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Eppure si può: Elezioni Promesse e Moneta che non c'è
Eppure si può: Elezioni Promesse e Moneta che non c'è
Eppure si può: Elezioni Promesse e Moneta che non c'è
E-book206 pagine2 ore

Eppure si può: Elezioni Promesse e Moneta che non c'è

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Info su questo ebook

La crisi che stiamo vivendo è gestita con mezzi insufficienti e concettualmente inadeguati; se ragioniamo sia sul presente sia sulle prospettive future, siamo costretti a riconoscere che i bisogni insoddisfatti, privati e pubblici,  crescono a dismisura: dal bisogno di occupazione a quello di salute, al bisogno di manutenzione del suolo e delle infrastrutture, fino a quelli di tutela delle risorse naturali (l’aria e l’acqua, in primo luogo), e  di valorizzazione dei beni culturali e artistici. I governi che si sono succeduti negli anni, a partire dalla sottoscrizione del Trattato di Maastricht, hanno avuto altre priorità, e li hanno trascurati; “mancano i soldi” è la giustificazione ricorrente e monotona; “eppure ci sarebbero” è la tesi che percorre questo libro; e non c’è contraddizione: i soldi mancano per chi ragiona  esclusivamente in euro, mentre si possono generare nella misura e con le garanzie necessarie, sviluppando, come le norme consentono, una rete forte e rigorosamente regolamentata di Centrali di compensazione e delle loro monete complementari.
LinguaItaliano
Data di uscita8 mag 2018
ISBN9788828320906
Eppure si può: Elezioni Promesse e Moneta che non c'è

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    Anteprima del libro

    Eppure si può - Alessio Lofaro

    Alessio lofaro

    EPPURE SI PUÓ

    Elezioni Promesse e Moneta che non c’è

    UUID: 8df21244-52c9-11e8-8a61-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Prefazione

    Premessa

    Quasi un elogio dell’euro normalizzato

    1. Elezioni e lezioni

    Alle origini delle differenze regionali

    Qualche altra informazione

    Lega

    PD

    Forza Italia e la conciliazione difficile

    Due coppie scoppiate tra concorrenti?

    L’abbandono delle ideologie

    La comunicazione digitale

    Le promesse da mantenere e i soldi che non ci sono

    Le promesse

    I soldi che non ci sono

    Altri soldi che ci sono

    Dicotomie e novità da gestire

    2. Maastricht, il bottone e la maniglia

    Distorsioni nella gestione dell’euro

    Ragioni di cambio

    Coefficiente di conversione

    Inflazione interna e rarefazione della moneta disponibile

    I parametri (gli assiomi) di Maastricht

    L’inganno del PIL

    Indici non spiegati e privilegi ostentati

    Non si può… eppure si potrebbe

    L’euro: la moneta unica che fa il bene di pochi

    La moneta unica... che non lo è

    Banconote, monete, e null’altro

    L’irreversibilità presunta

    3. La confusione tra denaro e moneta, tra ricchezza e debito

    Denaro e moneta

    La moneta come debito e la pseudo chiusura dei conti

    Tipi di moneta tradizionale

    La chiusura dei conti e l’interesse

    I tre modi di creare moneta

    Crediti verso l’estero

    Crediti verso l’economia interna

    Crediti verso il Tesoro

    Limiti alla creazione di moneta

    La moneta come strumento di potere

    L’euro anomalo

    4. Il lungo viaggio della moneta

    Problematiche della moneta nel tempo

    Monete a larga diffusione

    Monete di nuova concezione

    Dall’economia tribale all’economia digitale

    Prima dell’oro

    L’oro e il dopo oro

    La moneta internazionale non è sempre necessaria

    Le monete locali (del sindaco, dei cittadini)

    Circuiti chiusi

    Certificati di lavoro

    Le monete (obbligazioni) dei ministri

    La moneta delle centrali di compensazione

    Criticità delle monete complementari legate alle centrali di compensazione

    Il potenziale strategico delle monete complementari legate alle centrali di compensazione

    Circuiti semichiusi dell’economia italiana

    La diffusione delle monete complementari

    Monete ammortizzatore e monete replicatore

    Antidoto e non alternativa

    Le criptomonete: il bitcoin

    5. Il caso ICC-FIDES: embrione di baratto digitale

    Criticità in via di risoluzione: verso il baratto digitale

    Plafond

    Broker

    Mercato e circuito semichiuso

    Moltiplicatore

    La fiera permanente

    La centrale di compensazione come coordinatrice di appalti

    Un fattore strategico di riequilibrio territoriale

    Il prototipo c’è già, basta diffonderlo

    6. Cinque monete macro-regionali per l'Italia

    Il collasso dei consumi interni prodotto dall’introduzione dell’euro

    Disomogeneità delle economie regionali in Italia

    Progetti pilota in tempi brevi e senza rischi

    Il bruco e la farfalla

    7. Beni collettivi generatori di benessere

    Cose che attendono d’essere fatte

    Un ritorno alle origini: programmare per progetti

    Lavorare tutti

    8. L’helicopter money messa in pratica

    La provocazione di un liberista

    Il patrimonio pubblico è denaro che diventa moneta

    Monete nazionali per le produzioni nazionali

    9. Conclusioni

    Bibliografia

    Note

    Se piango è un controcanto

    per arricchire il grande

    paese di cuccagna ch’è il domani

    Eugenio Montale[1]

    Prefazione

    Le grandi promesse che hanno caratterizzato la recente campagna elettorale erano concentrate su due temi: il reddito e la sicurezza. Un reddito garantito per chi ne ha bisogno, e un reddito messo al riparo dall’attacco del fisco; un trattamento pensionistico e di sicurezza sociale meno condizionato dai vincoli di bilancio, e una maggiore sicurezza per i cittadini nella vita di ogni giorno.

    Le obiezioni a queste promesse si leggono e si sentono sempre più insistenti: mancano i soldi per finanziare un reddito di dignità o di cittadinanza, e manca la copertura per riformare il regime fiscale; le compatibilità di bilancio impongono che il trattamento pensionistico e il sistema dell’assistenza sanitaria siano ulteriormente ridimensionati; l’attività dedicata alla messa in sicurezza del territorio e all’ammodernamento delle opere pubbliche e private (viabilità, scuole, ospedali, edilizia privata) non è finanziabile, quindi non può essere una pratica abituale, ma solo un intervento d’emergenza. Si potrebbe aggiungere: non ci sono i soldi per rifornire di carburante le automobili delle forze pubbliche, per comprare la carta igienica nelle scuole, e per pagare le borse di studio già assegnate.

    Gravati da questi impedimenti non abbiamo modo di pensare agli investimenti strategici necessari per affrontare le trasformazioni indotte dalle nuove tecnologie nel mondo del lavoro; non riusciamo a finanziare un progetto organico per valorizzare i beni culturali e ambientali; non troviamo le risorse finanziarie e strumentali per contrastare le delocalizzazioni industriali e le speculazioni; non abbiamo i mezzi necessari per ridurre le diseguaglianze; ecc. ecc.: un rovello.

    Un rovello anche per chi siede in Parlamento e sente la responsabilità di dare un contributo affinché la situazione migliori; una situazione dalla quale l’Italia, se fosse stata un’azienda, avrebbe tentato di uscire da gran tempo, cambiando il gruppo dirigente e ridiscutendo i contratti. Dai risultati elettorali del marzo 2018 viene un’indicazione in tal senso. Confortati dalla citazione di un premio Nobel per l’economia si potrebbe obiettare che un Paese non si governa con la stessa logica con la quale si gestisce un’azienda [2]; sarebbe una citazione incompleta e contraddittoria; l’economista è Krugman, lo stesso che suggerisce alla Grecia e al sud dell’Europa di abbandonare l’euro, inteso come moneta unica.

    L’autore di questo libro affronta il tema. Mi ha incuriosito il suo Eppure si può che si contrappone al Non si può, mancano i soldi. Ho pensato che il suo disincanto (… tipico dei pensionati senza problemi!), e la sua attitudine a uscire dagli schemi, avrebbero potuto indicare qualche strada inconsueta da percorrere, anche se non la soluzione vera e unica da adottare; gli è già successo altre volte.

    Con questo spirito ho seguito la stesura del libro: non per condividerlo, ma per ricavarne qualche spunto di riflessione, qualche squarcio di ottimismo nel pessimismo che ci circonda.

    Gli spunti non sono pochi; ne suggerisco alcuni:

    Gli squilibri regionali riproposti in ben chiara evidenza dai risultati elettorali sono tipici di tutte le aree monetarie non ottimali. Occorre prendere atto che ci troviamo a dover fronteggiare la crisi di un’area monetaria formata da economie non convergenti, e quindi non ottimale; la misura della mancata ottimizzazione è tale da renderla anche non sostenibile. Noi ne soffriamo due volte: come italiani nei confronti del centro Europa (a causa dell’euro), e come centro-sud Italia nei confronti del resto del Paese (prima a causa della lira, e ora anche come conseguenza dell’euro).

    L’uscita dall’euro sarebbe una risposta laboriosa, difficile, e forse inefficiente, al problema che si deve affrontare. Invece, senza negare all’euro lo status di moneta centrale, rigorosamente conforme a quanto stabiliscono i Trattati (moneta comune) e depurata dalle forzature attuali (moneta unica), nulla impedisce il ricorso a monete locali; la soluzione è già stata pensata, predisposta, collaudata, ed è già attuata legittimamente da qualche piccola (per ora) centrale di compensazione privata. Nulla vieta di far coesistere un’economia globalizzata, a circuito aperto, basata sull’euro, e un’economia locale, a circuito parzialmente chiuso, basata su monete di scopo o monete macro-regionali (preferibilmente ancorate a garanzie pubbliche).

    Nell’ambito di un circuito chiuso qualsiasi cosa può essere impiegata come moneta; e per le parti di economia nazionale che si possono considerare chiuse la moneta internazionale non serve, come non servirebbe a un uomo isolato. Le monete complementari di compensazione che alimentano un circuito chiuso esistono solo se esistono le merci alle quali sono collegate; per questo motivo non possono produrre inflazione.

    Sulla possibilità di traslare nell’operativo questi tre temi, e alcuni altri che il lettore non tarderà a scoprire, mi sento chiamato a riflettere e, in quanto parlamentare, a dare una risposta.

    Gilberto Pichetto Fratin

    Senatore della Repubblica

    Roma, aprile 2018

    [1]

    Premessa

    Quasi un elogio dell’euro normalizzato

    I risultati elettorali del 4 marzo 2018 sembrano il segnale assai chiaro di un Paese in declino e di una crisi bifronte, schizofrenica, le cui manifestazioni spaziano dal disagio economico, alla rivendicazioni di tutele per le situazioni di benessere, e confluiscono verso la protesta sociale. È l’Italia arrabbiata e frammentata che lancia segnali di ribellione.

    Le cause economiche più evidenti della crisi sono due: la carenza di liquidità interna e la concorrenza estera; a esse si aggiungono altre disfunzioni presenti nel sistema, non trascurabili, ma non specifiche della situazione attuale.

    Un’analisi appena più approfondita consente di rilevare le cause sottostanti e altri segnali: ci mancano i mezzi per affrontare la globalizzazione e ci troviamo in un’area monetaria non ottimale [3], che soffoca le economie più deboli: sembra impossibile creare nuove imprese, realizzare nuove produzioni competitive sul mercato, manutenere il territorio e le infrastrutture, salvaguardare l’ambiente, migliorare il sistema dell’educazione e della formazione, curare adeguatamente le malattie, e garantire l’ordine pubblico. Perché? Non ci sono i soldi, questa è la risposta.

    Per contro, è del tutto evidente la sovrabbondanza di risorse interne inutilizzate, che sarebbero idonee a risolvere i problemi. Allora bisogna domandarsi: se l’ostacolo sono i soldi, che cosa sono questi soldi che mancano? Perché mancano? C’è qualcosa che li può sostituire?

    Si può anticipare la risposta, come nei telefilm del tenente Colombo, nei quali ciò che avvince non è la scoperta del colpevole, ma è seguire il percorso logico che porta all’assassino improbabile, che si conosce già. Nel nostro caso conosciamo il mandante e sappiamo chi sono i due esecutori materiali; il mandante è il potere della grande finanza internazionale e gli esecutori sono due componenti degenerati dell’economia: l’euro (falsa moneta unica) e la globalizzazione (falso liberalismo, liberismo selvaggio); l’euro è impiegato come se fosse una moneta unica, mentre la moneta regolata dal Trattato di Maastricht è una moneta comune (lo si vedrà nel capitolo 2); e la globalizzazione è diventata un evidente facilitatore della concorrenza sleale basata sul dumping indiretto [4] che spazia dal costo del lavoro, al costo dell’energia, alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani: è un’esperienza che viviamo tutti i giorni, tra delocalizzazioni all’estero, acquisizioni di aziende strategiche da parte di capitali stranieri, e prodotti d’importazione, succedanei o sostitutivi di quelli nazionali, la cui qualità si scopre spesso difforme dagli standard che dovrebbero essere garantiti; il protagonista buono, incompreso e trascurato, è il mercato interno, che potrebbe essere alimentato e tutelato, non protetto, tramite una o più monete complementari.

    Mancano i soldi… eppure ci sono! Per trovarli vi è chi propone agli stati di abbandonare l’euro e di sostituirlo con una propria moneta.

    Sul piano puramente teorico, l’idea non è ingiustificata, ma i problemi connessi a una simile decisione, uniti a quelli che resterebbero irrisolti, sono tali da far concludere che, nel concreto, ha poco senso pensare di uscire dall’euro. Invece è un dovere, fino ad ora trascurato, il pretendere che lo si normalizzi; che sia la moneta comune del Trattato, e non sia la moneta unica imposta dalle convenienze che hanno determinato la prassi consolidata; è un dovere fare in modo che l’euro sia una moneta per tutti, non la moneta utile a pochi, che è un’aberrante degenerazione di quella sancita dalle regole: un fenomeno deviante orchestrato dalla finanza occulta e rapace.

    L’adesione all’euro, moneta comune, disciplinato e gestito con rigore, è una condizione essenziale per lo sviluppo delle economie nazionali e regionali; è la condizione per poter vivere il nostro tempo non da emarginati. Questa moneta non

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