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Il mondo di Peter, tra una palma e una scrivania
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E-book241 pagine3 ore

Il mondo di Peter, tra una palma e una scrivania

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Info su questo ebook

Il motivo di questo libro non lo so neppure io, ho iniziato a scriverlo per divertimento descrivendo episodi ridondanti accaduti in alcuni dei miei viaggi in giro per il mondo, viaggi vissuti abbastanza intensamente che mi hanno stimolato a proseguire nel racconto di altre esperienze capitatemi in ambito lavorativo soprattutto nel campo dei viaggi d’incentivazione che per tanti lunghi anni hanno occupato molto del mio tempo. Nel descriverli userò a volte termini stranieri non per snobismo ma semplicemente perché spontaneamente descrivono meglio lo stato d’animo o la situazione di quel determinato momento.
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2016
ISBN9788892615830
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    Anteprima del libro

    Il mondo di Peter, tra una palma e una scrivania - Peter Bateman

    633/1941.

    PETER BATEMAN

    Chi conosce Peter è raro se ne dimentichi facilmente, la sua ironia è particolare, le sue battute tanto sagaci che quasi incomprensibili a chi non è in sintonia con il suo carattere very English.

    La prima volta che l’ho incontrato è stato durante un meeting a Montecarlo, sinceramente non mi ricordo per che azienda. Io avevo realizzato una multi-visione che doveva incentivare la forza vendita invitata. Tipo sempre più avanti! Mettiamocela tutta! Vendete di più! Ecc. Peter ne era l’organizzatore e doveva gestire una massa incredibile di persone, pilotandole nell’euforia generale a non abusare di bevande e buffet.

    Per il gran finale, che chiamavano Serata di Gala eravamo tutti al Gran Cafe de Paris, locale storico di Montecarlo. Io ero accompagnato da una mia assistente e casualmente ci sedemmo al tavolo con Peter. Lui discorreva educatamente con tutti, ma a un certo punto la mia assistente incomincia a ridere, la guardo e non capisco il motivo, poi si avvicina e mi sussurra all’orecchio ma quel signore parla ma non muove le labbra, io non resisto, è troppo buffo. Mi volto e lo osservo e noto che ha ragione, ma la cosa più sorprendente è che oltre alle labbra non muove quasi nessun muscolo facciale.

    Peter mi guarda sorpreso e poi come un ventriloquo mi domanda tutto bene?! Io non resisto, gli spiego per quale motivo lo osserviamo, e lui senza scomporsi mi sussurra me lo dicono in molti ma è una caratteristica di noi veri inglesi.

    Walter Buonfino

    PREMESSA

    Il motivo di questo libro non lo so neppure io, ho iniziato a scriverlo per divertimento descrivendo episodi ridondanti accaduti in alcuni dei miei viaggi in giro per il mondo, viaggi vissuti abbastanza intensamente che mi hanno stimolato a proseguire nel racconto di altre esperienze capitatemi in ambito lavorativo soprattutto nel campo dei viaggi d’incentivazione che per tanti lunghi anni hanno occupato molto del mio tempo.

    Nel descriverli userò a volte termini stranieri non per snobismo ma semplicemente perché spontaneamente descrivono meglio lo stato d’animo o la situazione di quel determinato momento.

    Non ho ovviamente incluso per brevità tutti i viaggi effettuati, ma solo quelli che a me sono sembrati tra i più interessanti, anche se in questo elenco avrei dovuto includere l’Egitto, gli Emirati Arabi, il Messico, Mauritius, la Russia, alcune isole dei Caraibi, il Guatemala, il Messico, la Colombia, la Tanzania e il Venezuela che sono tutti dei paesi fantastici che non hanno nulla da invidiare alle altre destinazioni che ho descritto nei miei episodi. Probabilmente alcune sono anche più belle e affascinanti. Mi viene immediatamente in mente una cena di gala organizzata in Egitto nel Tempio di Philae di Aswan completamente illuminato di notte con gli ospiti che arrivando in barca al tempio furono accolti dalla trionfale musica dell’Aida. L’atmosfera del luogo trasmetteva sensazioni talmente forti che molte signore una volta sbarcate sull’isola si misero addirittura a piangere dall’emozione. Per motivi diversi erano altrettanto memorabili le serate nei locali mondani di Cancun e nelle balere di Cartagena in Colombia. Non l’ho fatto perché sono destinazioni che conosco meno bene, ci sono stato poche volte oppure soltanto su invito senza aver condiviso quelle mie esperienze sul campo con i nostri clienti a differenza del Brasile da me visitato almeno un centinaio di volte. A questo immenso paese dedico diversi episodi anche di carattere personale che hanno marcato la mia vita per sempre.

    Ho tralasciato anche tutte le mete europee ad eccezione di un breve viaggio effettuato sull’Isola di Palma de Mallorca quando l’aereo stava precipitando. L’Europa non l’ho voluta includere perché normalmente i viaggi duravano poco tempo e ho sempre privilegiato il mio interesse verso destinazioni a lungo raggio.

    Termino il libro parlando di me stesso, della mia storia in modo da far capire cosa mi ha spinto a lavorare nel turismo e a raccontare alcuni dei momenti salienti della mia vita. Scrivendo mi sono accorto che sullo sfondo dei fatti personali emergevano "flash back" su alcuni eventi e protagonisti degli ultimi cinquant’anni che potevano arricchire gli episodi in modo tale da far diventare il testo più che una autobiografia l’autentica introduzione ad alcuni dei capitoli.

    "Last but not least", vorrei salutare e ringraziare gli amici di un tempo che hanno condiviso molti periodi della mia esistenza.

    "Thank you Valeria P., Lucia, Lorella, la bella e divertente centralinista, Adriana (argentina) che avevo di fronte a me durante la guerra delle Falklands mentre un mio collega ogni giorno ci aggiornava con i bollettini delle battaglie in corso sperando di vederci litigare, Arianna che era più inglese che italiana, Renato, passato alla concorrenza costituendo una sua azienda di successo, Ester, Nadia, Simona (altra testimone del volo Palma/Milano), Mario (The President) che non si limitava a parlare solo di argomenti di lavoro, Beppe, Carla, Anna, Fabio, Gianni, Massimo, Susanna, Roberta, Giorgio con il quale spesso scherzavo discutendo di Milan e Brasile, Antonio detto Sir Anthony Merry Mountain per il suo rapporto speciale con il top management di British Airways, Magda che ho sognato in baby doll, le simpatiche Patrizia, Patrizia e Patrizia, la bella Sabrina, Lorena, Sabina detta Lulù, Elena che mi introdusse nel mondo di Excel, Daniela e le sue convention, Andreina, l’instancabile programmatrice, Gabriele chiamato da alcuni il Cardinal Mendoza, Paola M. che spesso gestiva i miei gruppi con scrupolosa severità, Rita che chiamavo Rita Lee in onore alla cantante pop brasiliana, Monica detta o ‘scugnizzo con la quale discutevo bonariamente, Emanuela inizialmente chiamata Natascia che assieme a me viaggiò a Rio, Valeria M, tifosa dell’Inter, Anna Scaletta con la quale ho passato le ferie a Morro de São Paulo, Professor Enzo con il quale ho diviso la stanza d’ufficio per diversi anni senza accorgermi che fosse un mio collega, Barbara meglio conosciuta come Barbara Castle in onore del primo ministro donna del governo Harold Wilson, Rossana più intimamente chiamataVanessa, la mia bella maestra di power point che mi soccorreva nei momenti critici e svolgeva le funzioni di personal shopper accompagnandomi nelle boutique di Corso Buenos Aires, Ivana con la quale duettavamo in ufficio una romantica canzone di Eros Ramazzotti accompagnati dal coro del reparto programmazione come se fossimo la coppia più bella del mondo, Simonetta con le sue ricette mediche al servizio della comunità, Cristiana sempre molto vivace nelle sue esternazioni, Stefania, la regina dei congressi medici, Romina con la quale spesso viaggiavo in treno verso le nostre mete distanti dalla capitale lombarda, le numerose Laura, colonne indistruttibili, Chiara detta Elisa che conosceva alla perfezione il segno della bilancia e alla quale confidavo le mie storie più intime ricevendo sempre la sua approvazione incondizionata, Paula per le discussioni a carattere politico sociale, Jade fuggita in Scozia nel castello di Balmoral, Federica e Morena, tipette interessanti, Max e Michaela, fantasiosi fenomeni della comunicazione, Marina Speranza, l´unica persona in grado di scuotere la mia apparente flemma, Claudio che assieme a me divideva la passione per i favolosi abiti di Luisa Spagnoli, la vera Elisa appassionata di Desigual, le signorine della contabilità in particolare Miss Muzzini e Miss Angela ma anche Nadia e Eleonora con i loro controlli incrociati sulle note d’addebito e d’accredito che sempre mancavano, Andrea con il quale si parlava di calcio mondiale, Fernando, o amigo brasileiro, le Antonelle che sono state testimone delle mie sofferenze degli ultimi anni, Cinzia la dolce, Manuela detta Manu Chao che amava i concerti di Ligabue, Miss Carboni che mi ha gentilmente omaggiato di una tea mug di San Francisco, Veronica che affettuosamente soprannominavo saco che in portoghese significa rompiscatole, Ciccio detto Cicero con il quale era sempre un piacere scambiare un’opinione al bar del corridoio, Paolo con il quale si parlava soprattutto di calcio e di sesso e tutti gli altri protagonisti i cui nomi questi anni di accumulata saggezza" mi hanno fatto scordare.

    PERCHE’ BRASILE

    Il Brasile non suscitava la mia curiosità, ero più attratto dalla California, dalla Route 66, dal Grand Canyon, dalle Rocky Mountains e dalle grandi città dell’Estremo Oriente come Hongkong, Singapore e Manila. L’America Latina mi aveva sempre affascinato, ma avevo tempo per visitare il Brasile e quel paese non era tra le mie priorità. Se avessi dovuto scegliere tra i due continenti non avrei avuto dubbi, la mia scelta sarebbe caduta sull’Estremo Oriente.

    Tuttavia, improvvisamente le circostanze della vita mi fecero incontrare Paolo Giolli, che più avanti negli anni sarebbe diventato mio suocero, venuto in Italia assieme a sua figlia per vendere la sua bella villa del 1600 ubicata sul Lago d’Orta. Era un personaggio che subito m’incantò con la sua vivacità, intelligenza, cultura, eccentricità e anticonformismo, caratteristiche che per me rappresentavano la differenza tra una persona normale e una persona eccezionale. Proveniva da una famiglia di artisti, tutti anti fascisti che con la propria vita avevano pagato la loro opposizione intellettuale alla dittatura. Suo padre, noto critico d’arte fu mandato a morire nel lager nazista di Mathausen dopo aver tentato di suicidarsi in carcere per ben due volte pur di non rivelare i nomi dei suoi compagni; sua moglie pittrice ma più conosciuta per i suoi arazzi, fu torturata durante la sua detenzione in Italia; Il figlio Ferdinando, giovane promessa della letteratura italiana, fu fucilato al confine italo-svizzero; a Federico, il fratello più piccolo che da grande lavorò in RAI e nelle televisioni del Sud America come manovratore di Topo Gigio spaccarono i denti durante un interrogatorio quando non era neppure adolescente. Paolo fu mandato nel lager nazista in Germania, ma miracolosamente sopravvisse sino alla fine della guerra quando venne liberato dalle truppe alleate. Tornato in Italia, pesando meno di quaranta chili, si lasciò convincere dai suoi cugini che avevano un’attività in Brasile a tentare la fortuna oltre oceano per dimenticare gli orrori della guerra e le sofferenze subite dalla sua famiglia. In Brasile incontrò una splendida ragazza afro discendente vent’anni più giovane di lui che lo aiutò a ritrovare Il sorriso e Il gusto per la vita. A San Paolo fondò Il primo jazz club del Brasile, frequentava i più noti artisti della città ed era amico dell’Architetto Lina Bo Bardi che realizzò Il famoso edificio MASP, Museo d’Arte di San Paolo, una delle opere più significative della capitale paulista. Nel suo tempo libero dipingeva dei magnifici quadri astratti.

    Durante le serate invernali trascorse nella sua villa sul lago spesso parlavamo di come era la vita in Brasile e delle differenze tra i due paesi. Sapendo che lavoravo in un’organizzazione turistica e che avrei ottenuto un biglietto a prezzo stracciato mi propose di riportare sua figlia sedicenne in Brasile, lui doveva rimanere in Italia per vendere la casa lasciatagli in eredità. Mi pagò Il biglietto aereo e io portai in Brasile sua figlia (con la quale avevo iniziato a fare un po’ di "petting), e le sue costose apparecchiature fotografiche. Entrando nel paese come turista non mi avrebbero tassato. Affare fatto, business is business"!

    Un vero sacrificio, il Brasile mi aspettava! Da quel momento i miei legami con la terra del "samba", del carnevale, delle mulatte, del "football bailado, delle favelas" e dei grandi spazi non si sarebbero più interrotti.

    Arrivammo a São Paulo con un volo Lufthansa che fece scalo a Dakar; allora quasi tutti i voli, prima di giungere a São Paulo e Rio de Janeiro si fermavano in Senegal, la mia terra nativa. Durante la sosta allo scalo di Dakar comprai uno splendido vestito africano che Dona Neusa sicuramente conserva ancora tra i suoi regali più preziosi!

    São Paulo mi accolse con quella sua tipica pioggia sottile e fastidiosa ricordandomi che non tutto Il Brasile ha un clima tropicale e che Il suo clima è forse Il peggiore di tutto Il Paese con quella nebbiolina di prima mattina e tardo pomeriggio mischiata all’inquinamento che regna sovrano in questa gigantesca metropoli del Sud America. A São Paulo il tempo cambia frequentemente, anche quattro o cinque volte al giorno. Ero in Brasile o in Inghilterra mi chiedevo spesso… Poi rendendomi conto della temperatura capivo di essere in un altro continente. Perbacco!

    Dopo aver recuperato il fuso orario andai a visitare il Parco del Morumbi dove i "teenager paulistani gareggiavano con i loro skate board" e visitai l’Istituto Butantà, una delle università più importanti del paese dove si eseguivano numerosi esperimenti sui rettili.

    Un aspetto in particolare mi colpì passando quei pochi giorni in casa Giolli: c’era sempre tanta gente che passava a salutare ma all’ora di pranzo gli ospiti sorprendentemente aumentavano nonostante nessuno li avesse invitati. Strane abitudini pensai!

    Le prime parole in portoghese brasiliano che catturarono la mia attenzione furono "tudo bem, maravilha, bom dia, beleza, gatinha, bum bum e fica aberta noite e dia che non significa quello che tutti gli italiani pensano non appena approdano in Brasile. Fica aberta noite e dia" è il cartello che viene esposto fuori dai negozi per dire che il locale rimane aperto ventiquattro ore! La fica è anche un porta fortuna brasiliano che si trova in vendita in tutti i negozi turistici del paese. L’equivoco va spiegato altrimenti si potrebbe incorrere nell’errato pensiero che siamo in un paese di produzione industriale di fiche e di fichi!

    Avevo in quel periodo venticinque o ventisei anni e questo lo dico per far capire come la vita della metropoli sia oggi radicalmente cambiata in termini di sicurezza. Non esistevano pericoli d’assalti, le finestre delle case venivano lasciate aperte di notte e di giorno, nelle strade i ragazzi e i bambini giocavano senza doversi preoccupare di una "bala perdida", pallottole che involontariamente e normalmente colpiscono chi si trova in mezzo a una sparatoria tra delinquenti e forze dell’ordine. Migliaia i morti ogni anno, questo è il dramma che il Brasile odierno deve affrontare prima di qualsiasi altra riforma. Un dramma causato dalla guerra per il dominio del traffico della droga nei quartieri delle città che non riguarda solo le grandi metropoli ma tutto il paese persino i centri più piccoli.

    Il mio primo contatto con São Paulo fu di pochi giorni, dovevo rientrare in Italia dopo una settimana e per mia fortuna la famiglia Giolli decise di accompagnarmi in macchina fino a Rio de Janerio, "a cidade maravilhosa" che assieme a Salvador amo più di tutte. Entrati nella BR (autostrada) e lasciandoci alle spalle São Paulo è iniziata la prima vera esperienza con il Brasile, quella che tutti immaginiamo, a contatto con la natura e le sue straordinarie bellezze. All’arrivo a Ubatuba, prima tappa del breve viaggio a Rio de Janeiro, un tramonto magico ci accolse su questa bella spiaggia tropicale della costa paulista. Oltre allo splendido panorama ci accolse in camera appoggiato su una delle pareti della stanza dove eravamo alloggiati, anche un orribile insetto nero. In compagnia di due donne e una bambina toccò a me il difficile e macabro compito di eliminare la tremenda bestiaccia nera. Con grande coraggio presi in mano una pentola di dimensioni superiori alla media e con tutta la mia forza in un solo colpo raggiunsi l’obiettivo di sterminare l’ignobile insetto diventando l’eroe della notte.

    Benvenuto nel mondo reale di questa nazione!

    Mi resi conto che anche gli insetti avrebbero fatto parte del mio bagaglio di esperienze in questa terra ricca di tutto. Non dimenticherò mai gli scarafaggi volanti dello stato di Santa Catarina nel sud del Brasile che tormentavano le mie notti quando andavo a mangiare nell’unico bar aperto della spiaggia. Il bar era una specie di capanna e gli scarafaggi attratti dalla luce e dal mio piatto non aspettavano altro che iniziassi a mangiare per sorvolare sopra la mia testa e atterrare sul cibo. Avevo due camerieri a disposizione il cui ruolo era quello di togliere gli scarafaggi volanti che cadevano nel mio piatto. Per loro era un gran divertimento vedermi schifato e terrorizzato ogni volta che questi maledetti scarafaggi erano pronti a lanciarsi sul cibo ed io istintivamente battevo il pugno sul tavolo che mandava in aria il delizioso piatto e tutto il resto. Si facevano delle gran risate i camerieri di Farol di Santa Marta nello stato di Santa Catarina!

    Il sole in Brasile si sveglia presto e cosi dopo l’alba proseguimmo in macchina lungo la litoranea Santos-Rio dove si trovano numerose insenature e il colore del mare diviene verde azzurro, grazie anche alla presenza della Foresta Atlantica. La costa, circondata da centinaia di isole, protegge le spiagge dalle forze delle onde dell’Oceano Atlantico. Lungo questo scorcio di strada d’immensa bellezza si passa dalla cittadina di Parati, un gioiello della storia coloniale del Brasile, dove ogni anno si svolge la fiera del libro. Da Parati si può facilmente, affittando una barca, raggiungere una delle tante isole disabitate della costa. Altra località importante è Angra dos Reis, frequentata dai carioca e dal Jet set internazionale dove naturalmente abbondano le ville milionarie dei divi del cinema e dello sport.

    Verso le prime ore del pomeriggio entrammo nel vivo del traffico di Rio de Janeiro lungo l’Avenida Brasilia fino a raggiungere la più famosa spiaggia del mondo "Copacabana, dove trovammo una pousada" per la notte. Non mi addentrerò a descrivere le mie prime impressioni della favolosa Rio de Janeiro, questo lo farò nei successivi capitoli dedicati ai numerosi viaggi effettuati in Brasile nel corso degli anni. Tuttavia, il mio primo impatto con questa nazione, nonostante fosse stato breve, fu talmente positivo che avevo subito programmato assieme ai miei amici un autentico viaggio nel cuore del Brasile per l’anno seguente.

    Imbarcato sul volo di ritorno per tornare in Italia aggiunsi immediatamente una nuova parola al mio ancora scarso vocabolario portoghese brasiliano, "saudade", una parola che mi avrebbe accompagnato tutta la vita ogni volta che abbandonavo Il cielo brasiliano per ritornare dall’altra sponda dell’Atlantico.

    UN ANNO DOPO

    Avendo risparmiato tutto l’anno ero pronto per ritornare in Brasile per iniziare una vera avventura che mi avrebbe fatto veramente conoscere da vicino una parte di questo immenso paese.

    Mia cugina e Il mio vecchio zio Alberto, meglio conosciuto come "Baby Bunting atterrati all’aeroporto di São Paulo con un volo della Royal Air Maroc si erano presentati agli arrivi indossando il galabeya, classico vestito arabo. Mi avevano anticipato di alcune settimane e si erano subito ambientati in Casa Giolli. Mio zio aveva familiarizzato così bene che, alcuni giorni prima della partenza della nostra spedizione verso il nord est, partecipò ad un allenamento di samba della scuola della Mocidade Alegre nel quartiere bairro do Limão di São Paulo e per la prima volta nella sua vita, almeno credo, a sua insaputa gli fecero provare uno spinello assieme a qualche bicchiere di caipirinha, scatenando l’ilarità di tutti mentre tentava di ballare o samba" incurante della pessima figura che ci stava facendo fare. Era letteralmente impazzito!

    Scorreva il mese di febbraio, eravamo nel pieno dell’estate, il periodo in cui i brasiliani vanno in ferie e iniziano a prepararsi per le feste del carnevale.

    Io, Paolo, mia cugina, Baby Bunting, Rosinha (mia futura moglie) e Ana Paula, la sua pestifera sorellina, eravamo pronti per partire verso il nord est a bordo della Brasilia di famiglia, una specie di Opel Astra station

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