L'ottavo giorno
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Anteprima del libro
L'ottavo giorno - Lucia De Cristofaro
Cristofaro
Presentazione
Capita a tutti di sentire un bisogno dentro di cambiare, di ricominciare da capo, di porsi la fatidica domanda: cosa ci faccio qui? È a questa domanda che provo a dare una risposta attraverso i miei personaggi, ognuno con una propria storia, con propri sentimenti che confluiscono in un’unica grande narrazione, che desidera essere anche denuncia contro un mondo moderno che ha come unico credo il business, per il quale tutto è permesso. Il mio animo di giornalista e scrittrice non poteva resistere alla tentazione di unire la volontà di raccontare una storia a quella di indagare un mondo che oramai è lì davanti ai nostri occhi, ma che ancora stentiamo a comprendere.
L’opera è un pensiero a voce alta, da condividere con quanti, come la protagonista Eva, sentono il bisogno di ritrovare se stessi, ricostruendosi una vita completamente diversa da quella vissuta fino ad ora.
Una vita, però, in cui non è permesso girare lo sguardo davanti a chi soffre, in cui la realtà non è il reality che scompare cambiando canale.
Eva inizia a vivere il suo tempo attraverso le gioie e i dolori, le follie e la razionalità – vera o presunta – di una società povera ormai di ideali, di principi e di generosità verso l’altro.
Una speranza però c’è sempre, e, al di là di ogni credo, valore o cultura, è a quella che lei si aggrappa. E noi con lei.
Buona lettura
L’autrice
Prefazione
Eva in questo libro è alla ricerca della felicità
, come fa la maggior parte dell’umanità quando ricerca la pace
o il proprio benessere
.
Tutto ciò è meraviglioso ma, nello specifico, in cosa consiste?
Ho passato la maggior parte della mia vita provando a capire la pace, utilizzando il bene come la principale strada fra le tante possibili. E lavorando anzitutto sulla pace interiore, sull’essere in pace con se stessi. In questo cammino, sette strade per la felicità si sono aperte davanti ai miei occhi:
La prima è quella dei Piaceri Negativi
, dove si impara a felicitarsi dei problemi che non si hanno, del riuscire a prevenire le malattie, condividendo la propria vita in salute con le persone che si amano, non dando nulla per scontando ed essendo sempre riconoscenti per ciò che si ha. La seconda è quella dei Piaceri Positivi
, in cui vengono soddisfatti i piaceri fondamentali, come bere, mangiare, vestirsi, sentirsi al sicuro, dormire, svegliarsi, fare l’amore, curarsi dai malanni o mantenersi sempre informati, i quali non rappresentano necessariamente la routine di tutti i giorni bensì delle piccole gioie basilari; poi c’è la strada del Non competere con gli altri, competi con te stesso
, dove ci si pongono degli obiettivi oltre i piaceri positivi e negativi, felicitandosi per i progressi ottenuti volta per volta; ed infine ci sono altri quattro possibili percorsi: il Cooperare con gli altri per un eguale bene comune
, come avviene all’interno della famiglia, a scuola o sul lavoro, dove non ci si chiede solo quali sono i vantaggi per me
, ma si guarda a ciò che può venirne di buono per tutti, costruendo una coscienza comune basata sulla mutualità e sull’equità; il Soffri le pene dei tuoi compagni e gioisci per i loro successi
, in cui la fa da padrone una forte armonia emotiva, un’empatia con la vita che va al di là dei contrasti di genere e generazionali, di razza o di classe, internazionali o interstatali, per la crescita di una coscienza collettiva; quello orientato alla Gestione dei traumi attraverso la conciliazione
, ovvero lasciandosi alle spalle il passato a prescindere che si sia vittime, carnefici o entrambe le cose, lasciando tutto da parte per costruire un futuro insieme; e quello che prevede la Gestione dei conflitti attraverso la soluzione
, modificando i propri obiettivi, utilizzando il compromesso e costruendo una nuova realtà orientata alla ricerca di fini ragionevoli.
L’arte di vivere con se stessi e con gli altri, all’interno di una comunità, rafforza al tempo stesso l’io
ed il noi
, così da produrre maggiore benessere e maggiore pace per Se Stessi e per gli Altri.
Le ultime quattro formule nell’elenco di cui sopra sono in sostanza le formule generali per la pace, da usare alla bisogna come ad esempio all’interno di un matrimonio. Ma l’Ottava Strada, come l’Ottavo Giorno, non c’è, perché non c’è una che porta alla felicità.
È la felicità stessa ad essere la strada.
Johan Galtung
Premio Nobel Alternativo per la Pace
Prologo
C’è un mattino in cui, dopo aver aperto gli occhi, ti chiedi: Ma che giorno è?
.
Come sempre prima metti a fuoco intorno a te gli oggetti di tutti i giorni: la borsa sulla sedia, gli occhiali sul comodino, la penna e il taccuino sempre a portata di mano, le pillole diventate ormai parte di te, i vestiti alla rinfusa sulla poltrona e la foto di tua madre, che non c’è più, ma che non hai mai avuto la forza di mettere da parte. Anche il suo sguardo è parte di te, anche di quello sei dipendente nell’affrontare ogni giorno che passa.
Dunque ti chiedi che giorno è e, guardando il soffitto, pensi che forse è un giorno diverso, o almeno che potrebbe essere un giorno diverso.
Uno non segnato sul calendario, l’anello mancante, l’ottavo giorno, il giorno in cui qualcosa cambierà; perché qualsiasi sarà la strada che sceglierai, giusta o sbagliata, quella sarà la strada su cui inizierai il tuo vero cammino, quello che avevi cercato di nascondere a te stessa per tutti gli anni della tua esistenza, credendo che le priorità fossero altre, che fosse importante raggiungere in fretta la meta, perdendoti così tutto il bello del viaggio di una vita che, tirando ogni tanto il freno, ti avrebbe potuto dare il premio più importante... la gioia.
Qual era la meta?
Quante volte ti è stato chiesto se fossi felice e hai risposto senza riflettere: Sì
.
Stamattina, invece, non ce la fai a dire di sì, a pensare a quella felicità che da tempo non fa più parte di te.
Provi a reagire: La gioia è una forza e una necessità.
... ripeti a te stessa con ansia, citando quel libro di Madre Teresa che avrai riletto cento volte.
È vero, non si può vivere a lungo senza gioia. Forse puoi sopravvivere, ma quello non lo ha mai voluto nessuno.
Ogni giorno simili riflessioni non mi avevano portato mai a niente. Stamattina però è diverso, non so quale sarà il cammino ma finalmente vedo il punto di partenza. Per ritrovare emozioni dimenticate, per riprendere in mano la mia vita e provare a rinascere.
Ho deciso, tutto inizia oggi, nel mio ottavo giorno
.
Alla ricerca della Felicità
Bene! – pensi – ho capito, devo ricercare la felicità
, ma da dove iniziare? Questo si che è un bel problema.
Nel frattempo meglio alzarsi, fare una doccia e rinfrescare mente e corpo. Nulla come l’acqua che scivola sul tuo corpo può isolarti in un limbo tutto tuo, dove nessuno può entrare, e aiutarti a decidere la cosa giusta. Il rito mattutino è compiuto, un velo di trucco, vestito e scarpe comode. È ora di andare, ma dove?
Questo è il mio ottavo giorno e merita molto di più della solita routine.
– dici alla tua immagine, riflessa nello specchio – In questo giorno sospeso tra il passato e il futuro in cui voglio trovare la vera felicità, prima di tutto devo rallentare, muovermi osservando ogni fotogramma, provando a scorgere ciò che spesso è celato ai nostri occhi, semplicemente perché siamo distratti.
Ma ecco che una voce alle spalle, proveniente dall’ingresso di casa, ti desta da questi nuovi pensieri:
- Allora sei pronta? Andiamo?
- No, non andiamo da nessuna parte. - rispose sottovoce
- Cosa hai detto? – le chiese Andrea
- Ho detto che non si va da nessuna parte! O almeno io oggi a lavoro non ci vado, mi prenderò un giorno di ferie...
- O bella, e perché? – rispose lui incredulo. Da quando la conosceva Eva non era mai stata a riposo, gli era sempre sembrato che avesse paura di perdere del tempo prezioso, che volesse bere la vita a grandi sorsate per paura che la sua sorgente potesse esaurirsi e non darle più la possibilità di raggiungere quei desideri che continuava a rincorrere.
- Perché ho un po’ di cose da fare per conto mio ed è tanto che le rimando. Oggi mi sembra il giorno giusto per farle...
Sapeva che come giustificazione faceva pena, ma non voleva dare troppe spiegazioni per non dover discutere con Andrea. Lui era un uomo concreto e ogni volta che saltava fuori qualcosa di più emozionale che logico, lui aveva sempre tagliato corto classificando tutto come vere sciocchezze
.
- Ma oggi abbiamo degli appuntamenti in ufficio! Lo sai... – le disse tornando in camera da letto. Anche se cercava di nasconderlo, era già seccato per quella perdita di tempo. Odiava i cambiamenti all’ultimo minuto. E poi – pensò - se davvero aveva delle cose da fare poteva anche dirmelo ieri e mi sarei organizzato diversamente.
- Non c’è nulla che non puoi fare da solo. Dai, ci vediamo stasera... e chissà che non trovi il tempo di prepararti una cena decente, che ne dici?
Voce e sorriso erano forzati, ma sembrava esser stata convincente.
- Sulla cena non posso obiettare, non ne posso più di trattorie e cibi pronti. Se una cenetta con te in casa è la mia ricompensa per il tuo giorno di libertà, allora va bene. Non faccio più obiezioni. Ora vado, ma... – si girò di scatto – Aspetta, se l’auto la prendo io, tu come fai a fare le tue cose? La tua è ancora dal meccanico, possiamo telefonare, ma non credo sia pronta...
- Non preoccuparti, vuol dire che andrò a piedi, oppure per una volta nella vita prenderò la metro o l’autobus. – rispose lei sorridendo e dandogli un bacio sulla guancia.
- Se è così allora auguri, e goditi il tuo giorno nella giungla metropolitana.
Andrea uscì e dopo poco Eva sentì il rumore dell’ascensore che ripartiva.
Ecco, ora era veramente sola con il suo desiderio di ricerca, doveva solo capire da che parte cominciare. Chiuse gli occhi e la sua mente cominciò a proporle strane immagini, quasi angosciose, e li riaprì subito per trovare la calma. L’ispirazione questa volta non centrava con la fantasia. Si guardò, quindi, ancora intorno, quando si fermò su quel quadro dipinto da Athos Faccencani che aveva da poco appeso proprio accanto al suo letto. Rappresentava il mare con i suoi colori forti e vivaci. Ecco da dove poteva iniziare, dal mare, quel mare che l’aveva sempre affascinata e che d’inverno le piaceva ancora di più.
Avvertiva già nelle narici il profumo dell’acqua mista al vento, che infrangendosi sulle rocce pulsava come il sangue nelle vene dopo una corsa a perdifiato.
Raccolse la borsa dalla sedia e chiudendo la porta di casa sorrise compiaciuta… ora sapeva dove andare…
Il Faro
Non era stato facile raggiungere il faro con il treno e l’autobus, ci aveva messo più di un’ora, ma adesso che dall’alto ammirava sotto di lei gli scogli e udiva il fragore delle onde, sapeva che era quello il giusto inizio, che lì, in quel luogo, avrebbe trovato il primo indizio per il suo viaggio. Perché questa certezza? Non conosceva la risposta, ma dentro di lei c’era in quel momento un miscuglio di sensazioni che non riusciva a decifrare. Soprattutto avvertiva una pace e una calma, che aveva dimenticato fosse possibile provare.
Si incamminò lungo il sentiero che portava al faro.
Pur essendoci venuta più volte da bambina, non era mai riuscita a visitarlo, o perché in riparazione o perché era chiuso di giorno e attivo solo dall’imbrunire in poi. Si chiedeva come potesse essere la vita del suo guardiano, passata in solitudine guardando il mare e in assoluto silenzio.
Già il silenzio... quanti nella vita hanno sul serio fatto l’esperienza del silenzio, quanti possono dire di essere stati in luoghi dove era stato bandito il suono. Lei l’aveva fatta questa esperienza, nel deserto, e dopo un primo momento di angoscia per l’assoluta assenza di suono, aveva iniziato a capire quanto fosse importante eliminare qualsiasi fonte di distrazione per concentrarsi unicamente su se stessi e iniziare ad ascoltare le voci di dentro.
Ora si chiedeva, perché avesse interrotto quel percorso, perché si era lasciata convincere a rientrare nella rumorosa modernità.
Gli venivano in mente le parole dei monaci del monastero di Santa Caterina, nel deserto del Sinai… quei momenti persi nella memoria, sepolti sotto la coltre polverosa del tempo, ora le apparivano nitidi, e chiudendo gli occhi sembrava di riudire il suono delle preghiere. Poi… il silenzio.
Perché se le parole sono preziose, esso lo è ancor di più.
Che valore ha il buon senso, se non viene in mio soccorso prima che io pronunzi una parola!
, questi versi del poeta persiano Sa’di li aveva scritti sul suo taccuino tanto tempo prima ed era strano che li ritrovasse proprio ora, cercando banalmente di segnare sulla carta le sensazioni del momento.
Chi è padrone del silenzio sa esprimere le sue idee in modo preciso e con le parole giuste. Tutti possono parlare, ma non sempre le loro parole hanno la giusta valenza. La nota che dà armonia alla vita è quella del silenzio.
– i monaci lo ripetevano continuamente – Per compiacere Dio bisogna capire il nostro prossimo e per fare ciò dobbiamo saper dominare le parole, acquisendo il potere del silenzio.
- Ma come posso imparare a dominare la parola? – gli aveva chiesto, incredula che fosse possibile acquisire il potere del