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E-book112 pagine1 ora

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Dove si rifugiano i nostri pensieri?

Il protagonista viene attratto dalla grotta che offre rifugio ed al tempo stesso permette al visitatore grazie ad un custode rappresentato da una nutria parlante, l'accesso nei suoi anfratti dove all'interno della roccia appaiono tutti i propri pensieri del passato, presente e futuro. Una sorta di placenta li nutre, contribuendo alla crescita mentale. L'ospite viene proiettato nella grotta in varie fasi della sua vita in un sottile confine tra realtà e sogno dove la propria anima s'isola dal corpo e s'impregna di sostanza utile per la vita futura, tra gioie e dolori, nutrie e zanzare parlanti in improbabili e grotteschi episodi, amici perduti ed amori ritrovati, con continui flashback e flashforward . La vena poetica del protagonista riversa in molte situazioni poesie profonde che lo aiutano ad addentrarsi ancor più nel misterioso luogo della grotta che diventa un passaggio obbligatorio quando ci si rifugia nella propria mente. Nel finale risalta che tutti i pensieri non scemeranno con il trascorrere del tempo, ma saranno linfa vitale: una concatenazione di pensieri, una vulcanica mente perpetua.
LinguaItaliano
Data di uscita23 nov 2022
ISBN9791221437355
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    Anteprima del libro

    Placenta - Dimitri Bison

    CAPITOLO 1

    Piove

    Pioveva. Pioveva sempre. Almeno fino a poco fa.

    Sgocciolavano ancora le foglie sopra di me e seduto sulla panchina ne godevo il fresco ticchettio. Ogni tanto una folata tiepida scuoteva i rami fradici e miriadi di gocce si rincorrevano lungo le braccia.

    Quest'inizio d'estate non lasciava presagire nulla di buono. Temporali violenti si susseguivano a varie riprese durante tutto il giorno e nel mezzo un caldo sole non faceva che aumentare a dismisura l'umidità. Prematuramente le zanzare dominavano l'aria circostante e banchettavano felici su ogni essere vivente. Sazie poi pattinavano allegramente su pozzanghere lungo il viale.

    Un cane lasciato libero del guinzaglio si fiondò in mezzo ai cespugli per scovare chissà cosa. Ne uscì starnutendo dopo aver rovistato l'interno con delle zanzare svolazzanti sul muso che sembravano spingerlo via a forza, disturbate nel loro intimo amplesso amoroso.

    Una coppia di anziani riposava seduta su di una panchina; il guinzaglio penzolava dalle mani dell'uomo che ora stava richiamando a gran voce l'animale. Il cane fece un ultimo tentativo di ingerire quegli insetti fastidiosi senza successo; fece uno scatto veloce e si diresse festante verso la panchina. Le due persone si alzarono e riagganciato il guinzaglio al collo dell'animale si avviarono verso l'uscita del parco, non prima di aver ricevuto le giocose coccole del cane.

    Le panchine rosse, un tempo lucenti ed ora sbiadite dal sole ed intemperie, creavano un cerchio nel quale giganteggiava una statua che un tempo brillava del proprio splendore.

    La fontana ai suoi piedi gorgheggiava emettendo un flusso discontinuo d'acqua, simile ad un motore d'auto che tossicchia aspirando gli ultimi residui di carburante. Le alghe affioravano rigogliose, celando minuti pesciolini che si rifugiavano in anfratti nascosti agli occhi dei curiosi visitatori.

    Poco lontano, una lucertola appiattita lungo una scanalatura del terreno assaporava il calore che il sole, nel cielo oramai sgombro di nubi, emanava in tutta la sua potenza.

    Eppure in lontananza si percepivano brontolii cupi. Speravo che l'ennesimo rovescio di pioggia rimanesse ancorato ben saldo nei pressi dei monti su a nord. All'interno dei boschi qualche escursionista lassù, più avvezzo al clima ballerino, proseguiva lungo il sentiero tranquillamente al riparo di un ombrello o k-way riposto precedentemente dentro lo zaino, assaporando sempre più, profumi che il sottobosco emanava ad ogni goccia che giungeva sul terreno.

    Mi piaceva sentire la pioggia tra i capelli e sul viso.

    Non troppa.

    Quando esagerava e non trovavo riparo adeguato in fretta mi lamentavo. Certo non come i camminatori della domenica, quei tipi che s'improvvisano esperti conoscitori di tutti i luoghi e poi inciampano su quella piccola postilla insignificante fino a che si materializza in tutto il proprio splendore, anzi grigiore: la remota possibilità che potesse piovere e rovinare la loro inebriante gita.

    Di questi tempi poi il clima fa quel che vuole spesso fuori stagione. Gente arrogante che sprovvista di riparo se non una piccola cengia sporgente, maledice il povero ombrello riposto a casa nel ripostiglio, desideroso quanto mai di svolgere la propria funzione per cui è stato prodotto: volteggiare e danzare tra la pioggia.

    Non sono stato creato per questo?... L'ombrello rifletteva.

    Qualcuno che poteva lamentarsi in questo momento ero di certo io. Da stamattina sembrava essersi sistemato il tempo, giornate serene per i prossimi giorni a venire.

    Un attimo fa il cielo era meravigliosamente azzurro ed ora plumbee nubi minacciose s'ingigantivano a vista d'occhio; correvano veloci verso dove ora mi trovavo.

    Con il mare a poco più di 10 km, il sole avrebbe dovuto prevalere in questo maggio, trampolino di lancio per calde giornate assolate e rilassanti, accompagnate dalla brezza rinfrescante.

    Strade invase da orde di turisti distratti o maleducati? Qualche giorno di pioggia potevo ancora sopportarlo.

    Osservai le panchine vuote: nessuno aveva dimenticato un ombrello. Dentro ai cestini portarifiuti solo cartacce e bottiglie vuote.

    Se solo avessi avuto a portata di mano un ombrello... Quando si sarebbe incontrato al parco con quello del camminatore della domenica avrebbero danzato felici.

    Feci un rapido calcolo; il paese, anzi la periferia, dove trovare il primo riparo utile alla mercè di qualche tettoia o pensilina di autobus, distava poco meno di 1 km. La collegava una strada sterrata. Escluso il fossato ai lati, era una sottile traversa solcata da biciclette che spesso testavano la potenza frenante inchiodando le ruote sulla ghiaia che si gettava d'impeto nelle adiacenze, tuffandosi nell'acqua fangosa in centinaia di piccoli tonfi. La possibilità di transitare nel viale e venirne mitragliato da biciclette assassine non era così remota. Poi, come se non bastasse c'era un'alta percentuale di sprofondare in avvallamenti creati da lavori di posa del nuovo condotto fognario, adagiato a lato in uno dei fossati.

    La lucertola era fuggita in un luogo più sicuro e riparato e forse nascosta tra la siepe mi scherniva: Potrebbe mettersi al riparo nella fenditura del terreno dove prima mi riscaldavo; gli ho ceduto il posto tanto volentieri!

    Gli insetti, ignorando la pioggia che cominciava a cadere in grosse gocce, sembravano giocarci con gimkane da paura schivando tutti i proiettili vaganti carichi d'acqua.

    Pioveva. Pioveva sempre.

    Lo dicevano che aveva piovuto poco ad inizio primavera e le abbondanti precipitazioni sarebbero giunte tutte alle porte dell'estate. Ci avevano azzeccato. I telegiornali, gli esperti meteo, gli anziani. Tutti sapevano. Speravo che si sbagliassero e che avessero preso un grande abbaglio.

    L'ombrello si scrollò della polvere nel ripostiglio adagiato su di una mensola colma di cianfrusaglie. Sembrava ridere di gusto.

    Piove già intensamente e le soluzioni per trovare riparo stanno naufragando. Anzi, annegando oramai.

    Osservo la fenditura nel terreno, colma d'acqua anche lì.

    Se rivedo quella lucertola che voleva cedermi quel pertugio d'occasione gliene dico quattro...

    M'incammino piano come in un pomeriggio assolato estivo dove la lentezza del movimento ti evita di sudare troppo. Qui sudo freddo.

    La pioggia è un tutt'uno con le ossa. L'essere umano è composto al 60% d'acqua. In questo momento credo di rasentare il 100%.

    La pioggia d'estate cade sulla pelle calda creando quella sensazione di dolce frescura, un solletico rigenerante per il corpo. Ora cadeva fredda ed abbondante, in un maggio che faticava a scrollarsi di dosso l'incertezza di una primavera claudicante.

    Cerco di schivare le pozzanghere che ormai formano dei piccoli laghetti lungo la stradina. E' questione di un attimo e riesco a non scivolare dentro al fossato, mettendo la scarpa sul bordo tra l'erba ed il selciato. Melma che appesantisce le scarpe; batuffoli giganti di fango ed erba mi precedono.

    Cazzo! Sotto le suole uno strato marrone consistente si

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