La piscina delle mamme
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Anteprima del libro
La piscina delle mamme - Filippo Gigante
Prefazione
Culturalmente impegnato, Filippo Gigante ha fin da ragazzo mostrato un variegato mondo interiore e una vena poetica dell’animo. Il suo immaginario elegiaco, a tratti malinconico, si è sempre fuso e confuso con la sua vita e si rivela ancora, non solo nelle pagine da lui scritte con evidenti tratti distintivi, ma anche nelle parole della sua quotidianità, nella quale non c'è mai traccia di bassezza alcuna.
Rifuggendo dalla facile polemica nei confronti dei fenomeni sociali, Filippo trasmuta in racconti decifrabili la sua inventiva e forse per questo non si sforza di concepire un linguaggio nuovo. Gli basta esplorare la propria interiorità e i diversi stimoli narrativi
che l’hanno colpita e oltrepassata.
Da amico gli auguro di continuare così, di inseguire i suoi obiettivi e di raccogliere il meglio dai suoi sogni realizzati.
Tommaso A. Galiani
"Chi è analfabeta,
a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria.
Chi legge avrà vissuto 5000 anni.
C'era quando Abele uccise Caino,
quando Renzo sposò Lucia,
quando Leopardi ammirava l'infinito...
perché la lettura è un'immortalità all'indietro."
Umberto Eco
Primo Tuffo
la preparazione al via
Si corrode il cuore quando non lo si nutre d'amore, ma è nel ricordo di un ultimo bacio o di un abbraccio intenso che tutto comincia a guarire e quel battito che prima era debole e stanco, comincia a farsi più forte.
In questo prezioso attimo desideriamo rivivere parte di un passato così lontano dagli occhi, ma così vicino nei nostri ricordi tanto da sentirci attraversare dalla moltitudine delle parole che ascoltiamo e che, tra loro, sanno intrecciarsi e costruire le trame di milioni e milioni di vite.
Questa connessione di voci avvia un processo di trasformazione dei nostri stati, una metamorfosi che ci porta a diventare un po' come le persone che frequentiamo e che abbiamo conosciuto nel tempo. In ogni piccola parte di quel che siamo c'è un po' della stravolgente essenza del nostro pianeta con i suoi canovacci che racchiude in sé il concatenarsi di azioni, rischi, emozioni, sperimentazioni, possibilità, arrivi e partenze.
Siamo l'uno parte del tempo dell'altro e nell'accogliere le differenze, nel riparare uno strappo affettivo, nel salvaguardare la bellezza di ogni istante e nella coscienza di ogni gesto ci si accorge di respirare un po’ di quell’aria che sa di insoddisfazione e compassione. Alcune cose inizialmente importanti diventano di poco valore e la vita di tutti giorni si presenta come una continua scoperta che si tinge di tutte le emozioni e i colori del mondo.
Si resta con gli occhi sbarrati su un tramonto solitario con il dolore di un passato che ci ha fortemente ferito, con quella stanchezza di sonni agitati e la paura di poter nuovamente cadere e perdere qualcosa delle nostre vite.
Mi chiamo Berta, sono nata a Praga e con l’inizio della primavera del 1969, insieme alla mia cara amica Olga, decidemmo dopo giorni di sofferenze e timori di lasciare la regione Boemia e prendere un aereo diretto per l’Italia.
Non ci sentivamo libere di proseguire, perché davanti a noi non vi era una meta precisa. Forse il poter giungere a ventisette anni in un nuovo Stato, ci avrebbe coinvolte, quasi trascinate a vivere nuove esperienze e probabilmente il dolore causato dalla perdita dei nostri cari, avrebbe preso le forme di uno di quei tanti ricordi che con il susseguirsi dei giorni un po’ sbiadiscono. Abbiamo sempre nutrito dei dubbi a tal proposito. Per molto tempo sentivamo solo la presenza dei nostri due cuori e di una luce, quella della speranza che cercava di tracciarci la strada per andare avanti a testa alta.
Non avevamo mai osservato la bellezza del cielo dalla visuale di un aereo diretto verso una nuova città più sicura che ci avrebbe accolte ed educate a far spazio a giorni completamente nuovi.
Abituate, fino a qualche ora prima, a rivolgere lo sguardo verso l’alto, eravamo lì perse come quelle stesse nuvole tutte intorno a trovare un qualsiasi appiglio sinonimo di sicurezza.
Consapevoli della grandezza del cielo, decidemmo da quel momento di cucirci addosso una coperta immaginaria che ci avrebbe protette nei giorni a venire e così, mentre le prime gocce di pioggia scendevano copiose e sempre più forti, comprendemmo che la vita non è così ovvia come sembrava ai nostri giovani occhi.
Lo sguardo fisso, sui finestrini di quell’aereo, di due giovani donne iniziava a perdersi tra le nuvole che sembravano percepire le nostre ansie. Il volo ci avrebbe portate lontane dalla nostra amata terra, ma non dalle nostre paure.
Tutto in quel momento poteva sembrare assurdo, perché in fondo quella partenza non se l’aspettava nessuno. Alcuni giorni prima eravamo lì, nelle nostre case, sedute a tavola con le nostre famiglie e le voci e i gesti di una vita quotidiana che percorreva sempre le solite strade senza l’idea di porsi domande lontane dalle già esaurienti risposte.
Due amiche inseparabili che insieme alle nostre famiglie riuscivamo ad organizzare pranzi e cene allestendo serate a tema, a giorni alterni, nelle nostre rispettive case. Ogni giorno era per tutti noi un giorno di festa e superando reciprocamente le piccole difficoltà, riuscivamo sempre a trovare quel pizzico di ottimismo che bastava per mandare avanti tutto.
Lasciammo Praga guardandoci negli occhi lucidi pieni di quella amara e abbondante porzione di commozione. Bruciavano i nostri silenzi, i ricordi e il dolce suono delle risate tra un dove siete?
rivolto ai nostri familiari. Camminando accanto alle nostre vite, tenendo stretti i ricordi, tra tutti quei giorni, i mesi e le stagioni abbiamo sempre continuato a cercare il loro sorriso. Lo cercavamo tra i mille volti che incontravamo e nel chiamare i loro nomi ci accorgevamo che c’era solo l’eco a risponderci.
L’aereo ci allontanava dall’oscurità dei fumi di guerra e il nostro viaggio, come un perfetto sconosciuto, non era al corrente di ciò che il nostro futuro ci riservava.
La guerra sconvolse le nostre vite e non diede la possibilità ad una piccola creatura di poter ammirare l’intensa e naturale luce del sole.
Olga perse