Economia della Valuta Moderna: (Soft Currency Economics)
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Il mondo intero è vittima di governi incapaci di una politica di servizio, con finalità pubbliche, e capaci solo di lasciare dietro di sé scie di sangue, intrise di disoccupazione e in generale di miseria.
I due messaggi importanti di Economia della valuta moderna sono:
1. un governo che spende la propria moneta fiat (ossia ‘creata dal nulla’, senza alcun controvalore) non è, operativamente, mai vincolato dalle entrate;
2. la disoccupazione è la prova che la spesa in disavanzo è insufficiente a coprire le passività fiscali e qualsiasi residuo desiderio di risparmio netto. Eliminare la disoccupazione è un gioco da ragazzi, basta tagliare le tasse e/o aumentare la spesa, a seconda delle proprie scelte politiche.”
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Anteprima del libro
Economia della Valuta Moderna - Warren Mosler
Economia della Valuta Moderna
Titolo originale: Soft Currency Economics
di Warren Mosler
© 2016 Edizioni Sì
Edizione italiana a cura di Riccardo Tomassetti
Coedizione digitale (eBook) 2015 a cura di MABED Edizioni Digitali
Adattamento eBook: Mabed
ISBN: 9788898891290
www.edizionisi.com
www.mabed.it
info@mabed.it
Il libro
La prima pubblicazione di questo libro è stata un risultato diretto di ciò che io chiamo
Italian trade", che ho fatto oltre 20 anni fa. Segna il riconoscimento esplicito della moneta come un (semplice) monopolio pubblico, e rivela il funzionamento delle operazioni monetarie reali. Ad oggi, tuttavia, il messaggio non ha ancora raggiunto chi prende le decisioni in politica.
Il mondo intero è vittima di governi incapaci di una politica di servizio, con finalità pubbliche, e capaci solo di lasciare dietro di sé scie di sangue, intrise di disoccupazione e in generale di miseria.
I due messaggi importanti di Economia della valuta moderna sono:
un governo che spende la propria moneta fiat (ossia ‘creata dal nulla’, senza alcun controvalore) non è, operativamente, mai vincolato dalle entrate;
la disoccupazione è la prova che la spesa in disavanzo è insufficiente a coprire le passività fiscali e qualsiasi residuo desiderio di risparmio netto. Eliminare la disoccupazione è un gioco da ragazzi, basta tagliare le tasse e/o aumentare la spesa, a seconda delle proprie scelte politiche."
L’Autore
Warren Mosler (Manchester, 18 settembre 1949) economista e imprenditore statunitense, è il padre ideatore della MMT (Teoria della Moneta Moderna). Attraverso il suo Centro per la Piena Occupazione e la Stabilità dei Prezzi che ha sede presso l’Università del Missouri-Kansas City, finanzia borse di studio universitarie e progetti di ricerca nell’ambito dell’economia in alcuni tra gli atenei più prestigiosi di USA, Europa, Australia. Fa parte del corpo docenti dell’Università degli Studi di Bergamo e di quella di Trento, in qualità di visiting professor. Edizioni Sì ha pubblicato il suo libro-intervista con Paolo Barnard In alto il deficit
, a cura di Paola Ghini.
Warren Mosler
Economia della valuta moderna
_____________
Premessa
St Croix, Isole Vergini degli Stati Uniti, 20 febbraio 2014
La mia prima pubblicazione di questo libro è stata un risultato diretto di ciò che io chiamo Italian trade
, che ho fatto oltre 20 anni fa. Segna il riconoscimento esplicito della moneta come un (semplice) monopolio pubblico, e rivela il funzionamento delle operazioni monetarie reali. Ad oggi, tuttavia, il messaggio non ha ancora raggiunto chi prende le decisioni in politica.
Il mondo intero è vittima di governi incapaci di una politica di servizio, con finalità pubbliche, e capaci solo di lasciare dietro di sé scie di sangue, intrise di disoccupazione e in generale di miseria.
I due messaggi importanti di Economia della valuta moderna sono:
un governo che spende la propria moneta fiat (ossia ‘creata dal nulla’, senza alcun controvalore) non è, operativamente, mai vincolato dalle entrate;
la disoccupazione è la prova che la spesa in disavanzo è insufficiente a coprire le passività fiscali e qualsiasi residuo desiderio di risparmio netto.
Eliminare la disoccupazione è un gioco da ragazzi, basta tagliare le tasse e/o aumentare la spesa, a seconda delle proprie scelte politiche. Eppure una rapida indagine dimostra che ovunque viene fatto esattamente il contrario. Il Giappone, l’Eurozona e gli Stati Uniti, solo per citarne i più importanti, sono tutti attivamente impegnati in quella che viene chiamata austerity
– aumenti delle tasse e tagli alla spesa che hanno dato luogo a livelli elevati e crescenti di disoccupazione.
Negli Stati Uniti, il presidente Bush ha violato, nel 1988, il suo impegno di no nuove tasse
e nel 1990 le ha aumentate per pareggiare il bilancio, il che ha contribuito alla recessione che ne è derivata. In seguito, Bush ha perso le elezioni contro Bill Clinton (un terzo candidato, Ross Perot, la cui campagna elettorale correva sulle ali della paura riguardo al debito pubblico, gli portò via gran parte dei voti). Alla fine del 1990, una massiccia espansione del credito nel settore privato ha guidato l’economia verso il surplus, drenando centinaia di miliardi di dollari in attività finanziarie al netto dall’economia, il che ha portato alla recessione del 2000. Purtroppo, il presidente Clinton e i media erano schierati dalla parte di quegli economisti che ritenevano che proprio all’avanzo di bilancio fossero dovuti gli anni di forte crescita, quando in realtà l’avanzo di bilancio è stata la causa che ha interrotto l’espansione e dato il via alla recessione. Questo equivoco continua. Infatti anche il presidente Obama si sforza di ridurre il deficit federale convinto che ciò farà crescere produzione e occupazione. Purtroppo, questa politica non fa che peggiorare le cose: lo dimostrano l’alta disoccupazione, il calo del tasso di crescita riguardo al reddito personale e le vendite.
In Europa, l’euro è stato introdotto dai paesi membri con la stessa idea sbagliata che i deficit siano il male
e debbano essere sradicati. L’intera civiltà viene sistematicamente distrutta da ciò che conosciamo come austerità
che sta promuovendo disoccupazione di massa, perdite di business, suicidi e disperazione generale.
Anche il Giappone ha lottato contro il deficit nel corso di quelli che sono stati chiamati due decenni perduti
: ogni volta che l’economia ha cominciato a migliorare, i governi giapponesi hanno aumentato le tasse per ridurre il deficit, invertendo i miglioramenti.
C’è un barlume di speranza, tuttavia. Le lezioni contenute in questo libro stanno guadagnando sostenitori in tutti gli ambiti accademici e finanziari e sembrano poter influenzare sempre di più la politica pubblica.
L’Italia ha preso l’iniziativa, il giornalista Paolo Barnard ha iniziato a promuovere quella che ora è conosciuta come Mosler Economics/Modern Monetary Theory (memmt). Grazie a sforzi suoi e di quelle che possiamo chiamare cellule di attivisti appartenenti a diverse associazioni (Mosler economics − Modern Money Theory, epic − Economia per i cittadini e Rete mmt), centinaia di migliaia di italiani hanno iniziato a capire che la solvibilità non è un problema per una nazione che emetta una propria moneta, e che la disoccupazione è necessariamente la prova che i deficit sono troppo bassi.
Quindi mi sembra che abbia preso piede in Italia la possibilità di liberarsi dall’oppressione economica globale. E una volta iniziato il processo, non si può tornare indietro. Speriamo. La piena occupazione e la prosperità sono dietro l’angolo!
Vent’anni fa, un’epifania italiana
Gli accadimenti dei primi anni Novanta mi hanno portato alla comprensione del reale funzionamento di una moneta. In quel periodo, era il governo italiano piuttosto che quello degli Stati Uniti, a essere in crisi. Il Professor Rudi Dornbusch, economista e accademico influente del mit¹, insisteva nel sostenere che l’Italia fosse sull’orlo del default, perché il suo rapporto debito/pil aveva superato il 110% e il tasso di interesse della lira era superiore al tasso di crescita italiano.
Le cose andavano così male che titoli di Stato denominati in lire rendevano circa il 2% in più del costo della lira presa in prestito dalle banche. Il rischio percepito di possedere titoli di Stato italiani era così alto che li si poteva acquistare a circa il 14% di interesse e prendere in prestito la lira dalle banche, per comprare quei titoli, a solo il 12%. Questo era un pasto gratuito
del 2%, carne cruda per qualsiasi bond desk² come il mio, ad eccezione di una sola cosa, il rischio percepito di insolvenza da parte del governo italiano. Sono stati soldi facili da fare, ma solo sapendo con certezza che il governo italiano non avrebbe fatto default.
La possibilità di un pasto gratuito
mi aveva coinvolto totalmente. La ricompensa per aver trasformato tutto ciò in un investimento senza rischio fu immensa. Così iniziai un brainstorming sul problema con i miei soci. Sapevamo che nessuna nazione aveva mai fatto default nella propria moneta se questa non era giuridicamente convertibile in oro o qualsiasi altra cosa. C’è stato un tempo in cui le nazioni emettevano titoli che erano convertibili in oro. Quell’epoca, tuttavia, si era conclusa definitivamente nel 1971, quando il presidente Nixon aveva dismesso il gold standard internazionale (lo stesso anno in cui mi laureai all’Università U-Conn) ed entrammo nell’era dei tassi