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OrchiDee a Bangkok
OrchiDee a Bangkok
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E-book194 pagine3 ore

OrchiDee a Bangkok

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Info su questo ebook

‘Conciliare l’idillio romantico con l’avventura di una notte è l'essenza stessa dell'edonismo - e la ragione della sua impossibilità’.

Giulio è un ultraquarantenne frustrato da una giovinezza che sente sempre più sfuggirgli. E’ separato, ha due figlie ormai grandi e convive con una piacente donna. E’ attratto dallo stile di vita festaiolo dei personaggi da copertina, modelli di comportamento per lui troppo costosi da emulare. Ecco perché una vacanza con la partner e una coppia di amici in Tailandia, diventerà per lui un’occasione unica e irripetibile. Cercherà così, attraverso l’uso della tecnologia e dei social network, di pianificare in maniera sfarzosa un incontro serale con una bellissima ragazza locale. Tuttavia è conscio che, se usata in maniera sconsiderata, la rete potrebbe intrappolarlo in un'overdose da informazioni dall’esito devastante.
E allora seguiamolo insieme agli altri personaggi, tutti attori di una storia - a tratti avvincente, a momenti esilarante, alte volte eccitante, altre ancora cinicamente riflessiva - messa in scena in uno spazio di tempo che va dal crepuscolo all’alba, un’eternità in una città come Bangkok. Quando il mattino poi arriverà, niente sarà più come prima.

“Eravamo vittime del paradosso di quella nostra ‘digital era’, più scoprivamo, meno capivamo”.
LinguaItaliano
Data di uscita23 mar 2016
ISBN9788892580756
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    Anteprima del libro

    OrchiDee a Bangkok - Gianni Abate

    OrchiDee

    a Bangkok

    Un romanzo di:

    Gianni Abate

    ‘Conciliare l’idillio romantico con l’avventura di una notte è l'essenza stessa dell'edonismo - e la ragione della sua impossibilità’.

    Giulio è un ultraquarantenne frustrato da una giovinezza che sente sempre più sfuggirgli. E’ separato, ha due figlie ormai grandi e convive con una piacente donna. E’ attratto dallo stile di vita festaiolo dei personaggi da copertina, modelli di comportamento per lui troppo costosi da emulare. Ecco perché una vacanza con la partner e una coppia di amici in Tailandia, diventerà per lui un’occasione unica e irripetibile. Cercherà così, attraverso l’uso della tecnologia e dei social network, di pianificare in maniera sfarzosa un incontro serale con una giovane ragazza locale. Tuttavia è conscio che, se usata in maniera sconsiderata, la rete potrebbe intrappolarlo in un'overdose da informazioni dall’esito devastante.

    E allora seguiamolo insieme agli altri personaggi, tutti attori di una storia - a tratti avvincente, a momenti esilarante, alte volte eccitante, altre ancora cinicamente riflessiva - messa in scena in uno spazio di tempo che va dal crepuscolo all’alba, un’eternità in una città come Bangkok. Quando il mattino poi arriverà, niente sarà più come prima.

    Eravamo vittime del paradosso di quella nostra ‘digital era’, più scoprivamo, meno capivamo.

    Questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti, personaggi o luoghi reali è completamente fittizio. Altri nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto dell’immaginazione dell’autore, e qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali, viventi o defunte, è del tutto casuale.

    Copyright © 2016 Gianni Abate

    All rights reserved.

    ISBN-10: 1980493782

    Last edited: 6 Febbraio 2021

    Era là, sviluppata su entrambe le rive, la capitale orientale che non aveva ancora subito alcun conquistatore bianco, una distesa di case marroni di bambù, di stuoie, di foglie, di uno stile architettonico fatto di vegetali, spuntate fuori dal suolo marrone sulle rive del fiume fangoso. È stato incredibile pensare che in quelle miglia di abitazioni non vi era probabilmente una mezza dozzina di chili di chiodi… Alcune di quelle case di bastoni ed erba, come il nido di una razza acquatica, si aggrappavano alle sponde, altre sembravano crescere fuori dall’acqua, altre ancora galleggiavano ancorate in lunghe file nel bel mezzo del torrente." J. Conrad (La linea d’ombra.)

    Alle strade senza nome, che continuano a chiamarmi!

    L’alba del giorno dopo…

    Per i buddisti il karma genera karma: ogni azione influenza il futuro dell’individuo che la compie. È come quando si semina, il frutto crescerà a seconda di quanto bene o male abbiamo messo in ciò che si è piantato. Ripensando a quelle mie ultime ore… o settimane… allora non c’era da sorprendersi se il mio albero della vita avesse prodotto solo frutti avariati.

    Ed eccomi qui, sul terrazzino della suite imperiale dello Shangri-La di Bangkok, a seguire le evoluzioni di un airone cenerino che volava incontro al Wat Arun, il tempio dell’Alba. Era il momento in cui i riverberi dei primi chiarori mattutini risplendevano sulle guglie dorate dei templi e si specchiavano nelle vetrate dei grattacieli.

    Avvertivo forti vibrazioni in quel mio ultimo sole orientale. Poi, in preda a una sensazione di angoscia, mi voltai verso la porta finestra, dove Mattia, simile a uno spettro immobile e silenzioso, mi stava fissando. Non c’era più traccia di complicità nel suo sguardo sofferente, né nella sua espressione di condanna, ma solo la scioccante, tragica immagine, di una notte che non avremmo mai dimenticato. Il mio amico si avvicinò con andatura barcollante, gli occhi iniettati di sangue, come se riflettessero la sua anima logorata dal risentimento; il viso arrossato, il respiro corto, quasi ansimante. Aveva in mano il palad khik, il mio amuleto di legno a forma di cazzo, me lo porse con dita tremanti.

    Non dimenticare il tuo scettro… mi disse con voce carica d’odio.

    Tutto ebbe inizio ventiquattrore prima… forse…

    Atto I

    Amuleti, perle e foglie d’erba

    "Krunghtep, la Città degli Angeli, conosciuta con il nome di Bangkok. Una delle metropoli più caotiche del mondo, ancora alla ricerca di una sua identità, perduta nello sviluppo incontrollato delle periferie, sacrificata all’imperialismo culturale dell’Occidente. Per alcuni è la nuova Asia che lancia il suo ruggito al mondo, con gli avveniristici grattacieli, i centri massaggi, i quartieri a luci rosse, i marciapiedi carichi di odori ambigui, i condomìni di lusso e le cliniche specializzate in chirurgia estetica; per altri l’ennesima vittima della Coca-Colonization e per noi, semplicemente, il posto dove passeremo una notte indimenticabile prima di tornare a Roma…" Franca, seduta vicino a me, esibì un’espressione meravigliata.

    E hai scritto tutto questo adesso?

    Sì, le risposi, pensa il resto del racconto quanto sarà bello, ti sembrerà di essere ancora qui quando lo leggerai… In quel momento stavamo entrando in un canale con ai lati vaste aree di frutteti. Ci trovavamo su una caratteristica imbarcazione in legno di circa sei metri, il long tail, con tetto di tela ed elica montata su un lungo palo, che da qualche minuto Krit, il nostro gondoliere, teneva sollevata dal livello dell’acqua. Un accorgimento reso necessario dal ‘giacinto acquatico’, un tipo di erba che cresceva e invadeva quei canali, rendendo difficoltosa la pesca e la navigazione.

    Scommetto che hai scopiazzato su internet… L’illazione di Mattia mi fece ridere. Mi voltai e fissai il suo viso tondo e la sua testa imperlata di sudore.

    "Ti invio il pezzo su whatsapp, vediamo se googolando lo trovi," lo stuzzicai sarcastico. Tanto non lo avrebbe fatto, era pigro ed era mio amico.

    Giulio, mandalo anche a me… s’intromise sua moglie Anna, che per tutta la vacanza aveva ricoperto il ruolo di biblioteca portatile.

    Per te ho qualcosa di più tosto, la sfidai per distrarla; potevo fregare Franca con quei trucchetti, ma non lei che, come me e Mattia, faceva parte di quegli ultraquarantenni cresciuti di pari passo con il mondo dell’informatica e che non avevano mai avuto difficoltà ad adattarsi ai suoi progressi. Invece la mia compagna, anche lei over quaranta, apparteneva a quel numero ristretto di persone che, testardamente, si erano ostinate per anni a snobbare computer e telefonini, tranne accorgersi un bel giorno che le uniche identità riconosciute dalla società moderna, erano quelle digitali. E allora, questi nostalgici della clava, avevano cercato di recuperare in poco tempo trent’anni di tecnologie, con il risultato che ora Franca sapeva a malapena usare whatsapp e accedere a facebook.

    Concentrandomi sul presente, indicai ad Anna un albero che si affacciava sul lato destro del fiume, con foglie verdi e frutti vermigli.

    Dai, dimmi a che specie appartiene, hai tre minuti di tempo e niente foto… Lei, accogliendo prontamente la mia sfida, cominciò a digitare sul display del telefonino.

    Secondo me è un tamarindo… provò a indovinare Mattia, che le si accostò per aiutarla.

    Eravamo tornati a Bangkok quel mattino, reduci da una settimana di sole e mare a Khao Lak, nel Sud. Avevamo preso alloggio di nuovo all’All Seasons e poi, per sfuggire alla morsa ardente delle strade e alla soffocante compagnia di afa e smog, avevamo optato per una delle attrazioni cittadine, regalandoci una crociera lungo i klong, i canali fluviali che venivano alimentati dal Chao Praya River. Lo stesso gondoliere rappresentava un’attrazione spassosa, sembrava che mi fosse stato mandato dalla provvidenza. Krit troneggiava davanti a noi come un’effige mitologica, scalzo, con calzoncini stretti e gambe secche, maglietta strappata in più punti e occhiali di plastica enormi, ridicoli, che accentuavano la magrezza del viso. Un pizzetto a punta semibrizzolato gli scendeva fin oltre il torace, mentre, avvolto intorno alla testa, portava un asciugamano ammuffito che lo proteggeva dai raggi solari. Ma il pezzo forte era la sua collanina, una semplice cordicella su cui erano legati quattro peni in legno di diverse dimensioni. E proprio di quei peni io e i miei amici stavamo discutendo fin da quando l’avevamo ingaggiato, tra battutine ovvie e sghignazzate adolescenziali.

    Ecco qui Giulio, la voce di Anna mi strappò dai miei pensieri; non erano passati neanche due minuti e aveva già la risposta. Si tratta di un albero corallo! Affermò trionfante. Mi mostrò il display del suo telefonino con l’immagine esatta dell’albero che le avevo segnalato.

    Madonna, ma come fai… io non ci riuscirei mai… Commentò allibita Franca.

    Bravissima, mi complimentai, non manchi un colpo, caspita… alla faccia del tamarindo… rivolsi a Mattia un ghigno deridente. Lui si asciugò il sudore che ora gli grondava dalla pelata.

    È ‘sto cazzo di caldo… si difese rimettendosi la bandana.

    Adesso Anna, fai partire un’altra ricerca… affermai allegro. Feci un cenno verso il gondoliere, "vediamo se su google trovi pure quei cosi…" Il mio riferimento ai quattro cazzi di legno scatenò risate e proteste.

    No per carità… non ci tengo proprio. Ribatté lei scuotendo la testa. Krit mi rivolse un sorriso vago, si tolse gli occhiali e con movimento solenne allungò il braccio indicando un’abitazione dove una donna stava accendendo dei bastoncini d’incenso fissati sul davanzale. In quel tratto di fiume, su entrambi gli argini, la lotta tra il legno marcio delle palafitte e il verde traboccante della vegetazione era veemente, con piante di varie forme e fitti cespugli di mangrovie che simili a lunghe braccia affamate si gettavano a precipizio sull’acqua, serpeggiavano sui tetti delle case, si contorcevano nei parapetti, si arrampicavano sulle banchine e invadevano i moli. Dei bambini facevano il bagno festosi mentre tre randagi ci abbaiavano da una collinetta, indispettiti dalla nostra intrusione.

    Mettendo da parte i cazzi di Krit, con i miei amici cominciammo a scattare foto. Poi il beep del mio cellulare mi avvisò di un messaggio in arrivo. A mandarlo era stata la concierge dell’All Seasons, che mi confermava l’avvenuta consegna in camera dei fiori e dello spumante da me ordinati. Le inviai una frase in italiano, un pensiero per la mia compagna da riportare su un bigliettino da aggiungere ai fiori: - Anche se i miei occhi qualche volta si distraggono, il mio cuore e la mia mente non lo faranno mai. Preparati a una notte indimenticabile -.

    Pochi secondi dopo mi giunse la risposta dell’impiegata: - Provvedo immediatamente. La sua partner è una donna fortunata, sarà contentissima della sorpresa -.

    La ringraziai con una faccina sorridente. Quella sera avevo intenzione di fare le cose in grande, tutto doveva essere perfetto.

    Il long tail entrò in un lungo rettilineo e ciò permise a Krit di dedicarsi a quelle distrazioni che già più volte si era concesso durante la crociera. Infatti, non appena indirizzata la barca al centro del naviglio, i suoi occhi caddero in picchiata sulla scollatura di Franca, indugiando beatamente su quella parte di seno che spuntava capricciosa dalla sua camicetta. Lei, che di solito reagiva a quel tipo di attenzioni con un compiaciuto silenzio, in questo caso mostrò un’espressione stizzita, dato che il thai le era andato in antipatia fin da quando, per aiutarla a salire a bordo, si era preso qualche libertà accarezzandole braccia e fianchi in maniera sfrontata.

    Krit, esordii facendolo sussultare. Lui, abbandonando malvolentieri le sue sbirciate lascive, mi osservò con curiosità, quei… legni che hai al collo… gli chiesi in inglese, a cosa servono? Eravamo tutti curiosi di saperne di più! In risposta il thai mi rivolse un sorriso vago tornando a concentrarsi sulla navigazione.

    Non capisce una mazza questo… sbuffò Mattia. Per assicurarmi che comprendesse, mi alzai afferrando uno dei quattro cazzi di legno legati alla sua collanina e, scandendo le parole, gli ripetei la domanda.

    "Palad khik!" Replicò allora con enfasi. Quindi, ringalluzzito dalle risate dei miei amici e di Franca, si chinò verso la mia compagna invitandola a prenderne in mano uno. Lei, biascicando parole inorridite per la malizia con cui l’uomo lo avvicinava alla sua bocca, sviò lo sguardo verso la sponda del fiume, dirigendo la sua attenzione su una veranda dove pendevano festoni di sonagli a vento. Krit, per nulla offeso da quel rifiuto, spinse il suo amuleto verso le labbra di Anna, offrendole la stessa ghiotta opportunità di stringerlo tra le dita, ma anche lei declinò la sconcia proposta gesticolando freneticamente. Per calmare l’esuberanza del thai – che doveva avere seri problemi con l’anatomia – e per placare le lamentele di Franca e Anna, coinvolsi il gondoliere in un fitto digitare sul touch screen del mio telefonino e, grazie a google translator, fummo illuminati sull’utilità di quei simpatici amuleti! Alla fine capimmo che venivano scolpiti da monaci specializzati in queste manifatture e che contenevano delle iscrizioni in caratteri thai dotate di un potere magico; ognuno di quelli indossati da Krit adempiva a un compito specifico: uno era per allontanare gli spiriti maligni, un altro per attirare le donne, un terzo per avere fortuna nel gioco e il quarto serviva per tenere lontani coltelli e pallottole.

    Soddisfatta la nostra divorante curiosità, tornammo tutti a dedicarci ai panorami che si aprivano a ogni angolo del fiume, che in quel tratto emanava un terribile fetore da ristagno.

    Giulio, fai una foto a quella donna. Franca mi indicò un’anziana signora affaccendata a lavare scodelle di plastica da degli scalini che entravano in acqua. Accennai un gesto d’intesa, quindi, assecondando il movimento ondulatorio del long tail, inquadrai la vecchia immortalandola nelle sue vesti rattoppate e nel suo sorriso sdentato.

    "Mettila su facebook così la condivido," disse Mattia. Mi voltai verso il mio amico incrociando le sue iridi azzurre; sua moglie Anna lo colpì in testa con un ombrellino di carta colorato.

    Troppo sacrificio ti costa fare una foto, pigrone! Lo rimbrottò con tono allegro.

    Io mi sto godendo il sole di mezzogiorno. Le rispose lui toccandosi la bandana, su cui campeggiava minaccioso lo stemma nero del Jolly Roger. Quell’espediente era stato reso necessario da un’insolazione rimediata da Mattia all’inizio della vacanza, dovuta all’ignoranza con cui aveva lasciato la sua zucca esposta per ore a un sole battente. Senza nessuna protezione a salvarlo dai forti raggi tropicali, la sua testa ‘buddica’ - una definizione che coniai per via del rispettoso my Buddha che gli rivolgevano i thai - la sera cuoceva come un fornelletto a vapore. Quello era stato il suo battesimo asiatico, la maledizione del Montezuma orientale. Il sortilegio, seppur in forma diversa, si era abbattuto anche su di me: il cibo piccante e le bevute straordinarie mi avevano procurato una forte gengivite che mi tenne out per qualche giorno. Sembrava un bollettino di guerra, un monito per le velleità di due ultraquarantenni allo sbaraglio non più avvezzi agli eccessi, ma a parte questi piccoli infortuni - malesseri di poco conto - il resto del viaggio era filato via senza ulteriori traumi, in allegria e spensieratezza per gran parte del tempo. Ma non sempre, visto che qualche volta c’erano stati dei malumori causati dalla gelosia delle nostre compagne, a cui bastava veramente poco - vuoi uno sguardo troppo prolungato sulle cameriere, un grazie detto in tono accondiscendente alla receptionist, o un gesto di galateo esageratamente simpatico alla turista della stanza accanto - per scatenare fortunali di acredine nei nostri confronti. D’altronde, sia Anna che Franca si erano fin da subito strenuamente opposte alla destinazione Tailandia, proprio per la fama che circondava il Paese, da entrambe definito il Regno del Malaffare. Alla fine, con Mattia eravamo riusciti sì a convincerle, ma non a piegare quella loro diffidenza. Anna già prima di partire si era ragguagliata su tutto, e aveva informato Franca su dove e come si correva il rischio di rimanere becche.

    La vacanza era cominciata a inizio gennaio quando, reduci dalle esuberanti

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