Il Segreto di Peach
Di Gioia Colli
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Anteprima del libro
Il Segreto di Peach - Gioia Colli
Ringraziamenti
Il segreto di Peach
Liberamente ispirato alla saga di Super Mario Bros
Sempre d’allora in poi, di quando in quando
quell’agonia ritorna;
finché l’orrida storia non sia detta,
il cuore brucia, il fuoco vi soggiorna
Samuel Coleridge, Ballata del Vecchio Marinaio
VICTOR non si era mai divertito così tanto in vita sua: l’attaccabrighe che era stato rinchiuso dentro di lui per anni si stava prendendo una rivincita di proporzioni epiche. Non poteva essere altrimenti, dal momento che in quel locale bastava lanciare bicchieri o bottiglie per far rotolare giù le teste degli avventori come scatole vuote. Il pavimento si tingeva di sangue seguendo linee ortogonali ben precise, mentre una sedia faceva più danni di una motosega e una stecca da biliardo di una lancia. Le leggi più elementari della fisica venivano allegramente ignorate, ma era il bello dei videogiochi:
«Fatevi sotto!», ruggì, felice come una Pasqua, «Mandatemene quanti ne volete, non mi sconfiggerete mai! Io sono Victor!»
Il tono, gioioso e trionfalistico, raggiunse però le orecchie dei programmatori sotto forma di un boato sinistro.
«Dio mio…», commentò uno dei due, «mi sembra di essere in una creepypasta.»
«Una cosa?»
«Creepypasta. Sai, quei video di Youtube che si occupano di leggende metropolitane legate ai videogiochi.»
«Ah.»
Osservarono quello strano virus fare ancora una volta piazza pulita degli avatar che gli mandavano contro. Ogni tentativo di mettere in pausa il gioco o modificarlo in profondità era stato vano; la lotta contro quello strano essere proseguiva da ore.
«Non ho mai visto niente del genere.»
«Nemmeno io. Com’è possibile che abbia una definizione così elevata?»
Avevano creato loro quel gioco e la definizione non andava più in là di forme cubiche e maschere fisse per le teste, mentre quell’essere sembrava uscito dall’ultimo titolo per playstation. Per di più si comportava come un giocatore impazzito, ma con le stesse capacità di un virus e di un glitch perfettamente controllate; l’hacker più abile certe cose poteva solo sognarle.
«Qualche altra idea su come fermarlo?»
«No.»
In quel momento Victor si stufò del gioco: un paio di gesti e tutto finì in pezzi, anzi, in pixel che andarono a formare la scritta DELETED BY VICTOR.
Non fu mai più possibile riavviare. Paint the town red era cancellato per sempre.
I due poveri sventurati sperarono se non altro di essersi sbarazzati di Victor, ma era una speranza vana poiché l’interessato, in meno di un battito di ciglia, era tornato a casa.
Avanzò lungo i corridoi colorati con quel passo irreale e senza peso che i corpi umani non possono avere. A tratti scivolava come se avesse i pattini o si esibisse in un moonwalk che avrebbero fatto invidia a Michael Jackson. Animazione era tutto meno che realismo e nessuno lo aveva imparato bene come Victor, il primo essere umano che fosse mai riuscito a trasferirsi, armi e bagagli, nel mondo videoludico. Per sempre. Gli bastò il ricordo e gli si materializzò davanti l’Oculus Trip, l’interfaccia che lui aveva modificato per scaricare la sua mente sul computer come un programma qualsiasi. Era stato un processo lento, doloroso e potenzialmente letale, ma i calcoli non lo avevano tradito. Altri volti cominciarono a emergere dalle pareti ma lui li scacciò con la mano. Senza rimpianti.
Non aveva alcuna intenzione di tornare indietro. Del resto non avrebbe neanche saputo come.
Aveva arredato lui quel posto, in ogni singolo particolare, ed era pieno delle armi più straordinarie e degli oggetti più portentosi che la mente umana potesse mai concepire. I primi tempi si era divertito un mondo ma, dato che bastava muovere la mano o desiderare per avere tutto, alla fin fine stava cominciando ad annoiarsi.
«Basta giochi.», si decise.
Andò davanti allo specchio sforzandosi, invano, di avere un passo normale. Si portò la mano davanti e la definizione in 3D che era stato l’invidia e lo sgomento di tanti programmatori lasciò il posto a una più modesta figura in due dimensioni. Adesso aveva l’aspetto di un bellissimo, forte, affascinante principe da fiaba. Perché era quello il suo vero obiettivo, anzi, un altro; il cyberspazio aveva anticipato il suo desiderio, come al solito, e aveva materializzato un’immagine della principessa. Le sfiorò una guancia:
«Sto venendo a prenderti, tesoro.»
NEL REGNO DEI FUNGHI sembrava una giornata come un’altra, di quelle innumerevoli, senza fine, piene di colore e vita che la principessa amava tanto. Il sole era alto nel cielo, la temperatura ottima e il castello pullulava di fedeli Toad indaffarati.
«Quali impegni abbiamo, oggi?»
«Oggi, principessa, abbiamo in programma di…»
Un rombo lontano disturbò le parole che seguirono, per un istante si oscurò il cielo e la terra tremò.
«Cos’è stato?»
«Cos’è stato cosa?»
«Non l’hai sentito?»
«Non ho sentito nulla, maestà. Vi sentite bene?»
Peach era impallidita. Si sentiva un groppo allo stomaco come non le succedeva da… da…
«Principessa! Principessa! Guardi fuori dalla finestra!»
Peach si affacciò e vide che piovevano caramelle, batuffoli di zucchero filato e gioielli; cadevano con dolcezza, come piume da un cuscino. Nell’aria si diffusero un profumo buonissimo e una musica celestiale, così piena di armonia che muoveva al sorriso e alla danza in modo irresistibile. Tutti si misero a ballare e proprio quando la festa era al culmine apparve dal nulla, in mezzo al cielo, un immenso castello fatto interamente di oro e pietre preziose. La fortezza, bella come una metafora, planò con grazia e si posò vicino alla residenza della principessa. La sinfonia si trasformò in un’ouverture e dal castello dei sogni uscì un principe bello come un amore.
«Abitanti del Regno dei Funghi!», esordì con chiarezza, ma anche con una certa autorità, «Mi chiamo Victor Blue e sono il principe dei cieli e monarca dei sogni. Vogliate scusare la mia intrusione ma, quando ho saputo di un regno minacciato e di una principessa dalla bellezza ineguagliabile, non ho potuto resistere al desiderio di visitarlo. Vogliate accettare i miei doni e avere la gentilezza di condurmi dalla vostra principessa.»
Era bello come il sole, tanto che a vederlo tutte le Toad arrossirono e sospirarono d’amore.
«Quanto è bello!»
«Com’è fortunata la nostra principessa!»
I due si vennero incontro a vicenda sul prato; se Victor era incantato dalla principessa, ella provava per lui una certa curiosità.
«Vogliate perdonare la domanda», disse con grazia Peach, «ma… non sarete per caso voi l’origine del tuono che ho sentito poco prima?»
L’altro si rabbuiò leggermente:
«Temo di sì, maestà. Ho incontrato delle resistenze nell’aria che non mi aspettavo. Ma perché preoccuparci di simili sciocchezze quando possiamo goderci insieme questo splendido pomeriggio?»
La musica riprese:
«Vuole concedermi questo ballo?»
La principessa accettò e quando furono stanchi di ballare portarono avanti la conversazione:
«Da dove venite, principe?»
«Da un regno molto, molto lontano, principessa, oltre le nuvole e oltre la tristezza. Ma devo riconoscere che il Regno dei Funghi è ancora più bello di quanto immaginassi. Chiedo con umiltà il permesso di risiedere qui in pianta stabile.»
«Permesso accordato.»
«Ve ne ringrazio dal profondo del cuore. Userò il mio potere per rendere questo regno il più splendido, sicuro e fiorente