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La confraternita dei Sikuri: La nuova indagine di Galeazzo Trebbi
La confraternita dei Sikuri: La nuova indagine di Galeazzo Trebbi
La confraternita dei Sikuri: La nuova indagine di Galeazzo Trebbi
E-book261 pagine3 ore

La confraternita dei Sikuri: La nuova indagine di Galeazzo Trebbi

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Info su questo ebook

Sara Lelli è una educatrice che nel tempo libero fa la volontaria alla Casa delle donne, è una ragazza volitiva, determinata, coraggiosa, ma fa un errore, accetta un appuntamento con un uomo conosciuto in rete, dopo alcune conversazioni in chat su Facebook incontra l'uomo nel piazzale antistante il monastero di San Michele in Bosco e scompare. Piero Nadalini è un amico di Sara, trent'anni, ex tossico, una vita squinternata, salvata probabilmente da Sara. Nel momento in cui lei scompare vede venire meno l'unico punto fermo della sua vita e viene quasi costretto da Alda, una comune amica, a rivolgersi a Trebbi per ritrovare Sara. Fra Piero e Trebbi non scorre buon sangue perché fu lui ad abbandonare Irene, sua figlia, davanti a un pronto soccorso pochi anni prima. Alla fine Trebbi deciderà di indagare, nonostante il profondo disprezzo che nutre per Piero, e dal commissario Guerra apprenderà che negli ultimi mesi altre donne sono scomparse a Bologna con analoghe modalità. Inizia una nuova indagine che esplorerà luoghi oscuri virtuali e reali, nei quali domina violenza e sopraffazione, uomini che odiano le donne, uomini che hanno da tempo perso la giusta direzione. Toccherà a Trebbi immergersi in quel mondo oscuro per cercare di fermare un gioco folle e disperato.

Massimo Fagnoni.
Cinquantott’otto anni, bolognese, laureato in Filosofia, ha lavorato a lungo nei servizi sociali e psichiatrici della sua città. Da 16 anni fa parte della Polizia Municipale di Bologna. Dalla collaborazione con le forze dell’ordine è nato il desiderio di narrare storie noir. È autore di:
«Bologna all’Inferno» 2010, Giraldi editore.
«La ragazza del fiume» 2010, 0111 edizioni.
«Belva di città» 2010 Eclissi editore, primo romanzo della serie del maresciallo Greco che nel 2011, ha vinto il primo premio al concorso letterario «Lomellina in giallo».
«Cielo d’agosto» 2012 Eclissi editore, secondo romanzo della serie del maresciallo Greco.
«Solitario bolognese» 2013. Giraldi editore
«Lupi neri su Bologna» 2013, Minerva Edizioni.
«Il silenzio della bassa» 2014, Fratelli Frilli Editori.
«Vuoti a perdere» 2015 Eclissi Editrice.
«Bologna non c’è più» 2015 Fratelli Frilli Editori, primo premio al concorso letterario
I Sapori del giallo, poliziotti che scrivono.
«Bolognesi per caso», racconti. 2016 Giraldi Editore.
«Il giallo di Caserme Rosse». 2016. Fratelli Frilli Editori
«Il ghiaccio e la memoria». 2017. Minerva Edizioni
«Il bibliotecario di via Gorki». 2017. Fratelli Frilli Editori.
«La consistenza del sangue».2018. Girali editore.
LinguaItaliano
Data di uscita25 ott 2019
ISBN9788869434044
La confraternita dei Sikuri: La nuova indagine di Galeazzo Trebbi

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    Anteprima del libro

    La confraternita dei Sikuri - Massimo Fagnoni

    Uno

    «Come sei vestita?».

    «Chi ti dice che sia vestita?».

    «Ma dai… vuoi eccitarmi con parole digitate al computer?».

    «Sai che non conosco nemmeno il tuo tono di voce?».

    «Conosci il tono dei miei pensieri».

    «I tuoi pensieri… tu potresti essere il solito malato di mente con una buona capacità di linguaggio».

    «Sono quattro mesi che chattiamo su Facebook, non credi che se fossi un maniaco mi sarei già stancato del giochino?».

    Pausa, vuoto, lui apre altre due finestre con un clic, controlla Twitter, apre Finanza e mercati, poi passa ai programmi Sky per la serata, controlla la posta, e tutto questo nell’arco di dieci secondi. Le mani lunghe, curate, abbronzate, scivolano sulla tastiera. Sono mani forti, allenate, ferme, sicure, non conoscono incertezze, non hanno pudore, non temono giudizi. Nel vetro della grande finestra affacciata sul parco dei Cedri risplende la mela luminosa del portatile Apple. Oltre la finestra si accendono le prime luci della sera, nel parco galleggiano coppie a passeggio con cani, un uomo sovrappeso è intento a correre. Il sole si eclissa lentamente oltre le colline. Informazioni e immagini reali e virtuali si confondono, le mani si muovono veloci come su un pianoforte, sembrano animate da un’intelligenza autonoma.

    Gli occhi tornano su Facebook nella chat riservata.

    «Sì penso che ti saresti già stancato, io sono una persona impegnativa».

    L’uomo sorride, sposta di un millimetro gli occhiali al titanio sul lungo naso toccandoli con la punta del dito medio.

    «Tu sei meravigliosa, sei la mia scoperta dell’anno, del secolo, sei l’unico motivo che mi costringe qui in questo spazio, in questo tempo, e che mi fa desiderare ancora di incontrare una donna, una donna vera, una donna coraggiosa… come te».

    Ancora una pausa, pochi secondi.

    «Ho paura… puoi capirlo questo?».

    «Anch’io ho paura… la paura fa parte della nostra vita, ma non è un buon motivo per non esplorare, conoscere, rischiare… è tempo di conoscersi… non credi?».

    «Non so neanche che faccia hai… ti avverto se sei grasso e pelato ci salutiamo e amici come prima, non ti verrò a raccontare che sono innamorata della tua anima».

    «Ah ah ah…d’accordo, io so invece come sei e non vedo l’ora di incontrarti».

    Stesso giorno un’ora dopo.

    Sara alza gli occhi dal display del cellulare, ha riletto le ultime conversazioni almeno dieci volte per cercare un motivo, uno solo, ragionevole, per mettere in moto la piccola Yaris e scomparire, tornando da dove è venuta. È proprio questo il problema, lei non può, non vuole tornare al suo nulla quotidiano, Sara Lelli, trentacinque anni, educatrice in un centro di igiene mentale, socia lavoratrice di una cooperativa del sociale, una di quelle che rispettano il contratto collettivo nazionale socio cooperativo, contratto da fame. Milleduecento euro al mese, tredicesima, cinquanta euro trattenuti dallo stipendio per la cooperativa, trentasei ore la settimana a occuparsi di psicotici, bipolari, disabili, anziani affetti da demenza senile e non avere denaro sufficiente per provvedere alla propria madre. Sara è brava, è coordinatrice del suo gruppo e fa volontariato presso un centro contro la violenza domestica. Parte del suo tempo libero lo dedica a occuparsi di donne maltrattate, abusate, minacciate. Il problema è tutto lì, lei non ha tempo libero, il suo tempo è tutto pieno, reperibile giorno e notte prima per il centro dove lavora poi per la casa antiviolenza.

    Non ha un uomo, non più, perché per stare con lei ci vuole elasticità e pazienza e alla fine ha cominciato a frequentare la grande piazza multicolore di Facebook. Nei periodi morti, fra una telefonata e l’altra di donne in richiesta di aiuto, nelle pause del lavoro al centro diurno, in quei frammenti di tempo, ha incontrato Lester Burnham, l’uomo che sta aspettando e che in rete usa come pseudonimo il nome del protagonista di American Beauty. Il film deve averlo visto venti volte, Kevin Spacey è il suo attore preferito e il personaggio è così teneramente indifeso, incredibilmente verosimile nel desiderio di cambiare la propria vita di quarantenne americano.

    Anche Sara vorrebbe cambiare, è stanca di esserci per tutti, è stanca di essere considerata indispensabile al lavoro, insostituibile per le donne maltrattate e salvagente per il fratello che le dice sempre quanto è brava a occuparsi della loro madre.

    Lester, o come accidenti si chiama, non le ha chiesto nulla se non di poterla conoscere e lei non se ne vuole andare, non vuole arrendersi, ci deve credere, vuole crederci. Lui sta per arrivare, il luogo è perfetto, il grande spiazzo davanti a San Michele in Bosco da dove si vede una grande parte di Bologna. Sono le otto di sera di una giornata di maggio, nessuno in giro, Sara sente il cuore pulsare veloce, ha paura di sbagliare, ma pensa chi se ne frega, alla peggio sarà una delusione. Lester Burnham scomparirà e lei tornerà al suo quotidiano di donna coraggiosa. I fari di un’auto di grossa cilindrata entrano dal lunotto posteriore e si riflettono nello specchietto retrovisore, un’auto lunga e potente, Sara non riesce a riconoscere il modello, ma del resto le automobili non rientrano nel suo data base dove c’è posto per tanta letteratura, tanta musica, tanto cinema e il desiderio di una vita che non vuole saperne di prendere una qualsiasi direzione.

    L’auto si arresta, i fari si spengono, le luci arancioni del grande piazzale illuminano lo sportello che si apre piano e un uomo alto, slanciato, esce con un movimento elastico, chiude lo sportello e si dirige verso l’auto di Sara. Ora lei si sente come sull’orlo di un precipizio, un’emozione forte la invade, le increspa la pelle degli avambracci, le provoca un ulteriore aumento del battito cardiaco, sente il respiro diventare più affannoso, un nuovo attacco d’ansia da mettere insieme agli altri. Ora scoprirà se l’uomo di stasera è reale o soltanto l’ennesima delusione. L’uomo si avvicina, indossa una giacca di pelle che splende alla luce dei lampioni, si china e bussa piano contro il finestrino, Sara sente solo il rumore del suo battito e abbassa di pochi centimetri il vetro.

    «Oggi è il primo dei giorni del resto della tua vita» sussurra l’uomo con voce profonda.

    Sara riconosce la battuta del film.

    «Questo vale per tutti i tuoi giorni tranne per quello in cui muori» risponde sorridendo.

    «La parola d’ordine è corretta, adesso mi fai salire?» chiede l’uomo con tono allegro.

    Sara sblocca la chiusura dell’auto e l’uomo lentamente arriva allo sportello lo apre e si siede accanto a lei. Sara fa il gesto di accendere la luce interna all’abitacolo ma lui con dolcezza le prende la mano.

    «Aspetta a fare luce sul nostro incontro, hai paura di rimanere delusa?».

    Sara lascia la sua mano in quella dello sconosciuto, è una mano calda, grande, accogliente, la voce è adulta, profonda, rassicurante e il profilo è quello di uomo d’esperienza, più grande di lei, ma sicuramente attraente, indossa occhiali leggeri e una giacca che emana un leggero odore di pelle e tabacco, un uomo, un vero uomo, adulto, consapevole, alto, forte, ed è lì per lei.

    «Non credo potrai mai deludermi» risponde lei con voce roca.

    Lui allunga la mano dietro la sua nuca e le accarezza piano i capelli raccolti.

    «Cosa vorresti fare il primo giorno della tua nuova vita?» le chiede in un sussurro.

    «Mi affido a te, sono convinta che tu sappia già cosa fare».

    «Potresti scommetterci la vita».

    Una leggera puntura la distrae fra orecchio e nuca, quasi impercettibile.

    Lui le accarezza piano la guancia mentre Sara vede il mondo sparire velocemente in un turbinio di luci arancioni e non sarà mai più così appagata come in questo momento.

    Due

    1.

    «Questa è la mia voce registrata, lo so è una bellissima voce e tu ragazza sei già eccitata, ti stai chiedendo chi sarà mai questo macho con una voce così giusta, hai sbagliato numero ma hai incontrato me, quindi un consiglio, lascia un messaggio dopo il bip e ti verrò a cercare… bip».

    «Dai Piero rispondi… sono le due di pomeriggio passate, non è possibile che tu stia ancora dormendo, e cambia la segreteria che fa schifo, mi richiami? È importante… ciao».

    Piero sta sognando, è da Euronics e ha appena vinto un televisore super ultra HD, uno di quelli curvi 55 pollici e sta chiedendo al commesso consigli su come poterlo installare a casa sua, ha il sospetto fondato che non riesca a starci nella parete del piccolo tinello con angolo cottura, ma l’ha vinto e non vuole porsi il problema. Due commessi altissimi si presentano con il televisore imballato che è enorme e pesantissimo. Piero non sa come lo porterà a casa, ma poco importa, l’ha vinto. I due commessi sorridono e quando lui cerca di afferrare il televisore cominciano a ridere, loro lo sanno che non ce la può fare a spostarlo da solo, ma Piero comincia a spingere l’enorme imballo verso l’uscita lontanissima, e sbuffa, tira, impreca ma non riesce a spostare la scatola di un millimetro, guarda con odio i due commessi, lascia la scatola solo un istante e il televisore cade, l’imballaggio scompare e lo schermo esplode in mille luci colorate. Il suo bellissimo televisore Samsung, duemila euro, si polverizza in una cascata di coriandoli colorati e finalmente si sveglia alla seconda telefonata in un bagno di sudore, con il fiatone e un dolore penetrante e localizzato all’angolo sinistro della fronte, come un chiodo conficcato fra occhio e orecchio all’altezza della tempia.

    Si guarda intorno e con un sospiro di sollievo si rende conto che era solo un sogno.

    In un angolo c’è un piccolo tubo catodico Mivar che sta trasmettendo una trasmissione sportiva, una di quelle domenicali con calciatori, attori, comici, subrettine tristi e gonfie, cantanti, guitti vari. Stanno parlando di calcio argomento oscuro e misterioso per Piero, lui odia lo sport, anzi lo ignora come fa con tutte le cose che non lo interessano, non lo appagano, non gli riempiono la pancia e annullano la testa. Si prende la faccia fra le mani per cercare di scacciare il dolore; certe sofferenze fisiche sono talmente invadenti e conosciute da sembrare quasi buone. C’è stato un tempo nel quale non sentiva più dolore, la sua giornata alternava momenti vuoti nei quali cercava la roba per farsi e momenti vuoti nei quali rimaneva accasciato da qualche parte a smaltire la dose quotidiana.

    Il dolore è arrivato dopo con la disintossicazione, la comunità, il calvario di dovere rispettare regole, regole che non aveva mai rispettato prima. Il dolore dell’astinenza è uno dei ricordi più vividi della sua esistenza, i crampi muscolari, la nausea continua, l’ansia di morire da un momento all’altro, le ore sudate e febbricitanti aspettando l’alba successiva mentre qualcuno lo controllava a vista, lo conteneva fisicamente sopportando le bestemmie, le ingiurie, le minacce, le promesse, i giuramenti, ore diventate presto giorni e poi la prima settimana, il primo mese, il primo anno.

    Il telefono ora tace, ci saranno messaggi in segreteria, ma chi ha deciso di rompermi i coglioni nella maledetta domenica, la domenica è giornata di riposo, sancita da Dio, da Gesù Cristo, e anche da Renzi, il nuovo, colui che doveva rappresentare il nuovo, il rottamatore… Piero si mette seduto sul bordo del letto a una piazza e mezzo, nell’aria odore di hashish e nicotina fredda, odore di limoni spremuti e bucce d’arancia, di gin e acqua tonica, il tutto mescolato insieme.

    Piero cerca di alzarsi, mille bolle esplodono davanti agli occhi, pressione bassa, un formicolio fastidioso gli parte dagli avambracci fino alla base del collo e la nausea torna prepotente.

    Sì ho smesso di fumare eroina, ho smesso di farmi di cocaina, non sono più un tossico dipendente, ma nel fine settimana mi trasformo in un alcolista e forse… dico solo forse, è anche peggio.

    Piero sbuffa, la testa pesante pende verso il basso, una testa di capelli arruffati e sparati verso il cielo, e lui ci infila dentro le dita quasi a cercare il centro del sofferenza, annusa le mani, profumano di resina, hashish, tabacco e senape.

    Chi c’era ieri sera a casa mia? Chi mi ha portato a casa? Ci sarò arrivato da solo? Ho dormito con qualcuno? Piero si alza, rimane per qualche secondo a sentirsi le gambe e nello specchio lungo del vecchio armadio comprato da Emmaus in San Donato, appare l’immagine emaciata e pallida di trentacinquenne ex tossicodipendente, ex compagno del movimento studentesco, ex studente di filosofia, ex puro, colpevole a vita per avere rovinato una sua amica, per non averla salvata.

    Quando nelle serate di autocoscienza in comunità gli chiedevano come avesse fatto a smettere, Piero raccontava le più fantasiose bugie, perché la bugia è innata nel tossico. Blaterava di forza di volontà, l’amore dei familiari, l’amicizia dei compagni di comunità, la sua educatrice di riferimento, Sara Lelli, ma mentiva sempre, sapendo di mentire. Lui ha smesso per un irriducibile senso di colpa che lo tormenta ancora e lo accompagnerà per tutta la vita e forse anche dopo.

    Le gambe finalmente lo sorreggono, sono gambe magre, magro il busto coperto da una maglietta bianca con la faccia di Walter White che fissa con occhi minacciosi lo specchio. Lui ama Breaking Bad la serie americana che narra le vicende di un professore di chimica malato terminale divenuto creatore di metanfetamina per lasciare una eredità alla sua famiglia.

    Durante i primi mesi di disintossicazione si è guardato tutte le sette stagioni della serie americana all’insaputa di terapeuti e compagni di sventura, le ha scaricate dalla rete e alla fine è stato utile, educativo, dai personaggi della finzione americana ha imparato che per quanto uno possa essere bravo e svelto, troverà sempre qualcuno più svelto di lui, e Piero sa di non essere né coraggioso, né scaltro, la droga lo stava uccidendo e nonostante l’emicrania di questa mattina si sente vivo e moderatamente ottimista. Entra nella piccola doccia con una macchia marrone scuro intorno allo scarico, sembra sangue rappreso ma è solo ruggine. L’acqua calda gli scorre lungo le spalle bollente come piace a lui e a giorni alterni gli torna in mente un fumetto che rubava a suo padre dalla collezione smisurata che ancora conserva nel grande appartamento di via Siepelunga. Il fumetto che riaffiora nei momenti roventi della doccia dopo una notte di alcol e canne è quello di Beetle Bailey, un soldato americano scansafatiche che Piero ha sempre sentito simile a lui, costretto in una caserma a fare il militare riesce a inventarsi di tutto pur di evitare la minima fatica fisica o psicologica e la striscia impressa nella memoria come un’incisione indelebile è uno scambio verbale fra Beetle e un commilitone che gli ricorda come non ci sia nulla di meglio di una bella doccia gelata per svegliarsi e Beetle, gli occhi celati sotto il consueto berretto verde, curvo sotto il getto d’acqua fumante, pensa: chi vuole svegliarsi. Piero è come lui, non vorrebbe mai svegliarsi, specialmente quando sogna bene, sogna un se stesso vitale, simpatico, benestante, forte, uno amato da tutti, ricercato per le sue qualità, per la sua affidabilità. L’acqua scorre e arrossa la pelle, lui continua a pensare chi vuole svegliarsi e in quel pensiero squilla di nuovo il telefono di casa. Piero si asciuga lentamente strofinando piano l’asciugamano ruvido sulla pelle bianca e delicata poi nudo si dirige verso la cucina e apre il frigorifero vuoto e desolato come il suo stomaco, dentro solo un mezzo limone secco, una bottiglia di Campari mezza piena e uno yogurt scaduto. Piero fa una smorfia, deve assolutamente andare a fare la spesa, deve farlo oggi, prepara una moca da tre di caffè e rimane, gli occhi socchiusi e il mento aguzzo appoggiato al palmo della mano, ad attendere che la macchinetta faccia il suo dovere e solo quando comincia a versarsi il caffè bollente in una tazza appena incrostata da qualcosa che non riesce a identificare il telefono squilla di nuovo, invadente, petulante, aggressivo.

    E che cazzo… pensa e decide di rispondere.

    «Ma mi spieghi chi sei e cosa vuoi di domenica mattina?».

    «Finalmente… Piero sono Alda, l’amica di Sara, sai la casa delle donne contro la violen…».

    Piero la manderebbe volentieri al diavolo ma resiste alla tentazione, come gli ha insegnato lo psicologo lui deve impegnarsi a resistere alle tentazioni, deve controllare gli istinti, deve contare fino a dieci, o almeno fino a cinque, deve sforzarsi di entrare in empatia con il mondo, deve deve deve, ha perso tutti i diritti, meglio era morire da piccoli pensa spesso.

    «Certo Alda… scusami, ieri sera ho fatto tardi e sono ancora assonnato».

    «Scusami tu, ma è cosa grave».

    L’affanno nel tono di voce è evidente, Piero conosce superficialmente Alda, gli pare di ricordare una femmina ossuta e occhialuta, una che non si scoperebbe nemmeno se fosse l’ultima donna sulla faccia della terra, una gentile, nervosa, timida, una con tanto tempo libero e la passione per gli altri, per le altre soprattutto perché per Piero è sicuramente lesbica.

    «Dimmi tutto Alda, qualche problema con un ex marito manesco, un ex fidanzato ossessivo? Dimmi come posso aiutarti?».

    «Sara… è sparita».

    «Sparita come? Con i soldi della cassa?» e scoppia a ridere, a volte Piero pensa che dovrebbe davvero fare il comico, gli vengono così le battute a sorpresa anche per lui.

    Silenzio.

    «Non sto scherzando Piero, so quanto tu sia legato a Sara, ieri sera doveva vedere qualcuno, un tizio credo, ma sai lei com’è gelosa della sua vita privata, insomma questa mattina doveva fare il turno ai telefoni della casa protetta dalle sette alle undici, e lei è precisa, non ha mai mancato un turno in tanti anni, e non si è fatta viva, il cellulare è staccato e… insomma sono preoccupata».

    «Sta a vedere che Sara ha trovato l’amore, dai lasciamola in pace, vedrai che fra poco ti chiama scusandosi, ha semplicemente trascorso una notte con qualcuno e detto fra noi… era ora».

    Silenzio.

    «Non è possibile» il tono di voce di Alda si è alzato diventando più acuto, è nervoso, insofferente, Piero deve avere toccato un tasto dolente.

    «Perché? Anche Sara è un essere umano, avrà diritto a una sana scopata?».

    «Voi uomini… pensate sempre e solo a quello. Anche in quel caso Sara si sarebbe fatta viva, avrebbe chiamato per spiegare un eventuale ritardo o una defezione, e tu dovresti conoscerla meglio di me, ti ha salvato la vita… o no?».

    Piero avverte insieme al tono acido la lucida determinazione a fare male, la stronza è entrata a gamba tesa, pensa, stronza e lella.

    «Cosa vuoi che faccia… Alda?».

    «Sono andata dai carabinieri ma mi hanno detto che bisogna aspettare almeno quarantotto ore… ti rendi conto? Io dico che bisogna muoversi subito, le è successo qualcosa lo sento nello stomaco».

    Sei anche sensitiva allora tipica caratteristica di voi lesbiche, sensibile e sensitiva solo nei confronti delle altre lesbiche o al massimo del tuo cane scommetto, perché un cane devi avercelo da qualche parte.

    «Però se vado dai carabinieri io non credo che andrà diversamente… Alda, l’unica differenza è che a me sicuramente controllano i precedenti, è uno dei loro passatempi preferiti quando mi incontrano».

    «Non pensavo ai carabinieri, tu conosci un ex

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