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Stori del default islandese
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E-book138 pagine1 ora

Stori del default islandese

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Info su questo ebook

Questo saggio di storia economica tratterà la crisi economico-finanziaria islandese proponendosi di individuare quali siano state le cause che hanno condotto il Paese ad esporsi tanto sul piano internazionale, legandosi alle fluttuazioni esterne, fino ad esser coinvolto nella crisi globale del 2008.

Un detto di borsa recita: "Quando gli Stati Uniti starnutiscono, il resto del Mondo prende il raffreddore". Questa frase del XX secolo non è mai stata tanto azzeccata quanto lo è oggi. Al primo segnale di instabilità del mercato finanziario statunitense, infatti, il mondo occidentale si è trovato a fronteggiare una crisi che, con il passare dei giorni, ha fatto notare a molti alcune similitudini con quanto avvenne nel 1929 con il crollo di Wall Street.

Il paese che verrà qui trattato è, quindi, avanzato ed ha un'economia a scala ridotta ma con un grande riguardo all'avanzamento tecnologico e alla ricerca ma nel 2008 subirà una crisi finanziaria senza eguali divenendo uno dei Paesi che più ha perso nella crisi attuale.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2019
ISBN9788831613927
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    Anteprima del libro

    Stori del default islandese - Giada Billi

    Indice

    INTRODUZIONE

    CAPITOLO PRIMO - LA CRISI ECONOMICA NEL MONDO

    CAPITOLO SECONDO - LA STRUTTURA ECONOMICA ISLANDESE

    CAPITOLO TERZO - LE CAUSE DELLA CRISI FINANZIARIA ISLANDESE: DAGLI ANNI NOVANTA AL 2008

    CAPITOLO QUARTO - IL TRACOLLO NELL'OTTOBRE 2008

    CAPITOLO QUINTO - IL 2009

    CAPITOLO SESTO - IL 2010-2011 E LA RINASCITA DELL'ISLANDA

    CAPITOLO SETTIMO - COSA SI STA FACENDO SOTTO IL PROFILO POLITICO?

    CONCLUSIONI

    APPENDICI

    GLOSSARIO ESSENZIALE

    BIBLIOGRAFIA

    BILLI GIADA

    STORIA DEL

    DEFAULT ISLANDESE

    Titolo | Storia del default islandese

    Autore | Billi Giada

    ISBN | 9788831613927

    Prima edizione digitale: 2019

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti  dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    INTRODUZIONE

    "Quando gli Stati Uniti starnutiscono,

    il resto del mondo prende il raffreddore"

    detto americano

    Questo saggio di storia economica tratterà la crisi economico-finanziaria islandese  proponendosi di individuare quali siano state le cause che hanno condotto il Paese ad esporsi tanto sul piano internazionale, legandosi alle fluttuazioni esterne, fino ad esser coinvolto nella crisi globale del 2008.

    Per cercare di comprendere quello che è successo dobbiamo partire dalla constatazione che oggi tutti i mercati finanziari, sia a livello geografico che settoriale, sono fortemente interconnessi, e che quindi un problema che sorge in un punto qualsiasi del fragile ingranaggio mondiale può facilmente propagarsi a macchia d’olio al resto del sistema.

    Un detto di borsa recita: Quando gli Stati Uniti starnutiscono, il resto del Mondo prende il raffreddore. Questa frase del XX secolo non è mai stata tanto azzeccata quanto lo è oggi. Al primo segnale di instabilità del mercato finanziario statunitense, infatti, il mondo occidentale si è trovato a fronteggiare una crisi che, con il passare dei giorni, ha fatto notare a molti alcune similitudini con quanto avvenne nel 1929 con il crollo di Wall Street.

    In termini generali merita anche una menzione una caratteristica del capitalismo moderno, liberalizzato e mondializzato, e cioè che i mercati finanziari, le cui attività erano cresciute in maniera spropositata negli anni antecedenti la crisi, si concentrano di volta in volta su certe attività specifiche: una volta si può trattare della borsa, un’altra delle materie prime o di una crisi alimentare mondiale, poi del settore immobiliare o di quello petrolifero. Essi contribuiscono così a far crescere il valore di tali beni oltre il ragionevole, cosa che avviene anche, tra l’altro, attraverso la concentrazione del credito bancario in tali settori.

    La struttura quindi si ripete sempre con la stessa metodologia: innovazioni tecnologiche, guerre, nuovi strumenti finanziari o eventi di natura monetaria danno il via a nuove occasioni di guadagno. La corsa agli investimenti diventa euforica , a volte incontrollata, e s’innesca la spirale speculativa.

    Così Kindleberger diceva: Ci si butta a capofitto sulle nuove opportunità di guadagno in modo così strettamente prossimo all’irrazionalità da potersi considerare maniacale...¹

    Tutti comprano, a qualunque costo, e i tassi d’interesse richiesti da chi eroga credito crescono. Ogni crisi, anche quelle recenti, nasce infatti da un eccessivo indebitamento di qualcuno: privati, banche, imprese, governi. Quando ci si rende conto che la pressione è diventata eccessiva si inizia a vendere, spesso in massa, guidati da una frenesia contrapposta all’euforia d’acquisto, ribaltando le aspettative e facendo crollare i mercati. Se nessun agente esterno interviene, istituzioni finanziarie, imprese, magari governi, cominciano a fallire, spostando gli effetti della crisi dalle Borse alle tasche della popolazione.

    L'Islanda è un'isola cresciuta incessantemente dal secondo dopoguerra ad oggi grazie ad un'economia che si basava principalmente sullo sfruttamento delle risorse interne quali pesca ed energia; in entrambi i settori il Paese conquistò una posizione importante sul mercato internazionale grazie allo zelo dedicato alle innovazioni e alla tecnologia.

    La crescita avvenne anche grazie all'elevata formazione di capitale umano e al ruolo determinante delle istituzioni nella vita del cittadino che puntarono sempre sulla qualità visto che l'Islanda, con una superficie che non arriva nemmeno ai 103.000 kmq (di cui buona parte coperta da ghiaccio), non avrebbe ovviamente potuto costruire un'economia forte grazie alla quantità delle sue risorse.

    Grazie ad una politica sana e trasparente nella gestione del Paese, l'isola iniziò ad acquistare negli anni un'immagine vincente diventando una metà turistica di grande rilievo e qualificandosi al primo posto nella graduatoria mondiale per lo sviluppo umano nel 2008 (Human Devolpment Index dell'Islanda pari a 0,968 che è la media ponderata di alcuni fattori di sviluppo attinenti alla durata media della vita, il livello culturale e la quantità di ricchezza disponibile in termini di PIL reale per abitante).

    Il paese che verrà qui trattato è, quindi, avanzato ed ha un'economia a scala ridotta ma con un grande riguardo all'avanzamento tecnologico e alla ricerca ma nel 2008 subirà una crisi finanziaria senza eguali divenendo uno dei Paesi che più ha perso nella crisi attuale (ragionando in termini proporzionali).

    Nella seguente trattazione introdurrò alla conoscenza della struttura economica islandese focalizzandomi sui settori storicamente importanti per poi illustrare i recenti sviluppi partendo dalla crescente importanza che ha assunto il settore finanziario grazie al ruolo interattivo delle banche.

    Successivamente spiegherò  le cause che hanno portato il Paese alla crisi trattando il periodo che va dall'inizio degli anni '90 al 2011 e analizzerò nello specifico le misure di carattere nazionale e internazionale adottate per far fronte alle necessità di liquidità e alle richieste di capitalizzazione delle banche dopo la nazionalizzazione, da un lato, e per ristrutturare l'intero settore finanziario e bancario dall'altro (entrambi i settori hanno dimostrato, durante la crisi, di non possedere gli adeguati strumenti di controllo e vigilanza, e di aver tenuto un profilo di investimento troppo rischioso).

    Delineerò gli eventi che si sono susseguiti nell’ottobre 2008 in Islanda, in particolare il commissariamento delle 3 principali banche illustrando successivamente le tappe che hanno portato il Fondo Monetario Internazionale a concedere un prestito da 2,1 miliardi di dollari presentando gli effetti principali della crisi.

    Concluderò il lavoro traendo alcune osservazioni relazionate alla comprensione di come un Paese con le qualità dell'Islanda possa trovarsi sull'orlo della bancarotta a causa della perdita di fiducia nell'intero sistema finanziario ed analizzando alcune previsioni per il futuro di questa fiorente Isola rapportandola con la crisi globale del sistema economico e confrontando quest'ultimo con altre crisi avvenute in passato.

    CAPITOLO PRIMO

    LA CRISI ECONOMICA NEL MONDO

    Crisi dei sub-prime negli Stati Uniti

    La crisi imprevista dei mutui sub-prime concessi dalle banche d'investimento americane (che concedevano finanziamenti chiedendo tassi variabili e crescenti nel tempo ottenendo una compensazione del rischio con il rendimento dei prestiti) si manifesta nel 2006 ma raggiunge il punto di non ritorno nel 2008 quando i risparmiatori americani cominciano a non ripagare più i mutui dando avvio a un massiccio aumento dei pignoramenti.

    Tutto iniziò con una vertiginosa crescita del mercato immobiliare americano (2004-2006), con il forte aumento dei prezzi delle abitazioni e la successiva espansione degli investimenti nel settore. Tale bolla speculativa si espanse di pari passo al costante apprezzamento delle case tendendo a raggiungere, attraverso l'aumento costante della destinazione di risorse nel settore, l'espansione permanente del mercato. L'indebitamento delle famiglie americane provocò nel 2006 l'esplosione dei prezzi delle attività, e in particolare di quelli immobiliari; l'indebitamento aumentava via via che cresceva il valore delle proprietà immobiliari. La caduta dei prezzi nel 2007 provocò l'esplosione del valore dei mutui a livelli superiori alla consistenza stessa del valore delle abitazioni. Le famiglie più fortemente indebitate avevano scommesso sul protrarsi della crescita, ignorando il rischio di un rovesciamento del mercato.

    L'esplosione fu amplificata dal fatto che le banche statunitensi, al fine di ridurre l'esposizione rispetto a questi prodotti finanziari altamente rischiosi, vendevano a terzi i mutui stessi attraverso diversi strumenti finanziari, parcellizzandoli e riassemblandoli con altri prodotti (cartolarizzazione). In questo modo le banche scaricavano su altri soggetti (spesso altre banche, ma anche risparmiatori) i rischi corsi concedendo tali finanziamenti.

    Tutto ciò innescò difficoltà immense in alcuni fra i più grandi istituti di credito americani. Bear

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