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Napoli, tra bellezza e magia
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E-book178 pagine2 ore

Napoli, tra bellezza e magia

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Info su questo ebook

Vi è mai capitato di recarvi in libreria e, mentre state scegliendo un libro da acquistare, essere attratti da una porta, inoltrarvici e trovarvi catapultati, improvvisamente, indietro di 223 anni?
È esattamente quello che succederà al nostro protagonista, che dovrà trascorrere due giorni in una Napoli di fine Settecento alle prese con rivolte popolari, illustri personaggi dell’Illuminismo e, tra l’altro, un omicidio da risolvere. 
“A questo punto il cuore comincia a battere forte tanto da sentirlo nelle orecchie.
Credo di sognare e richiudo gli occhi per poi riaprirli subito; già nella mia mente però si sta facendo strada un pensiero angosciante che cerco di scacciare, passa un carretto trainato da un mulo con sopra un contadino che mi fa un cenno di saluto, il tempo di vederlo e perdo i sensi, mi ritrovo sdraiato sull’acciottolato con il contadino accanto che mi regge la testa.”
Una storia singolare, accattivante, e, a tratti, divertente.

Antonio R. Garofalo è nato a Napoli e vive a Roma, laureato in legge all’Università “Federico II di Napoli”, ha svolto la professione di avvocato, ha acquisito un master in comunicazione pubblica presso l’Università “La Sapienza” di Roma e ha lavorato nella Pubblica amministrazione. Coltiva da sempre la passione per la storia e ha svolto attività di divulgazione storica presso alcune associazioni culturali. Ha pubblicato nel 2021 il saggio storico Bugie, intrighi e misteri in cui il lettore indaga su alcuni “gialli” quali la morte di Cavour, di Ippolito Nievo e del generale Pollio e scopre episodi nascosti dalla polvere del passato.
LinguaItaliano
Data di uscita6 set 2022
ISBN9788830671423
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    Anteprima del libro

    Napoli, tra bellezza e magia - Antonio R. Garofalo

    Copertina-LQ.jpg

    Antonio R. Garofalo

    NAPOLI TRA BELLEZZA E MAGIA

    un’inchiesta straordinaria

    del vicequestore Santoro

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-6277-3

    I edizione settembre 2022

    Finito di stampare nel mese di agosto 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    NAPOLI TRA BELLEZZA E MAGIA

    un’inchiesta straordinaria del vicequestore Santoro

    A mia moglie che ha amalgamato questo libro con la sua pazienza e che con me condivide l’amore per Napoli

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Precisazioni necessarie

    Alcuni personaggi parlano in lingua napoletana per la loro estrazione sociale ma le espressioni più oscure o quelle idiomatiche sono tradotte con espedienti narrativi. Per i napoletani precisi mi scuso anticipatamente se i termini in napoletano non sono stati scritti correttamente, comunque ci ho provato. I maestri napoletanisti probabilmente rabbrividiranno nel leggere alcune interlocuzioni e di questo mi scuso anche con loro.

    Inoltre mentre il protagonista fa precedere i vari toponimi con il termine via, gli altri personaggi invece con strada secondo la riforma della toponomastica di Ferdinando IV nel 1792, a Napoli i toponimi saranno poi preceduti da via solo dopo l’unità d’Italia.

    Qualche parola ai lettori

    Questo libro è un atto d’amore verso la città di Napoli, la mia città quella del centro storico, quella greco-romana con le sue bellezze, i suoi segreti e i suoi misteri.

    La storia rappresenta un sogno: vivere, da osservatori o da reporter eventi storici importanti per capire ciò che è avvenuto veramente o perché è avvenuto, fuori dalle ideologie degli scrittori contemporanei all’evento o successivi. È il sogno della macchina del tempo che da sempre affascina l’essere umano.

    Ho ambientato la storia durante la rivoluzione napoletana del 1799 così da far incontrare e interloquire il protagonista con le più grandi menti dell’Illuminismo che tragicamente persero la vita proprio per un sogno: il sogno di libertà, un sogno che nasceva dalla cultura e tradizione greca della polis di cui Napoli era ed è custode.

    Il protagonista, uomo moderno che conosce i rivolgimenti avvenuti nel XIX e XX secolo, colloquiando con il duca D’Atri, esprime a riguardo una valutazione profonda e appassionata:

    prima bisogna educare il popolo perché i cambiamenti politici senza il popolo non sono rivoluzioni ma colpi di stato, occupazioni, invasioni, in poche parole atti di forza pericolosi perché innestano problemi che non si risolvono neanche a distanza di secoli, lasceranno rancori, divisioni e ferite aperte in società che sembreranno libere ma che invece saranno governate da chi ha il potere del denaro.

    A.G.

    1

    Ecco finalmente sono tornato nella mia città! È stato questo il primo pensiero che ho avuto scendendo dal treno nella stazione centrale di Napoli.

    È una bellissima giornata di giugno, tiepida, piena di profumi, una giornata come quelle tante volte sognate nelle mie ultime destinazioni.

    Da oggi sono temporaneamente trasferito a Napoli per motivi di lavoro dopo che da circa vent’anni svolgo il mio servizio al Nord.

    Quale attività? Ah dimenticavo! Lavoro in polizia, sono vicequestore e mi chiamo Alberto Santoro.

    Dopo questa lunga assenza oggi voglio immergermi nelle bellezze, nei profumi e anche nelle mille voci della mia città, ma soprattutto crogiolarmi nei ricordi.

    Ho chiesto al tassista di lasciarmi in via Mezzocannone proprio davanti al civico 109 dove sono nato: è una sensazione indescrivibile, un’emozione che non si può spiegare se non la si vive.

    Mi sembra di non essere mai andato via da questa città, forse perché te la porti dentro, fa parte di te.

    Improvvisamente mi commuovo, forse perché andando avanti negli anni ci si commuove più facilmente per l’acquisita maggiore sensibilità e fragilità.

    Cammino per le strade del centro storico e ripenso alla mia infanzia, agli anni della scuola e poi dell’università, alle persone che ho conosciuto, a quelle che ho lasciato quando mi sono trasferito e a quelle che non ci sono più.

    Devo presentarmi in questura ma non ho intenzione di portare in giro i bagagli e quindi passerò per casa, la vecchia casa di famiglia, in via Atri, nel centro storico della città a due passi da via San Gregorio Armeno e da via Tribunali.

    Da ragazzo via Atri mi ha sempre affascinato ma anche spaventato perché tutte le volte che l’attraversavo mi sembrava di essere trasportato in un tempo passato come se quei palazzi, quelle chiese e quelle botteghe avessero trattenuto la loro storia per trasmetterla a quelli che riuscivano a coglierne le sensazioni.

    Attraverso piazza San Domenico Maggiore, costeggio Palazzo Di Sangro, dimora del principe Raimondo di Sansevero e uscendo a via Tribunali sposto lo sguardo a sinistra dove c’è la chiesa di San Pietro a Majella detta dei celestini perché vi dimorò la comunità fondata da papa Celestino V, al secolo Pietro da Morrone.

    Mi inoltro su via Tribunali dove c’è la chiesa della Pietrasanta posta su un antico tempio dedicato alla dea Diana, le cui sacerdotesse per i loro riti chiassosi erano dette dianare o Janare, antenate delle streghe.

    Rivista con piacere la pizzeria all’angolo di via Atri, scorgo Santa Maria ad Arco, per i napoletani ‘a’ chiesa de’ cape ‘e morte’ con davanti schierati i teschi in bronzo e il teschio alato sul portale.

    Mi appare in tutta la sua antica maestosità piazza San Gaetano per i greci l’Agorà e per i romani il Foro, supero l’odierna circoscrizione comunale che nel periodo della dominazione spagnola ospitò la sede dei cinque seggi nobiliari napoletani e del seggio del popolo eredi delle fratrìe greche e quella che mi ha sempre affascinato fin da bambino: la basilica di San Lorenzo Maggiore, dove Boccaccio racconta di avere incontrato Fiammetta, al secolo Maria d’Aquino, probabilmente figlia del sovrano Roberto d’Angiò.

    Quanta storia, quanta cultura, quanta bellezza e soprattutto quanti segreti custodiscono e potrebbero raccontare questi monumenti che rappresentano tappe importantissime di un viaggio nella memoria storica e nella cultura della città.

    Ritrovare questi luoghi per me è come un tuffo nel passato e mi rivedo bambino quando mamma mi accompagnava a scuola dalle suore della carità della chiesa di Santa Maria Regina Coeli, oggi divenuta patrimonio dell’umanità insieme con l’intero centro storico di Napoli o ancora quando durante il periodo natalizio mi incantavo a guardare le luminarie che si inarcavano da un lato all’altro della via e si sentiva il chiasso e l’allegria, le voci dei venditori che pubblicizzavano la qualità delle loro merci e l’aria pungente per il freddo si profumava dell’aroma dei dolci e delle pizze mentre il caratteristico suono armonioso degli zampognari scaldava il cuore e infondeva serenità.

    Oggi questo scorcio della città è cambiato ma penso che, sebbene Napoli cambi, per una strana magia è forse l’unica città al mondo che riesce a conservare tutto, la sua storia, le sue tradizioni, si adatta al nuovo senza farsi travolgere, conserva così il proprio passato e lascia che il nuovo si sedimenti su di esso senza cancellarlo, un esempio singolare e divertente è il cartello toponomastico di vico del fico al purgatorio, più che un cartello indicatore sembra un albero genealogico, infatti recita: vico del fico al Purgatorio, già vico Salvonato, già vico dei Rota, già vico degli offieri, forse per non fare torto a nessuno!

    Eccomi! Sono arrivato davanti all’antico Palazzo dei duchi Acquaviva d’Atri, ecco perché il toponimo via Atri, dove da almeno un secolo gli appartamenti sono abitati da famiglie non nobili e qualche volta neanche tanto educate; è un condominio come tanti altri. Salgo lo scalone laterale, il mio appartamento è il primo, il cortile interno purtroppo manifesta i resti di un antico splendore, conseguenza dell’incuria e del passare del tempo: colonne e muri scrostati, intonaci esterni deturpati da scritte indecifrabili, tutto nel più completo abbandono.

    Apro la porta, nell’entrare guardo intorno... quanta malinconia: ogni cosa è rimasta come l’ho lasciata, mentre vago nelle stanze vuote rivedo le persone della mia famiglia che non ci sono più e nella mia stanza mi assale una profonda nostalgia ma devo ritornare alla realtà e bando alle malinconie, lascio il bagaglio ancora da disfare ed esco.

    Mentre continuo a respirare aria di casa mi sento sereno, ottimista e in pace con la vita finché non arrivo dinanzi al palazzo della questura.

    A questo punto anche se non sono un novellino mi assalgono numerose domande e altrettanti dubbi – ecco ci siamo, come saranno i colleghi? Che ambiente troverò? Di cosa dovrò occuparmi visto che la questura di Napoli ha chiesto il mio distacco qui nominativamente? Terminato il periodo di sei mesi dovrò ritornare al Nord?

    Nelle mie destinazioni finora ho risolto sempre i casi affidatimi ma qui...?

    Dopo quest’ultima considerazione e un lungo respiro mi convinco che per ora è meglio pensare all’oggi perché al domani c’è sempre tempo per pensarci!

    Mi avvicino al piantone, seduto dietro una scrivania sommerso da carte, mi rivolgo a lui con voce decisa:

    "Sono il vicequestore Santoro della questura di Alessandria trasferito qui da

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