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La gente di Napoli - Humans of Naples
La gente di Napoli - Humans of Naples
La gente di Napoli - Humans of Naples
E-book270 pagine1 ora

La gente di Napoli - Humans of Naples

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Info su questo ebook

«Di sicuro il napoletano va studiato, scomposto, ricomposto, letto dentro, visto fuori. Occorre fare una sorta di autopsia psicologica da vivo per capire com'è fatto, che cosa pensa, a quale tipo di cultura, filosofia, musica, letteratura ha dato vita, ha sintetizzato, interiorizzato. Il napoletano lo devi studiare, se possibile, quando non ha coscienza. Perché il rischio è che da cosciente ti fotte sempre, non ti dice la verità, non ti dice mai la stessa cosa, cambia le carte in tavola, ti riferisce quello che in quel momento capisce che ti interessa ascoltare» - Paolo Chiariello

"La gente di Napoli - Humans of Naples" ha l'obiettivo di importare in una realtà sociale e culturale così variegata, come quella di Napoli, un sistema di osservazione della realtà che risulterà molto utile ai fini della ricerca scientifica. Il coinvolgimento della gente di Napoli è il principio cardine del progetto: le persone sono coinvolte direttamente ed attivamente, i loro volti e i loro pensieri sono i veri protagonisti. In ogni foto è presente una persona con il proprio pensiero su Napoli e sull'essere napoletano, su cosa significa vivere a Napoli, sul perché si resta o sul perché si fugge via.
LinguaItaliano
Data di uscita23 gen 2024
ISBN9791222718019
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    Anteprima del libro

    La gente di Napoli - Humans of Naples - Vincenzo De Simone

    La gente di Napoli

    I volti e le storie dei napoletani


    Nel creare una foto, mi lascio ispirare da un'idea o da un tema, da un concetto o una tecnica, da una cosa che mi ha colpito o semplicemente parlando con le persone. Ogni giorno la fotografia mi permette di immortalare gli attimi più significativi della mia vita e delle persone che mi circondano. Oltre a voler crescere fotograficamente e a voler conoscere di più la mia città e la mia cultura, volevo soprattutto congiungere gli studi conseguiti con la mia passione. La fotografia ha un legame strettissimo con la psicologia, racconta tutto di te, delle persone e dei paesaggi che fotografi. Da psicologo trovo interessante creare immagini che trasmettano un messaggio, un'idea riguardo il comportamento umano, riguardo le emozioni e le relazioni. C'è sempre una storia che merita di essere raccontata e questo è quello che cerco di perseguire con il mio progetto. Con la sua creazione mi avvicinavo per la prima volta al mondo del ritratto, lo specchio dell'anima: nel tempo ho sbagliato più e più volte, trovando finalmente uno stile finalmente mio. Napoli è stata interpretata da innumerevoli artisti e tutti noi conosciamo la tradizione artistica della nostra città. Il paragone con questi maestri è impossibile da raggiungere: ho cercato di seguire un mio percorso personale, anche perché i tempi sono cambiati e con l'innovazione tecnologica si passa ad un'era completamente diversa. Quanti pregiudizi, quante superstizioni si trascina dietro questa antica e nobile città, e con lei i suoi abitanti, spesso beffeggiati, protagonisti di barzellette irriverenti o battute derisorie. La gente di Napoli nasce per raccontare la napoletanità attraverso i volti di coloro i quali vivono a Napoli e sono dei visi, dei volti, che nascondono delle storie, delle esperienze, delle narrazioni che possono sfuggire a quella che è la vulgata comune sulla nostra città. E' un modo di rappresentare la storia, la realtà, l'attualità e il contesto di quella che è la nostra città. La scommessa che ho portato avanti è stata quella di portare in una realtà in continua evoluzione un fenomeno creato sui social: l'adesione della gente è probabilmente il modo più concreto con cui si è potuta rappresentare questa partecipazione. Col tempo c'è stata una maggiore consapevolezza da parte di coloro che hanno visitato le mostre e una maggiore attenzione alla tematica che mi propongo di raccontare. Il progetto ha assunto in questi anni un aspetto più veritiero, sono presenti critiche costruttive ed esperienze di vita vissuta che fanno capire bene come si vive realmente in questa città e cosa dobbiamo fare in futuro per viverci ancora meglio. I volti possono essere il nuovo mezzo di comunicazione che possono andare oltre le mille parole e aggettivi per definire Napoli perché non credo esistano parole a sufficienza per poter spiegare il legame tra questa terra e la sua gente. Tutto ciò assume un aspetto quasi empatico, l'immagine assume un senso, una motivazione. Le persone ritratte posano con autenticità e spontaneità ed è difficile distinguere chi proviene da una zona e chi da un'altra. Anche i personaggi noti hanno posato con naturalezza, anzi per molti di essi se non avessero un volto conosciuto si faticherebbe a distinguerli rispetto a quelle che sono poi le persone incontrate per strada. Questi personaggi, estrapolati dal loro contesto, si fondono e si con-fondono con tutti gli altri. Il progetto, primo a Napoli nel suo genere, tanto da ispirare altri a volerlo emulare, rappresenta un'idea che può spingere i napoletani a riappropriarsi della loro città, occupando simbolicamente, e per sempre con uno scatto, i quartieri, le strade, gli spazi in cui si trovano e nel contempo spingere i tanti cittadini non napoletani che la abitano o i turisti di passaggio a raccontarne i suoi profili di spiccata multiculturalità e multietnicità.

    Vincenzo

    Prefazione


    Noi napoletani non sappiamo, credo, quanto sia importante conoscere la gente di Napoli e Napoli per avere la percezione migliore del posto in cui abbiamo scelto di vivere, non di nascere. Quello non lo scegliamo, accade. Se conoscessimo meglio il luogo geografico e i luoghi dell'anima dove si svolgono le nostre vite, forse vivremmo meglio, tratteremmo diversamente certe questioni serie, avremmo soluzioni appropriate a problemi che da secoli ormai fatalmente riteniamo se non irrisolvibili difficili da ricomporre per colpa di altri o di chissà chi ma non certo per demerito nostro. A proposito di questioni serie potrei parlarvi del decoro urbano, dell'educazione civica, della bellezza che sfregiamo, della storia che calpestiamo, delle grandi conquiste che perdiamo, della criminalità con cui conviviamo, della povertà di cui ci infischiamo, della natura che non rispettiamo e di un milione di altri problemi che potete mettere nell'ordine di importanza che meglio ritenete. Non sarei però mai capace di rendere al meglio la personalità complessa, contraddittoria, geniale, sregolata e ossimorica del napoletano. E non saprei nemmeno dirvi bene chi è un napoletano. Sì, certo, girano una marea di pregiudizi, stereotipi, preconcetti, banalità, luoghi comuni su Napoli e i napoletani. Non solo in negativo ma anche per magnificare presunte qualità quasi di razza pubblicamente asserite, pretese o forse postulate da alcuni autonominatisi Masaniello della napoletanità crocifissa. Di sicuro il napoletano va studiato, sezionato, scomposto, ricomposto, letto dentro, visto fuori. Occorre fare una sorta di autopsia psicologica da vivo per capire com'è fatto, che cosa pensa, a quale tipo di cultura, filosofia, musica, letteratura ha dato vita, ha sintetizzato, interiorizzato. Ho scritto autopsia e non indagine o seduta psicologica perché il napoletano lo devi studiare, se possibile, quando non ha coscienza. Perché il rischio è che da cosciente ti fotte sempre, non ti dice la verità, non ti dice mai la stessa cosa, cambia le carte in tavola, ti riferisce quello che in quel momento capisce che ti interessa ascoltare. Forse il napoletano va anche compreso geneticamente. Per capire come s'è modificato nel tempo, non avendo mai conquistato col ferro nessuno e avendo subito nei secoli le dominazioni di chiunque: dagli arabi ai normanni, dai romani ai longobardi, dai francesi agli spagnoli, agli austriaci, agli americani. Eppure nessuno di questi popoli dominatori è mai riuscito a conquistare del tutto Napoli e i napoletani. A Napoli c'è una figura retorica che ci accompagna dalla culla alla tomba: l'ossimoro. Dentro Napoli e dentro i napoletani convivono spesso contraddizioni insanabili, principi opposti. Ognuno di noi, intendo noi napoletani, è un piccolo Giano della Tessaglia naturalizzato partenopeo. Forse è la doppia natura del Giano Napoletano, il dio dalla doppia faccia, buono/ cattivo, bene/male, felice/infelice, insomma il perenne ossimoro, la perenne coesistenza di due principi opposti e complementari, che fanno di questo studio, di questo progetto fotografico e di indagine psicosociale lanciato da Vincenzo De Simone, un primo passo verso la scoperta di questo mondo tanto meraviglioso quanto oscuro e sconosciuto: il napoletano. Perché non v'è dubbio - scriveva Johann Wolfgang Goethe già nel marzo del 1787 mentre visitava Napoli e ne rimaneva estasiato - che il napoletano sarebbe un altr'uomo, se non si sentisse prigioniero fra Dio e Satana.

    Paolo Chiariello

    Giornalista e scrittore

    Narrare Napoli


    Narrare Napoli, per immagini, per voci, suoni, canti è sempre impresa difficile. Mi pare interessante provare a dare la parola a quanti a Napoli ci arrivano carichi di idee, pregiudizi, in senso etimologico, arrivano a Napoli perché hanno sentito parlare di una certa Napoli. Importante poi dare la parola a quanti a Napoli ci vivono, ci lavorano, ci passano, perché gravitano attorno a questo nucleo, che in fondo li definisce, anche senza che lo si voglia. Napoli è sempre molto più di Napoli, Napoli è la Campania, è il Sud. Oltre i numeri delle statistiche ufficiali, mi pare strategico aver lavorato sul fissare una immagine, sul chiedere su Napoli un'idea, una sensazione. Si tratta di una operazione che proprio su Napoli ha molto senso, centrare sulle sensazioni e sul narrare, nominare sentimenti e pensieri, vista la quantità enorme di detto sulla città, di detto in parole e in immagini. Napoli come città dei sensi, dei profumi e delle puzze, città del caos e dei rifiuti, città dei lazzari e dei signori, della plebe che rovista nei rifiuti e che inventa la pizza, città dei suoni, del vocio e del traffico, città delle urla, della disperazione e città della melodia, della canzone, di un dialetto poi riconosciuto come lingua. E proprio questa lingua ha detto in varie forme la città, ha tradotto in forme sonore, foniche la città, in immagini. Sono queste forme che tessono una immagine-detto della città, che resta e si sedimenta nei discorsi e nelle visioni della città stessa. E allora è importante cogliere chi parla, la provenienza, se da dentro o da fuori, una persona, una voce che fa eco a un discorso già fatto, chiosa, nota a margine, rispetta il canone del detto, non infrange il discorso, lo ripete. E su questa città abbiamo un discorso dialettico tra il dentro e il fuori di ogni epoca che è interessante rincorrere nelle frasi degli intervistati, nelle pose, nelle posture, negli sguardi, nei luoghi dove si lasciano cogliere. Napoli è un topos che intrappola ogni senso, topos dialettico per eccellenza, come emerge anche dai dati, con una distribuzione che accompagna anche le traiettorie di vita, dall'amarezza del somatizzare e intrudere fin nel luogo di creazione degli habitus e dei pensieri quel ritornello sulla Napoli che tradisce il presente, tra i tanti tradimenti della sua storia, fino alla rassegnazione o consapevolezza del non poter chiedere altro a una città forse più volte tradita che traditrice, la consapevolezza, con l'età, che questa è Napoli, un presente restio a farsi presente ordinario. Napoli come città che ogni volta spiazza l'umanità, capace di gesti di umanità inattesi in luoghi dove vigono la feroce adesione ad una identità dominata dai sensi, dalle sensazioni, una voluttuosa adesione a una vita che non sa rinunciare a nulla, non vuole rinunciare a nulla, che sa costruire scenograficamente momenti e luoghi dell'abominio e del sublime. Voler interrogare chi è dentro e chi è fuori, non lasciarsi ingannare dai freddi numeri, interrogare giovani e anziani,

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