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1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita
1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita
1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita
E-book1.589 pagine14 ore

1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita

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Info su questo ebook

Il Duomo, la Scala, il Castello Sforzesco, le vie dello shopping… E poi cos’altro? È vero che a Milano c’è poco da vedere? Solo a un’osservazione affrettata, assicurava la scrittrice Edith Wharton a inizio Novecento. Perché se al primo impatto Milano può sembrare poco interessante rispetto ad altre più esuberanti città italiane, è solo perché sa nascondersi e sfuggire abilmente all’occhio del turista superficiale. Nelle sue strade si celano splendide chiese, musei all’avanguardia, locali degni delle grandi capitali europee, palazzi e cortili ricchi di fascino. Ecco 1001 proposte per scoprire, nei suoi angoli più nascosti, una città così mutevole e multiforme che spesso riserva sorprese anche a chi ci vive da anni. Così alla fine anche voi potrete dire, con le parole di una nota canzone: «Lassa pur ch’el mund el disa, ma Milan l’è on gran Milan». Lascia pure che il mondo parli, ma Milano è una grande Milano.
Gian Luca Margheriti
nato a Milano nel 1976, è fotografo e scrittore. Ha curato con Francesca Belotti la rubrica Milano segreta, sulle pagine online del «Corriere della Sera». Con la Newton Compton ha pubblicato 101 tesori nascosti di Milano da vedere almeno una volta nella vita, I personaggi più misteriosi della storia, 1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita e, scritti con Francesca Belotti, Milano segreta e 101 storie su Milano che non ti hanno mai raccontato. Ha scritto inoltre Lettere dall’Inferno, la storia di Jack lo Squartatore.
LinguaItaliano
Data di uscita29 lug 2014
ISBN9788854170216
1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita

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    Anteprima del libro

    1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita - Gian Luca Margheriti

    Basiliche, chiese, edifici religiosi

       1.

    Duomo

    Piazza Duomo

    Monumento simbolo di Milano e una delle immagini dell’Italia nel mondo, il Duomo è un capolavoro del tardo gotico. Iniziato nel 1386, dopo l’abbattimento della Basilica di Santa Maria Maggiore e della Chiesa di Santa Tecla, il Duomo è dedicato a Santa Maria Nascente. Interamente costruito in marmo, è impressionante per la mole (è la terza chiesa più grande del mondo cattolico dopo San Pietro e la Cattedrale di Siviglia) e soprattutto per l’eccezionale ricchezza decorativa (l’edificio è punteggiato da 3400 statue, 96 doccioni e migliaia di mezzibusti e altorilievi).

    I lavori per la costruzione di questo enorme edificio durarono quasi seicento anni. La facciata fu terminata solamente nel 1813 e molti piccoli lavori di rielaborazione continuarono per tutto l’Ottocento. L’ultimo intervento risale agli anni Cinquanta del Novecento, quando furono poste le ultime formelle bronzee a completare il portale destro della facciata.

    Oggi l’edificio occupa buona parte della piazza e permette al visitatore di osservarlo da tutti i lati. Il momento migliore è nelle sere di primavera quando il sole basso illumina interamente la facciata, donando al marmo di Candoglia che la ricopre il suo caratteristico colore rosato.

    Ma il Duomo risulta sorprendente in qualunque momento. Così scriveva il grande poeta romantico inglese Percy Bysshe Shelley a un amico durante un soggiorno a Milano nel 1818: «Il Duomo è una sorprendente opera d’arte. È fatta di marmo bianco, tagliata a pinnacoli di immensa altezza, lavorati con la massima delicatezza, e carica di sculture. Il suo effetto, quando si staglia con le sue guglie abbaglianti sulla serena profondità del cielo italiano, o alla luce lunare, quando le stelle sembrano raccogliersi tra quelle sagome, è superiore a qualsiasi altra opera che credevo possibile produrre in architettura. L’interno, benché sublime, è di carattere più terreno. Con i suoi vetri istoriati, le colonne di granito massiccio, sormontate da antiche figure, le lampade d’argento che bruciano costantemente sotto il baldacchino di stoffa nera, vicino all’altare di bronzo e l’intaglio di marmo della volta, gli danno l’aspetto di un sontuoso sepolcro. C’è un luogo solitario tra queste navate laterali, dietro l’altare, dove la luce del giorno è fioca e giallastra sotto le vetrate istoriate, e lì ho scelto di leggere Dante».

    Mentre lo scrittore americano Mark Twain del Duomo scriveva: «Comunque si guardi alla grande cattedrale è nobile e bella. Dovunque ci si trovi a Milano, o entro sette miglia da Milano, essa è visibile, e null’altro può competere nel catturare l’attenzione. Lascia correre per un attimo gli occhi liberi dalla volontà e essi ne andranno in cerca. È la prima cosa che cerchi quando ti alzi al mattino e l’ultima su cui lo sguardo si posa la sera. Senza dubbio deve essere la creazione più regale che umano intelletto abbia potuto concepire. Dicono che il Duomo di Milano venga solo dopo San Pietro a Roma. Non riesco a capire come possa essere secondo a qualsiasi altra opera eseguita dalla mano dell’uomo».

    Impossibile qui elencare tutta la miriade di capolavori che si trovano all’esterno e all’interno del Duomo, ci vorrebbero decine e decine di pagine. Ci limiteremo quindi ad annotare alcune cose che non vanno assolutamente perse durante una visita alla cattedrale di Milano.

    La prima cosa, la più importante, è l’atmosfera mistica e raccolta che accoglie il visitatore non appena entra nella cattedrale. Le cinque navate scandite da pilastri creano una penombra che amplifica il rapporto con un mondo mistico e altro. Dopo aver girovagato e assaporato l’atmosfera di questo luogo magico, concentriamoci invece sui capolavori dell’arte. Anzitutto non bisogna perdersi le tante vetrate con le storie dei santi. Le più belle sono le quattrocentesche Storie di san Giovanni Evangelista (prima campata a destra), e Storie di sant’Eligio di Nicolò da Varallo (sesta campata a destra), le Storie di San Giacomo Maggiore di Corrado de’ Mochis (nel transetto destro), e anche le Scene della vita di santa Caterina di Alessandria, sempre di Corrado de’ Mochis ma questa volta su disegni di Biagio e Giuseppe Arcimboldi (ancora nel transetto destro), e ancora le Storie del Nuovo Testamento (quinta campata di destra), e le Storie di San Giovanni Damasceno realizzate da Nicolò da Varallo nel 1479 (transetto sinistro). Anche se forse le vetrate migliori sono quelle con i Profeti nei trilobi delle gugliette sopra l’altare di San Martino, che sono attribuite a Michelino da Besozzo.

    Particolarmente interessanti anche i sarcofagi e le sepolture conservate in Duomo, alcune appartenenti a personaggi di spicco della storia di Milano e altre apprezzabili anche solamente per i grandi meriti artistici. Ad esempio l’eccezionale sarcofago del mercante Marco Carelli (quarta cappella di destra) realizzato su disegno di Filippino degli Organi nel 1406, con statue scolpite da Jacopino da Tradate. O quello della cappella successiva che accoglie le spoglie di Gian Andrea Vimercati, abbellito da due superbe sculture del Bambaia. Dello stesso scultore in Duomo si trova anche una pala d’altare marmorea con la Presentazione di Maria (nel transetto destro).

    Da non perdere sono anche la statua di Martino V di Jacopino da Tradate del 1424, che si trova nel deambulatorio, e il duecentesco crocifisso rivestito con una dalmatica, anch’esso nel deambulatorio. Per quanto truce nella sua fedele riproduzione della realtà, merita un’attenta osservazione anche il San Bartolomeo Scorticato scolpito da Marco d’Agrate (nel transetto destro).

    Prima di uscire merita un’ultima occhiata l’enorme presbiterio che avanza fino a coprire parte della navata centrale. Mantiene intatta la struttura con cui lo progettò Pellegrino Tibaldi in osservanza della riforma liturgica del Concilio di Trento. Al centro troneggia l’altare che era già della preesistente Basilica di Santa Maria Maggiore e che fu riconsacrato da Martino V nel 1418 (molti secoli prima che i lavori di costruzione fossero portati a termine). Dominano il presbiterio due enormi pulpiti cinquecenteschi realizzati sempre su progetto di Pellegrino Tibaldi, uno dedicato alle Storie del Vecchio Testamento (quello di sinistra, retto da statue rappresentanti i Dottori della Chiesa) e l’altro alle Storie del Nuovo Testamento (quello di destra con statue con gli Evangelisti).

       2.

    Basilica di Sant’Ambrogio

    Piazza Sant’Ambrogio

    La basilica dedicata al santo patrono della città è seconda per importanza solo al Duomo. Nel settembre del 1395, davanti alla basilica, Gian Galeazzo Visconti fu incoronato primo Duca di Milano (titolo acquistato dall’imperatore Venceslao per centomila fiorini). Massimo capolavoro dell’architettura dell’XI e del XII secolo, sorse nel 379 per volere del vescovo Ambrogio. Inizialmente chiamata Basilica Martyrum, fu edificata sul luogo di sepoltura dei santi Gervasio e Protaso. Nel 397 ospitò le spoglie di sant’Ambrogio. Nei secoli successivi la basilica fu continuamente ingrandita, prima con la costruzione di un monastero benedettino, poi, a partire dal IX secolo, con i lavori che la trasformarono nella chiesa che ancora oggi possiamo vedere e che terminarono nel XII secolo. La basilica subì grandi interventi di restauro tra l’Ottocento e il Novecento, tutti con lo scopo di recuperare le strutture più antiche e lasciare che la chiesa mostrasse l’aspetto romanico, a dispetto delle aggiunte fatte nei secoli precedenti. Oggi la basilica, varcato il portale che immette nell’imponente atrio detto di Ansperto, mostra una facciata in cotto costituita da due loggiati sovrapposti. Il più basso, con il nartece, dà accesso ai tre portali della basilica. Quello alto è fatto a cinque arcate degradanti che culminano con il tetto a capanna. Prima di varcare l’ingresso merita un’occhiata il portale di sinistra che presenta una splendida scultura di epoca preromanica che ritrae Sant’Ambrogio.

    L’interno è a tre navate absidate separate da pilastri a fascio, che presentano animali fantastici, elementi floreali e motivi scultorei tratti dai bestiari secondo lo stile romanico. La decorazione fu opera di illustri artisti, tra cui Gian Battista Tiepolo, il Lanino, Gaudenzio Ferrari, il Borgognone, il Legnanino e Bernardino Luini.

    La navata centrale culmina in un presbiterio notevolmente sopraelevato con sotto una grande cripta. Le cappelle laterali sono poco profonde sulla navata sinistra, mentre più grandi e articolate su quella di destra.

    Descrivere l’interno della basilica richiederebbe una lunga trattazione, ci limiteremo quindi ai soli elementi realmente imperdibili durante una visita al suo interno. La cosa che più colpisce ovviamente si trova sopra il presbiterio. Si tratta dell’altare maggiore detto anche altare d’oro. È un’eccezionale opera orafa di età carolingia del maestro Volvino. Sopra l’altare si trova il ciborio, un singolare monumento del IX secolo costituito da quattro colonne di porfido che reggono un baldacchino ornato da stucchi colorati. Alle spalle del ciborio, nel catino absidale, si trova un bel mosaico, interessante soprattutto per la datazione, visto che risale al IV secolo (almeno in parte, le zone più chiare sono rifacimenti novecenteschi). Nella sesta cappella della navata destra si trova un bel ciclo di affreschi del Lanino del 1546, mentre nella prima cappella della navata sinistra si trova un affresco del Bergognone con Cristo risorto tra due angeli. Nella terza campata della navata centrale è conservato il noto sarcofago detto di Stilicone che risale al IV secolo. L’opera, attribuita a due ignoti scultori milanesi, è riccamente decorata con scene che rappresentano Gesù tra gli apostoli, Adamo ed Eva, Adorazione dei Magi, Tre fanciulli ebrei, Bambin Gesù tra l’asino e il bue, Elia sul carro nell’atto di lasciare il pallio a Eliseo, Noè e Mosè e il Sacrificio di Abramo. Al di sopra c’è l’ambone in marmo, interamente ricostruito dopo un grave crollo che la basilica subì nel 1196. Le arcatelle che sovrastano l’antico sarcofago sono densamente decorate da sculture risalenti all’XI e XII secolo. Dalla basilica si può accedere al sacello di San Vittore in Ciel d’Oro.

       3.

    Basilica di San Lorenzo Maggiore

    Corso di Porta Ticinese

    La Basilica di San Lorenzo è in assoluto uno degli edifici più importanti al mondo per la storia dell’architettura. Di origine molto antica (la prima edificazione risale probabilmente al IV secolo), mostra ancora le peculiari caratteristiche di un edificio della tarda epoca antica. Edificata come basilica legata al vicino palazzo imperiale, è stata ricostruita una prima volta nell’XI secolo e poi nel XII. Entrambe le ricostruzioni hanno però cercato sempre di mantenere invariato l’impianto originale della basilica.

    Oggi San Lorenzo è il risultato dei lavori di ricostruzione operati nel 1573 da Martino Bassi a seguito del crollo di una parte della struttura. In occasione di quei lavori si edificò anche la nuova cupola, la più vasta di Milano, terminata nel 1619. La facciata è stata in parte modificata da un intervento di Cesare Nava nel 1894. Ma per godere al meglio della visione esterna di San Lorenzo si può ammirare la complessa struttura dal Parco delle Basiliche. Solo da qui è possibile cogliere come la basilica sia in realtà composta da un ampio corpo centrale (quello coperto dalla cupola), circondato da una miriade di edifici minori disposti a raggiera intorno al centro. Entrando in San Lorenzo si può respirare ancora l’atmosfera di un edificio paleocristiano con le pareti in pietra a vista mosse dalle finestre traforate, le esedre e il deambulatorio del piano superiore che accompagna lo sguardo alla mole imponente della cupola. Solo questo basterebbe a giustificare una visita alla basilica, ma in realtà la chiesa vanta un lungo elenco di capolavori, in particolare di arte antica. Svoltando a destra si può accedere alla Cappella di Sant’Aquilino. L’atrio della cappella, detto anche Cappella dell’Addolorata, conserva tracce di mosaici antichi che un tempo dovevano decorarlo per intero. Alcune testimonianze descrivono questa cappella, risalente al IV secolo, epoca della prima edificazione della basilica, superbamente bella.

    Sotto la base della seconda torre invece si può ancora vedere un affresco del II secolo che ritrae sant’Elena. Da qui si può accedere alla Cappella Cittadini che conserva una trecentesca Madonna col Bambino e santi di un pittore vicino a Giovannino de’ Grassi, un Cristo in trono del Duecento e delle Scene di caccia del XII secolo. Meritano una visita anche la Cappella di San Sisto e quella di Sant’Ippolito, entrambe in buona parte originali di epoca paleocristiana. Sotto l’ambulacro si conserva anche una copia dell’Ultima cena di Leonardo, realizzata probabilmente da Antonio della Corna, quando il capolavoro del maestro toscano doveva essere stato appena terminato.

    Dalla Cappella di Sant’Aquilino è possibile accedere al sotterraneo della basilica in cui si vede parte delle fondamenta, realizzate con enormi blocchi provenienti da qualche altro edificio di epoca imperiale (forse il vicino Anfiteatro).

       4.

    Basilica di Sant’Eustorgio

    Piazza Sant’Eustorgio

    La Basilica di Sant’Eustorgio, secondo la tradizione, sarebbe stata fondata dal vescovo Eustorgio per accogliere le spoglie dei Re Magi, ricevute dall’Imperatore d’Oriente. Anche se potrebbe trattarsi di un luogo di culto più antico: forse la Basilica Portiana citata più volte da Ambrogio e mai ritrovata. Le prime testimonianze scritte su questa basilica risalgono comunque al VII secolo. E sappiamo per certo che fu interamente ricostruita nell’XI secolo in forme romaniche con influenze francesi. La chiesa, di impianto romanico, venne danneggiata nel 1162 da Federico Barbarossa, il quale saccheggiò le reliquie dei Re Magi e le portò a Colonia, e con la ricostruzione del 1190 la basilica cominciò ad assumere l’aspetto attuale. Fu largamente rifatta nei secoli successivi, in particolare nel Seicento e nel Settecento. I lavori di restauro della seconda metà del Novecento hanno provveduto a cancellare gli interventi successivi, riportando la basilica alle forme romanico-lombarde.

    La facciata in forme neoromaniche è opera di Giovanni Brocca. L’interno a tre navate divise da imponenti pilastri mostra ancora le caratteristiche tipiche di una basilica di epoca romanica. Un occhio attento noterà che i pilastri sono tutti inclinati verso l’esterno, in modo che, con una sapiente illusione ottica, la navata centrale sembri molto più ampia di quello che è realmente. Nonostante l’estrema semplicità e pulizia dell’interno, Sant’Eustorgio custodisce una certa quantità di capolavori della storia dell’arte. Nella prima cappella della navata destra si trova un trittico, oggi scomposto, con la Madonna tra i santi Giacomo ed Enrico del Bergognone. Sullo stesso lato, nella terza cappella, si trovano invece il sarcofago di Protaso Caimi, realizzato nel 1360 da un maestro campionese, e quello per Stefano Visconti. La settima cappella della navata destra è quella detta dei Torriani ed è caratterizzata da un ciclo di affreschi molto significativo realizzato da un maestro del gotico internazionale, forse vicino a Michelino da Besozzo. Nel transetto destro si trova invece un’Epifania dipinta da Bernardino Luini. Nelle cappelle della navata sinistra sono invece stati ricollocati resti di affreschi del XIII e XIV secolo trovati nel coro. Spicca, in particolare, una Madonna col Bambino (quinta cappella). Imperdibile è il dossale dell’altare maggiore, forse donato alla chiesa da Gian Galeazzo Visconti, con le Storie della Passione e rilievi degli apostoli. Alle sue spalle è possibile vedere quanto resta dell’abside della chiesa paleocristiana.

    La basilica custodisce i sepolcri della famiglia Visconti e le spoglie del vescovo Eustorgio ed è il luogo in cui le autorità e la cittadinanza danno il benvenuto a tutti i nuovi vescovi. Il campanile culmina con la stella a otto punte dei Re Magi, che segnala la presenza delle reliquie, in parte restituite agli inizi del Novecento.

       5.

    Basilica di San Marco

    Piazza San Marco

    San Marco è una delle più importanti chiese di Milano. La sua fama è in parte dovuta alla commistione di stili che in essa si compenetrano armoniosamente.

    A partire dalla facciata, San Marco mostra un chiaro aspetto neogotico, ingentilito però dal grande portale di stile medievale. Sia il fianco destro che il transetto, all’esterno, hanno caratteri prettamente romanici, da cui però sporgono cappelle di ogni epoca fino ad arrivare a un’abside in stile marcatamente gotico che ben lega con il campanile (la cui sommità è però un rifacimento ottocentesco). Questo miscuglio di epoche si ritrova anche nell’interno, con le sue tre navate settecentesche e la zona del presbiterio gotica (ma con copertura di epoca seicentesca). Uno dei due transetti (il sinistro) è di gusto tipicamente seicentesco, l’altro invece è uno splendido esempio di Medioevo milanese.

    La Chiesa di San Marco fu fondata nel 1254 da frate Lanfranco Settala, inglobando una costruzione più antica che i milanesi avevano dedicato a san Marco come tributo ai veneziani che avevano combattuto con loro a Legnano contro il Barbarossa. Apprezzabili, all’interno, sono una serie di affreschi di Vincenzo Foppa nella prima cappella a destra, una pala del Legnanino che rappresenta San Marco nella terza cappella sulla destra e una tela con Il presepe e san Gerolamo sulla parete al termine della navata destra. Dei Fiammenghini si trova invece un bell’affresco nel transetto destro, Alessandro IV istituisce l’ordine degli Agostiniani.

    San Marco riserva comunque continue sorprese. Sembra che spostando un arredo o rimuovendo un intonaco si sia destinati a restare continuamente stupefatti dagli incredibili tesori che la chiesa nasconde. Quando si decise di spostare il sarcofago del beato Lanfranco Settala, eccelsa opera di Giovanni di Balduccio risalente alla metà del Trecento, dietro fu rinvenuto un affresco dello stesso periodo che rappresenta una Crocifissione (nel transetto destro) di un ignoto maestro lombardo, che ben si lega con l’affresco dell’Assunta (alla destra della Crocifissione), sempre del Trecento. Un crollo dell’intonaco invece rivelò, nella terza cappella della navata sinistra, un affresco della Madonna col Bambino e san Giovannino. La squisita fattura fece sì che per anni l’opera fosse attribuita a Leonardo. Oggi, più verosimilmente, l’opera è ascritta a Bernardino Luini.

    Merita una visita anche la defilata Cappella di San Tommaso di Villanova. Vi si trova l’arca funebre dei fratelli Antonio e Andrea Birago e una ancor più bella arca funebre trecentesca di un ignoto attribuita a Matteo da Campione. Nella stessa cappella, durante lavori di restauro, venne alla luce un bell’affresco trecentesco di Cristo con gli apostoli.

    Un’ultima curiosità: la Chiesa di San Marco conserva anche un passaggio segreto. Si trova in una cappella laterale dietro una statua della Madonna. Dietro la nicchia che contiene la statua, un piccolo varco conduce a un vano che si trova sotto l’altare. Il vano è a sua volta collegato con una stanza da cui parte un corridoio. Purtroppo il soffitto è franato e si sta ancora aspettando che qualcuno si decida a liberarlo per vedere dove conduce questo passaggio segreto. Forse a un fantomatico tesoro?

       6.

    Abbazia di Casoretto

    Via Casoretto

    La Chiesa di Santa Maria Bianca della Misericordia, conosciuta da tutti come Abbazia di Casoretto, durante il Quattrocento fu un’importante sede della congregazione dei canonici regolari Lateranensi. L’edificazione di questa basilica, sorta su una precedente costruzione del 1405 donata da Pietro Tanzi, cominciò nel 1470 per opera di un ignoto architetto che le conferì le caratteristiche tipiche della cultura rinascimentale, come le due finestre a tutto sesto della facciata e il profilo del portale, che risente di chiari influssi toscani. Alla struttura della chiesa forse mise mano anche Guiniforte Solari, a cui si possono attribuire il tetto a capanna della facciata e i contrafforti intercalati da finestre sui lati. La costruzione fu poi rimaneggiata in epoca barocca da Ambrogio Annoni.

    Sul lato destro resta un piccolo campanile che mantiene le forme originarie del 1490.

    All’interno si trova un bell’affresco quattrocentesco di scuola lombarda che rappresenta la Santa Maria bianca della misericordia, in abito bianco bordato d’oro, nell’atto di adorare il Bambino Gesù. Sulla sinistra della chiesa si trova ancora il cinquecentesco chiostro, di cui sopravvive un portico sormontato da logge a bifore.

       7.

    Abbazia di Chiaravalle

    Via Sant’Arialdo

    La fondazione dell’Abbazia di Chiaravalle, antica sede dell’ordine cistercense e splendido esempio di una sapiente combinazione tra il gusto romanico e quello gotico d’oltralpe, ha una data precisa: 22 luglio 1135. Fu voluta da san Bernardo, che transitò da Milano di ritorno dal concilio di Pisa. L’originaria costruzione subì notevoli rimaneggiamenti già intorno al 1150, per essere poi terminata definitivamente nel 1221. Lo splendido campanile (detto Torre Nolare) fu invece aggiunto nel 1349 per opera di Francesco Pecorari. Nel Quattrocento si dice che abbia lavorato alla risistemazione dell’abbazia nientemeno che il Bramante. A lui sono attribuiti uno dei chiostri (poi andato distrutto) e la sala capitolare. La decadenza del centro abbaziale cominciò sul finire del Settecento e molte parti originali furono demolite. Solo alla fine dell’Ottocento si cominciarono dei seri interventi di restauro iniziati da Luca Beltrami e terminati solo nella seconda metà del Novecento grazie a Gaetano Moretti e Ferdinando Reggiori. Dopo secoli di abbandono, nel 1952 la comunità cistercense ha ripreso possesso dell’abbazia.

    L’ingresso di Chiaravalle è quanto resta di un’antica torre di difesa munita di ponte levatoio voluta nel Cinquecento da Giuliano Della Rovere. Superata la piccola cappella quattrocentesca di San Bernardo, un tempo riservata alle donne che per legge non potevano entrare nell’abbazia, e la cappella di uguale intitolazione che risale invece al Settecento, ci si trova davanti l’imponente facciata a capanna della chiesa. Preceduta da un secondo fronte del 1625 che copre il solo ordine inferiore, la chiesa mostra i canoni tipici della costruzione cistercense: assoluta assenza di elementi di sfarzo, decoro elegante e composto, forme semplici ed elementari. Anche il campanile, inserito nel corpo stesso della chiesa, è un elemento tipico delle costruzioni abbaziali cistercensi.

    All’interno gli elementi che meritano di essere visti sono molteplici. Non vanno perse le opere del Genovesino (Visioni di San Bernardo, in controfacciata), dei Fiammenghini (Madonna del Latte con san Bernardo e Adorazione dei pastori, nel presbiterio), di Daniele Crespi (Entrata di san Bernardo a Milano, in sagrestia), dei Campi (Crocifissione, nella cappella dedicata a Maria Maddalena) e il grande coro intagliato da Carlo Garavaglia. Il vero capolavoro della chiesa è invece la Madonna col Bambino e angeli, un affresco giovanile di Bernardino Luini (nel transetto destro, in cima alla scala di comunicazione con il dormitorio antico).

    Da non perdere la vista del cimitero dalla porta a vetri che si trova nel transetto sinistro. Le edicole a profonde arcate risalgono al XIII secolo. Dal fondo della navata destra una porta permette di accedere al chiostro in cui si può vedere un affresco di Gaudenzio Ferrari (Vergine in trono con Bambino onorata dai cistercensi, sopra la porta di accesso). Dal chiostro si può poi accedere alla sala capitolare in cui sono conservate tre vedute bramantesche di Milano, degli affreschi staccati dei Fiammenghini e due tondi in bronzo realizzati da Lorenzo Lotto su disegni di Raffaello (Cristo al limbo e Incredulità di san Tommaso).

       8.

    Abbazia Di Mirasole

    Opera, Strada Consortile del Mirasole

    L'abbazia di Mirasole fu fondata dagli umiliati nel XIII secolo e nel 1797 fu ceduta all’Ospedale Maggiore di Milano che ne è ancora proprietario.

    Il complesso, fra i luoghi di maggiore interesse artistico e culturale del territorio milanese, costituisce uno degli esempi meglio conservati di corte colonica medioevale, da cui deriva la struttura della cascina lombarda di età moderna. Costruiti secondo una concezione tipica degli umiliati, per i quali gli spazi di lavoro e i luoghi di preghiera non dovevano essere separati e distinti, la chiesa e il chiostro si trovano all’interno di una vasta corte agricola in cui sono ancora identificabili le stalle e le case contadine. Alla corte, circondata da stalle, abitazioni e laboratori per la lavorazione della lana, e difesa da un fossato e da un ponte levatoio, si accedeva attraverso due ingressi, uno dalla città, l’altro dai campi.

    La chiesa, dedicata a santa Maria Assunta, si trova sul lato nord-est del cortile. La semplice facciata a capanna è probabilmente un rifacimento del XV secolo. Interamente originale appare invece il duecentesco campanile che si eleva sul lato destro. Ai lati del portale si trova un bassorilievo che rappresenta un agnello. La principale attività degli umiliati di Mirasole era infatti l’allevamento delle pecore per la produzione della lana. L’interno ha un’unica navata con copertura lignea. La parete di fondo è abbellita da un affresco quattrocentesco con l’Assunzione di Maria. Da notare i paliotti degli unici due altari presenti, entrambi in scagliola policroma con al centro una scena dipinta. Sul lato sinistro della chiesa si trova ancora il chiostro della prima metà del XV secolo.

    Oggi l’abbazia ospita la biblioteca medicoscientifica dell’Ospedale Maggiore che comprende più di ventiduemila volumi, di cui molti antichi.

       9.

    Abbazia di Monluè

    Via Monluè

    L'abbazia di Monluè sorse nel XIII secolo a opera degli umiliati di Santa Maria di Brera in una località ai tempi nota come Mons Luparium, cioè «il monte dei lupi». In origine qui, a distanza di alcune miglia dalle mura di cinta della città, doveva trovarsi infatti una collina sovrastante il fiume, circondata da boschi e foreste, probabilmente infestate da lupi e briganti.

    La comunità di Monluè ebbe uno straordinario sviluppo favorito dalla posizione scelta: molto vicina alla città di Milano e a due passi dal fiume Lambro. Come la maggior parte delle abbazie degli umiliati, la struttura si sviluppa intorno a un ampio cortile centrale in cui avevano sede sia i luoghi di culto che i complessi dedicati al lavoro. Lungo il lato est si trova un mulino, purtroppo oggi molto rimaneggiato, mentre degli edifici monastici sopravvivono oggi la chiesa dedicata a san Lorenzo e parte di un chiostro. Nell’edificio accanto alla chiesa, che probabilmente era la sala capitolare degli umiliati, nel 1988 sono stati scoperti interessanti affreschi di epoca medioevale.

    La chiesa, dedicata a san Lorenzo, si apre sul lato sud del cortile. Costruita nel 1267, subì radicali modifiche nel 1584 e nel 1877. Oggi presenta una facciata con un portale a falso protiro, due finestre e un oculo murati. L’interno è caratterizzato da uno splendido soffitto a cassettoni del Cinquecento.

    L’abbazia, ormai abbandonata, divenne nei primi anni del Novecento la casa agricola del Pio Albergo Trivulzio. La costruzione della Tangenziale Est nei primi anni Settanta ha tagliato fuori la zona dal contatto diretto con la città e negli ultimi anni il borgo è stato abbandonato da quasi tutti i suoi abitanti. Oggi l’aia e la cascina sono dedicate a eventi musicali e culturali per il divertimento estivo dei giovani milanesi.

       10.

    Abbazia di Morimondo

    Morimondo, piazza San Bernardo

    L'abbazia di Morimondo fu uno dei principali centri della colonizzazione agricola avviata nel Medioevo dai monaci cistercensi di san Bernardo. La fondazione dell’abbazia, realizzata trasformando una preesistente cascina, risale al 1134, quando i monaci francesi provenienti dall’Abbazia di Morimondo arrivarono a Coronate. I religiosi cominciarono subito un alacre lavoro di bonifica dell’area accanto al Ticino. Alla valorizzazione dei territori coltivabili e alla diffusione dei canali di irrigazione seguirono forti incrementi dei possedimenti dell’abbazia, che raggiunse il suo massimo splendore a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, quando il patrimonio dei monaci comprendeva 32.000 pertiche di coltivo e 9.000 di bosco. La chiesa dedicata a santa Maria fu iniziata nel 1182 e terminata, con la costruzione della facciata, solo nel 1296, a causa di alcune controversie con il clero locale. La struttura segue perfettamente gli stilemi del gotico francese, con una bellissima facciata in laterizio coperta da un tetto a capanna, ingentilita da un rosone centrale e da alcune bifore sormontate da una fila di archetti che continua anche sui fianchi della chiesa. Il pronao davanti al portale è un’aggiunta della fine del Settecento. All’interno la chiesa, a tre navate, mostra ancora il tipico aspetto dell’architettura cistercense, con le decorazioni e gli arredi restaurati e liberati dalle pesanti aggiunte settecentesche. La struttura mostra volutamente alcune asimmettrie e imperfezioni, rispecchiando così il pensiero dei monaci di san Benedetto, per i quali ogni cosa deve sempre ricordare che la perfezione assoluta può appartenere solo a Dio. Un occhio attento noterà che il pavimento della chiesa non è perfettamente piano ma leggermente in salita e sta a simboleggiare un avvicinamento spirituale a un piano più elevato di esistenza dato dalla vicinanza del Signore.

    Oltre a un affresco di Bernardino Luini del 1515 che rappresenta la Madonna col Bambino e i santi Benedetto e Bernardo, si può apprezzare l’enorme coro ligneo che, oltre all’abside, arriva a occupare anche la campata all’incrocio dei bracci. Fu commissionato nel 1490 a Francesco Girami. L’artista ci mise più di trent’anni per terminare i settanta stalli che lo compongono. Interessante anche l’acquasantiera trecentesca. Sul fianco destro della chiesa si trova il chiostro su cui affacciano la sala capitolare, il dormitorio e la sala di lavoro dei monaci.

    Dopo secoli di abbandono, dal 1952 una comunità monastica è tornata a vivere all’interno dell’abbazia.

    Una visita all’abbazia merita di essere completata con una passeggiata nell’antico borgo di Morimondo, immerso in una quiete secolare all’ombra di antichi alberi e tra lo starnazzare delle anatre.

       11.

    Abbazia di Santa Maria la Rossa di Monzoro

    Cusago, via De Gasperi

    Fondata nel 1359 per gli olivetani da Ippolito da Milano, nonostante i rifacimenti quattrocenteschi mantiene invariati gli aspetti tipici del gotico lombardo.

    La facciata a doppio spiovente mostra ancora la cornice a dentelli della cuspide e due monofore. Il fianco destro, dove un tempo si trovava un antico chiostro, era coperto da un enorme affresco che oggi si trova ai Musei del Castello. Altre tracce di affreschi sono visibili sul lato sinistro.

    L’interno ha un’unica navata coperta da volte a capriate. Il presbiterio è concluso da una volta a crociera su cui si trova una grande figura di Cristo circondato dai quattro Evangelisti.

       12.

    Abbazia di Santa Maria Rossa

    Via Santa Maria Rossa

    Il borgo medievale di Crescenzago si sviluppò intorno all’Abbazia di Santa Maria Rossa, unica parte sopravvissuta di un enorme complesso fondato dai canonici lateranensi nel 1140. L’abbazia cadde in disuso nel Cinquecento per poi essere interamente ristrutturata nei secoli successivi. Oggi si presenta in forme romanico-lombarde ma conserva ancora integri alcuni aspetti dell’originaria chiesa medievale.

    L’interno ha tre navate divise da otto pilastri. Nel catino dell’abside centrale si trova un affresco con il i>Redentore benedicente che risale al Trecento. Durante i restauri, sotto gli affreschi che coprivano la volta è ricomparso un ciclo di affreschi medievali ispirato ai vangeli apocrifi e realizzato con chiari influssi bizantini. Si tratta di un ciclo di Storie della Vergine in cui si riconoscono: l’Annunciazione, la Dormizione, il Funerale e l’Assunzione.

       13.

    Abbazia di Viboldone

    Viboldone, Via dell’Abbazia

    L'Abbazia di Viboldone fu fondata nel XIII secolo dagli umiliati per divenire uno dei maggiori centri di insediamento di quest’ordine a Milano. Contiene preziosi affreschi di chiara influenza giottesca, considerati tra i più pregevoli realizzati nel 1300 nell’Italia settentrionale. Oggi, di quello che doveva essere un imponente complesso resta solamente la chiesa.

    Iniziata già nel 1176, fu terminata solo intorno alla metà del XIV secolo. Con la soppressione dell’ordine degli umiliati, l’abbazia passò nelle mani degli olivetani, che la ressero fino al 1777. Fu poi abbandonata fino al 1941, quando un gruppo di monache vi si insediò, rendendola un luogo di clausura. Pochi anni dopo l’abbazia fu interamente restaurata a opera di Luigi Caccia Dominioni.

    Oggi la chiesa si presenta interamente giocata nei contrasti cromatici tra il rosso del laterizio e il bianco della pietra e dei marmi. Mirabile esempio di una mescolanza fra romanico e gotico lombardo, la facciata, con tetto a capanna, è divisa da lesene cilindriche su cui spiccano un grande oculo centrale e un portale marmoreo. Nella lunetta sopra il portale e nelle due edicole laterali si trovano begli esempi di scultura medievale eseguiti dal campionese Maestro di Viboldone.

    L’interno, a tre navate separate da tozzi pilastri, mostra ancora abbondanti resti della originale copertura di affreschi. Tutte le opere meritano un’attenta osservazione, ma in particolare è necessario soffermarsi sull’impressionante Madonna in trono e santi sulla parete frontale del tiburio. Si tratta di un’opera di un allievo diretto di Giotto. Di fronte a quest’ultima si stagliano le grandiose figure dai colori sgargianti di un Giudizio universale. È la più importante opera di Giusto de’ Menabuoi, che presenta analogie con il corrispondente affresco di Giotto nella Cappella Scrovegni di Padova.

       14.

    Basilica di San Babila

    Piazza San Babila

    Babila è un santo importante per la storia di Milano. Secondo la tradizione fu proprio lui, Babila, vescovo di Antiochia, a fondare la diocesi milanese.

    Arrivato a Milano nel III secolo, fu sempre lui a voler fondare una chiesa in questo luogo, sui resti di un antico tempio pagano dedicato a Giove. La Basilica di San Babila è una delle più antiche chiese di Milano ed era considerata un tempo la più importante dopo il Duomo e la Basilica di Sant’Ambrogio.

    Le prime tracce scritte di questa chiesa risalgono al V secolo, quando l’arcivescovo Lorenzo dedicò la basilica ad Concilia Sanctorum (all’adunanza dei santi), forse per la miriade di reliquie che vi erano conservate. Di quella antica chiesa non è rimasta nessuna traccia. La costruzione di una basilica dedicata a san Babila sui resti del precedente edificio risale invece all’XI secolo. La chiesa doveva avere linee romaniche con una facciata più arretrata rispetto a quella attuale.

    La basilica fu poi notevolmente modificata tra il 1575 e il 1610 con l’aggiunta di una campata e la costruzione della monumentale facciata, preceduta da pronao, secondo il progetto di Aurelio Trezzi. Nel 1853 si decise di reintervenire sulla basilica per tentare di restituirle le originarie forme medievali. I lavori, terminati nel 1906, risultarono uno dei più deprecabili interventi di restauro che Milano abbia mai avuto.

    All’esterno la chiesa mostra una facciata neoromanica ad opera di Paolo Cesa Bianchi. Sulla sinistra svetta un campanile che nelle forme originarie risaliva al 1820, ma che si decise di rifare in stile con la facciata nel 1926. In passato un carillon sulla cima della torre suonava lo stesso noto tema del Big Ben di Londra.

    L’interno ha tre navate divise da pilastri a fascio. Niente, ad esclusione di alcuni capitelli, sembra appartenere alla chiesa originale. La classica sobrietà della chiesa romanica ha ceduto il passo all’incoerenza decorativa dell’inizio del Novecento. Un’incoerenza che risulta soprattutto dalla superflua ricchezza degli ornamenti.

    Una curiosità: nella prima cappella a sinistra una lapide ricorda che qui fu battezzato Alessandro Manzoni il giorno 8 marzo del 1785.

       15.

    Basilica di San Calimero

    Via San Calimero

    Le prime notizie scritte su questa chiesa di antichissima origine, una delle più antiche di Milano, risalgono alla fine del V secolo, quando si decise di restaurarla per volere dell’arcivescovo Lorenzo I.

    La basilica sorse presso un’area cimiteriale, come dimostra la presenza di alcune lapidi tuttora murate sul fianco destro della chiesa. Fu interamente ricostruita in forme romaniche nel XII secolo e poi, nel 1609, nuovamente in forme barocche per opera di Francesco Maria Richini. Oggi la basilica non presenta, né all’esterno né all’interno, tracce delle epoche precedenti, a causa del lavoro di restauro di Angelo Colla risalente al 1882. Fu lui a edificare l’insignificante facciata in cotto a due spioventi con tre pinnacoli sommitali, arricchita da un protiro poggiante su leoni stilofori. L’interno a navata unica con abside semicircolare è stato deturpato dallo stesso Colla. Restano di notevole interesse artistico la Crocifissione del Cerano nell’arcata a destra dell’ingresso e la Natività di Marco d’Oggiono (allievo di Leonardo Da Vinci) nella terza cappella sulla destra.

    Sotto il presbiterio si trova la cripta, rifatta nel Cinquecento in tre piccole navate divise da otto colonne in granito. La volta è affrescata con mano sicura dai Fiammenghini. Sull’altare della cripta c’è un seicentesco gruppo scultoreo in legno che rappresenta San Calimero gettato nel pozzo. Lì accanto si trova ancora il pozzo in cui fu gettato il santo, quarto vescovo di Milano. Il corpo del santo riposa invece nella chiesa superiore, sotto l’altare maggiore.

    Particolarmente interessante è la sagrestia, che occupa lo spazio dell’adiacente oratorio di San Michele dei Disciplini. Nonostante le pessime condizioni di conservazione, si vedono ancora tracce di affreschi della metà del Quattrocento.

    All’esterno, accanto alla chiesa, varcato un portale romanico si accede al cortile della canonica. Questo spazio sorge sull’area di un antico cimitero. Parte delle lapidi che vi si trovavano sono state murate sulla parete della chiesa. La più particolare è senza dubbio quella che segnava la sepoltura del pittore fiammingo Pietro Muller, conosciuto da tutti come Cavalier Tempesta per i suoi quadri di tempeste e di mari in burrasca. Il Muller, pittore dall’animo inquieto (si dice che abbia dipinto i suoi quadri migliori in carcere, tormentato dai rimorsi dopo il delitto della moglie), decise, dopo aver a lungo vagabondato, di farsi seppellire proprio tra la quiete mistica di questo angolo di Milano.

       16.

    Basilica di San Nazaro in Brolo

    Piazza San Nazaro in Brolo

    La Basilica di San Nazaro fu voluta da sant’Ambrogio per ospitare la sempre maggiore mole di cristiani che si trovavano a Milano (lo ricorda un’epigrafe che si trova sul presbiterio della chiesa).

    Fu una delle quattro basiliche volute dal santo, la seconda in ordine di tempo. Nacque nel 382 con il nome di Basilica Apostolorum (Basilica degli Apostoli). Quando Ambrogio ritrovò le spoglie dei santi Nazaro e Celso, le fece cambiare intitolazione e traslò le spoglie di san Nazaro all’interno della basilica.

    In origine la basilica aveva una pianta a croce latina con un’abside rettangolare che divenne presto semicircolare per ospitare un sacello, rivestito da marmi donati dalla nipote dell’imperatore Teodosio I, destinato ad accogliere le spoglie del santo a cui era dedicata. Distrutta nel 539 dai barbari di Uraia e poi nel 1075 durante l’incendio che costò a Milano buona parte del suo centro storico, assunse la struttura che ancora oggi vediamo nel 1571 per volontà di san Carlo Borromeo. Subì altre modifiche nei secoli successivi, la più importante delle quali risale al 1830, quando Pietro Pestagalli diede agli interni dei caratteri di sapore neoclassico. Gravemente danneggiata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, fu nuovamente modificata tra il 1946 e il 1963 ad opera dell’architetto Enrico Villa.

    L’interno, giocato interamente sui contrasti cromatici creati dal bianco delle pareti, il grigio delle parti di mura paleocristiane lasciate a vista e il rosso dei decori in cotto fatti eseguire dal Villa, presenta ancora molte similitudini con l’antica basilica paleocristiana, grazie al sapiente lavoro di recupero dell’ultimo restauro. Nella chiesa sono conservate alcune ottime opere di Bernardino Luini (Gesù nella Passione), Bonino da Campione (Crocifissione), Bernardino Lanino (Ultima Cena), Daniele Crespi (Annunciazione), Camillo Procaccini (Presentazione di Gesù al Tempio) e Panfilo Nuvolone (San Gerolamo). Da notare i resti di pavimento paleocristiano dell’emiciclo e la pietra con il monogramma greco di Cristo (Chi Ro), resti dell’originaria basilica voluta da sant’Ambrogio.

    Le spoglie di san Nazaro sono oggi ospitate sotto l’altare maggiore. L’antico luogo di sepoltura è indicato da una lapide in marmo che si trova sul presbiterio.

       17.

    Basilica di San Simpliciano

    Piazza San Simpliciano

    La Basilica Virginum, l’attuale Basilica di San Simpliciano, fu eretta nel IV secolo. Secondo la tradizione sarebbe stata edificata per volere di sant’Ambrogio sul luogo di un’antica necropoli romana, all’incrocio di una delle strade che attraverso i passi alpini collegavano la città di Milano con la Rezia. Terminata dopo la morte del patrono di Milano per opera del suo successore, Simpliciano, la basilica odierna incorpora ancora parti consistenti dell’antico edificio paleocristiano. La basilica assunse forme romaniche tra l’XI e il XII secolo. Purtroppo nell’Ottocento, a causa dei deprecabili interventi di restauro di Giulio Aluisetti prima e di Carlo Maciachini dopo, l’aspetto della basilica fu in parte stravolto.

    Oggi la facciata di San Simpliciano mostra solamente il portale centrale come parte originale della basilica romanica. I portali minori e le finestre risalgono tutti agli interventi di restauro dell’Ottocento. L’interno, a tre navate, liberato dalle coperture dell’Ottocento, ci mostra oggi parti dell’originale edificio paleocristiano. In particolare sono da notare, alla base del campanile (nel transetto destro), i sarcofagi in granito utilizzati come materiali di muratura di reimpiego nel IV secolo. Il massimo capolavoro pittorico della basilica si trova nella conca dell’abside. Si tratta di un affresco del Bergognone datato 1515 che rappresenta l’Incoronazione di Maria. Di notevole interesse risultano anche gli affreschi del secondo Quattrocento con Padre Eterno, Vergine annunciata e Madonna e Santi che si trovano alla destra della controfacciata. Nel sacello, che conserva i resti dei martiri Martirio, Sisinnio e Alessandro, si trovano invece tracce di affreschi del Trecento scoperti dopo gli ultimi interventi di restauro.

       18.

    Basilica di Santo Stefano Maggiore

    Piazza Santo Stefano

    La Basilica di Santo Stefano Maggiore, conosciuta anche come Santo Stefano in Brolo, ha un’origine molto antica: la prima fondazione sembra risalga addirittura al V secolo. Distrutta da un grave incendio nel 1075, fu subito ricostruita in forme medievali. Sotto il portico di questa chiesa il 26 dicembre 1476 fu assassinato il duca Galeazzo Maria Sforza, che si trovava lì per le celebrazioni del santo patrono. Dopo che san Carlo Borromeo la elevò a basilica stazionale nel 1584, si cominciarono i lavori di riedificazione. I progetti furono affidati a Giuseppe Meda (anche se alcune fonti indicano Aurelio Trezzi). La facciata fu realizzata a due ordini di lesene ioniche con volute laterali. Particolarmente interessante appare il campanile, sicuramente uno dei più belli di tutta Milano. Fu iniziato in un moderato stile barocco da Carlo Buzzi nel 1643 e portato a termine nel 1674 da Girolamo Quadrio con un particolare coronamento a cupoletta.

    L’interno della basilica, rimaneggiato da Gaetano Besia nel 1832, appare oggi composto e ordinato come ci si aspetterebbe da una chiesa cinquecentesca. Le tre navate sono divise da robusti pilastri contraddistinti da semicolonne ioniche, che creano zone di luci e ombre e rendono l’interno perfettamente scandito, dando rilievo agli altari laterali.

    La basilica è ricca di importanti opere della fine del Cinquecento e del primo Seicento, tra le quali spiccano le tele del Cerano, del Crespi, del Procaccini e di Del Cairo. Di particolare interesse la Cappella Trivulzio, che si apre a destra del presbiterio. La cappella, progettata dallo stesso Giuseppe Meda, appare come una chiesetta separata dedicata a san Teodoro. Le forme sono quelle tipiche del Rinascimento ma si cominciano a intravedere particolari mossi e arditi che sembrano quasi preannunciare l’imminente arrivo del barocco. Merita una visita anche la sagrestia adornata da tele con le Storie di Sant’Anna e preceduta da un bel vestibolo in cui spicca un tabernacolo rinascimentale.

    Dopo essere stata per anni adibita ad Archivio storico diocesano, oggi la basilica è stata affidata alla comunità cattolica sudamericana di Milano.

       19.

    Basilica di San Vittore al Corpo

    Via San Vittore

    Si trovava qui un’antica necropoli, sostituita da una chiesa nell’VIII secolo edificata per ospitare le spoglie mortali dei santi Vittore e Satiro che si trovavano in precedenza nel sacello di San Vittore in Ciel d’Oro all’interno della Basilica di Sant’Ambrogio.

    Sempre in quest’area l’arcivescovo Arnolfo II, intorno all’anno 1000, fondò un monastero. Quando il monastero passò nelle mani degli olivetani (siamo nel 1508) cominciarono i lavori di recupero del monastero stesso e della chiesa annessa. I lavori presero il via nel 1560 orientando la chiesa dal lato opposto rispetto alla costruzione medievale. La paternità dell’edificio è incerta: secondo alcuni è di Galeazzo Alessi, secondo altri studiosi si tratterebbe di un’opera di Vincenzo Seregni. Oggi la chiesa mostra ancora una facciata incompiuta, scandita da lesene corinzie che avrebbero dovuto fare da riscontro al porticato che però non è mai stato realizzato. Il grande spazio interno è organizzato su tre navate divise da pilastri. Ad esclusione del pavimento marmoreo, rifatto nel 1930, tutta la chiesa è originale e conserva i modi tipici di una chiesa del tardo Cinquecento: i cassettoni della volta, le decorazioni ad affresco, gli stucchi bianchi e oro ci danno l’idea dell’atmosfera che qui si respirava cinquecento anni fa.

    Oltre allo splendido coro ligneo con Storie della vita di San Benedetto, opera di Ambrogio Santagostino su disegni di Bernardino Passero, sono imperdibili le opere dei Procaccini. Ercole Procaccini il Vecchio realizzò Il vescovo di Arezzo dà la regola agli Olivetani, sopra il portale centrale, e i dipinti della sesta cappella della navata sinistra. Camillo Procaccini fu autore invece delle Storie di san Gregorio, che si trovano nel transetto destro, e degli Episodi del martirio di san Vittore in sagrestia. Ercole Procaccini il Giovane realizzò le tele per la prima cappella della navata di sinistra. Uno sguardo più attento merita la Cappella Arese (la sesta della navata destra), realizzata in forme barocche nel 1669 da Girolamo Quadrio con sculture del Vismara. Si tratta dell’unica cappella di gusto realmente berniniano conservata a Milano.

       20.

    Basilichetta di San Lino

    Piazza San Nazaro in Brolo

    L'antichissima Basilichetta di San Lino si trova all’interno della Chiesa di San Nazaro in Brolo e funge da spazio antistante la sagrestia. Costruita intorno alla metà del X secolo (ma ampiamente rimaneggiata durante i restauri del 1948), presenta ancora tracce di affreschi risalenti al XIII e al XV secolo.

       21.

    Battistero di San Giovanni alle Fonti

    Piazza Duomo

    Nei sotterranei del Duomo, accanto ai resti dell’antica Chiesa di Santa Tecla è ancora ben visibile una parte di questo battistero. La struttura è a pianta ottagonale con un diametro di circa venti metri. Al centro del pavimento si apre la vasca battesimale, anch’essa a pianta ottagonale. Il battistero fu edificato nel 378 ed è il più antico battistero di cui esistano testimonianze scritte. In passato il fonte doveva essere decorato di marmo, di cui purtroppo restano poche tracce.

    Secondo la tradizione, la notte di Pasqua del 387 in questo luogo il vescovo di Milano Ambrogio battezzò il futuro santo e dottore della Chiesa Agostino, che lui stesso aveva spinto alla conversione al cristianesimo.

    Accanto a questo battistero anticamente esisteva uno spazio dedicato agli esorcismi intitolato all’arcangelo Uriele.

       22.

    Cappella Grifi

    Piazza San Pietro in Gessate

    Il transetto sinistro della Chiesa di San Pietro in Gessate è interamente occupato dalla Cappella Grifi, realizzata per ospitare le spoglie di Ambrogio Grifi, senatore, protonotaro e medico di corte degli Sforza. La sua statua funebre è ancora al centro della cappella.

    La volta e le pareti laterali sono decorate da uno dei principali cicli di affreschi del Quattrocento lombardo: si tratta delle Storie della vita di sant’Ambrogio di Bernardino Butinone e Bernardino Zenale (quest’ultimo si occupò solamente delle inquadrature architettoniche), del 1490. Anche se molto compromessi (nonostante un restauro del 1949), la loro potenza espressiva non sembra diminuita. Gli splendidi cieli azzurri, i profili turriti e merlati di una Milano che sembra un paese delle fiabe, gli aspri paesaggi montagnosi, fanno da contorno a storie con protagonista un sant’Ambrogio visto come un guerriero medievale. Sulla parete destra, in scene che si susseguono seguendo la parete del monte sono rappresentati: Sant’Ambrogio riceve la dignità vescovile, Sant’Ambrogio battezza, Sant’Ambrogio prega, Sant’Ambrogio guarisce un infermo, Sant’Ambrogio prega per la vittoria di Teodosio, Sant’Ambrogio rende giustizia, Sant’Ambrogio benedice gli astanti e una scena purtroppo non più decifrabile. Nella parete opposta si trovano invece il Battesimo di sant’Agostino, Sant’Ambrogio che predica e Ambrogio che impedisce all’imperatore Teodosio l’ingresso in chiesa. Nella lunetta mediana della volta campeggia invece un Sant’Ambrogio a cavallo.

       23.

    Cappella Portinari

    Piazza Sant’Eustorgio

    Annessa alla Basilica di Sant’Eustorgio si trova quella che è considerata una delle più belle e importanti opere del Rinascimento milanese, la Cappella Portinari. Realizzata tra il 1462 e il 1468 per dare degna collocazione alle spoglie di san Pietro Martire (che però furono qui collocate solo nel 1737) accoglie anche la sepoltura di colui che pagò per erigerla, Pigello Portinari, procuratore del Banco mediceo a Milano.

    La cappella è tradizionalmente attribuita a Michelozzo, anche se recentemente questa attribuzione è stata messa in discussione. La struttura è di tipo brunelleschiano, costituita da due vani a pianta quadrata, di cui quello di dimensioni inferiori è destinato all’altare. La decorazione interna è di una ricchezza tipica dei modi lombardi, dovuta in particolare agli stucchi policromi di Giovanni Antonio Amadeo. La cappella è nota in particolare per lo splendido ciclo di affreschi realizzato da Vincenzo Foppa con le Storie di san Pietro Martire. Al centro della cappella si trova l’arca che ospita le spoglie di san Pietro Martire.

       24.

    Cappella Trivulzio

    Piazza San Nazaro in Brolo

    La facciata della Basilica di San Nazaro in Brolo risulta totalmente inglobata dal mausoleo voluto dal condottiero Gian Giacomo Trivulzio nel 1512.

    Gian Giacomo Trivulzio, rampollo di una nobile stirpe milanese, si distinse come combattente al servizio della Francia di Luigi XII. Combatté accanto ai cugini d’oltralpe per cacciare Ludovico il Moro e per i meriti conquistati sul campo di battaglia si guadagnò il titolo di governatore di Milano. Titolo che però riuscì a godere per poco tempo viste le tresche dei concorrenti invidiosi che lo misero in cattiva luce agli occhi di Francesco I. Concluse i suoi giorni in Francia nel tentativo di riabilitare la sua figura agli occhi del nuovo re.

    Come tardiva riparazione, Francesco I fece in modo che i suoi funerali fossero fastosi e solenni. Così nel 1519, le sue spoglie furono accompagnate nel mausoleo che aveva fatto costruire a Milano diversi anni prima, seguite da un ricco corteo.

    La Cappella Trivulzio, conosciuta dai più come la Trivulziana, è l’unica opera architettonica conosciuta di Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino. Mai terminata, prospetta su corso di Porta Romana una spoglia facciata dai profili rigorosi.

    All’interno si trovano i resti di affreschi del Cinquecento. Negli arcosoli sono ospitati i sarcofagi con le statue giacenti dei Trivulzio. Quella di Gian Giacomo si trova al di sopra di quello che oggi è l’ingresso della Basilica di San Nazaro ed è caratterizzata dalla nota iscrizione: Iacobus Magnus Trivultius, Antonii Filius, qui nunquam quievit, quiescit. Tace («Gian Giacomo Trivulzio, detto il Magno, figlio di Antonio, che mai ebbe requie in vita, ora riposa. Taci»).

    Le spoglie dei Trivulzio non si trovano in questi sarcofagi ormai da tempo. Fu Carlo Borromeo a decretare che le spoglie fossero trasferite nella sottostante cripta che fu in seguito riempita con i cadaveri della grande peste del Seicento.

       25.

    Certosa di Garegnano

    Via Garegnano

    La Certosa di Garegnano fu fondata nel 1349 dall’arcivescovo Giovanni Visconti il quale, resosi conto di non avere molto tempo da dedicare alla preghiera, dichiarò che fondava la certosa perché i monaci pregassero al suo posto. La certosa si trovava nel Bosco della Merlata, battuto da briganti e malintenzionati, a breve distanza dalla strada postale che congiungeva Milano a Varese e Gallarate, e per molti anni offrì rifugio a pellegrini e viandanti. La struttura trecentesca fu ingrandita e rimaneggiata sul finire del Cinquecento, probabilmente ad opera di Pellegrino Tibaldi. Una targa sulla facciata ricorda le ingenti donazioni fatte da un altro Visconti, Luchino, che lasciò tutti i suoi beni alla certosa.

    Attraversato il portale e il suggestivo vestibolo, ci si trova davanti alla Chiesa di Santa Maria Assunta, caratterizzata da una facciata molto alta, a tre ordini, attribuita a Galeazzo Alessi e Vincenzo Seregni. Molti sono gli elementi che ne arricchiscono l’aspetto, non ultimi i busti di Giovanni e Luchino Visconti.

    L’elegante interno a una navata è opera di Vincenzo Seregni. Tutto contribuisce a farne uno dei più importanti complessi per la storia pittorica presenti a Milano, in particolare per lo splendido ciclo di affreschi di Daniele Crespi. Alla destra della chiesa si trova il chiostro cinquecentesco, dal quale si può accedere all’antico refettorio, oggi trasformato in cappella, decorato da affreschi del Genovesino.

    Francesco Petrarca, ospitato a Milano proprio da Giovanni Visconti, visitò spesso la certosa, che definì «bella e nobile».

       26.

    Chiesa dei Santi Barnaba e Paolo

    Via della Commenda

    La chiesa fu iniziata nel 1558 dai chierici regolari di san Paolo. La facciata è a due ordini con un unico portale contraddistinto da una serliana. Originariamente la parte bassa era interamente decorata a stucchi oggi scomparsi.

    L’unica navata è coperta da volte a botte. Il presbiterio e le cappelle laterali sono rialzate rispetto al piano di calpestio della chiesa dopo gli interventi di restauro operati da Galeazzo Alessi. Sempre all’intervento dell’Alessi si devono le finestre termali per l’illuminazione delle cappelle laterali.

    Nella cripta, costruita nel 1891 su progetto di Carlo Maciachini, è custodito il corpo di Antonio Maria Zaccaria, fondatore dell’ordine a cui la chiesa apparteneva.

       27.

    Chiesa dei Santissimi Carlo e Vitale alle Abbadesse

    Via Abbadesse

    La notevole chiesetta dedicata ai santi Carlo e Vitale risale all’inizio del Seicento, ma le forme che mostra oggi le furono date nel 1722. L’aspetto pulito e semplice della facciata è animato dal portale e dal suo particolare coronamento.

    L’interno ha un’unica e piccola navata su cui si trovano tre begli altari rococò. Interessanti sono anche gli affreschi un tempo erroneamente attribuiti alla scuola del Morazzone.

       28.

    Chiesa dei Santi Giovanni e Carlo

    Piazza Aquileia

    La graziosa Chiesa dei Santi Giovanni e Carlo ha origine antica, anche se venne profondamente rinnovata nel 1673. Le forme che mostra oggi risalgono a un restauro del 1747. Restauro che però escluse il piccolo campanile che conserva intatte le forme seicentesche. L’interno, più ampio di quello che da fuori ci si aspetterebbe, è abbellito da notevoli altari barocchi e da una pala che rappresenta le Anime del Purgatorio. Notevole la cornice di quest’ultima, probabilmente risalente ai lavori del 1673. La chiesa è conosciuta anche come Santi Giovanni e Carlo al Foppino perché un tempo qui si trovava un piccolo cimitero (foppa).

       29.

    Chiesa del Corpus Domini

    Via Pagano

    La Chiesa del Corpus Domini è una costruzione davvero particolare per la commistione di stili al limite del kitsch che l’architetto Francesco Solmi è riuscito a creare nel 1900. Il Solmi, più decoratore che architetto, e la sua folla di collaboratori riuscirono a sovraccaricare l’interno della chiesa di cornici, cassettoni, mensole e colonne, tanto da non lasciare libero nemmeno un centimetro quadrato. Da vedere anche la chiesa iemale (invernale) che si trova sottoterra, anch’essa piuttosto impressionante nel suo esagerato carico di elementi decorativi.

       30.

    Chiesa dell’Annunciata

    Via Festa del Perdono, 7

    L'ingresso di questa chiesa si trova lungo il portico orientale del cortile centrale dell’Università Statale di Milano. La chiesa, edificata nel Seicento a pianta centrale, serviva come cappella a quello che ai tempi era l’ospedale di Milano. Sull’altare maggiore si conserva ancora una stupenda pala del Guercino che rappresenta l’Annunciazione.

       31.

    Chiesa di San Bernardino alle Ossa

    Piazza Santo Stefano

    La facciata della Chiesa di San Bernardino alle Ossa che prospetta su piazza Santo Stefano sembra più adatta a un nobile palazzo che a una chiesa, con i suoi tre ordini di finestre divisi a scomparto da lesene e sormontati da elaborati timpani. Risale al 1679 ed è opera di Andrea Biffi. La chiesa di origine più antica (risale al 1450, ma era edificata su un oratorio preesistente) fu ricostruita dopo che il campanile della vicina Basilica di Santo Stefano crollò su di essa distruggendola. Durante i lavori del 1750, curati da Carlo Giuseppe Merlo, fu aggiunto il grande e insolito tiburio ottagonale ornato da finestroni che la sormonta. Fu sempre il Merlo a curare l’interno della chiesa in un barocchetto misurato.

    Entrando, superato l’atrio quadrato a soffitto ribassato, ci si trova in un’ampia aula dal profondo presbiterio, adornata da due cappelle laterali. Quella di destra ospita la tomba di una famiglia di discendenti per parte materna di Cristoforo Colombo. Il loro stemma reca la scritta: «Colon diede il nuovo mondo alla Castiglia e al Leon». Tornando nell’ambiente d’ingresso, attraverso un altro piccolo atrio, si può accedere alla cappella ossario.

       32.

    Chiesa di San Bernardino alle Monache

    Via Lanzone

    La Chiesa di San Bernardino alle Monache è l’unica parte rimasta di un monastero di monache umiliate che si trovava qui. Alla distruzione del monastero fu abbattuta anche la grande chiesa barocca che faceva parte del complesso. La chiesa che vediamo oggi era quella interna al monastero. Risale alla prima metà del Quattrocento ed è opera di Pietrantonio Solari, anche se l’attuale veste si deve quasi totalmente ai lavori del 1922 diretti da Adolfo Zacchi. La facciata a doppio spiovente con portale a tutto sesto, monofore ogivali e oculo è interamente ornata da scodelle maiolicate e una ricca cornice sommitale ad archetti incrociati. Sembra che tanto la cornice quanto le scodelle siano state ritrovate durante i lavori di ripristino. Sul fianco destro si trova il bel campanile originale a loggia monofora e copertura a cono.

    L’interno ha una sola navata sormontata da alte volte a crociera. Si trovano qui parecchi resti di affreschi del Quattrocento, fra i quali spicca la Madonna col Bambino e sant’Agnese sopra la porta laterale di sinistra, un’opera della scuola di Vincenzo Foppa. Sempre del Quattrocento sono le due piccole ancone di un ignoto maestro lombardo che si trovano sull’altare maggiore. Sono un San Giovanni Battista e un San Pietro. Un recente restauro ha portato alla luce delle squame multicolore attorno alle chiavi di volta e alcune stelle rosse e verdi su intonaco bianco: una decorazione tipica del Trecento che si trova anche nella Abbazia di Chiaravalle e nelle chiese di Viboldone e di San Marco.

       33.

    Chiesa di San Carlo al Corso

    Piazza San Carlo

    In corrispondenza di un ampio allargamento di corso Vittorio Emanuele II, sorge questo complesso neoclassico realizzato nel 1847 dall’architetto Carlo Amati. La chiesa fu iniziata nel 1836 con l’abbattimento dell’antica parrocchiale di Santa Maria dei Servi, che era già molto degradata. L’Amati, per realizzare questo solenne complesso, si ispirò senza mezze misure al Pantheon romano. Il progetto non si limitò alla chiesa, ma coinvolse l’intero spazio antistante con l’edificazione del porticato corinzio che si collega, senza soluzione di continuità, al colonnato del pronao della chiesa. Nel 1844 Felice Pizzigalli si occupò della realizzazione della cupola costruita senza l’ausilio di centine. Questa risulta sollevata sopra un alto tamburo resosi necessario per non soffocarla dopo la decisione di alzare di un piano anche i due edifici che si innestano perpendicolari alla chiesa. Il risultato così ottenuto richiama alla mente chiari echi bramanteschi, in un armonico e unitario esempio di scenario urbano. La chiesa è anche dotata di un campanile. Praticamente impossibile da individuare da corso Vittorio Emanuele II, è visibile da corso Matteotti. Molto sobrio nella sua semplicità, con oltre ottanta metri di altezza, è il più alto di Milano.

    L’enorme spazio interno (quasi quaranta metri di altezza per più di trenta di diametro) è scandito da un doppio ordine di colonne e lesene corinzie e dilatato alternativamente da nicchie dal profilo ricurvo e da cappelle laterali. Di particolare interesse sono una Madonna col Bambino e devoti del Trecento (a sinistra dell’altare) e un rilievo quattrocentesco di scuola lombarda rappresentante la Natività (a sinistra, appena entrati). Da notare le due acquasantiere che si trovano accanto all’entrata, ricavate dalle valve di una gigantesca tridacna, un particolare tipo di ostrica.

       34.

    Chiesa di San Carlo al Lazzaretto

    Largo Bellintani

    «La cappella ottagonale che sorge, elevata da alcuni scalini, nel mezzo del lazzaretto, era, nella sua costruzione primitiva, aperta da tutti i lati, senz’altro sostegno che di pilastri e di colonne, una fabbrica, per così dire, traforata: in ogni facciata un arco tra due intercolumni; dentro girava un portico intorno a quella che si direbbe più propriamente chiesa, non composta che da otto archi, rispondenti a quelli delle facciate, con sopra una cupola; di maniera che l’altare eretto nel centro, poteva essere veduto da ogni finestra delle stanze del recinto, e quasi da ogni punto del campo». Con queste parole Alessandro Manzoni, ne I promessi sposi, descrive l’aspetto che doveva avere nel Seicento la piccola Chiesa di San Carlo al Lazzaretto, conosciuta da tutti come San Carlino.

    La Chiesa di San Carlo si trovava esattamente al centro di quello che un tempo era il lazzaretto. Fu eretta per volere di San Carlo Borromeo a partire dal 1585 su un preesistente tempietto dedicato a santa Maria della Sanità. La chiesa era a pianta ottagonale aperta su tutti i lati, come previsto dal progetto di Pellegrino Pellegrini. La struttura era così concepita per permettere agli appestati di seguire la messa: ai malati era vietato allontanarsi dalla loro cella e stare in gruppo per evitare ulteriori rischi di contagio. La chiesetta, inizialmente intitolata a san Gregorio, all’arrivo dei francesi fu sconsacrata e adibita a polveriera. Giuseppe Piermarini, qualche anno dopo, per volere dello stesso Napoleone la trasformò in un tempio dedicato alla patria. La chiesa venne quindi rivestita di simboli laici e l’altare sostituito da una statua che rappresenta la libertà.

    In questi anni si decise di chiudere gli spazi tra le colonne, e la chiesa, con l’arrivo degli austriaci, assunse le più disparate funzioni: prima fienile, poi ghiacciaia. Finalmente, alla fine dell’Ottocento si decretò di restituire alla chiesetta la sua originaria funzione. Angelo Galimberti si occupò di restaurarla aggiungendo anche il piccolo fabbricato che fu adibito a sagrestia e abitazione parrocchiale. In occasione del terzo centenario della morte di san Carlo si

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