Il fiocco disfatto
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Info su questo ebook
L'AUTRICE
Maria Rita Sini è nata a Cagliari il 24 febbraio del 1948. Ha frequentato il Conservatorio di musica suonando il violino. Ha vissuto in Castello, per cinque anni ha frequentato l'Istituto di Scienze Religiose. Felicemente sposata con quattro figli e quattro bellissimi nipoti.
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Anteprima del libro
Il fiocco disfatto - Maria Rita Sini
PREFAZIONE
Siamo negli anni sessanta, in una Cagliari molto diversa da quella attuale. Nell’antico quartiere di Castello, il 2 luglio, per un puro caso, la protagonista del libro incontra una strana e misteriosa bambina che si chiama come lei, Maria.
Maria, la bambina, ha nove, forse dieci anni. Indossa un vestitino bianco in pizzo, scarpe e calze anch’esse bianche. Ha i capelli lunghi annodati in due trecce che terminano con dei fiocchi celestini, di cui uno dei due è disfatto.
Velocemente fra le due Marie nasce una profonda intesa. La narratrice, sedicenne, si sente di confidarsi con quella bambina. Le racconta in particolar modo la sua storia d’amore tormentata col diciottenne Mariano, ragazzo fuori dagli schemi che ama vivere la vita giorno per giorno.
La bambina sembra capirla e ogni volta che ha bisogno di parlarle la ritrova seduta nel Bastione di S. Remy come se la stesse attendendo. Maria conosce tante storie del passato, che raccontano i misteri e il fascino di un mondo che non c’è più. In particolar modo la storia di Carla, prostituta che si lanciò dal Bastione per amore di un Conte.
Maria Sini, in questa opera d’esordio, offre una narrazione fluida e intrigante. Unisce il fascino e il mistero della bella città Cagliari a una storia emozionante e intensa.
Qual è il segreto che nasconde la piccola Maria, col suo perenne fiocco disfatto? Come proseguirà la storia della narratrice con lo sfuggente Mariano? Lo scopriremo immergendosi nella lettura di questo breve ma intenso romanzo.
Roberto Sanna
1.
Vidi Maria per la prima volta durante quella giornata. Non ero capitata nell’antico quartiere di Castello per caso. La mia compagna di scuola, che viveva dalle suore, mi aveva detto che il 2 luglio, giorno della Madonna delle Grazie, ci sarebbe stata una grande celebrazione.
Come in tutte le feste religiose, in essa si mescolavano il sacro e il profano, espressioni di grande fede e un’autentica gioia popolare. Quello che mi colpì maggiormente fu la banda che per i vicoli suonava motivi di gioia, tanto che ti invogliavano a seguirla a passo di danza nelle antiche vie di Castello, improvvisando movimenti forse poco opportuni per una processione.
Un altro particolare che attirò la mia attenzione fu il quadro della Madonna con numerosi cuori ex-voto, che era situato nell’arco del portico, all’imbocco della via Lamarmora che è la strada centrale di Castello con tanti vicoli ti permettono di raggiungere tutte le altre vie.
Maria la notai per il suo danzare festoso, sembrava che lei e la musica fossero un tutt’uno armonico. Non potei fare a meno di distinguerla rispetto agli altri, come se fosse una stella luminosa fra la folla.
Doveva avere nove, massimo dieci anni, capelli scuri, lunghe trecce ondeggianti tenute ferme da due fiocchi celestini, uno disfatto che penzolava senza cadere. Indossava un vestitino bianco di pizzo, calze e scarpe anch’esse bianche.
Era piccoletta, bocca fine, orecchie più grandi del normale ma non sproporzionate, un bel nasino, dove si notava che aveva preso qualche brutto colpo.
Quegli occhi da giapponesina che se ti soffermavi potevi immaginare tante cose: rimpianti, lacrime, desideri, segreti ma anche tanta saggezza da trasmettere.
Seguendo il corteo mi ritrovai vicino a lei e mi venne spontaneo rivolgerle la