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La vita ai tempi del Pagante
La vita ai tempi del Pagante
La vita ai tempi del Pagante
E-book200 pagine2 ore

La vita ai tempi del Pagante

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Di questo libro possiamo dire molte cose. È un reportage sulla movida. È un divertissement per appassionati di musica dance e cultori dello slang giovanile. È un vademecum per sedicenti imprenditori della notte. È un affresco su una subcultura di consumo plateale, la più esplosiva del momento. È manna dal cielo per genitori curiosi o disinformati. È un testo in cui convivono liceali alle prese cuori; tutti, ovviamente, in trepida attesa di un altro party per celebrare gli anni con one-night e bottiglioni di grossa ‘cilindrata’, un’azienda di abbigliamento streetwear catapultata in un simposio tra collezionisti di Rolex, cantanti-intrattenitori estimatori di Ricky Álvarez, regine di Instagram spietate spezza-della Grande Paganza. A Milano come a Mykonos.

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Recensione di Dario Generali – docente, storico e ricercatore.

Ne La vita ai tempi del Pagante la scrittura di Pierpaolo Renella è immediata e scorrevole e restituisce fatti, avvenimenti e tendenze con precisione cronachistica, senza però mai rinunciare alla narrazione e allo stile letterario. La drammaticità della condizione esistenziale e, in particolare, la solitudine, l'estraneazione e la frustrazione giovanili emergono a ogni passo con evidenza, ma sempre mescolate alla concretezza della vita e delle sue passioni e alla levità di un'ironia costante. Un sorriso amaro che accompagna un giudizio lucido e senza moralismi, implacabile nel cogliere ragioni, spessore e miserie dei fenomeni di costume e delle masse spersonalizzate che li animano.

LinguaItaliano
Data di uscita17 mag 2016
ISBN9781533101730
La vita ai tempi del Pagante

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    Anteprima del libro

    La vita ai tempi del Pagante - Pierpaolo Renella

    Ringraziamenti

    LA VITA AI TEMPI DEL PAGANTE

    Viaggio nella cultura del degenero

    PIERPAOLO RENELLA

    Copyright © 2016 Pierpaolo Renella

    Tutti i diritti riservati.

    ISBN: 1533101736

    ISBN-13: 978-1533101730

    Progetto grafico e copertina: Belvedere Communication

    Pubblicato con la Esclusiva Strategia Editoriale Self Publishing Vincente  www.SelfPublishingVincente.it

    DEDICA

    Per uno come me, la cui notorietà è pari a zero, la parte più ardimentosa del progetto – un affresco del mondo giovanile costruito sul faccia a faccia con i protagonisti – è proprio la dedica. Ho sempre avuto pochi dubbi al riguardo: la dedica da parte di uno sconosciuto è qualcosa di surreale che, ben che vada, fa sorridere il lettore. Ma spesso le mie azioni non sono coerenti con le convinzioni. E anche le convinzioni più radicate di tanto in tanto possono cambiare. Inoltre, di solito, quando mi metto in testa di fare una cosa, la faccio.

    Ora per esempio mi sono intestardito con la storia della dedica e, a costo di sembrare ridicolo, voglio spiegarvi perché ho deciso di dedicare il libro; e spendere qualche altre parola su meriti e qualità delle persone cui intendo dedicarlo. O forse, sento il bisogno di presentarmi a voi attraverso una dedica, per immergervi nei meandri della musica elettronica, colonna sonora ideale per viaggiare con la mente prima e dopo la lettura.

    Per farla breve, mi sono sentito in dovere di dedicare il lavoro a due superstar della consolle che non solo hanno cambiato la storia della musica dance, ma, inconsapevolmente, hanno stimolato e ispirato la stesura di questo affresco della nightlife. Dedico questo libretto, che in genere è un testo veritiero, a Marco Carola e Kevin Saunderson. Due artisti che hanno lasciato un’impronta profonda nel mio esile bagaglio culturale. Senza persone come loro, la musica, che è uno dei pilastri del libro, non sarebbe arrivata al punto in cui è oggi.

    Marco Carola l’avrei visto bene come sindaco di Napoli. Pochissimi sono riusciti a esportare il made in Italy meglio di lui. I club italiani facevano fatica – tuttora ne fanno – a promuovere un movimento techno italiano? Marco non perdeva la passione e affinava la tecnica per diventare, a parer mio, campione del mondo dei dj. Nei primi anni della sua carriera fu adottato da Londra – come Paolo Di Canio e Gianfranco Zola – e con le sue esibizioni, con il suo sound, ha cambiato per sempre la scena techno.

    Una sera dello scorso inverno rientrai a casa poco dopo l’imbrunire, nel bel mezzo di un temporale, e la prima cosa che feci fu ascoltare un vecchissimo set di Marco al Fabric. Restai seduto per un po’ letteralmente in trance, rapito dall’uso magico dei breaks. Notai subito che i passaggi da disco a disco erano accompagnati da un vero e proprio tripudio generale della gente che ballava. Non avevo mai sentito niente del genere, forse non capiterà mai più. Oggi i più radicali tra i giovanissimi appassionati di techno lo liquidano un produttore di tech-house un po’ leggera, l’anticamera del dj Pagante. Ma Carola non è solo un performer con la visione del futuro che dà l’impronta a ogni singolo brano che suona. Si è servito della propria popolarità per sostenere la causa della techno nel pianeta e fare in modo che chi balla potesse comprenderne la qualità. Le etichette che ha fondato hanno fatto scuola. Se penso oggi alla Drumcode, fondata dall’ottimo Adam Beyer, il pensiero corre immediato al quarantunenne nativo di Napoli. Marco ha aperto la strada a Luigi Madonna e tanti altri. Marco è la Musica (elettronica) e la musica è cultura. Almeno io la vedo così.

    Kevin Saunderson fu un apripista, uno dei padri fondatori del genere techno. Non penserete di certo che la sua partita contro la house fosse solo una vittoria commerciale del prodotto musicale del momento. Il ragazzo di Belleville fu il primo a fondere il funk di Detroit con la disco music di matrice europea. Quella miscela segnò una tappa cruciale nella storia della musica, perché permise a due mondi (America ed Europa) di parlarsi e a due culture di integrarsi. Così, perdonate il paragone strampalato, fu l’Alexander Fleming della musica, un batteriologo del ritmo. Il groove fu la sua penicillina che, okay, non ha salvato l’umanità dall’Apocalisse, ma ha riempito il vuoto di tante esistenze e di tanti luoghi con la musica.

    Per come la vedo io, Marco Carola e Kevin Saunderson non sono soltanto delle superstar della musica dance. Sono modelli da seguire per chiunque abbia un sogno e sia disposto a investire ogni energia fisica e mentale per farlo diventare realtà.

    INTRODUZIONE

    Sul suo profilo LinkedIn Guglielmo Panzera, manager della band, scrive: "Il Pagante è la parodia italiana dell’attitudine dei giovani verso la vita notturna, la scuola, l’alcool e le istituzioni. Il Pagante è il primo gruppo musicale ad aver miscelato hip-hop, EDM [1] e sarcasmo".

    E Roberta Branchini, cantante, così dichiara in un’intervista del 2015: I giovani vengono visti come nullafacenti o menefreghisti, e non è assolutamente così. È che per noi è diventato veramente difficile come poteva non essere in passato. Per noi giovani non è facile.

    L’esplosione del Pagante è una questione generazionale, pratica, viva, che definisce il suo linguaggio nel Web e si legittima come stile di vita. Si tratta della generazione Y, formata da giovani nati dopo il crollo del muro di Berlino, che nasce in un’era di rigide gerarchie sociali. La miccia si accende nel sottobosco della nightlife milanese per poi diffondersi nelle scuole superiori e coinvolgere parte del mondo universitario. Il contesto è apocalittico, ma le rovine della metropoli postindustriale continuano a essere popolate: ancora Zona 1 di Milano, ancora hinterland; ancora vita notturna e cultura del party. Ancora gestori, pr, sotto-pr e dj; ancora sbocciatori e tavolari; ancora adolescenti; ancora scuola e istituzioni. Il Pagante è la parodia di un sistema in crisi che resiste alla sua frantumazione; è l’immagine del presente che non porta al futuro. Ed è in questo periodo storico che assume una rilevanza particolare la filosofia di vita del cazzomene’ della crisi : un mix di frustrazione e trasgressione.

    Siamo di fronte alla crisi d’identità di un sistema di valori, a cui un gruppo di persone reagisce opponendo un’identità negativa che diviene fattore di aggregazione sociale. Il Pagante è esplosivo, non nei confronti del sistema, bensì della sua stessa natura. È il prodotto della crisi, ma anche il segno di qualcosa di nuovo, di incontrollabile che sta nascendo. Il progetto di spiegare il fenomeno non può prescindere dal descrivere la cultura del far serata, di cui il Pagante non è che una parte o una fase. Il tempo passato nei locali è l’unico tempo di vita vissuta, ha un valore positivo in sé e una connotazione eroica. Il pubblico esterno ne capisce poco e la responsabilità di questa ignoranza è da imputare in parte alla rapida insorgenza sociale del fenomeno, in parte alla sua stesse caratteristiche: il Pagante non fa massa, è un’aggregazione spontanea di individui che rivendicano bisogni non compresi nel quadro istituzionale. Le tecnologie di comunicazione e rappresentazione hanno dato un enorme impulso alla diffusione della subcultura, rendendo accessibili suoni e immagini e consentendo il confronto diretto a distanza mediante i commenti ai video su YouTube. La rete è il luogo in cui la musica, il messaggio e lo stile diventano virali e non importa se sei autoprodotto, se spari sul sistema.

    Forte di basi EDM dagli intensi spunti melodici e con testi incentrati sulle problematiche adolescenziali, il Pagante ha saputo creare attorno a sé un immaginario iconografico perfettamente commerciabile, il cui esempio più lampante sono gli snake e la cintura in pelle Iuter. Quando il lessico della subcultura (sia verbale che corporeo) si diffonde, allora è chiaro che essa può essere integrata al sistema come spettacolo trash all’interno dello stile dominante. I simboli (abbigliamento, musica) si trasformano in merce. È giusto, quindi, far risalire la paganza all’edonismo reaganiano e all’industria culturale degli anni ottanta. È giusto perché, dalla Milano da bere fino ai giorni nostri, da Jerry Calà al dottor Clapis, poco è cambiato. Milano è la culla dei festaioli a oltranza, e ciò vale sia in senso culturale che merceologico. La questione generazione perde i connotati conflittuali e si trasforma in qualcosa effimero.

    Nell’insieme, tutti i contributi qui raccolti, pur da angolazioni poco scientifiche, osservano come l’effimero della moda e la vita vissuta siano in stretta relazione reciproca. In una gara a chi fa più after e dove gli adolescenti nella cameretta montano video e sognano di diventare famosi come il Pagante che, a un volume dannoso per i buoni rapporti di vicinato, accidenti quanto pompa.

    PREFAZIONE di Elena Regiroli

    La preistoria del Pagante è da situare a Milano, capitale dello stile e fulcro di nuove tendenze, intorno agli anni 2008-2009, dove un gruppo di liceali conia il termine per apostrofare lo stereotipo dell’adolescente di buona famiglia con il culto della trasgressione. La parola appartiene alla cultura della movida. In verità si tratta di una cultura locale, non importata.

    Nell’eterogeneo look trovano asilo i marchi simbolo del terzo millennio, come Iuter, Subdued e Abercrombie. Il Pagante è circondato da un’ampia cerchia di amici che acquisisce omaggiandoli di erba (più comunemente definita weeda), di pass per accedere alle serate mondane, di bottiglie di alcolici nei più rinomati club milanesi. Sul fronte musicale, si nota la glorificazione del genere dance completamente elettronico che presto si sarebbe trasformato in EDM. Particolare è il dizionario, in cui lemmi derivati da giochi di parole (gafi, tofa, zzopa) si alternano a neologismi ispirati dal culto del disc jockey (Villadrogos).

    Con l'accresciuta circolazione del termine nelle scuole e nelle piazze, il personaggio del Pagante si sviluppa in una pagina Facebook, per poi evolversi con la creazione di un profilo fittizio, quello dell’irriverente Johnny Ziz il Pagante.

    Johnny vive a Rozzano, frequenta un liceo privato e passa le giornate nei parchi di Milano a fumare e smazzare cannabis con la sua combriccola di amici. La weeda è popolare perché ha un effetto prolungato e si può trovare facilmente. Da buon frequentatore dei giardini come il Guastalla, ama attaccar briga con i coetanei per conquistare il cuore (e altro) delle fanciulle, sedotte e dimenticate con estrema facilità. Di giorno frequenta bar e parchi affollati e popolati dai suoi coetanei, mentre alla sera ha sempre il tavolo fisso al Lime Light e ai Magazzini Generali di Milano. Il suo abbigliamento è principalmente composto da pantaloni della tuta Adidas, Airmax, maglietta e felpa Iuter o Abercrombie, cappellino della stessa marca e al collo indossa sempre il portachiavi a ciondolo per mostrare le chiavi del suo scooter, il booster.

    Un ragazzo cresciuto nel benessere che gioca a porsi come uno sbandato e si sente parte di una vera follia di massa, diffusa ma effimera. Una follia talmente diffusa che Entro In Pass , il primo video caricato su YouTube, diventa il tormentone nei licei milanesi, il trampolino di lancio per approdare nei superclub. Ma il brano veramente rivoluzionario è Sbatti, con il quale il Pagante ottiene un clamoroso successo nazionale.

    Ma chi è realmente pagante e perché nasce questa figura?

    Non fa parte di una compagnia né di una tribù urbana, ma spesso lo si trova legato ad altre persone, in bilico tra un atteggiamento di unità e coesione e il più sfrenato individualismo.

    I paganti non sono da considerare giovani delinquenti, emarginati e imbecilli; ma più che altro come un fenomeno di omologazione dalla forte impronta edonistica.

    Il dress code non richiama nessun ideale, ma il Pagante stesso, in quanto individuo, è un idolo ai propri occhi e a quelli degli altri. É un mix tra il modaiolo e l’appassionato di scooter, musica e cannabis.

    È l’espressione del consumo pacchiano e dell’attitudine decadente all’alterazione della coscienza.

    Nella sua libreria musicale si possono trovare tutte le Hit e le discografie di artisti EDM ed Electro, come Afrojack, Zedd, Hardwell e David Guetta.

    Normalmente il Pagante non va nei club per ballare, ma per sbocciare le migliori bottiglie di alcolici ascoltando in sottofondo il suo genere musicale preferito, dopo aver rigorosamente lavorato come pierre, non tanto perché ne abbia bisogno, ma solo per pompare il proprio ego con amici e fanciulle.

    Perché mai un giovane dovrebbe esaltare così tanto la propria immagine?

    La sorgente della paganza è targata Milano, la capitale mondiale della moda e della movida, in cui la parola chiave è apparenza. Quindi in una società dove ormai i valori morali di un tempo si stanno lentamente sfaldando, ecco che la gioventù per dar sfogo alla propria voce non utilizza più il linguaggio verbale ma quello effimero dell’ostentazione autocelebrativa.

    In questo contesto, dove l’agire sociale non è mai l’espressione di un comune agire politico, il Pagante fonda una propria filosofia basata sul divertimento e lo svago, dove lo slogan principale è scialla, cioè vivi sereno, divertiti e goditi la vita.

    Ciò che realmente lo caratterizza è lo stile. Uno stile eccessivo che prende le forme di una controcultura evasiva priva di antagonismo. Non ha un avversario politico, né una posta in gioco. Le definizioni sono utili a semplificare, per tenere uniti fenomeni diversi. Ma, in fin dei conti, un Pagante è solo un Pagante.

    GENERAZIONE CHE SBOCCIA

    Sbocciare è un’arte o un lavoro?, Jun Sebastian Matsuno

    Butto la mia vita dalla finestra, resto qui a guardare cosa ne resta, Tormento in Che ne sai di Maruego

    Tutto a un tratto, durante l’intervista, mi rendo conto che chi mi sta parlando ha solo vent’anni. Sono confuso, credo di ricordarmi male e quindi chiedo al diretto interessato che mi risponde: Certo ho vent’anni, perché?. In effetti cosa ci sarebbe di anomalo? Semplice: provate a parlare con Amir almeno una volta. Per restare prima impressionati, poi folgorati. Amir, che ha sperimentato per la prima volta la nightlife durante la preadolescenza, a dodici anni, anno in cui ha avviato nuove forme di socialità che gli hanno consentito una progressiva scalata nel mondo della notte, non è certo un enfant prodige. Anzi, dirglielo credo che scatenerebbe in lui una risata sardonica. È un giovane-adulto cresciuto in un contesto sociale che produce disagio o, letta in un’altra prospettiva, è un giovane con un bagaglio di esperienze impressionante e un proprio percorso di vita. Parla della Belvedere Limited Edition come se lui effettivamente lavorasse in Louis Vuitton. E

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