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Mai più senza te: Harmony Jolly
Mai più senza te: Harmony Jolly
Mai più senza te: Harmony Jolly
E-book152 pagine2 ore

Mai più senza te: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Esiste l'amicizia tra un uomo e una donna?

Forse sì e forse no...



Nicole e Gabriel si sono conosciuti su Internet, non si sono mai incontrati e conoscono solo i rispettivi nickname, ma la loro amicizia online si è presto trasformata in un flirt altrettanto virtuale. Nicole Thomas, nel mondo reale, ha deciso di chiudere con gli appuntamenti galanti dedicandosi anima e corpo all'apertura di una sala cinematografica indipendente e quando incappa in Gabriel Hunter non riconosce in quello spregiudicato uomo d'affari il ragazzo sensibile che, nel loro universo parallelo, la sta incoraggiando a perseguire il proprio sogno. Guardare oltre le apparenze e fondere i loro sguardi: questo servirebbe per provare a costruire una vita insieme...
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2017
ISBN9788858970287
Mai più senza te: Harmony Jolly
Autore

Kate Hardy

Autrice inglese, consulta spesso riviste scientifiche per verificare i dettagli tecnici dei suoi romanzi.

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    Anteprima del libro

    Mai più senza te - Kate Hardy

    successivo.

    1

    «Tutto bene signorina Thomas?» chiese l'avvocato.

    «Bene, grazie» balbettò Nicole, ancora impegnata a digerire la notizia. Quel nonno che non aveva mai conosciuto, lo stesso che aveva messo alla porta sua madre non appena aveva scoperto che aspettava una figlia da un uomo che non aveva nessuna intenzione di sposarla, era morto e le aveva lasciato in eredità un cinema.

    Un cinema messo piuttosto male, da quanto aveva capito. L'avvocato le aveva detto che era inutilizzato da cinque anni, ma anziché donarlo in beneficenza, Brian Thomas aveva deciso di donarlo a lei: la nipote che aveva ripudiato prima ancora che venisse al mondo.

    Perché?

    Forse perché si sentiva in colpa per non aver aiutato la sua unica figlia nel momento del bisogno? Ma in tal caso avrebbe lasciato direttamente il cinema a sua madre Susan. Oppure la sua intenzione era di creare attrito tra figlia e nipote?

    Nicole scosse la testa. Aveva lavorato in una banca troppo a lungo, altrimenti tanto cinismo non si sarebbe potuto spiegare.

    «In effetti è piuttosto vicino alla sua abitazione» proseguì l'avvocato, «si trova nel Surrey Quays.»

    Nicole capì all'improvviso di che cinema stessero parlando. «Intende il vecchio Electric Palace a Mortimer Gardens?»

    «Perché, lo conosce?» chiese l'uomo sorpreso.

    «Ci passo davanti ogni giorno per andare al lavoro» spiegò. Era da tre anni che abitava lì e aveva sempre pensato che quell'edificio fosse meraviglioso e al tempo stesso che era un vero peccato lasciarlo in quello stato di abbandono. Ovviamente non aveva idea che tra quel cinema e la sua famiglia ci fosse un legame. Sapeva che un gruppo di abitanti del quartiere, con cui era in comunicazione grazie a un forum online, avrebbe voluto ristrutturarlo e rimetterlo in funzione, il problema era che nessuno sapeva chi fosse il proprietario.

    Finalmente Nicole aveva la risposta a quella domanda: la proprietaria dell'Electric Palace era lei. Chi se lo sarebbe mai immaginato?

    «Perfetto» cinguettò l'avvocato, «e così sa esattamente che cosa sta per ereditare.» In effetti, però, Nicole non aveva ancora deciso se accettare o meno quel lascito.

    «Oppure» proseguì ancora l'uomo, «se l'edificio non le interessa, esiste un'altra opzione. Una società immobiliare è interessata all'edificio si è messa in contatto con noi e ha fatto un'offerta piuttosto vantaggiosa.»

    «Prima di decidere ho bisogno di pensarci sopra» affermò Nicole.

    «Ma certamente, signorina Thomas, mi sembra saggio prendere un po' di tempo per riflettere.»

    Nicole gli sorrise educatamente, ma sotto sotto era tentata di ricordargli che aveva ventinove anni, non nove. Non era una scolaretta sprovveduta: aveva iniziato dal nulla e con la forza e la determinazione era diventata manager in una banca d'investimenti. Riflettere era il suo mestiere. Non era forse evidente? Bastava guardare gli eleganti vestiti che indossava, le scarpe di pelle col tacco basso e i capelli ordinatamente raccolti.

    «E adesso le chiavi» disse l'uomo porgendole un mazzo di vecchie chiavi. «Resto quindi in attesa delle sue istruzioni su come proseguire.»

    Nicole infilò le chiavi nella borsetta. Ancora non riusciva a credere di essere la proprietaria dell'Electric Palace.

    «Grazie per essere venuta» proseguì l'avvocato, «le invierò tutti i documenti al più presto.»

    Lei annuì. «Grazie, le farò sapere.»

    «Benissimo» fece lui con un sorriso.

    Non appena fu in strada estrasse il telefono dalla borsetta e chiamò sua madre, la prima persona con cui doveva assolutamente parlare di quell'eredità, ma purtroppo le rispose la segreteria telefonica. Doveva essere in riunione. Jessie, la sua migliore amica nonché insegnante di inglese, era molto presa dalla preparazione degli esami e così non avrebbe potuto dedicarle un po' di tempo fino a sera. Di certo non le andava di parlarne al lavoro con uno dei suoi colleghi: di sicuro le avrebbero consigliato di vendere.

    Le girava la testa. Forse, dopotutto, avrebbe finito per vendere, del resto cosa ne sapeva di come si faceva a gestire un cinema? Per non parlare di quello che le sarebbe costato rimetterlo in sesto. In ogni caso, se anche avesse venduto, non aveva nessuna intenzione di tenere i soldi. Dal suo punto di vista quell'edificio sarebbe dovuto andare a sua madre, che per tirarla su aveva dovuto fare tre lavori alla volta. Se era vero che l'offerta della società immobiliare era piuttosto vantaggiosa, avrebbe permesso a sua madre di pagare il mutuo, andare in vacanza e comprarsi persino una macchina nuova. D'altro canto non sarebbe stato facile convincerla ad accettare dei soldi che provenivano da suo padre.

    Nicole avrebbe anche potuto rifiutare l'eredità per principio. Brian Thomas non aveva mai fatto parte della sua vita né aveva mai mostrato il minimo interesse nei suoi confronti. Perché accettare i suoi soldi?

    Fece un profondo sospiro. Quello di cui aveva bisogno in quel momento era un po' di caffeina e discuterne con una persona di fiducia. E a parte sua madre e Jessie c'era solo un'altra persona con cui avrebbe potuto parlarne. Chissà se era disponibile in quel momento? Andò in un bar e ordinò un doppio espresso, prese posto a un tavolino e inviò un messaggio col cellulare. Con ogni probabilità Clarence era molto impegnato, ma magari sarebbe riuscita a intercettarlo durante la pausa pranzo e in tal caso avrebbero potuto parlare un pochino.

    L'aveva conosciuto sul forum del Surrey Quays sei mesi prima e aveva chattato con lui praticamente tutti i giorni. Non si erano mai incontrati a tu per tu né si erano mai scambiati informazioni personali, perciò si conoscevano con i loro pseudonimi di Georgygirl e Clarence. Lei non sapeva nemmeno che faccia avesse, così, se anche l'avesse incrociato per strada, sarebbe stato solo uno dei tanti passanti. Eppure sentiva che Clarence la conosceva per quello che era. Conosceva la vera Nicole e non quella specie di fantasma che lasciava l'ufficio a ore improponibili e viveva unicamente per il lavoro. Con lui, nelle loro conversazioni a notte fonda, parlava di se stessa, gli raccontava cose che non aveva mai accennato a nessun altro, nemmeno a sua madre o a Jessie.

    Forse Clarence avrebbe potuto aiutarla in quel frangente.

    Compose un messaggio e incrociò le dita.

    Ciao Clarence, ci sei?

    Gabriel Hunter chiuse la porta dell'ufficio del padre e si avviò per il corridoio come se niente fosse, anche se in realtà avrebbe voluto urlare e prendere a pugni qualcosa per la frustrazione che si sentiva addosso. Quando avrebbe smesso di pagare per quell'errore di gioventù? Quando?

    D'accordo, come errore di gioventù era stato piuttosto grave: una sera, di ritorno da una festa, era finito con la macchina dentro la vetrina di un negozio facendo dei danni enormi, ma non si era fatto male nessuno e lui aveva imparato la lezione. Tanto per cominciare aveva smesso di frequentare quegli amici che trovavano normale bere alcolici fino a notte fonda sapendo che poi dovevano mettersi alla guida. Si era concentrato sui suoi studi, anziché uscire tutte le sere, e si era laureato a pieni voti. Da allora si era impegnato nella gestione dell'attività di famiglia. Ma quante volte si era morso la lingua per non innescare una discussione con suo padre? Si era sempre piegato e aveva fatto quello che tutti si aspettavano da lui, nel tentativo di riguadagnarsi il rispetto e il perdono paterni.

    E nonostante tutto, suo padre continuava a non fidarsi di lui. Il messaggio che gli leggeva negli occhi era: ti ho salvato da te stesso. Era mai possibile che Evan Hunter avrebbe continuato a considerare suo figlio come lo stupido ragazzino che si era lasciato traviare dalle cattive amicizie per una buona parte della sua vita? Sarebbe mai riuscito a vederlo per quel che era ormai diventato, a distanza di tutti quegli anni, e a rispettarlo?

    In giorni come quello gli pareva di soffocare. Forse era arrivato il momento di smettere di cercare di cambiare l'opinione che la sua famiglia si era fatta di lui e andarsene, iniziare una nuova carriera, anche se in quel preciso istante non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare.

    Durante quegli ultimi sette anni, subito dopo la laurea, aveva lavorato duramente nell'attività di famiglia, la Hunter Hotels. Ce l'aveva messa tutta per fare la cosa giusta. L'adolescente inquieto e irresponsabile che era stato un tempo non esisteva più; il che era un bene, ma d'altro canto si domandava come sarebbero andate le cose se non avesse avuto quell'incidente. Sarebbe forse riuscito a conservare la propria libertà? Si sarebbe sentito più a proprio agio con se stesso, se non fosse stato sempre impegnato a scontare quel peccato? Sarebbe stato in grado di formare una famiglia tutta sua?

    Tutte le donne con cui era uscito in quegli anni lo vedevano come Gabriel, l'erede della catena di hotel, e quella superficialità gli dava ai nervi. Allo stesso tempo, le donne meno superficiali e che guardavano maggiormente alla sostanza, erano impaurite da lui per via della sua cattiva reputazione. Nel suo cerchio di conoscenze tutti erano informati del suo turbolento passato. Persino gli altri membri della sua famiglia non sembravano capaci di dimenticare quei suoi errori di gioventù.

    Era davvero curioso che l'unica persona che lo vedesse per quello che era fosse un'estranea. Una donna – anche se non lo sapeva con certezza – di cui non conosceva nemmeno il vero nome, tanto meno cosa facesse nella vita o che aspetto avesse. D'altronde si erano guardati bene dallo scambiarsi simili informazioni. Eppure, nel corso degli ultimi sei mesi, lui e quella Georgygirl del forum del Surrey Quays erano diventati piuttosto intimi.

    Ancora più curioso era il motivo per cui si era unito al forum: suo padre desiderava sapere se qualche abitante del quartiere si sarebbe opposto al nuovo progetto della Hunter Hotels di utilizzare un vecchio edificio in zona per farne l'ennesimo hotel di lusso, e in tal caso lui doveva cercare di perorare la causa. Gabriel aveva scoperto che l'anonimato gli piaceva: era più facile incontrare la gente e imparare a conoscerla, cosa che invece nella vita reale gli sembrava quasi impossibile fare.

    Poi si era imbattuto nei post di una certa Georgygirl.

    Più leggeva i suoi interventi, più si rendeva conto che loro due erano sulla stessa lunghezza d'onda. Avevano flirtato un po', perché un forum era il posto ideale per farlo, e lui l'aveva contattata più volte in una chat privata. Poco alla volta i loro incontri on line si erano fatti più frequenti. Ciononostante, avevano deciso di rispettare le regole del forum e non si erano scambiati informazioni personali e così non conosceva il vero nome di Georgygirl. Eppure, durante le loro chiacchierate notturne, sapeva

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