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L'Albero di TAE. Lettere d'amore ad una figlia
L'Albero di TAE. Lettere d'amore ad una figlia
L'Albero di TAE. Lettere d'amore ad una figlia
E-book122 pagine1 ora

L'Albero di TAE. Lettere d'amore ad una figlia

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Info su questo ebook

L'amore è il filo conduttore della nostra vita. Ogni volta che riusciamo ad esprimerlo attraverso i nostri gesti e le nostre scelte costruiamo occasioni di libertà per noi stessi e per le persone che abbiamo vicino, lasciando un segno indelebile nel tempo e nello spazio, nella nostra anima e nella vita di chi avviciniamo.

Il libro è una raccolta di lettere indirizzate ad una figlia e riguarda un anno vissuto intensamente alla ricerca di se stessi e del significato delle relazioni che fanno parte della nostra quotidianità.
LinguaItaliano
Data di uscita6 giu 2015
ISBN9786050385847
L'Albero di TAE. Lettere d'amore ad una figlia

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    Anteprima del libro

    L'Albero di TAE. Lettere d'amore ad una figlia - Angela P. Ventura

    Farm

    L'Albero di TAE

    Lettere d'amore ad una figlia

    a mia figlia

    Parte dei proventi della vendita di questo libro sono destinati ad un'Organizzazione Non Governativa internazionale che si occupa della difesa e della tutela dei diritti dell'infanzia.

    Ogni riferimento a fatti e persone è del tutto casuale ed è frutto della rielaborazione di storie ed esperienze vissute da più persone e raccolte nel tempo.

    Certo, il cuore…

    Ma che ne sa il cuore?

    Appena un poco di quello che è già accaduto.

    (Alessandro Manzoni)

    Prefazione

    Questo diario raccoglie un frammento della vita e delle esperienze mie e delle donne che ho avuto occasione di incontrare durante la mia vita. Non tutte hanno vissuto in modo problematico il rapporto con i propri figli: molte di loro, malgrado l’età adulta dei figli, rappresentano ancora un punto di riferimento importante a cui ricorrere; altre, per motivi spesso diversi, hanno sperimentato l’allontanamento, le incomprensioni e la fatica del distacco dai propri figli.

    Non credo si diventi madre quando accogliamo tra le braccia quel fagottino tenero che per nove mesi è stato dentro di noi: quella fase è solo l’inizio dell’avventura. Diventiamo madri quando, dopo aver condiviso vita, pensieri, sentimenti ed emozioni, insegniamo ai nostri figli a volare fuori dal nido, alla scoperta del mondo, alla ricerca del proprio orizzonte, diverso dal nostro.

    I figli non ci appartengono. Ciò che possiamo fare è solo amarli e, attraverso l’amore, dare loro autonomia di pensiero, di giudizio e di scelta. L’amore non ci dispensa dagli errori e dalle incomprensioni, ma rappresenta - per noi e per loro - l’unica scuola efficace di vita, in cui, a nostra volta, impariamo significati nuovi di parole ritrovate, come comprensione, fiducia, sostegno, tolleranza, coerenza, rispetto, libertà.

    Raccontare d’amore, in questi tempi, può sembrare anacronistico, ma l’amore non è un fatto sentimentale o romantico: è la vita di ogni giorno che, tramite i nostri gesti, le nostre scelte, le nostre parole, dà conforto, perdona, abbraccia, libera, celebra la nostra umanità.

    Non si può insegnare l’amore: i nostri figli non hanno bisogno di un maestro, ma di una madre e di un padre che sappiano accogliere la loro unicità, che sappiano riconoscerli e, insieme a loro, imparino, ogni giorno, ad amare.

    L'autrice

    Ho trovato i tuoi scritti, le lettere che mi hai indirizzato, il diario dei tuoi sentimenti e delle tue emozioni.

    All’inizio ho fatto fatica ad avvicinarmi alle tue cose. Il dolore e il rancore erano troppo forti.

    Non ti amo di più, ora che ho aperto il tuo quaderno, ma so che vorrei conservarlo, rileggerlo ancora, mentre anche la mia vita scorre, mentre le cose e i fatti cambiano intorno e dentro di me. Vorrei che mi accompagnassi in questo viaggio, perché so che prima o poi dovrò fare i conti con quella parte di me che ho nascosto, con te e con quello che tu sei stata nella mia vita.

    Per ora quella parte sta lì. Non voglio guardarla. Guardarla significa vedere te ed ora non posso farcela.

    Ti ho amato immensamente. E ti ho odiato allo stesso modo. Mi sono sentita carne della tua carne e quando il rancore ha preso il posto dell’amore, ho reciso quel cordone che mi legava a te. Sono ferita: fa male perderti, eppure sento che questa è l’unica possibilità che ho di cominciare a vivere, a vivere senza te.

    Sto abbandonando la nostra casa. Finalmente è venduta. Sto raccogliendo le cose e organizzando il trasloco.

    Hai lasciato mille tracce di te: fotografie, pezzi di carta dove riconosco la tua calligrafia, mail, appunti, i tuoi libri, i tuoi vestiti, i tuoi lavori a maglia iniziati e mai finiti… e questo tuo diario, da cui non riesco a separarmi.

    Il cuore si fa piccolo, tanto fa male. Anche da dove stai, riesci a farmi stare male. Perché non ci sei? Perché? Il tempo delle domande è finito.

    Questa notte ti ho sognato. Non volevo, ma il cervello non lo controlli quando dormi. Eri tu, come quando ero bambina, e sorridevi. Sembravi felice. Mi sono svegliata con la malinconia, con la nostalgia di quel tempo, di quella felicità, forse con il rimpianto di te. Non riesco a trovarti e non c’è luogo dove io possa incontrarti. Il dolore è profondo. A volte sembra che ti annienti.

    Vorrei dimenticarti, ma a volte, improvvisamente, mi tornano alla mente istantanee della nostra vita: la tua voce al telefono che dice che stai tornando - e quando arrivavi era come se si accendesse la luce in casa - o ti rivedo leggere in poltrona; ripenso a come mi coinvolgevi per organizzare qualcosa insieme, o alle sere d’inverno quando, mentre stiravi, io rimanevo seduta vicino a te, a raccontarti i miei sogni, le mie speranze, i miei desideri futuri. A volte sento ancora il tuo odore, sui tuoi vestiti, sul tuo cuscino… Vedo le tue cose appese nell’armadio, c’è anche il tuo vestito da sposa, quello che rivedo nelle fotografie del tuo album di matrimonio.

    Io non ho fotografie del mio matrimonio.So che avresti desiderato di più per me, in tante situazioni: matrimonio, lavoro, vita. Ho fatto le mie scelte, che a volte ho pagato, con fatica e sofferenza. Ho creduto anch’io nell’amore e per quell’amore ho speso la mia vita. Non ho rimpianti, né nostalgie. Sai che non mi appartengono. Tu sei sempre stata così viva e con un mondo di emozioni da esprimere. Io non sono come te. Forse assomiglio di più a papà: più riflessiva e riservata nei sentimenti, mentre tu avevi un cuore sempre in movimento, come se la vita stessa non ti bastasse per vivere tutto quello che arrivava. Avrei voluto essere come te, almeno fino a quando non ho visto la tua fragilità. Ho cercato di capire, di giustificarti, ma il fatto stesso di cercare di capire ha demolito il tuo mito.

    I miti non devono essere compresi, né giustificati.

    Ho visto i tuoi piedi d’argilla ed ho pensato che non eri così eccezionale. Improvvisamente avevi perso colore e lucentezza e ti ho odiato per avermi tolto quella bellezza.

    Te ne sei andata in un giorno pieno di luce.

    Forse la cosa che manca di più è la tua voce, così simile alla mia. Non so dove sei andata. Tu hai sempre creduto in un’altra vita. Io ho sempre pensato che la vita è una, quella che viviamo, forse anche per la mia formazione più razionalista, ma adesso vorrei sapere dove sei, perché da qualche parte sei di sicuro. Ovunque tu sia, un giorno ti ritroverò, perché una come te non si può dimenticare.

    Tua figlia

    Diario

    1

    Sono qui, davanti a questa pagina a scriverti qualcosa che non so neppure se un giorno leggerai.

    Sono giorni che penso a te, a noi, a tutto quello che ci ha unito ed anche a quello che forse ci ha diviso o ci sta dividendo e il bisogno di scrivere mi serve per ripercorrere questa nostra vita insieme, questa vita che abbiamo condiviso, tra lacrime e sorrisi e, almeno fino a qualche anno fa - fino a quando la presenza di papà era la nostra forza e il nostro punto di riferimento - più sorrisi che lacrime.

    Non so come scriverò, se sarà una sorta di diario dei miei pensieri, che mi aiuti a mettere a fuoco i miei sentimenti, i miei timori, la mia vita con te, o se invece saranno brevi lettere, dedicate a te, figlia mia adorata.

    Questa è l’immagine che ho di te, figlia cara e amata, che non so più come chiamare perché tu riesca a sentire l’affetto, la stima e il bene che provo per te.

    Sai, quello che vivo nei tuoi confronti non è ciò che spesso si definisce istinto materno. Ciò che io sento per te non ha nulla a che vedere con l’idea iconografica della mamma e dei sentimenti materni legati al sacrificio, al dolore, alla fatica, anzi ti confesso che questa ipotesi mi ha sempre sconcertato, fin da quando, ormai

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