Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il mio Volo Magico con Claudio Rocchi: Decolli, atterraggi & passione
Il mio Volo Magico con Claudio Rocchi: Decolli, atterraggi & passione
Il mio Volo Magico con Claudio Rocchi: Decolli, atterraggi & passione
E-book156 pagine1 ora

Il mio Volo Magico con Claudio Rocchi: Decolli, atterraggi & passione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Questo è un poema. A una forma letteraria antica, da tanto tempo non frequentata, Claudio Rocchi e Susanna Schimperna hanno affidato, per dodici mesi, pensieri, emozioni, sommovimenti dell’anima, disagi e stupori, entusiasmi e scoperte: un travolgente avvicinamento amoroso iniziato quando ancora non si erano incontrati, e terminato quando ormai vivevano insieme. Uno scritto bellissimo, profondo, illuminante. Molto più di una storia d’amore in poesia.
Dodici mesi per dodici capitoli, ma la coincidenza è casuale (ammesso che qualcuno creda davvero al caso). Claudio avrebbe saputo di essere ammalato poco dopo aver scritto le ultime frasi di quella che lui chiamava l’Opera e Susanna l’Epopeia, consapevoli come erano, entrambi, di aver creato qualcosa di unico e universale.
LinguaItaliano
Data di uscita14 set 2015
ISBN9788898555154
Il mio Volo Magico con Claudio Rocchi: Decolli, atterraggi & passione

Correlato a Il mio Volo Magico con Claudio Rocchi

Ebook correlati

Poesia per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il mio Volo Magico con Claudio Rocchi

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il mio Volo Magico con Claudio Rocchi - Susanna Schimperna

    passione

    CAPITOLO I

    Tra il 17 aprile e il 2 maggio, per iniziativa di Claudio e con mio grande divertimento, scriviamo questo primo capitolo di quella che lui definisce, da subito, l'Opera, e io, più modestamente, il Poema.

    Sedici giorni di travolgente avvicinamento. Non ci conoscevamo, anche se di nome non eravamo certo ignoti l'uno all'altra. Lui però di me sapeva molto di più: mi aveva vista in televisione anni prima e ascoltata alla radio. Aveva, per usare le sue parole, gettato un seme di desiderio nei miei confronti già nel 1997.

    Mi ero sempre rifiutata di scrivere insieme a qualcuno, ma da subito mi era parso ovvio dire di sì a lui. Avrei scoperto solo dopo che l'incipit - «Ho cominciato a circondare il nemico: sto danzando in cerchio attorno a me» - era il titolo di un suo brano: non sapevo nulla della sua musica.

    A parte, paralleli alle mail con i versi, ci scrivevamo box di manutenzione, per capire meglio quello che andavamo dicendo e scambiarci, con una timidezza e un pudore incredibili, d'altri tempi, piccole informazioni personali. Non ci eravamo mai visti, mai parlati nemmeno al telefono.

    Un giorno accenno a una piazza medioevale, Claudio scrive che gli piace molto, io fantastico che vorrei incontrarlo lì. Quando introduco un seminatore col carro, lui in una mail mi svela di aver usato quell'immagine tanti anni prima, in un suo scritto, e la inserisce: «intanto l'uomo, con il carro ed il cavallo legati ma non insieme, escono già dalla stessa porta, quella che li ha visti entrare, ma dall'altra parte». Entusiasti come adolescenti, contiamo le assonanze e già cominciamo a riscrivere i nostri passati come se fossero pieni di segnali precisi, a indicare un incontro.

    Il 2 maggio, in uno scambio velocissimo, scriviamo quelle che io immagino essere le ultime battute. Quando mi arriva la parte di Claudio («Ero qui, sai, ho solo girato la testa...»), la stampo e la rileggo cento volte. Sono innamorata. Non posso sbagliarmi più.


    Claudio Ho cominciato a circondare il nemico: sto danzando in cerchio attorno a me.

    Susanna Era così che il silenzio poteva curare mentre il fruscio della sabbia sotto i piedi

    evocava e ammalava

    - ed erano incubi e sogni di platino le cose evocate, febbri alte i mali contratti -.

    Una strategia...

    C. Il bianco e l'alba a est. Il blu del cielo di mezzogiorno a sud.

    Il giallo e il crepuscolo ad ovest. Il nero e la notte a nord.

    E intanto la pelle viene sfiorata da sguardi che si sono allenati su altri mondi.

    Un misto di rabbia, voglia di colpire, voglia di apparire, calcolo.

    Una strategia...

    S. Difficile però ricordarsi che lo sia davvero.

    Troppi colori per mantenere l’ago della bussola a nord,

    alla notte e al nero.

    C. E poi, perché dovremmo?

    Ha forse senso mantenersi distanti, sprezzanti, ridicolmente tetri, invasi, sbiaditi?

    Stiamo parlando di parodie.

    Andrebbero trattate come tali.

    S. Così quelli che non avevano e non volevano alcun tipo di potere si sono diretti a sud,

    in un blu che non era dipinto, ma soltanto spruzzato da ragazzini allegri e melomani,

    altri che avevano potere sono andati a ovest, dove il giallo - benché fosse crepuscolo -

    continuava a brillare e riscaldare.

    Ma quelli che avevano potere su sé stessi...

    C. Loro sono andati verso est, seguendo la loro visione oltre l'alba;

    attraversando l'aurora, avanti verso la notte, finalmente orientati.

    Loro.

    Io invece ti ho incontrata in fuori gioco e in pausa, qualcosa mi diceva di te ben oltre

    ed è certo stato vero, questa volta, che non fossero le bandiere a muoversi, né il vento,

    in quegli occhi di frontiera.

    S. Sai che i fuori gioco, quando sono senza vento, provocano inspiegabili desideri,

    perciò anche se le frontiere si stagliassero alte, concrete, visibili,

    sarebbe impossibile pronunciarne il nome, e si sa

    che un nome che nessuno riesce a dire

    mangia col suo silenzio anche quello che pretende di nominare.

    C. Ma se io avessi uno straccio d'intesa oltre questo nulla assolutamente virtuale.

    Oppure: un dettaglio concreto, un'idea di cosa si intende per inspiegabile.

    O ancora: decodificassi una stringa di informazioni veloci

    e compresse tra il battere e il levare.

    Ti chiedo: mandiamo a casa qualche parola di troppo e ci muoviamo più veloci?


    S. All'angolo delle loro strade invece, o appunto,

    le fruttivendole spacciavano parole antiche e musicali,

    incomprensibili ma piene di significato.

    Parole infinite ma incatenanti come litanie.

    E loro stavano ad ascoltare senza capire.

    Loro.

    La mente inconscia provava a distillare quelle parole

    e ne traeva un po’ di elisir di giovinezza,

    ma non ancora e forse mai la pietra filosofale.

    Io invece ti ho ascoltato più di quanto tu parlassi,

    ho aspettato più delle parole le omissioni,

    ho scoperto che tra il battere e il levare,

    in uno spazio che non era affatto virtuale

    ma simile a un’asimmetrica medioevale piazza,

    potevamo guardarci da lontano ridendo,

    e questo guardarci e ridere ci faceva muovere più veloci.


    C. Straordinariamente veloci; eravamo tracce di qualche passato grammo di emozione

    e ora già ci sei e se manchi m'interrogo

    e comunque ti cerco perché mi piace come definisci

    la piazza, il ridere ed il nostro guardarci.

    Si capirà chi è chi e dove inizia e finisce una mano?

    Tu dici mi hai ascoltato, io dico ti ho incontrata; era chiara la partitura?

    Adesso le nostre qualità trasportano veloci aromi come il vento sa fare,

    lasciano tutto dov'è con un onore aggiunto, con un valore di somma,

    con tutta la tenerezza a credito ed i debiti rimessi.

    S. Senti... Come puoi amare la mia piazza asimmetrica e non sapere

    se sia l’Ottava di Beethoven

    o siano i Led Zeppelin?

    Ho pensato ti fosse chiara la partitura e che i nati di gennaio fossero intuitivi,

    mentre Trotzski nato nel mio giorno si lasciò colpire da un insospettato nemico

    e Villiers da un fin troppo sospetto orgoglio.

    La partitura è qui senza sbaffi e sfumature; è una partitura chiara ed eseguibile.

    C. Senti...

    l'irrilevanza di ogni toponomastica fa della Musica all is one

    e forse non basta abolire i calendari per dare un senso alle date sbagliate.

    Quanto ai nemici da lì sono partito per conoscerti e non so nulla dei tuoi oroscopi.

    Se fossi nato come te di novembre tutto andrebbe riscritto;

    particella impazzita nelle sequenze climatiche

    avrei certo un'altra idea di tutto.

    E anche di te.

    Chiara ed eseguibile?

    Che forma rivelerai Tu, sabbia stimolata da una nota purissima?

    Ma, lo vedi, sei sottile al punto di giocare negli specchi.

    Almeno tre rifrazioni oltre il limite di quello che si percepisce.

    S. Del resto io, come te, ho visto altre puntate, ho cercato negli specchi domande,

    lasciando alle rifrazioni le risposte oppure domande ulteriori,

    inadatta per scelta felice ad affrancarmi da entrambe.

    Se è vero che chi ha l’occhio trova ciò che cerca anche ad occhi chiusi, se è vero,

    allora accettami come mi vedi, che tu possa non sbagliarti

    e soprattutto non trovare altri pretesti.

    Bravo e complimenti che mi metti in scena come vuoi, senza chiedere

    come ho sempre fatto io.

    Che storia è questa poi, come se fossero il tempo, il luogo e la circostanza a mancare

    invece che il tuo nome?

    Tu sei aromatizzato da una non semplice illogicità

    che potrebbe, certo potrebbe, tradursi in una nota purissima.

    C. Ora si può dire: tra i tuoi condizionali è entrato il suono.

    Viaggiamo.

    Questa la meta, un posto che traspare, forse, quando addirittura non scompare. Forse.

    Ci portano le risate di tutti quei matematici e le logiche di quegli artisti.

    A frenarci sono le certezze presunte, le gravità strutturali, i sistemi acquisiti,

    i doveri prescritti che intendi sacri e, intossicata di catene,

    la leggerezza delle libertà invocate,

    gli scontri frontali messi in memoria,

    i margini delle pagine nell'incognita di ogni andare a capo.

    Preferisci altri vini o altri luoghi dove berli?

    S. Procacciatore di trasognamenti purchessia e qualunque sia…

    Shiraz perché originario di un posto magico anche nel nome,

    Moscato o Passito perché dolci abbastanza e quindi procacciatori più veloci

    e allora la Phantasia diventerà Capriccio,

    o forse il Capriccio diventerà Phantasia,

    perché non è vero che la musica è all is one,

    ma si accettano sconfessioni, divagazioni, ribaltamenti e trespassing nel nostro luogo

    - tra Orte e Nuova Delhi, in allontanamento dalla prima e in avvicinamento alla seconda

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1