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Dal Foro Mussolini al Foro Italico
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E-book227 pagine2 ore

Dal Foro Mussolini al Foro Italico

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Info su questo ebook

Il libro spiega come e perché si costruì sulla riva del Tevere, ai piedi di monte Mario, un complesso monumentale dotato di impianti sportivi all’avanguardia per il nuoto, il calcio, il tennis, l’atletica con lo scopo di formare lo spirito combattivo e fortificare la razza. Il foro Mussolini, progettato dall’arch. Enrico Del Debbio, sorse in sintonia col paesaggio e nel rispetto della funzionalità combinata all’estetica. Fu completato da un ricco apparato decorativo interno ed esterno di statue, mosaici e affreschi realizzati da uno stuolo di artisti. Venne costruito in tempi rapidi, nonostante i ripensamenti in corso d’opera e i passaggi di mano tra architetti che crearono delle conflittualità e delle modificazioni allo stile generale. Nel 44, durante la liberazione, gli angloamericani evitarono che la rabbia popolare, esplosa con la caduta del regime, colpisse gli edifici e le decorazioni più vistose, simbolo della retorica propaganda fascista. Dopo le devastazioni della guerra sarà il CONI a guidare per l’antico Foro Mussolini il passaggio al moderno Foro Italico con una nuova storia. Dal 1929 ad oggi tutte le epoche vi hanno lasciato traccia con aggiunte e modifiche e attualmente, dopo la costruzione del ponte della Musica che crea il collegamento col MAXXI, si insegue l’ipotesi di un grande parco naturalistico per lo sport e la cultura.
LinguaItaliano
EditoreAbel Books
Data di uscita10 giu 2015
ISBN9788867521487
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    Anteprima del libro

    Dal Foro Mussolini al Foro Italico - Caterina Capalbo

    Proprietà letteraria riservata

    © 2015 Abel Books

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.

    ISBN 9788867521487

    Indice

    I cap. SPORT E NAZIONE

    L’ISTINTO COMBATTIVO; L’ACCADEMISTA; MUSSOLINI’S BOYS; IL LIBRO, IL MOSCHETTO E LO SPEZZASCIABOLE; I DIAMANTI DELLA RAZZA

    II cap. PAESAGGIO ARCHITETTURA E REGIME

    L’OPERA NAZIONALE BALILLA E IL FORO DELLO SPORT; LA SCELTA DEL LUOGO: L’OASI DI MACCHIA MADAMA; DAL FORO DELLO SPORT AL FORO MUSSOLINI: PRIMO PROGETTO, SOVRAPPOSIZIONI E AVVICENDAMENTI

    III cap. LA COMPETIZIONE PROGETTUALE

    PROTAGONISTI E ANTAGONISTI; PROPAGANDA E MODERNITA’

    IV cap. IL LINGUAGGIO ARCHITETTONICO

    VALUTAZIONI; L’ACCADEMIA; LO STADIO MUSSOLINI; POSIZIONE E FEDELI ISCRIZIONI DELLE STATUE

    V cap. EPIGONI ASTRATTI

    IL MONOLITE MUSSOLINI; LA CANDIDA BANDIERA; IL PROGETTO LAMPO: PIAZZALE DELL’IMPERO; LA SFERA

    VI cap. BICROMIE

    I MOSAICI DEL PIAZZALE; TEMI E ARTISTI; GINO SEVERINI

    VII cap. LE TERME E IL LEONE

    ETICA D’ARTISTA; UNA PALESTRA DI GRECA PUREZZA; TERME ED EROI

    VII cap. LA CASA DELLE ARMI

    IL FASCINO DEL DUELLANTE; LA SVOLTA DI MORETTI; IL VISIBILE E CIO’ CHE RESTA DELL’INVISIBILE

    Note e Bibliografia

    Indice

    Titolo pagina

    I cap. SPORT E NAZIONE

    L’ISTINTO COMBATTIVO; L’ACCADEMISTA; MUSSOLINI’S BOYS; IL LIBRO, IL MOSCHETTO E LO SPEZZASCIABOLE; I DIAMANTI DELLA RAZZA

    III cap. LA COMPETIZIONE PROGETTUALE

    PROTAGONISTI E ANTAGONISTI; PROPAGANDA E MODERNITA’

    INTRODUZIONE

    I.II L’ACCADEMISTA

    I.III MUSSOLINI’S BOYS

    I.IV IL LIBRO, IL MOSCHETTO, E LO SPEZZASCIABOLE

    I.V I DIAMANTI DELLA RAZZA

    II.III DAL FORO DELLO SPORT AL FORO MUSSOLINI: PRIMO PROGETTO, SOVRAPPOSIZIONI E AVVICENDAMENTI

    III.I PROTAGONISTI E ANTAGONISTI

    III.II PROPAGANDA E MODERNITA’

    IV.I VALUTAZIONI

    IV.II L’ACCADEMIA

    IV.III LO STADIO MUSSOLINI

    V.I IL MONOLITE MUSSOLINI

    Nell’estate del 1927, gli industriali del marmo di Carrara offrono un blocco di marmo apuano perché diventi l’obelisco del duce. La donazione fu sollecitata da Renato Ricci, commissario e poi presidente del consorzio dei marmi di Carrara dal 1928 al 1930. Il gesto si giustificava con l’intenzione di rilanciare il settore dell’industria del marmo in previsione delle opere pubbliche volute dal regime.

    V.II LA CANDIDA BANDIERA

    V.III IL PROGETTO LAMPO: PIAZZALE DELL’IMPERO

    In questo, Moretti segue l’astrattismo inaugurato da Costantini ma, per renderlo classico nei ritmi e nelle proporzioni, egli conduce la geometria in un confine rinascimentale e meditativo. Invece, l’obelisco incarna uno spirito anticlassico, istintivo, antiaccademico: il disprezzo per il pericolo, il fuoco dell’ardimento fascista, la condanna della placida e cialtrona borghesia, stanno tutte in quel monumento semplice, privo di raffinatezze, così come voleva il nuovo ideale. Anche la silenziosa presenza delle scritte incise sui prismi è eloquente: l’archetipo fascista comincia a disgregarsi e ha bisogno di idoli.

    V.IV LA SFERA

    VI.II TEMI E ARTISTI

    VI. III GINO SEVERINI

    VII.II TERME ED EROI

    VIII.I IL FASCINO DEL DUELLANTE

    INTRODUZIONE

    Come e perché un complesso monumentale così carico di propaganda fascista, intonato al culto del duce e zeppo di retorica è scampato all’ira popolare con la fine del regime dopo la tragica conclusione della guerra? Perché conservare ancora le scritte inneggianti la guerra e il colonialismo? Perché il monolite con la dedica a Mussolini dux svetta indisturbato? Non ci sono risposte esaurienti e come non c’è stato un vero e profondo sradicamento politico del fascismo dalla nazione, così le architetture e le opere numerose di quel periodo si sono integrate al nuovo. L’architettura trova sempre nella sua utilitas, la sua funzione pratica, il modo di sopravvivere oltre il dna dell’epoca in cui è nata. Così lo sport, a cui era destinato il foro Mussolini, traghettò il complesso monumentale da un’epoca all’altra, dall’Italia fascista all’Italia democratica passando per il difficile cammino della ricostruzione. Con la liberazione di Roma il popolo, ridotto alla miseria, espresse il suo odio verso gli emblemi del regime: aquile e fasci vennero divelti e martellati. Ma fu proprio la guerra a salvare il foro Mussolini, difatti scampò alle devastazioni della rabbia popolare perché le truppe anglo-americane, dal 4 giugno 1944, utilizzarono le sue strutture per l’acquartieramento, come in precedenza avevano fatto quelle tedesche. E perché diversi edifici, in particolare l’Accademia di Musica della Gil, accolsero la marea di sfollati della città martoriata dalle bombe. Il filo spinato circondava tutta l’area come in un campo di concentramento e già troppo era distrutto perché si volesse distruggere altro.

    La storia del foro Mussolini racchiude la parabola ascendente e discendente di due organismi importanti per la propaganda di regime e di due uomini assai vicini al duce: l’Opera Nazionale Balilla di Renato Ricci e il Partito Nazionale Fascista di Achille Starace. L’ONB avviò il progetto e costruì in tempi rapidi il complesso; il PNF ne ereditò la struttura con la volontà di fomentare l’istinto combattivo e la disciplina militaresca fra i giovani in vista della guerra. Presupposto dell’edificazione generale fu il fervido dibattito sulla funzionalità dell’architettura dedicata allo sport che, per la prima volta, si inaugurava in Italia. La competizione progettuale tra gli artefici, da Enrico Del Debbio a Luigi Moretti e Costanzo Costantini, ne interpretò le diverse soluzioni e il diverso metodo costruttivo.

    La cura di Del Debbio per l’armonia dell’insieme, dai particolari minimi alla complessità, il suo proposito di innovare senza strappi, di studiare i dettagli, i contrasti cromatici delle facciate, il livello dei piani e poi uniformare il tutto contrasta con le scelte di Moretti e di Costantini ed è innegabile che il piazzale dell’Impero, oggi largo Lauro de Bosis, e il Monolite Mussolini siano estranei al suo stile. Ma sono proprio queste dissonanze dove si svela una ricerca formale e tecnica nuova che interessano lo storico e che racchiudono quel germe delle trasformazioni, degli ampliamenti, delle soluzioni slegate che diverrà prassi usuale della nostra contemporaneità dagli anni 60 in poi.

    E’ davvero singolare che proprio il monumento più fascista del foro, da sempre oggetto di discussioni, il Monolite Mussolini, dal disegno astratto volutamente antinaturalistico e antiaccademico, sia quello più in sintonia formale col costruttivismo russo come se Costantini, nel proposito di oggettivare il massimo tributo d’onore al duce, si fosse appellato all’arte dell’odiato mondo sovietico con involontaria ironia per nemesi della storia. E’ altrettanto paradossale la conflittualità tra architetti nelle scelte per la collocazione degli elementi decorativi. Per esempio, Del Debbio riteneva che il mosaico policromo L’Italia fascista e l’angelo meccanico, da un cartone di Angelo Canevari e oggi splendidamente restaurato, fosse da inserire sulla facciata sud dell’edificio delle Foresterie verso viale Angelico perché sarebbe stato meglio illuminato dal sole e avrebbe coronato meglio l’ingresso del foro su quel fronte, invece il mosaico sarà collocato in senso opposto sulla parete esterna della Casa delle Armi di Moretti.

    I cambiamenti imponevano degli adattamenti e come Del Debbio dovrà omologare nelle proporzioni e nei rivestimenti marmorei il suo edificio delle Foresterie, collocato in parallelo con l’edificio di Moretti, abbandonando il rosso pompeiano delle pareti in luogo del rivestimento marmoreo, a sua volta, Costantini, vincendo il progetto per l’edificio delle Terme, dovrà cercare, nella specularità della sua costruzione con l’Accademia di Del Debbio, una similitudine esterna nella forma e nel colore.

    Dopo la guerra il passaggio dall’antico foro Mussolini al nuovo Foro Italico fu tracciato dal CONI, l’ente preposto, col concorso dello Stato, al finanziamento degli impianti sportivi e all’organizzazione dello sport sul territorio nazionale. Nel 1944, quando il Comitato di Liberazione Nazionale nominò un Commissario liquidatore per sciogliere l’Ente, Pietro Nenni scelse un giovane avvocato della Sacra Rota, Giulio Onesti. Costui, nel panorama di un’Italia distrutta, non obbedì alla volontà del Governo e insieme a Bruno Zauli, avviò l’ambizioso progetto di ricostruzione dello sport italiano attraverso un prestito di 8 milioni di lire dalla Banca Nazionale del Lavoro e con la creazione del gioco a pronostici del Totocalcio la cui prima schedina porta la data del 18 settembre 1948. La sede istituzionale del CONI dal 1951 ad oggi sarà l’Accademia di Educazione fisica di Del Debbio, e Onesti dal 1946 verrà eletto e riconfermato nella carica Presidente per più di trent’anni lasciando un’eredità di stile e di cultura ineguagliati. Tra tutto basterà ricordare che si deve a lui la costruzione moderna dello Stadio Olimpico che consentì all’Italia di aggiudicarsi l’assegnazione della XVII Olimpiade del 1960. 

    Monte Mario, il Tevere e ponte Milvio restano le coordinate storiche e naturalistiche del foro Italico che mantiene il ruolo di porta d’ingresso a nord della città con un fluire costante e inevitabile di traffico in direzione del centro e del Vaticano o verso la Flaminia per uscire dalla città. Quando si lambiscono le sue strutture è palese, in alcuni elementi dominanti, l’avvicendarsi di periodi chiave della storia moderna di Roma: il monolite Mussolini, la tensostruttura che sovrasta lo stadio Olimpico e la trama metallica, come immense ali di una farfalla, del ponte pedonale della Musica. Simboli della città degli anni trenta e novanta del secolo passato e dell’inizio del secondo decennio del secolo attuale. Per questa complementarietà tra passato e presente, per la portata dell’apparato decorativo che coinvolse scultura, pittura e mosaico, per gli studi progettuali d’insieme dove la funzionalità e i materiali si combinarono strettamente alla ricerca estetica e al rapporto col paesaggio, il foro Italico è esemplare nel panorama della città, pari a un libro di storia a cielo aperto e non un bersaglio di polemiche e risentimenti politici. Il suo apparato decorativo, distribuito all’interno degli edifici o all’esterno tra i viali e i giardini, da emblema retorico è testimonianza, monito, riflessione storica, reperto da studiare e restaurare e non da cancellare con la condanna totale dell’epoca.

    Sono molti i quesiti storici ancora da chiarire: per esempio a chi venne per primo l’idea di costruire sotto monte Mario. Se, in una recente biografia del padre, Giulio Ricci affida tutta la responsabilità di quella scelta al genitore è pur vero che Gigliola Del Debbio, la figlia dell’architetto, dice altrettanto per suo padre, che proprio in quei luoghi andava a caccia di beccaccini e che, attrezzato di stivaloni, vi passava intere giornate a studiare e immaginare il progetto. E andrebbero indagate meglio le motivazioni che spinsero Ricci, animatore del progetto e abile pianificatore economico e infine vittima della politica fascista, a sostituire Del Debbio influendo sull’impronta stilistica dell’insieme. E non si può tacere sulla preoccupante condizione dei mosaici pavimentali sporadicamente restaurati, sulla disconnessione del lastricato marmoreo in largo Lauro de Bosis e sullo stato sofferente della parte arborea, tanto voluta, progettata e organizzata da Del Debbio, o sulla recente manomissione dell’antico centrale di Tennis che mostra colori e forme del tutto incompatibili col contesto. L’architettura rivive gli stessi passaggi di mano del passato e da un progetto iniziale più organico si finisce spesso per scegliere una soluzione scenografica in stridente contrasto col paesaggio e con le precedenti costruzioni. Oggi, con il restauro della Casa delle Armi e della Sala della Scherma di Moretti e con l’aggiunta del ponte pedonale detto della Musica,

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