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Memorie di un assassino seriale
Memorie di un assassino seriale
Memorie di un assassino seriale
E-book359 pagine4 ore

Memorie di un assassino seriale

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Info su questo ebook

"Sai perché ho ammazzato tua moglie?", chiese ironico l'assassino soffermandosi ad osservare il suo interlocutore furente. Dopo una pausa teatrale e uno sguardo altrettanto scenico, che si sollevava dal pavimento sudicio di quello scantinato, verso gli occhi dell'agente, Morgan proseguì il suo racconto: "l'ho uccisa solo per innescare in te il fuoco della rabbia e la voglia di catturarmi. Avevo bisogno di adrenalina, avevo bisogno di rendere la mia caccia più interessante, e avere un cacciatore alle spalle che mi inseguiva avrebbe reso la mia missione molto più eccitate!".

LinguaItaliano
Data di uscita25 lug 2023
ISBN9798223106302
Memorie di un assassino seriale
Autore

Gianluca Morea

Gianluca nasce e vive a Roma. Sin da ragazzo mostra interesse verso l’arte della scrittura che comincia a coltivare scrivendo versi in rima e racconti brevi. Dotato di una fervida immaginazione e di una creatività particolarmente spiccata, riesce a rendere ogni sua opera un vero e proprio viaggio interiore, un’introspezione celata dietro il nero dell’inchiostro che adorna le bianche pagine dei fogli lasciati a testimonianza della sua vera essenza. Oltre a “Lo specchio dell’anima”, l’autore si è cimentato nella produzione e pubblicazione di raccolte di poesie.

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    Anteprima del libro

    Memorie di un assassino seriale - Gianluca Morea

    Copertina ideata e realizzata da Jalluka19

    Fotografia: Jalluka19

    Bibliografia:

    Un dolce stil nuovo

    Raccolta di poesie edito da Amazon 2021 pubblicato con lo pseudonimo Jalluka19

    Raccolta che racconta di Rime

    Raccolta di poesie edito da Amazon 2020 pubblicato con lo pseudonimo Jalluka19

    Lo specchio dell’anima

    Romanzo edito da Amazon 2019 come Gianluca Morea

    Blue

    Raccolta di poesie edito da Amazon 2018 pubblicato con lo pseudonimo Jalluka19

    Io sono la poesia

    Raccolta di poesie edito da Amazon 2018 pubblicato con lo pseudonimo Jalluka19

    Rime trascritte Emozioni tradotte

    Raccolta di poesie edito da Amazon 2017 pubblicato con lo pseudonimo Jalluka19

    Riflessi 141

    Raccolta di poesie edito da Pagine 2015 come Gianluca Morea

    Volevo ringraziarti caro lettore per aver scelto di leggermi, per avermi dato una possibilità e per aver creduto in me.

    Ti prego di lasciare una recensione sul market place dove hai acquistato il mio libro.

    Grazie di cuore

    Gianluca

    Quando ti imbatti in un assassino seriale, nulla può essere dato per scontato, nemmeno il tuo razionale punto di vista. Nessuno può considerarsi al sicuro quando brancola nell’oscurità del proprio animo.

    Gianluca Morea

    Gianluca Morea

    Memorie di un assassino seriale

    Gli inizi...l’assassino fa esperienza

    Sai, ho cominciato ad uccidere gente all’età di dieci anni... le prime vittime furono i miei genitori, morti carbonizzati in un incendio che divampò nottetempo in casa, quella squallida e decadente casa... io riuscii a mettermi in salvo, scappando fuori, subito dopo aver appiccato il fuoco. Fui affidato, attraverso i servizi sociali, ad una famiglia di gente per bene... i miei genitori adottivi, infatti, non potendo avere figli, mi scelsero per adottarmi. Incauta scelta direi..., Morgan interruppe il suo racconto per scoppiare a ridere in modo plateale, come sempre per creare l’effetto scenografico e pomposo del suo racconto. Avevo 13 anni quando mia madre adottiva cadde accidentalmente dalle scale, ruzzolando giù gradino dopo gradino dal secondo piano della nostra lussuosa casa. Fu davvero un godimento sentire il rumore delle sue ossa rompersi nella discesa. La morte fu dovuta alla rottura dell’osso del collo. Che gran peccato! Era una così bella donna, servizievole e amorevole...era dolce e sempre attenta ad ogni mia necessità... persino a quelle necessità fisiche tipiche dell’adolescenze... mi capisci vero?, domandò il malfattore rivolgendosi al suo interlocutore. Carl ascoltava sgomento, gli occhi ancora lucidi per le parole che precedentemente avevano riguardato sua moglie: l’ho ammazzata, si l’ho ammazzata io e con gran gusto! È stato un atto liberatorio e la giusta scintilla per accendere la miccia che ci farà deflagrare entrambi. Infatti, Morgan aveva iniziato il suo racconto proprio per spiegare a Carl il motivo per cui avesse assassinato sua moglie, voleva che il suo interlocutore capisse cosa l’avesse spinto a compiere quel brutale omicidio. Carl, con la mano tremante, brandiva la sua automatica puntando la canna proprio verso il killer. La sua testa era offuscata dal rancore, dai ricordi annebbiati dal dolore e dalla rabbia che cercava di tenere sotto controllo. Era paralizzato, sudava e dimostrava un certo disagio al cospetto di Morgan, il quale ormai inerme, poteva solo usare la sua voce e le taglienti parole per destabilizzarlo. Avanti Carl, sei impietrito? Cosa ti prende? Io ti sto rilasciando la mia confessione, che va oltre ciò che tu eri convinto avessi fatto. Sei sulle mie tracce da 3 anni, durante i quali, oltre ad aver fatto fuori tua moglie ho assassinato altri 7 individui...ma prima di tutto questo, avevo già accumulato molta esperienza, rimpolpando il mio curriculum in maniera ineccepibile, migliorando il mio stile di vittima in vittima. Devi sapere che non ho mai ucciso per il solo gusto di farlo, ho sempre agito scegliendo le mie vittime per le colpe che avevano, i peccati riprovevoli di cui si erano macchiati!, disse l’assassino con fare serio. Dopo la mia matrigna, che uccisi perché mi molestava, e i miei genitori naturali, che pagarono per avermi picchiato e lasciato in uno stanzino per ore e ore, praticamente tutti i giorni della mia giovane vita, mentre loro si drogavano, fu la volta dei miei coetanei. A 15 anni uccisi il mio primo compagno di scuola con una bastonata in piena nuca mentre ci trovavamo a girovagare senza meta e senza interesse nel parco vicino alla statale che divideva la città in due. Il mio compagno di scuola Richard aveva la brutta abitudine di fare il gradasso...sì insomma il bullo, con tutti i ragazzi più piccoli che gli capitavano a tiro, sottomettendoli spesso con le cattive maniere. Era un bastardo violento che picchiava senza scrupoli ragazzi e ragazze, solo per il piacere di farlo... sarebbe diventato un pessimo elemento da adulto. La versione ufficiale fu che fummo aggrediti da un pazzo squinternato che voleva derubarci, io riuscii a scappare mentre il povero Richard non ebbe scampo e fu colpito a morte con un pezzo di ramo di albero trovato proprio nel parco. Era elettrizzante veder sgorgare tutto quel sangue dalla testa del mio amico, un vero piacere vederlo ansimare sdraiato sul fogliame in preda agli spasmi, fu davvero un piacere di gran lunga superiore al rumore delle ossa in frantumi di mia madre adottiva. Così, avvolto da quel piacere, capii che la mia vocazione erano gli omicidi cruenti, avevo bisogno di sangue a fiumi per soddisfare la mia smania di piacere, per far esplodere l’adrenalina nel mio corpo. Mi riusciva bene uccidere e poi mentire per evitare di essere coinvolto nelle indagini...direi un dono naturale!. Poco dopo concentrai i miei sforzi verso un ragazzo che giocava a football nella squadra della scuola, aveva la brutta abitudine di drogare gli amici durante le feste che si organizzavano sovente tra noi, per poi stuprarli, senza che questi poi potessero avere ricordo del fatto. Giravano da qualche tempo strane storie sul conto di Ector, di chiare origini ispaniche. Si diceva fosse gay...ma nessuno poteva credere che uno come lui, bello, atletico e molto macho, fosse in realtà un frocio. Così lo cominciai a tenere d’occhio, più per curiosità che per altro, e mi accorsi che aveva degli atteggiamenti ambigui. Soprattutto rivolgeva attenzioni particolari verso i suoi compagni di squadra, ma senza mai andare oltre sguardi vogliosi e battute piccanti. Sembrava ossessionato dal sesso, ne parlava in continuazione. Poi però, ad una festa, seguendolo con lo sguardo, mi accorsi che nel gentile gesto di prendere da bere ai suoi amici, versò una poverina dentro uno dei bicchieri che stava portando. Mi accorsi che quello che bevve quel bicchiere cominciò a sembrare stanco, spossato al punto di addormentarsi in piedi. Ector allora si offrì di accompagnarlo a casa con la sua auto. Il giorno dopo quel ragazzo era finito al pronto soccorso. Nessuno seppe mai il motivo, ma si vociferava che avesse subito una violenza sessuale da parte di un uomo. Da quel momento non persi più di vista Ector e scoprii che ripeteva la stessa sceneggiata ogni volta che c’era una festa e poi, in un modo o nell’altro, si appartava con la sua vittima ormai semi incosciente. Decisi quindi di intervenire e dopo una delle tante rimpatriate, me ne andai prima per aspettarlo nei pressi di casa sua. Quando arrivò, lo aggredii sbucando fuori dal buio di una siepe e lo accoltellai diverse volte. Lo lasciai li, dopo averlo frugato per inscenare una rapina finita male. Dopo qualche anno, toccò a Jennifer, lei era l’infermiera della casa di cura dove era ricoverata da anni mia nonna, l’unica persona a cui ho voluto bene e che mi abbia mai amato. Bene, l’infermiera era il tipo di donna molto autoritaria, di quelle che ti dicono che i vecchi sono come bambini e quindi vanno trattati con le maniere rudi, anziché con la gentilezza. Beh, mio caro Carl, per fartela breve scoprii che Jennifer maltrattava le anziane che vivevano in quella struttura, compresa la mia dolce nonnina e così decisi che era il caso di intervenire... la tenni d’occhio per un po’, giusto per capire le sue abitudini e poi la feci fuori. Era una domenica sera, lei tornava dalla sala bingo dove aveva passato il pomeriggio in compagnia di qualche amica. La seguii per tutto il tragitto fino a che non arrivammo in una zona scarsamente illuminata, l’aggredii balzandole addosso come un leone fa con la sua preda. Santo cielo che adrenalina in quei momenti! Sono davvero quegli attimi nei quali infliggo le mie punizioni a quelle persone che danno senso alla mia vita. Il martello che sbatteva contro il suo cranio, gli zampilli di sangue che fuoriuscivano da ogni buco che avevo procurato su quella testa inutilmente bionda, che in breve si fece rosso sangue. Una meraviglia assoluta... una goduria unica!. Carl ritrovò la forza per reagire a quel turbinio di parole: sei assolutamente pazzo, e sono incerto se arrestarti o farti fuori... perché non credo tu meriti di vivere, neanche recluso in un manicomio con la camicia di forza addosso!. Ma l’altro sempre più spavaldo rincarò la dose: Carl tu devi uccidermi! Io sono quello che sono e non cambierò mai... resterò per sempre un assassino! Vuoi davvero lasciarmi vivere sapendo quello che ho combinato? Oltre a questi episodi su cui mi sono dilungato, prima di entrare nella tua vita, avevo già ammazzato un’altra dozzina di persone... il problema è che nessuno dava risalto alla mia opera, nessuno metteva in luce i miei omicidi... venivano semplicemente relegati a ordinari casi di morte violenta, di banale delinquenza e criminalità spicciola...questo mi distruggeva! Non sai quanto mi mortificava leggere sui giornali la descrizione così superficiale e banalizzata dei miei comportamenti. Era per me insopportabile restare nell’anonimato, non essere considerato per quello che in realtà sono sempre stato e cioè un giustiziere!".

    La moglie del poliziotto

    Sai perché ho ammazzato tua moglie?, chiese ironico l’assassino soffermandosi ad osservare il suo interlocutore furente. Dopo una pausa teatrale e uno sguardo altrettanto scenico, che si sollevava dal pavimento sudicio di quello scantinato, verso gli occhi dell’agente, Morgan proseguì il suo racconto: l’ho uccisa solo per innescare in te il fuoco della rabbia e la voglia di catturarmi. Avevo bisogno di adrenalina, avevo bisogno di rendere la mia opera più interessante, e avere un cacciatore alle spalle che mi inseguiva, avrebbe reso la mia missione molto più eccitate!. Con queste parole ricche di gusto, quasi tracimanti piacere, l’assassino istillò in Carl la curiosità, che però camminava di pari passo con la rabbia cieca e la frustrazione. Sei un maledetto malato di mente...hai ammazzato mia moglie solo per farti correre dietro mentre ammazzavi altri innocenti? Questo è stato per te? Un cazzo di gioco? Un fottuto maledetto gioco?, il poliziotto esplose d’ira brandendo la sua pistola automatica, puntata verso Morgan seduto in terra piuttosto malconcio. Non è stato affatto un gioco, Carl... la mia era una missione, che però non mi entusiasmava più. Ho dovuto metterci quel pizzico di rischio per farla diventare più interessante..., l’eco prodotto dall’ambiente vuoto generò l’effetto di rendere quelle parole ancora più devastanti, il rimbombo della voce di Morgan entrava prepotente nei timpani dell’agente, amplificando il senso di disgusto che egli provava per quel pazzo assassino. Come un’onda d’urto violentissima che investe un paesaggio, piegandolo al suo volere e violentandolo, riducendolo a vestigia di ciò che era, così la voce di Morgan frantumava ogni barlume di buon senso di Carl, che vacillava pericolosamente tra l’idea di uccidere a sangue freddo quell’uomo, diventando esso stesso un assassino, oppure ammanettarlo per poi lasciarlo marcire in prigione fino alla morte. Si, forse dovrei ucciderti, in fondo nessuno mi potrebbe moralmente biasimare e di certo potrei sempre dire che ho dovuto reagire alla tua violenza nel tentativo di sfuggirmi..., disse armando il cane della sua pistola, l’agente. Morgan, del tutto soddisfatto da quelle frasi appena udite, sorrise con espressione sinceramente felice: allora che aspetti? Fallo! Spara! Coraggio agente spara!. Le esortazioni dell’uomo fecero tentennare Carl, era davvero tentato di porre fine a quella storia e quindi alle sue sofferenze, aveva davvero bisogno di voltare pagina e l’unico modo possibile era che Morgan morisse venendo poi dimenticato per sempre. Sai penso che se ti uccidessi ora, resteresti per sempre nell’anonimato... perché alla fine gli unici indizi della tua colpevolezza riguardano l’assassinio di mia moglie. In nessuno degli altri omicidi, che negli ultimi tre anni si sono susseguiti, può esserci una correlazione con te, in nessun altro caso risulta un tuo coinvolgimento. Solo io so per certo che tu sei il carnefice, solo io ho la consapevolezza che tu sia Apocalisse, ma nessun altro può collegarti alle altre vittime. Quindi se ti sparerò nessuno si ricorderà mai di te, resteresti solo un criminale qualunque che nella sua follia ha ucciso la moglie di un poliziotto. D’altra parte, se ti arrestassi e tu confessassi tutti gli altri tuoi crimini, ascenderesti nell’olimpo dei più feroci e sanguinari serial killer della storia, elevando il tuo nome all’immortalità! E non so se voglio farti questo regalo, disse sprezzante l’agente che continuava ad arrovellarsi il cervello su cosa fosse meglio fare. Quindi devi per forza uccidermi, non vedo alternative, a meno che tu non voglia davvero che uno come me diventi più famoso del papa, sogghignò Morgan con una smorfia di dolore provocato dalla ferita alla gamba che lo debilitava e lo costringeva a rimanere a terra. Poi dopo un lungo sospiro riprese a raccontare: uccidere tua moglie è stato facile... e devo dire piuttosto divertente..., disse ridendo, illuminando l’oscuro seminterrato con uno sguardo acceso dall’eccitazione. Finsi di essere un rappresentante di aspirapolveri e lei ingenua ci credette. A quell’ora di mattina, la strada dove si trova la vostra bella casetta è del tutto deserta, i mariti sono al lavoro, i figli a scuola... solo qualche casalinga che è andata in palestra o dal parrucchiere può gironzolare nei paraggi, magari per portare a pisciare il cane. Tua moglie, da devota donna di casa, era impegnata col vostro bel giardinetto, tutto bello curato. Stava cogliendo dei fiori e potava qualche pianta quando mi sono affacciato al cancello. Non fu difficile persuaderla a lasciarmi entrare in casa, con la scusa della dimostrazione del nuovissimo modello del nostro robot aspirapolvere, Tornado!, disse ridendo di gusto proprio per schernire la sua vittima e il marito che stava ascoltando quel racconto. Una volta in casa la colpii alla testa per tramortirla, poi indossai il camice di plastica e i guanti, per non macchiare di sangue il mio vestito nuovo... non sai quanto sia difficile rimuovere le macchie di sangue dai vestiti... è incredibile!, affermò rabbuiato Morgan. L’agente stava per sbottare, la sua rabbia era ormai al limite della sopportazione, si era deciso a sparare quando l’assassino lo fermò: aspetta ad uccidermi, ora viene il bello del racconto... a te non fu consentito di entrare sulla scena del crimine, perché eri troppo coinvolto. E soprattutto perché lo spettacolo era troppo raccapricciante! Omisero di dirti dei particolari molto interessanti. Il rapporto ufficiale sulla morte di tua moglie a te è precluso, hai avuto soltanto delle imbeccate ufficiose e degli spezzoni di quel rapporto. Ma il carteggio completo e integrale non l’hai mai visto. Così come non ti hanno permesso di vedere il corpo di lei appena ritrovato. L’hai visto solo dopo che fu conclusa l’autopsia... e credimi, ci sono dei dettagli parecchio gustosi!, sussurrò il maniaco. Non voglio sapere un cazzo da te, sei uno sporco bugiardo oltre che un lurido assassino, gridò per far fuoriuscire un po’ della rabbia diventata ormai insopportabile, ma l’altro, vedendo tanta sofferenza, eccitato proseguì: dopo aver indossato i miei abiti...per così dire da lavoro, sistemai il corpo di tua moglie supino sul pavimento, poi con un colpo secco affondai il mio coltello nel suo petto... in quell’istante i suoi occhi si ravvivarono, come se non fosse mai stata così viva, proprio come accade un istante prima di morire, descriveva lussurioso Morgan. Il sangue cominciò a fuoriuscire così copioso che non riuscivo a vedere altro, ma senza perdermi d’animo proseguii. Col coltello ancora nel petto, usando tutta la mia forza, l’ho squarciata fino all’inguine. Che spettacolo meraviglioso... l’avevo letteralmente aperta in due, e potevo vedere i suoi organi interni. Il corpo umano è davvero un’opera d’arte unica e inimitabile... tutto al suo posto, tutto in ordine, ogni organo della forma e grandezza giusta per far spazio agli altri vicini, come i tasselli di un puzzle...la perfezione assoluta!, mentre Morgan dettagliava in questo modo, Carl urlò con quanta più forza aveva nel suo corpo ed esplose un colpo che colpì il suo torturatore alla gamba già ferita, all’altezza del femore. Poi si accostò al muro e poggiandosi con una mano a capo chino, vomitò. L’altro, dolorante per terra, si contorceva dal dolore, ma non mostrava nessuna paura, nessuna remora e proseguì il racconto, con la voce rotta solo dalla sofferenza, quando mi ripresi dalla meraviglia che quella vista mi aveva fatto provare, cominciai la mia opera... tagliai l’intestino e lo estrassi per metterlo tra le sue gambe divaricate, poi fu la volta del fegato che misi in terra vicino al fianco destro, i reni li posizionai vicino il fianco sinistro. I polmoni li adagiai ai lati della testa, mentre il cuore lo racchiusi nelle sue mani raccolte sul grembo sventrato. Dio mio ancora oggi, nel ricordare quelle scene, riesco a rivivere l’esaltazione per quei gesti, il sentimento di onnipotenza, l’indescrivibile piacere che pervase sia la mia mente che il mio corpo... sembrava che stessi in uno stato di grazia.... Carl era ormai in ginocchio, sfinito da quelle parole che lo stavano colpendo come il vento di tramontana sferza gli alberi, ghiacciandone il fogliame. Sapevo che in questo modo avrei messo in moto la caccia all’uomo... ne avevo bisogno... ero così annoiato di uccidere senza che nessuno si interessasse ai miei omicidi, disse in una smorfia di dolore Morgan. Ti stai inventando tutto! Non è vero, questo racconto è pura fantasia... quello che hai descritto non è mai accaduto!, disse con un filo di voce l’agente. Sei sicuro Carl? Allora perché non ti hanno dato l’autorizzazione ad aprire il fascicolo del caso di tua moglie? Perché nessuno ti ha mai fornito dettagli? Perché le tue indagini sono state basate solo su voci di corridoio e resoconti solo parziali delle perizie fatte dal medico legale e dagli agenti che accorsero per primi in casa tua? Avanti sai bene che ho ragione...sai bene che non ti hanno voluto mostrare la verità per paura che perdessi il controllo e la lucidità. Lucidità che ti ha permesso di capire che il colpevole ero io... e ti ha permesso di arrivare a concludere che quella firma, su tutti i luoghi dei delitti di questi tre anni, quella parola Apocalisse, era la mia! Se tu avessi saputo, se ti avessero lasciato vedere cosa avevo fatto in casa tua a tua moglie, beh...saresti impazzito e ora non saremmo qui. Tu saresti in cura da uno strizzacervelli ed io starei sul corpo di qualche altro disgraziato, infliggendogli la mia punizione per i suoi peccati. Carl, seduto in terra, con la testa ciondolante e gli occhi fissi al pavimento, stremato chiese: perché? Perché ti sei accanito così contro di lei? Sei solo un sadico figlio di puttana!. La tua è una domanda pertinente Carl...è vero, lei non aveva commesso nessun atto riprovevole, quindi non avrei dovuto ucciderla, ma... ma mi serviva una scintilla... mi serviva qualcosa che smuovesse l’interesse verso di me in modo così spasmodico da farmi sentire braccato. Non sai quanta eccitazione si provi nel sentirsi costantemente inseguito, cacciato, sotto pressione...è pura adrenalina!, disse quasi rabbrividendo Morgan. Poi proseguì: Il fatto che era proprio tua moglie è stato un puro caso, mi serviva solo per attirare l’attenzione della polizia, e quale modo migliore che prendersela con la famiglia di un agente? Sei stato sfortunato, ho incontrato te alla stazione di polizia qualche anno fa, quando denunciai un’effrazione in casa mia, e quando ho sentito la necessità di attirare l’attenzione, mi sono ricordato di te e di conseguenza ho agito. Quindi è stato solo un caso? Mia moglie è morta per una fottuta casualità?, domandò Carl imprecando, ricevendo come risposta: sì! Non c’era nulla di personale, né un motivo specifico, se non che si trattava della moglie di un poliziotto. L’altro scrollava la testa mentre chiedeva ancora, ma a voce più bassa: perché l’hai torturata in quel modo? Perché hai infierito così? e Morgan spiegò: per far incazzare l’intero corpo di polizia, per stimolare una caccia all’uomo, avevo bisogno di creare qualcosa di esageratamente cruento. Dovevo scandalizzare, disgustare e creare un sentimento di disprezzo talmente forte da far mobilitare tutti contro di me...così sarebbe stato più divertente, come poi di fatto è stato. E poi non ti nascondo che ho provato un gran piacere a violare il suo corpo in quel modo... mi ha fatto sentire così bene che lo reputo il mio più grande capolavoro, la punta massima del mio genio, in questi termini quel macellaio sadico irrideva l’agente ormai privo di forze e totalmente in balia di quelle parole.

    La lingua del parroco

    Vuoi conoscere anche i dettagli delle altre vittime? Vuoi sapere perché le ho uccise?, chiese sarcastico Morgan, che senza attendere alcuna risposta dettagliò: "andiamo in ordine cronologico, ti va? Allora, il prete. Perché prendersela con un prete ti chiederai? Non è forse vero che mi accanisco solo contro persone che hanno commesso atti riprovevoli? Che devono pagare per i loro vili e vergognosi comportamenti? In realtà anche il prete aveva commesso i suoi peccatucci... e sai, vivendo in quel quartiere e frequentando parecchio gli ambienti della strada, i posti malfamati e più degradati, mi era giunta voce che il prete della parrocchia di San Sebastiano Martire, aveva il brutto vizio di ricattare alcuni parrocchiani. Non faceva alcuna distinzione di sorta, chiedeva soldi sia alle persone più abbienti che a quelle meno facoltose, sia ai bianchi che ai neri, donne e uomini... era davvero democratico nel gestire il suo giro di estorsioni. Si diceva che avesse un patrimonio di tutto rispetto, che non conduceva affatto una vita di rinunce e di povertà, non si accontentava della

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