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Fiori di mango
Fiori di mango
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E-book180 pagine2 ore

Fiori di mango

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Info su questo ebook

Gloria e Stella hanno bisogno di prendersi una pausa dopo l’ultimo periodo burrascoso. Gloria non ne può più del rapporto con suo marito e la mancanza di un figlio che tanto desidera è motivo di tensioni continue. Stella, dal canto suo, è reduce dall’ennesima delusione sentimentale, e come è nella sua indole si sta sempre più chiudendo al mondo esterno. Ma la forza del loro legame di amicizia le convince a partire insieme per un viaggio in Kenya. Gloria vuole scoprire le sue radici che affondano proprio in quei luoghi così affascinanti ed enigmatici. A far loro compagnia nel resort dove alloggiano c’è anche il cugino di Gloria, Lorenzo, un conduttore televisivo di successo, alle prese anche lui con una vita coniugale in crisi.
Tra pranzi a base di prelibatezze locali preparati da nonna Edith, gite alla scoperta delle meraviglie naturali e visite presso luoghi di sofferenza e di rinascita, come un orfanotrofio, quella che era iniziata come una vacanza diventa qualcosa di più, un viaggio all’interno di se stessi, stimolato da quella babele di cultura, tradizioni, sapori
e colori che è il Kenya. Per chi come loro proviene da una delle tante città occidentali, scoprire un mondo così diverso è un colpo alle proprie credenze e abitudini di vita, tanto che sarà necessario un vero e proprio percorso spirituale per capire come ricominciare a vivere serenamente e senza paure. Quella paura che proprio in Kenya deflagra quando un attentato terroristico squarcia la tranquillità apparente di una realtà lontana dal caos e dalla violenza...

Isabella Schiavone è una giornalista del Tg1. Il suo primo romanzo Lunavulcano (Lastarìa Edizioni) è stato pubblicato nel 2017. Ha ricevuto il Premio “Un Libro per il Cinema” ed è stato candidato al Premio Strega nel 2018. Come giornalista ha vinto, tra gli altri, il Premio Luchetta Hrovatin con un’inchiesta sulla droga a Scampia, il Diversity Media Awards per un servizio sull’omosessualità e il Premio Amato Lamberti per la responsabilità sociale nel giornalismo. Ha insegnato Teoria
e tecnica del linguaggio televisivo nel Master in giornalismo e comunicazione pubblica dell’Università degli Studi di Tor Vergata. Da grande vorrebbe vivere in un eremo, scrivere e parlare in francese con i gatti.
LinguaItaliano
Data di uscita15 giu 2020
ISBN9788899706784
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    Fiori di mango - Isabella Schiavone

    Verve

    Isabella Schiavone

    Fiori di mango

    © Lastarìa Edizioni srls, 2020

    Tutti i diritti riservati

    Lastarìa Edizioni

    Viale Libia 167 - 00199 Roma

    info@lastaria.it

    www.lastaria.it

    I Edizione digitale: giugno 2018

    Isbn: 978-88-99706-78-4

    Gloria e Stella hanno bisogno di prendersi una pausa dopo l’ultimo periodo burrascoso. Gloria non ne può più del rapporto con suo marito e la mancanza di un figlio che tanto desidera è motivo di tensioni continue. Stella, dal canto suo, è reduce dall’ennesima delusione sentimentale, e come è nella sua indole si sta sempre più chiudendo al mondo esterno. Ma la forza del loro legame di amicizia le convince a partire insieme per un viaggio in Kenya. Gloria vuole scoprire le sue radici che affondano proprio in quei luoghi così affascinanti ed enigmatici. A far loro compagnia nel resort dove alloggiano c’è anche il cugino di Gloria, Lorenzo, un conduttore televisivo di successo, alle prese anche lui con una vita coniugale in crisi.

    Tra pranzi a base di prelibatezze locali preparati da nonna Edith, gite alla scoperta delle meraviglie naturali e visite presso luoghi di sofferenza e di rinascita, come un orfanotrofio, quella che era iniziata come una vacanza diventa qualcosa di più, un viaggio all’interno di se stessi, stimolato da quella babele di cultura, tradizioni, sapori e colori che è il Kenya. Per chi come loro proviene da una delle tante città occidentali, scoprire un mondo così diverso è un colpo alle proprie credenze e abitudini di vita, tanto che sarà necessario un vero e proprio percorso spirituale per capire come ricominciare a vivere serenamente e senza paure. Quella paura che proprio in Kenya deflagra quando un attentato terroristico squarcia la tranquillità apparente di una realtà lontana dal caos e dalla violenza…

    Isabella Schiavone è una giornalista del Tg1. Il suo primo romanzo Lunavulcano (Lastaria Edizioni) è stato pubblicato nel 2017. Ha ricevuto il Premio Un Libro per il Cinema ed è stato candidato al Premio Strega nel 2018. Come giornalista ha vinto, tra gli altri, il Premio Luchetta Hrovatin con un’inchiesta sulla droga a Scampia, il Diversity Media Awards per un servizio sull’omosessualità e il Premio Amato Lamberti per la responsabilità sociale nel giornalismo. Ha insegnato Teoria e tecnica del linguaggio televisivo nel Master in giornalismo e comunicazione pubblica dell’Università degli Studi di Tor Vergata. Da grande vorrebbe vivere in un eremo, scrivere e parlare in francese con i gatti.

    1

    L’aria era appiccicosa. Lei si girava e rigirava nel letto enorme, cosparso di petali lilla per il suo arrivo. La zanzariera le dava la sensazione di essere dentro ad un bozzolo. Le mancava l’aria.

    Ma perché diavolo sono venuta qui?, si chiese. C’è umidità, l’oceano è sporco, c’è vento. E quell’Amani alla reception è irritante. Appena sono arrivata mi ha a malapena salutato.

    Stella, scappa!, le aveva sussurrato una vocina interiore il giorno prima. Allontanati. O ne uscirai a pezzi. Ancora più a pezzi di quanto tu già non stia. Così aveva accolto il suggerimento di Gloria: «Vado in Africa dai miei parenti. Fai il biglietto e vieni con me. Ti farà bene». Non ci aveva pensato due volte: dopo un paio d’ore, biglietto pronto e valigie fatte. Doveva assolutamente allontanarsi da quella persecuzione iniziata un anno prima.

    Quando si erano incontrati nessuno dei due immaginava cosa sarebbe accaduto. Lui pittore, lei ufficio stampa a contratto di un museo. Un incontro di lavoro per definire un accordo tra il laboratorio di pittura e la struttura, una specie di scambio: lui avrebbe esposto le sue opere periodicamente nel museo e avrebbe dipinto in una stanza al centro della sala con vetri trasparenti, come immerso in una bolla visibile ai visitatori. Un atelier a cielo aperto, protagonista il suo lavoro. Lei doveva pubblicizzare questa novità nel modo migliore. Era arrivata insieme al direttore del museo, il vecchio professore universitario di mezza età Antonio, così educato, colto, raffinato, e alla moglie Rita, donna vivace e arguta. Aveva toccato le stoffe con cui erano ricoperti i quadri e aveva pensato, mordendosi il labbro inferiore come a soffocare le parole, che fosse l’ennesima trovata pubblicitaria per non far morire il piccolo museo di provincia. Finché un quadro in rilievo aveva catturato la sua attenzione: il profilo di una donna con la folta chioma al vento. Si poteva immaginare persino di toccarne i capelli, così morbidi e setosi. E quello sguardo materno, così carico di amore. Lo aveva trovato struggente.

    Gianni, il suo autore, era sembrato rassicurato da questa attenzione inaspettata ad un’opera gettata lì in un angolo, una delle prime. Una sperimentazione. Quando provava a foderare i suoi disegni in una specie di collage pittorico ispirato dagli effaçage del suo Maestro Mimmo Rotella. Prima ancora che quei bislacchi dipinti diventassero popolari bassorilievi delle opere più famose in circolazione e il grande artista non gli rivolgesse più la parola per quell’onta prima culturale e poi artistica.

    C’era stato il pranzo, dove Stella studiava in silenzio il volto e i movimenti di Gianni, sottili, discreti, incisivi. Avevano preso accordi per presentare la sua mostra e, poi, il commiato. Fu lì che i due capirono. Al momento dei saluti, in un lungo abbraccio, le loro anime si parlarono e si incontrarono come se si stessero aspettando. L’amore succede. Stella si era diretta al treno tremebonda, le gambe molli, la testa che le girava. Gianni era tornato indietro barcollando. Ma da una ragazza timida e discreta non ci si può aspettare altro che silenzio ed imbarazzo, dopo un’intimità del genere.

    Stella non aveva una relazione significativa da anni, da quando Claudio aveva conosciuto un’altra, dopo tre anni di convivenza e lei lo aveva scoperto attraverso un messaggio: Vorrei ballare con te. Erano bastate queste quattro parole per convincere definitivamente la ragazza a cacciare di casa il suo compagno, sempre più distante da lei, sempre più scontroso, chiuso. Già sei mesi prima lo aveva invitato a prendere un periodo di separazione, dopo che a Forte dei Marmi, dove lei curava per la prima volta un’importante rassegna, lui aveva definitivamente dimostrato di non riuscire a guardare oltre il proprio ombelico. «Caro, mi raccomando», gli aveva detto, «non ostentare alcunché: le persone con cui lavoro sono socialmente impegnate, riservate, intellettuali d’altri tempi. Questo è un battesimo del fuoco per me. Il fatto che la rassegna si trovi in uno dei luoghi più blasonati d’Italia non vuol dire nulla. Lo fanno solo per attirare gente. Non mi mettere in imbarazzo». Detto, fatto. Caro, appena entrato nell’auto che li avrebbe condotti a cena dal proprietario della fondazione, iniziò a sciorinare la sua conoscenza del posto e delle sue abitudini, cercando di dimostrare anche all’autista quanto appartenesse all’upper class, quella dell’ostentazione e dell’apparenza che Stella detestava con tutta se stessa. Una volta a cena dal ricco e raffinato imprenditore, non riuscì a non mettersi al centro dell’attenzione per tutta la serata, ammutolendo la ragazza più di una volta. Almeno stavolta dovrei essere io al centro dell’attenzione, pensava lei. È il mio lavoro. E, invece, no. Il suo ego non si placava nemmeno in quelle circostanze.

    Così la timida Stella, trentacinquenne con aspirazioni da scrittrice provvisoriamente prestata agli uffici stampa per mera sopravvivenza e arruolata a tempo determinato in una ONG per passione, aveva iniziato a prendere le distanze.

    Aveva sofferto, ma era decisa: vedeva sgretolarsi davanti a sé l’idea di famiglia che avrebbe voluto costruire, ma la sua serenità e libertà avevano la precedenza. Che famiglia sarebbe stata? Una delle tante basate sull’apparenza, rapporti tiepidi, magari un’amante (vera vittima, alleata di tante donne inconsapevoli) a fare da sostegno ad un ménage noioso, nel migliore dei casi.

    Dopo la chiusura piuttosto turbolenta della storia aveva fatto delle promesse a se stessa: diventerò vegana e non convivrò mai più. Rifiutava la presenza di carne, dentro e fuori di sé. Ne aveva forse ingerita troppa e i cadaveri non erano ancora stati digeriti del tutto. Era interessata da sempre all’enogastronomia: con il suo ex compagno amavano fare escursioni con gite culinarie. Per lui era una forma di consolidamento della propria posizione sociale, ostentazione anch’essa, per lei uno dei pochi interessi da poter condividere insieme. Lei intellettuale di sinistra, femminista, tendenzialmente sobria e riservata. Lui belloccio di destra, maschilista, arrogante, sempre pronto a fare il dongiovanni. Una madre egocentrica e insopportabile non lo aveva mai fatto sentire al centro della scena, così da adulto ci si era messo da solo, alla perenne ricerca delle attenzioni mai ricevute.

    Avevano dovuto abolire anche la visione dei dibattiti politici per non accapigliarsi. Altro campanello di allarme: come faremo quando avremo un figlio? Abbiamo posizioni e visioni della vita quasi all’opposto, si chiedeva lei.

    Così, quando finalmente lui andò via da casa dopo un’agonia durata mesi, lei riprese in mano la sua vita. Innanzitutto, cambiando lavoro. Dalla ONG che si occupava di diritti umani passò a gestire a tempo pieno l’ufficio stampa di un piccolo museo. Artisti, persone interessanti, nuove iniziative. Ma nessun legame stabile. In verità, nessun innamoramento. Solo dei tiepidi interessi. Gli uomini erano troppo interessati ad avere vicino una mamma, mentre lei era una donna e voleva un rapporto alla pari. Che fosse creativo, di ispirazione, vitale. Di banali compromessi poteva farne a meno: stare da sola era un lusso per lei. Di solitudine non soffriva di certo. Finché non comparve Gianni. Alto, fulvo, secco allampanato, con l’aria scarmigliata e i capelli perennemente al vento, incolti. Un artista introverso e ombroso, che aveva capito fosse necessario, per promuovere il proprio lavoro, apparire socievoli. Così otteneva il buffo risultato di sembrare perennemente in ritardo, come un treno a vapore – abituato a circumnavigare laghi – catapultato per le strade di Tokyo. Se qualcuno faceva un battuta, che in cuor suo riteneva banale (quasi tutte), attendeva un secondo quasi a scacciar via cattivi pensieri sull’interlocutore e il ghigno cupo provocato dal fastidio della mediocrità. Rideva in modo scomposto quando oramai gli altri erano già passati all’argomento successivo, ottenendo un effetto farsesco, che inizialmente lasciava gli altri interdetti per poi risolversi in una fragorosa sghignazzata borghese da parte dei colloquianti. Un grande stress per lui, che però alla fine otteneva quello che gli era necessario per uscir fuori dall’autoreferenzialità artistica: quel po’ di popolarità essenziale per farsi benvolere dal mondo.

    2

    Nel residence dove viveva la famiglia della sua amica Gloria, in Kenya, c’era ogni comodità. A pochi metri, il mare, con le interminabili spiagge di sabbia bianca. Eppure Stella continuava a migrare dal letto alla veranda, dalla quale si godeva di un magnifico spettacolo: una distesa di fiori color arancio e di alberi da frutta esageratamente sproporzionati. Gloria era molto impegnata a trafficare tra cugini, zii e la vecchia nonna, una signora inglese sull’ottantina dalla pelle color bianco latte, in carne, con i folti capelli argentati avvolti in una crocchia e le ginocchia che scomparivano sotto ai rotolini molli arrossati dal sole.

    Gloria era lì proprio per scoprire le sue origini. Lunghi capelli castano chiaro e occhi azzurri avevano poco a che fare con i colori della terra africana. Suo padre era nato nel Sud, a Johannesburg: la sua famiglia si era trasferita presto in Kenya per il lavoro del nonno, un imprenditore edile. Così i parenti paterni Gloria li aveva conosciuti solo da adulta. Suo padre si era trasferito in Italia dopo l’università e aveva sposato sua mamma, dalla quale si era separato poco dopo la sua nascita. Aveva avuto due figli da un’altra donna e non era più tornato dalla sua famiglia di origine.

    Malgrado gli impegni, le ore passate con i cugini e la nonna, Gloria non trascurava la sua amica in crisi sentimentale, sorte che peraltro condividevano, ma che lei aveva provvisoriamente messo da parte per questa nuova ondata di gioia, che la pervadeva, nell’entrare in contatto con le sue radici.

    «Non ho più sogni sentimentali, me li hanno ammazzati tutti», sussurrò Stella dal letto, la prima sera. La loro stanza era molto accogliente: il pavimento in legno chiaro e due letti avvolti dalla zanzariera, con degli intarsi sulla testiera. I comodini erano ricavati da una nicchia nel muro, che aveva – incastonato nella parete – un cassetto in legno per riporre gli oggetti.

    «È normale che pensi questo. È troppo recente il dispiacere, datti tempo. Lui c’è ancora», le rispose Gloria dall’altra parte della stanza, dove la luce fioca le illuminava i profondi occhi blu intenti a studiare l’albero genealogico.

    Si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se fosse andata lì prima. Tra gli intrecci di parentele che coinvolgevano almeno due continenti, vedeva proiettata un’esistenza parallela e misteriosa di un’altra sé. Quella che in cuor suo sentiva di essere, ma che ancora non riusciva a decifrare con chiarezza. Alle abitudini occidentali aveva sempre preferito i richiami esotici. All’individualismo e alla rincorsa forsennata al successo e al potere prediligeva il senso di

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