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La coscienza dell'essere
La coscienza dell'essere
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E-book174 pagine2 ore

La coscienza dell'essere

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Info su questo ebook

Questo eccezionale libro rivela la motivazione plausibile della nostra esistenza e risponde a circa duecento domande sulla spiritualità. Chi siamo noi in realtà? Cos'è lo spirito, in cosa consiste? Noi pensiamo col cervello o con il nostro spirito? Esiste l'inferno e il paradiso? Dio, può essere soddisfatto della sola contemplazione di se stesso? Perchè la creazione?

Di passaggio in passaggio potrete scoprire l'intero "Gioco di Dio".
LinguaItaliano
Data di uscita12 nov 2013
ISBN9788891125415
La coscienza dell'essere

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    Anteprima del libro

    La coscienza dell'essere - Luigi Colla

    Colla

    Parte Prima

    A volte, ripensando alle tappe che mi permisero di arrivare sin qua, mi capita di ricordare gli anni della mia giovinezza e di voler fermare il quadro in cui mi rivedo bambino.

    La casa di ringhiera dove trascorsi la mia infanzia m’infonde ancora una piacevole nostalgia e tanta tenerezza. Attraverso quel portone c’era tutto il mio mondo: il grande cortile in terra battuta, il canale che scorreva dietro le case, il vociare della gente, le festose grida dei fanciulli.

    Eravamo nel primo dopoguerra, all’inizio degli anni cinquanta; tutto sembrava nuovamente pronto per ripartire. Così, in quella grande scatola aperta verso il cielo, anch’io m’apprestavo a gustare il piacevole ed esuberante sapore della giovinezza.

    Ricordo che un giorno, mentre scendevo per andare all’oratorio, mi soffermai a guardare oltre il muretto, giù verso il fiume. Le cime degli alberi ondeggiavano e a tratti un tiepido sole mi sfiorava il viso. Provai in quel momento una strana emozione; mi sentii attratto da qualcosa che non conoscevo, presagivo un mondo interiore sconosciuto, mai interpellato prima.

    In seguito ripensai spesso a quel momento; con esso avevo inconsciamente segnato l’inizio di una ricerca che continuai passo dopo passo, inseguendo una verità che mi sfuggiva. Tuttavia, sapevo di possedere qualcosa dentro che superava per certi versi il mio stesso pensiero; un’entità misteriosa, sconosciuta, della cui esistenza però, ero fermamente certo.

    Il tempo trascorreva serenamente; la sera, coricandomi, recitavo le due o tre preghierine che mi aveva insegnato mia madre, poi quasi subito mi addormentavo dimenticando ciò che stavo pensando.

    Oggi, dopo tanti anni, dico ancora le stesse preghiere; ma il tempo, quello di allora, non c’è più.

    A volte mi chiedo se la mia esistenza sia servita a qualcosa o a qualcuno e in certe giornate lo sconforto ha il sopravvento e mi sento solo.

    Una delle poche cose da cui riesco a trarre conforto è di essere forse riuscito a comunicare ai miei figli una certa padronanza della realtà, che non è solo quella che viene trasmessa con lo spettacolino dei media, ma è anche quell’altra che esiste dentro di noi e che ci fa ricordare in ogni istante il fine che dobbiamo raggiungere.

    Se nel corso della nostra vita riuscissimo, anche solo per poco tempo, a distogliere l’attenzione dal nostro lato esteriore ed ascoltassimo più attentamente quei richiami che ognuno avverte in fondo al proprio cuore, allora potremmo intuire la felicità profonda che ci proviene dall’amore e ricercarla in Dio per mantenerla per sempre.

    Ma ora il mio pensiero si fa stanco, e non voglio che ciò che forse ho appreso si perda fra le pieghe della memoria.

    In questa prima parte cercherò di rappresentare i temi più importanti della vita.

    Considererò nell’ordine: la scelta di credere, l’attendibilità dell’esistenza di Dio, la trascendenza della vita, il motivo plausibile della nostra esistenza e, infine, l’analisi di alcune grandi religioni per individuare dove meglio esiste il messaggio di salvezza.

    La scelta di credere.

    Come vorrei cancellare ogni stereotipo religioso, dimenticare ogni culto. Come vorrei che non vi fosse più nulla o nessuno che mi suggerisse metodi, suoni o parole da pronunciare; gustare cibi se lo voglio, senza rimorsi o paure che il colore della mia aura possa cambiare.

    Come vorrei ascoltare semplicemente il cuore. Interrogarmi semmai nell’intimo della mia solitudine e raggiungere da solo la profondità dello spirito. Perché, vedete…al di là di ogni pratica e metodo comportamentale, è questo a cui in fondo dobbiamo tendere, chiederci se esiste o non esiste una vita oltre la morte. Solo così potremo misurare la nostra fede.

    Mi rendo conto che compiere questa analisi non è facile. Anzi tutto dovremmo sentirci intellettualmente liberi da ogni costrizione dogmatica. Non si possono accettare presunte verità perché riportate da scritture definite sacre, sappiamo bene che ogni religione propone le proprie sacralità, quindi essendo a volte in contrasto le une con le altre, ci potremmo chiedere quali siano le più vere. Imporre la sacralità delle scritture come unico riferimento di fede, è un modo molto riduttivo per far accettare la religione.

    Ritengo che oggi, più che mai, si debba cercare di far comprendere il fine a cui siamo chiamati, cercando di autenticarlo con esempi di vita reale o anche scritta, purché siano riconosciuti ed accettati. Del resto, anche in un romanzo come I Promessi Sposi si possono apprezzare brani in cui si evidenziano valori come la carità la compassione e la provvidenza e trovare esempi di grandiosa umiltà e di perdono, senza per questo gli si debba attribuire quella sacralità dogmatica che invece viene imposta per certi brani biblici.

    Il percorso da intraprendere dovrebbe presentarsi libero da ogni costrizione mentale, non dovrebbero esistere verità imposte, ma solo verità proposte. Da sempre il Signore ci propone una semplice scelta esistenziale protesa verso l’amore del prossimo. Ebbene, è questa la proposta che dobbiamo cercare di capire ed eventualmente accettare. Solo così potremo avere una fede forte e ben radicata.

    All’inizio della nostra vita, difficilmente siamo già pronti per intraprendere autonomamente questo percorso, ci guardiamo attorno, vediamo tanta gente che ci accompagna nel nostro cammino ma ancora ci sentiamo incerti e proviamo paura nei confronti di una società che ci appare tanto più grande di noi. Molte volte, guardando noi stessi, ci confondiamo, pensiamo di essere ciò che vediamo e in questa legittima confusione abbiamo solo una certezza: quella di esistere.

    Sappiamo di esistere perché pensiamo. A tratti proviamo emozioni, a tratti intuiamo qualcosa ma poi ancora tutto svanisce ed è allora che ci sembra opportuno imitare gli altri, per sopperire ad una personalità che sta affiorando, ma che non sentiamo ancora nostra. Tuttavia la personalità esiste, ed è qualcosa che ci appartiene intimamente, essa inizia il suo percorso con noi, non si sa quando o dove, ma in un preciso istante di un passato più o meno remoto ci siamo posti la prima domanda e ci siamo dati la prima risposta.

    In quel preciso istante è iniziato il nostro cammino di fede, un cammino lungo, periglioso, pieno di sofferenze e delusioni ma anche di alcune gioie. Finché un giorno, sentendoci soli, cerchiamo un po’ di conforto e forse senza rendercene conto, preghiamo. Con la preghiera abbiamo offerto un po’ d’amore ed in cambio ci viene data un po’ di fede. La fede è un dono di saggezza che Dio fa agli uomini che hanno creato un po’ di spazio nel loro cuore. E’ la saggezza che stimola la volontà ed è la volontà che ti porta ad amare.

    Così quel piccolo angolo dello spirito universale che noi sentiamo vicino quasi sia dentro di noi, si arricchirà e ci farà sentire qualcosa di più che semplici individui. Ci darà la consapevolezza di essere figli di Dio. Solo da quel momento la nostra fede diventerà anche la nostra forza.

    L’attendibilità dell’esistenza di Dio.

    In questa fase della vita per quanto grande sia il nostro impegno non potremo mai avere la certezza di nulla. Anche ciò che ci appare più evidente può essere un’illusione della nostra mente. Tuttavia, noi ci troviamo in un contesto comune dove ciò che vediamo lo possono vedere tutti, le leggi fisiche a cui siamo sottoposti sono comuni ad ognuno. Ebbene, questa noi la chiamiamo « la nostra realtà ».

    Per analizzare i grandi temi dell’esistenza possiamo solo utilizzare dei riferimenti di questa realtà, quelli che ci appaiono certi, e ipotizzare un quadro plausibile che si sviluppi in maniera logica fino a comporre un mosaico che contenga una figura compiuta.

    Tuttavia è meglio intenderci sul significato di logica. In sintesi potremmo affermare che la logica è uno schema di riferimento costituito da principi e deduzioni che trovano una evidente corrispondenza fra di loro. Se io affermo che due più due fa quattro, io espongo un’evidenza logica; se anche affermassi che il sole continuerà a scaldare la nostra terra ancora per molti millenni, ebbene, anche se in questo caso non esprimo una certezza, è pur sempre un’affermazione attendibile e logica.

    E’ quindi in questa ottica che il grande tema sull’esistenza di Dio va esposto. Non intendo certo provare l’esistenza di Dio, ma mi attendo che si valuti in maniera obiettiva come tale posizione sia logicamente sostenibile.

    Inizierò affermando che l’esistenza di Dio, tralasciando l’atto di fede, può essere considerata solo in seguito alla valutazione di due diverse posizioni: la prima riguarda la scarsa l’attendibilità che l’intero universo – e quindi anche l’uomo – debba la sua esistenza al caso; la seconda è relativa alla provenienza del pensiero.

    Prima posizione

    Questa prima posizione vuole dimostrare l’esistenza di Dio attraverso la bellezza, varietà e perfezione del creato. Può la teoria evoluzionistica spiegare le meraviglie che ci circondano con il solo ausilio del caso? Oppure è più ovvio pensare esse siano frutto di un’Intelligenza?

    La teoria materialistica circa l’evoluzione dell’uomo, ipotizza che la prima cellula vivente abbia avuto origine a seguito di un fenomeno fisico: una scarica energetica, colpendo casualmente alcune molecole, riuscì ad imprimere loro una sorta di carica che mantennero e riuscirono a trasferire ad altre molecole simili, trasformando di fatto la materia inerte in una cellula primordiale. Dovettero passare poi centinaia di milioni di anni, nel corso dei quali strutture unicellulari divennero pluricellulari, giungendo infine a veri e propri embrioni di animali acquatici. Da qui in poi viene introdotta la teoria evoluzionistica: i primi pesci, i primi animali terrestri e infine i primati, dal cui ceppo ebbe origine l’australopithecus, l’homo erectus e l’homo sapiens. In pratica, questa teoria conclude che l’intelligenza umana è stata prodotta per puro caso.

    La teoria che io chiamo spirituale, invece, promuove l’idea che l’evoluzione umana non possa essere casuale e, se anche non esclude il processo evolutivo così come è stato descritto, ritiene comunque che ogni sua fase sia stata preordinata e organizzata da uno spirito intelligente.

    Seconda posizione

    La seconda posizione teorica propone l’esistenza di Dio considerando la provenienza del pensiero.

    Nel diciottesimo secolo un’illustre filosofo, il vescovo Berkeley, affermava che la materia, lo spazio e il tempo in realtà non esistono e che sarebbero soltanto un’illusione della nostra mente.

    A quei tempi una tale posizione creò una specie di scandalo; tuttavia, a distanza di quasi due secoli, dopo che furono sperimentati alcuni punti teorici della relatività, queste intuizioni trovarono un loro fondamento scientifico. Lo spazio, la velocità e il tempo, nella teoria della relatività, non si presentano più come misure assolute, ma si prospettano variabili in funzione della posizione dell’osservatore.

    Ciò ci fa capire come alcuni parametri che si credevano assoluti, nei confronti dei quali furono fondate addirittura teorie esistenziali, siano invece anch’essi dipendenti gli uni dagli altri.

    Il concetto stesso di esistenza attribuito alla persona umana, potrebbe assumere un diverso significato. Potremmo in effetti ritenere di esistere per il solo fatto di esserci fisicamente, oppure ritenere l’esistenza fisica uno stato che non può prescindere dalla coscienza e dal pensiero, come lascia intendere il Cartesio di < io penso, quindi esisto >.

    Ma cos’è il pensiero, come viene prodotto?

    Per determinare l’origine del pensiero ci possono essere solo due ipotesi attendibili.

    La prima, concepisce il pensiero come il prodotto di un processo cerebrale: in questo caso è il cervello che assume il ruolo di soggetto pensante, ovvero l’organo con il quale – e non attraverso il quale – noi produciamo il pensiero; in sostanza basta avere un cervello funzionante per avere la coscienza di esistere, e quindi l’uomo è legittimato a identificarsi con la sua parte cerebrale.

    Nella seconda ipotesi, invece, il cervello assume un ruolo subalterno, non lo si ritiene affatto il soggetto pensante ma lo si considera per la sola funzione che in realtà svolge: un decodificatore di impulsi, un computer completamente incosciente. In effetti la funzione cerebrale, pur nella sua complessità, si può sintetizzare come un organo che utilizza energia elettrochimica per elaborare e ritrasmettere i segnali che gli giungono dai nostri sensi.

    Evidentemente per chi concorda con la prima ipotesi, l’esistenza di Dio rimane un quesito completamente aperto: per essi l’organo cerebrale è il prodotto finale di un’evoluzione iniziata agli albori della storia.

    Chi invece non condivide l’ipotesi materialista deve inevitabilmente supporre l’esistenza di una fonte alternativa, che però in questo caso non potrebbe che essere una fonte spirituale.

    Perciò la nostra ricerca non deve limitarsi all’individuazione di come si elaborano le cose, ma deve tendere a identificare il soggetto che ha in sé la volontà di ricercarle e quindi la facoltà di pensare. Questa soggetto pensante non può che identificarsi con quella parte divina che ci è stata concessa, ovvero con il nostro spirito.

    Per capire meglio questo concetto fondamentale, userò una metafora.

    Premetto che col termine conoscenza spirituale, intendo tutte quelle facoltà che ognuno in diversa misura può attingere dallo spirito – sensibilità, umiltà, discernimento, intuito, altruismo, saggezza… –, insomma tutte le facoltà immortali che non possono essere registrate nel cervello e nemmeno svaniscono con la necrosi cerebrale, ma che ritroviamo sempre in ogni vita nella misura in cui siamo riusciti a ottenerle. Potremmo definirle il nostro carattere.

    Se tutta la conoscenza spirituale in assoluto potessimo contenerla in un bicchiere, la conoscenza di Dio lo colmerebbe fino all’estremità, per cui oltre non ve ne potrebbe più stare. La conoscenza cui noi invece possiamo accedere lambirebbe livelli appena percettibili. Tuttavia se facessimo un ingrandimento, noteremmo che i nostri livelli, purché mediocri, si presenterebbero fra loro molto diversi e sarebbe proprio questa diversità a diversificare i pensieri e le ambizioni di ogni singolo individuo. Noi pensiamo utilizzando quella poca conoscenza che abbiamo nel fondo del nostro bicchiere. Parte di essa ci è stata data come una sorta di bagaglio iniziale, l’altra parte però in un certo senso l’abbiamo richiesta e guadagnata. Ecco perché ogni individuo ha pensieri e comportamenti diversi.

    Ma alla fine, quando avremo superato la prova della vita, Dio colmerà i nostri bicchieri ed otterremo la consapevolezza di aver raggiunto la piena unità con lui.

    La trascendenza della vita.

    Abbiamo già osservato come secondo

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