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Il Sangue Rosa. La strage delle donne
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E-book265 pagine3 ore

Il Sangue Rosa. La strage delle donne

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Info su questo ebook

Non è facile staccarsi da una persona che abbiamo amato per anni, nonostante la stessa continui a farci del male. Nessuna donna però dovrebbe provare pietà per un uomo che, pur promettendole amore, l’ha ingannata privandola della dignità e del diritto alla vita. Nel 2013 sono state 177 le vittime di femminicidio in Italia. Nel mondo, 125 milioni di bambine e donne hanno subito una forma di mutilazione genitale e ogni anno in India si verificano sovente casi di infanticidio e aborto selettivo.
Francesca Porco documenta uno tra i fenomeni più difficili da debellare raccontando il dramma che ha coinvolto la piccola Fabiana Luzzi e le tante donne uccise senza alcuna pietà da partner o ex-partner, nel tentativo d’indagare (anche attraverso l’intervento di esperti quali criminologi, psicologi e autorità) sui fattori che spingono uomini, i quali si dichiarano innamorati, a compiere simili atrocità. “Il sangue rosa” è il sangue di donne innocenti impietosamente versato per colmare il vuoto di quegli uomini incapaci di accettare un rifiuto, dove l’escalation violenta è solo l’atto finale di un’odissea fatta di minacce, limitazioni, tormenti, violenze psicologiche e fisiche. Uomini di questo tipo sono incapaci d’amare. Il loro è un amore malato, una dipendenza, un’ossessione che genera possesso e distruzione. Esistono dei segnali in un rapporto di coppia che lasciano intuire l’esistenza di un pericolo. È allora che bisogna trovare quel coraggio, che appartiene da sempre alle donne, di reagire denunciando il proprio aggressore. È questo il più grande atto d’amore verso se stesse. Un’opportunità per credere ancora che esista qualcuno degno del nostro amore.
LinguaItaliano
Data di uscita15 mag 2014
ISBN9788868221904
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    Il Sangue Rosa. La strage delle donne - Francesca Porco

    FRANCESCA PORCO

    IL SANGUE ROSA

    La strage delle donne

    Proprietà letteraria riservata

    © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    Edizione eBook 2014

    ISBN: 978-88-6822-190-4

    Via Camposano, 41 - 87100 Cosenza

    Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672

    Siti internet: www.pellegrinieditore.com

    www.pellegrinilibri.it

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    "Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi, Signori, davanti ad una Donna.

    E non bastasse questo, inchinatevi ogni volta che vi guarda l’anima, perché Lei la sa vedere, perché Lei sa farla cantare. In piedi, Signori, ogni volta che vi accarezza una mano, ogni volta che vi asciuga le lacrime come foste i suoi figli, e quando vi aspetta, anche se Lei vorrebbe correre. In piedi, sempre in piedi, miei Signori, quando entra nella stanza e suona l’amore e quando vi nasconde il dolore e la solitudine e il bisogno terribile di essere amata. Non provate ad allungare la vostra mano per aiutarla quando Lei crolla sotto il peso del mondo.

    Non ha bisogno della vostra compassione.

    Ha bisogno che voi vi sediate in terra vicino a Lei e che aspettiate che il cuore calmi il battito, che la paura scompaia, che tutto il mondo riprenda a girare tranquillo. E sarà sempre Lei ad alzarsi per prima e a darvi la mano per tirarvi su in modo da avvicinarvi al cielo, in quel cielo alto dove la sua anima vive e da dove, Signori, non la strapperete mai".

    William Shakespeare

    PREFAZIONE

    di Arcangelo Badolati

    La violenza sulle donne è un fenomeno in costante aumento nel nostro Paese. Nel Meridione d’Italia l’area dove i numeri raggiungono livelli parossistici è la Calabria. Minacce, percosse, stalking e omicidi si susseguono rivelando costi, in termini umani ed economici, spaventosi. Nel novembre del 2013 la United Nation Economic and Social Council ha calcolato quanto, in pochi anni, i delitti compiuti contro le donne abbiano complessivamente pesato sulle casse dello Stato. Le cifre, che non hanno bisogno di commenti, sono queste: 460 milioni per ricoveri al Pronto soccorso e cure successive; 158 per assistenza psicologica; 44 per farmaci; 235 per gestire indagini, prendere denunce e intervenire in occasione di vicende spiacevoli; 421 per le spese giudiziarie sostenute nei tre gradi di giudizio; 154 spesi dai Comuni per sostenere l’assistenza sociale; 7 per finanziare i Centri antiviolenza. Se, dunque, questo è il disarmante quadro nulla appare più necessario di promuovere una cultura collettiva contro la violenza di genere soprattutto in una regione dove gli episodi criminosi di bassa e alta intensità si ripetono con inquietante frequenza. Il progetto Il sangue rosa promosso dall’associazione Animed, dalla Prefettura di Cosenza e dal comando provinciale dell’Arma è stato il primo, concreto, esempio lanciato in Calabria in questa direzione. Decine le scuole coinvolte, centinaia gli studenti chiamati a confrontarsi con esperti ed investigatori. Un lavoro elefantiaco raccontato nel volume di Francesca Porco, giornalista di razza, che ha seguito tutta l’evoluzione dinamica dell’iniziativa. Il libro racconta, con un ritmo letterario che è a metà tra il romanzo e il saggio, di testimonianze ed incontri, approfondendo con costanti richiami alla letteratura il tema della violenza di genere. Ma delineiamo le figure e le tipologie degli autori dei crimini. Chi sono gli stalker?

    Uomini capaci di riservare molestie ossessive a ex-partner, potenziali fidanzate, rivali in amore, avversari nei luoghi di lavoro. Il Cosentino vanta un record: sono, infatti, 370 i casi di stalking denunciati in quattro anni. L’ultimo, in ordine di tempo, vede come vittima una insegnante in pensione diventata, suo malgrado, l’oggetto di desiderio d’un signore che ha cominciato a perseguitarla con telefonate, a casa e sul cellulare, pedinamenti, comparsate mentre la donna si trovava in compagnia dei familiari. L’autore è stato prima denunciato e, adesso, rinviato a giudizio.

    Non è andata meglio a una magistrata onoraria, ritrovatasi con tutta la sua famiglia al centro delle ossessive attenzioni di una studentessa rendese di 33 anni che per mantenersi all’università faceva la cameriera in un bar. La donna, innamorata del marito della togata, è divenuta un autentico incubo per l’intero nucleo familiare. La trentatreenne, infatti, mirava a disintegrare l’unione della coppia per impossessarsi del coniuge della rivale. Il due giugno dello scorso anno è finita agli arresti domiciliari.

    Altrettanto clamoroso il caso che ha visto questa volta come vittima una avvocatessa perseguitata per mesi da una studente universitario venticinquenne con cui in precedenza aveva mantenuto un’affettuosa amicizia. Il ragazzo ha costretto la professionista a cambiare numero di cellulare ed a staccare, ogni notte, per settimane, il telefono di casa. Nell’estate del 2011, invece, la magistratura è stata costretta ad intervenire per imporre ad un uomo, piantato dalla fidanzata, di non frequentare alcune vie della città. Non rassegnandosi, infatti, alla fine del rapporto affettivo, lo stalker pedinava la ragazza (una studentessa), la bombardava di telefonate mute ed sms, l’aspettava sotto casa.

    Per le stesse ragioni, poco tempo prima, il Gip aveva addirittura imposto ad un altro soggetto il divieto di dimora a Cosenza. Nel mirino, in questo caso, era finita una donna medico con la quale lo stalker aveva in passato avuto una relazione amorosa. L’uomo andava a trovarla in ospedale, le inviava fiori, messaggi sulla posta elettronica, la seguiva per strada.

    Pure Francesco Tenuta, commesso in un negozio del centro, è stato vittima di uno stalker. Un persecutore questa volta letale. Ettore Cavalcante, con il quale aveva in precedenza mantenuto una relazione amorosa, l’ha infatti massacrato a coltellate in via Cattaneo, davanti alle finestre della Questura, il 16 giugno del 2009. Per mesi, dopo che s’erano lasciati, l’omicida aveva ossessionato l’ex compagno con telefonate, messaggi, inseguimenti per le strade del centro, fino al tragico epilogo.

    La tipologia di stalker

    Gli approfonditi studi compiuti per interpretare, codificare e neutralizzare gli stalker hanno consentito d’individuarne diverse tipologie. Analizziamole. La prima è quella del risentito, il cui comportamento è improntato dal desiderio di vendicarsi di un danno o di un torto che ritiene di aver subito. Si tratta di una categoria piuttosto pericolosa che può ledere prima l’immagine e poi il fisico della vittima. Il molestatore, in questo caso, è infatti incapace di compiere un’accurata analisi della realtà perché il risentimento gli fa considerare giustificati i propri comportamenti. La seconda tipologia è quella del bisognoso d’affetto che vede come protagonista un soggetto alla ricerca di una relazione o di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore. La terza categoria di persecutore è quella del corteggiatore incompetente che tiene un comportamento alimentato dalla sua scarsa o inesistente competenza relazionale che si traduce in comportamenti opprimenti, espliciti e, quando non riesce a raggiungere i risultati sperati, anche suggestivi e villani. Questo tipo di molestatore è generalmente meno resistente nel tempo nel proseguire la persecuzione della vittima, ma tende a riproporre i propri schemi comportamentali cambiando persona da molestare. Esiste poi il respinto, un persecutore che diventa tale in reazione ad un rifiuto. È in genere un ex che mira a ristabilire la relazione oppure a vendicarsi per l’abbandono. Spesso oscilla tra i due desideri, manifestando comportamenti estremamente duraturi nel tempo che non si lasciano intimorire dalle reazioni negative manifestate dalla vittima: la persecuzione infatti rappresenta comunque una forma di relazione che rassicura rispetto alla perdita totale, percepita come intollerabile. Infine è stata individuata la tipologia del predatore, caratterizzata da un molestatore che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di stalker che prova un senso di potere nell’organizzare l’assalto. Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere compiuto anche da persone con disturbi nella sfera sessuale, quali pedofili o feticisti.

    Stalker e femminicidi

    Nell’area settentrionale della Calabria s’è registrato, negli ultimi sedici anni, il numero più alto di femminicidi legati anche a episodi di stalking. Donne giovani e anziane sono state ammazzate da compagni, mariti o fidanzati mossi da ragioni di gelosia o d’interesse. Nel luglio del ’99, Franco Vigna, rivenditore di auto, uccise a pochi passi dall’ospedale dell’Annunziata, la moglie che faceva l’infermiera. La coppia era in crisi e s’avviava alla separazione. Vigna utilizzò una pistola calibro 7,65 e, dopo il delitto, si rifugiò in Sila. Dove s’uccise. Nel dicembre del 2002, sulla Statale 107, la giornalista televisiva Maria Rosaria Sessa venne accoltellata a morte dall’ex fidanzato, Corrado Bafaro. La vittima aveva da poco troncato il rapporto sentimentale con l’omicida e non voleva saperne di riallacciarlo. La scelta di rottura le costò la vita. Bafaro s’impiccò poche ore dopo, in una villetta disabitata. Nel novembre del 2010, in un appartamento di Montalto, un disoccupato di origine padovana, Nicola Sorgato, strozza la convivente, Tiziana Falbo di 37 anni, al termine di un litigio scoppiato per motivi banali. L’uomo fugge poi in auto dalla Calabria e viene arrestato dalla polizia a Bologna. Passa meno di un anno e, nel settembre del 2011, a Luzzi, un autista di bus, Emilio Tolmino, assassina la ex compagna, Adriana Festa, con due colpi di pistola. La ragione? La donna l’ha lasciato. Il 26 marzo del 2013, a Saracena, un cinquantunenne, Pasqualino Giannieri, ammazza la ex suocera, Maria Carmela D’Aquila, 70 anni. L’omicida è convinto che la pensionata sia la causa vera della rottura con la ex compagna. Il successivo 24 maggio Fabiana Luzzi, 16 anni, viene prima ferita a coltellate e, poi, bruciata viva a Corigliano dall’ex fidanzato pure lui sedicenne. A tutti questi delitti non può che aggiungersi lo stupro e l’uccisione di Roberta Lanzino. Un crimine ancora impunito dopo 26 anni...

    UN ANGELO VOLATO IN CIELO

    L’amore agape: il principio della vita

    L’umanità intera discende dalle stelle, nella misura in cui ogni atomo del nostro corpo proviene dall’esplosione di un’antica supernova che ha generato gli elementi di cui siamo composti. Elementi come il carbonio, l’idrogeno e l’ossigeno alla base della vita di piante e animali e, insieme a loro, ci restituiscono all’universo intero. Proprio come accade con le stelle. William Shakespeare scriveva: Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita. Stirpe del fuoco cosmico e vita della morte di un corpo celeste, siamo dunque tutti figli delle stelle. Uguali gli uni con gli altri. «E voi, cari ragazzi, siete dei giovani che si affacciano alla vita. Rifletto sull’amore incondizionato che ogni genitore nutre verso il proprio figlio. Un amore che dà soltanto, senza pretendere nulla in cambio. È un amore agape che si basa sul principio della vita. Confidatevi con i vostri genitori. I mutamenti che avvengono durante la fragile età dell’adolescenza sono intensi e significativi, perciò rifugiatevi in noi che possiamo essere il vostro scudo, il vostro porto sicuro, la vostra ancora di salvezza. Rifugiatevi in noi che abbiamo già un vissuto e possiamo perciò comprendere ciò che vi accade. Rivolgetevi agli insegnanti, agli educatori perché vi ascolteranno e cercheranno di aiutarvi. In questa vita dura, spesso crudele, ciò che deve prevalere non è l’odio, bensì l’amore».

    Il messaggio di umanità, di pace, di riconciliazione col mondo è quello che proviene da Mario Luzzi, un padre disperato. Un padre a cui la vita ha sferrato il colpo più duro da incassare: la perdita prematura di un figlio. Un uomo dilaniato dal dolore che continua a stupire per il suo coraggio e per la sua inesauribile forza, alimentati dal desiderio di ottenere giustizia. Per la sua famiglia e per quell’angelo volato in cielo troppo presto, l’unica possibilità per rendere più sopportabile quel dolore lancinante è una giusta sentenza di condanna. Ogni giorno combatte la sua battaglia con un’unica arma: l’amore che definisce «la spinta più forte che traina il mondo intero. La spinta più grande che fa essere vittoriosi nella vita». L’unica arma possibile per sconfiggere il male. Il suo intervento all’Istituto Tecnico Luigi Palma di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza, la scuola che frequentava sua figlia, ci regala la più grande lezione di vita di tutti i tempi, rivolta a quanti sono ancora intrappolati in una cultura sbagliata che affonda le sue radici nel patriarcato e non solo. Allo Stato, alle istituzioni, agli schieramenti politici, ai cittadini tutti e a coloro i quali sono imprigionati nell’avidità, nella malvagità, nel rancore e nell’inevitabile senso di solitudine di cui l’umanità è vittima e colpevole. «Ciò che mi aspetto sono delle condanne. Condanne eterne. Come quella che è stata inflitta a mia figlia e alle tante ragazze alle quali è stato negato il diritto alla vita», ripete più volte alla stampa Mario Luzzi, il papà di Fabiana. La piccola e dolce sedicenne che l’ex fidanzato ha deciso di portargli via per sempre.

    Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

    Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

    questa morte che ci accompagna

    dal mattino alla sera, insonne,

    sorda, come un vecchio rimorso

    o un vizio assurdo. I tuoi occhi

    saranno una vana parola,

    un grido taciuto, un silenzio.

    Così li vedi ogni mattina

    quando su te sola ti pieghi

    nello specchio. O cara speranza,

    quel giorno sapremo anche noi

    che sei la vita e sei il nulla.

    Per tutti la morte ha uno sguardo.

    Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

    Sarà come smettere un vizio,

    come vedere nello specchio

    riemergere un viso morto,

    come ascoltare un labbro chiuso.

    Scenderemo nel gorgo muti.

    Cesare Pavese

    Un giorno senza sole

    «Quel maledetto 24 maggio 2013 qualcuno al mattino si è alzato decidendo di uccidere la mia bambina. Fui io stessa ad accompagnarla. Entrò un’ora dopo. Le firmai il permesso e l’ultima immagine che ho di quell’istante è di lei che si allontana con la sua compagna di classe». Rosa Luzzi ripercorre continuamente quel giorno e ogni volta quel dolore la attraversa, la devasta. Chissà quante volte, tornando indietro con la mente, avrà aspettato impaziente sua figlia all’uscita di scuola. L’avrebbe protetta se solo avesse saputo e con il suo corpo le avrebbe fatto da scudo infinite volte. Sarebbe stata disposta anche a vendere la sua anima al diavolo, pur di evitarle tutto quel male. Pur di riabbracciarla anche solo un’ultima volta.

    Quel venerdì non era un giorno come gli altri. Era un venerdì nero, più nero delle tenebre. Fabiana entra in classe. Saluta tutti, scherza con i compagni, segue le lezioni come sempre. È serena o, almeno, così sembra. Immagina l’estate, il caldo afoso della stagione più bella che spera le regalerà giornate in riva al mare, serate divertenti con gli amici, momenti spensierati. L’unico pensiero a preoccuparla, forse, è quello di una storia ormai finita. Un amore che qualche tempo prima le aveva regalato forti emozioni, ma che l’aveva già fatta soffrire. Il rapporto con Davide non era andato come sperava, ma quel ragazzo, ormai, faceva parte del suo passato. All’uscita di scuola, però, ad aspettarla c’è proprio lui. Vuole parlarle ed è ansioso di vederla. Quell’incontro inaspettato, preludio di un dramma, la vedrà vittima di un terribile destino senza avere alcuna colpa se non quella di essersi fidata, ancora una volta, di un ragazzo con cui aveva condiviso momenti di tenerezza. Ma lei questo non può saperlo. Bella, giovane e spensierata come qualsiasi ragazza della sua età, non ha l’esperienza necessaria per riuscire ad intuire le insidie del male. Non immagina nemmeno cosa possa voler dire per qualcuno sentirsi rifiutato.

    Non conosce malizia e perciò non avverte il pericolo che si camuffa dietro l’invito di un giro sul motorino, così come aveva fatto tante altre volte prima di quel giorno. Quel ragazzo era stato il suo fidanzatino. Uno di quegli amori che a quell’età fanno battere forte il cuore, mancare il fiato, toccare il cielo con un dito e, nello stesso istante, rendere talmente fragili da far crollare ogni certezza e riempire gli occhi di lacrime. Quegli amori che in adolescenza deludono, ma aiutano a crescere. Quell’occasione, probabilmente, voleva essere per Davide quella giusta per chiarirsi e ricominciare. E così, in una campagna nascosta di contrada Chiubbica, lontani da occhi indiscreti, finisce il loro viaggio iniziato lungo quella strada che li ha visti insieme per l’ultima volta. Ma Fabiana non può pensare che quella, in realtà, sarà l’ultima volta che guarderà il mare con l’ingenua convinzione di sentirsi libera come un delfino, capace di scegliere in quali acque nuotare. No. A lei non è stata nemmeno concessa la libertà di decidere chi voler amare. Quel ragazzo ossessionato dalla sua bellezza, dalla sua innocenza, non ha accettato il suo rifiuto. Sembra come impazzito. In preda all’ansia di perderla per sempre cerca di convincerla ma lei è decisa, non vuole ripetere lo stesso errore. Non vuole riallacciare quella relazione. La conversazione tra loro diventa una discussione accesa che degenera sempre di più. I toni s’inaspriscono e la rabbia di Davide si fomenta al punto tale da oscurare la ragione e legittimarlo a diventare uno spietato giustiziere. Quell’uomo, che pretende amore senza donarne, perde completamente il controllo.

    In un attimo, il pensiero folle. Un pensiero compulsivo ossessivo che lo autorizza a scagliarsi contro Fabiana, come fosse di sua proprietà. Sì, perché Davide la controllava, la pedinava, l’assillava già da tempo. A gennaio l’aveva anche picchiata e per questo era già stato denunciato dai genitori della vittima. Quell’incontro per lui è l’ultimo tentativo per riappropriarsi di colei che reputava la sua donna da sempre. Così, l’ennesimo scontro verbale diventa fisico e, poco dopo si trasforma in tragedia. Davide si trasforma in uno spietato assassino incapace di accettare la fine di un rapporto. Un mostro dalle mani prepotenti e frenetiche guidate da una forza incontrollabile. Un’irrefrenabile reazione causata dal rifiuto di un amore asfissiante. Una violenza inaudita, alimentata da un odio così profondo che non accenna a placarsi se non attraverso la vendetta. Attimi di pazzia gli fanno perdere ogni ragione, impugnare un coltello e penetrare quel corpo indifeso. Con quel coltello, sinonimo di egemonia sulla donna, può finalmente dimostrare di essere uomo, maschio, padrone, forte. Tanto forte da colpirla ripetutamente e con fervore. Una, due, tre, quattro, cinque. Ventiquattro volte. Ventiquattro fendenti, sferrati uno dietro l’altro per sfogare la sua ira con veemenza, per assecondare il macabro desiderio di vederla soffrire dal dolore, logorano quel corpo fragile e lo sporcano di sangue. L’immagine di quel gesto lo ritrae freddo al punto tale da non ascoltare quelle urla disperate che gli implorano pietà. No, lui vuole solo amplificarne la disperazione.

    Quelle ventiquattro coltellate, scriveranno in seguito all’autopsia, effettuata dal dottor Massimo Rizzo, medico legale incaricato dalla procura di Rossano, l’hanno attinta alle braccia, alle spalle, all’interno delle cosce e al torace. Nessuna di loro è risultata essere mortale visto anche la lama del coltello usato dal Morrone di circa cinque centimetri. Solo quattro i fendenti che hanno toccato organi vitali. Due coltellate hanno raggiunto il fegato, una il rene e l’altra la milza.

    Poi l’assassino si allontana, scappa e lascia giacere a terra, avvolto nel sangue, quel corpo che ancora a stento riesce a muoversi. Fabiana sente il dolore nelle sue carni. Avverte il vento che le accarezza i lunghi capelli e quel suo viso etereo. Ha paura. Trema. Spera che qualcuno possa salvarla da quell’inferno, che qualcuno possa ascoltare quelle urla disumane mentre riversa sull’erba, immobile

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