbe potuto tranquillizzare me bambino.

    Desidero fare ancora una

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