Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La via dei sogni
La via dei sogni
La via dei sogni
E-book201 pagine2 ore

La via dei sogni

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

L'opera è autobiografica e racconta l'infanzia e le principali fasi adolescenziali dell'autore. Un viaggio che ha inizio con la descrizione del suo tranquillo quartiere e degli spensierati passatempi con i primi infelici giorni di scuola e dei discutibili metodi d'insegnamento. La storia irrompe poi nella coinvolgente crescita del protagonista assieme ai principali amici che risultano fondamentali nell'avventurosa narrazione trattata. Uno spaziare tra i ricordi delle estati a cavallo tra gli anni '60 e '70 in spassosi momenti trascorsi in via Marco Polo, in un tratto di strada emblematico all'interno di un borgo periferico di Verona.La trama si sviluppa in ordine cronologico facilitando non solo la conoscenza della storia di vita del giovane "Spuma" ma anche la presa di contatto con un'epoca impossibile da rivivere.Questo testo romanzato rappresenta un modesto frammento di una fase storica, che rievoca e descrive come funzionavano le cose in quel periodo, con stili di vita semplici lontani dalle moderne tecnologie d'oggi.Un libro che può risultare interessante per chi desidera tuffarsi nuovamente in un incantevole passato o per coloro che invece intendono curiosare nello sconosciuto seducente fascino di un tempo che non esiste più.
LinguaItaliano
Data di uscita8 mar 2023
ISBN9791221462708
La via dei sogni

Correlato a La via dei sogni

Ebook correlati

Biografie e memorie per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La via dei sogni

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La via dei sogni - Giampietro Rozio

    1. Introduzione

    I ricordi.

    Affacciarsi alla finestra della mia camera destava sempre un particolare interesse, la luce di fine giugno si mostrava abbondante e festosa anche di mattina presto. Il sole, il mio grande compagno di vita, splendeva già con tutta la sua esuberanza, pronto a infondermi coraggio facendo da scudo alle mie insicurezze. 

    Da piccino il buio della notte mi attanagliava nel lettino ed era spesso il preludio a paurosi pensieri che mi intossicavano la mente, speravo sempre in un rapido sonno ma quando purtroppo tardava ad avvenire subentrava il disagio e l'ansia prendeva il sopravvento.

    La stanza, che condividevo con mio fratello, mi sembrava abbastanza in ordine e c'era tutto il tempo per pensare a cosa realizzare e quali amici cercare. Essere in vacanza a dodici anni, invogliava a fare, a programmare nuovi eventi, la scuola in quel frangente era solo un momentaneo ricordo, nel mio caso, abbastanza infelice.

    Compiere gli anni il primo ottobre quando aveva inizio l'anno scolastico era sempre stato il mio grande cruccio, non poter festeggiare come tutti gli altri ragazzi la festa più importante mi dava tristezza, già, io e la scuola non andavamo d'accordo, compiti e studio non erano il mio forte.

    Come non ripensare poi al mio inizio in prima elementare, mia madre acquistò la cravattina sbagliata, rossa anziché bianca, sfortunatamente quella che portai il primo giorno di scuola identificava gli alunni del quinto anno, i più grandi, coloro che si preparavano al grande salto nella scuola media. Alla stregua di una giovane burba venni preso in giro tutto il giorno e piansi amaramente. Piansi anche in seguito nell'osservare ciò che accadeva in classe con un maestro burbero e manesco, che nulla aveva a che fare con l'insegnamento. Ma deprimente era anche il ricordo del mio compagno di banco, un ragazzotto alto e robusto che aveva già raggiunto il suo pieno sviluppo fisico, spesso dormiva e mostrava assoluto disinteresse in aula, dopo meno di un mese sparì senza avermi mai rivolto una parola.

    Un bambino a quell'età aveva bisogno d'affetto, d'accoglienza, di persone disponibili, capii facilmente che l'ambiente scolastico non era per niente rassicurante, che ci sarebbero stati pochi momenti piacevoli e tanto smarrimento.

    Vivere in una palazzina, costruita per gli impiegati della stessa azienda, dove risiedevano numerosi ragazzi in gran parte coetanei, aveva il vantaggio di non

    sentirsi soli, di condividere gioie, dispiaceri e dispetti, di socializzare appunto ed essere quindi dei privilegiati. Ci conoscevamo bene perché in quel contesto eravamo nati e avevamo vissuto i primi anni della nostra esistenza; sperimentammo momenti felici come a Santa Lucia, una sorta di Natale anticipato, in quell’occasione i figli dei dipendenti venivano invitati nei locali dell'azienda per festeggiare la ricorrenza. Un ottimo apparato organizzativo provvedeva ad apparecchiare elegantemente i tavoli che si presentavano ricchi di biscotti, caramelle e bibite, un vero e proprio ricevimento solo per bambini e giovani ragazzi che serviva da prologo all'evento più atteso: la consegna dei regali. Dopo il rinfresco, ognuno veniva chiamato per il ritiro del sacco pieno di doni, un’esultanza che continuava a casa con l'apertura degli involucri e l’uso dei giochi.

    Tutt'altra cosa la colonia estiva MATER DEI a Misano Adriatico, era stato ahinoi il primo ambiente extra familiare che ci aveva, se non altro, temprati. Più che un'attività ludica e ricreativa la ricordavo come un luogo di costrizione e punizione nel quale affiorava solo una grande nostalgia di casa e delle persone a me care.

    Le suore di allora, che gestirono l’ampia struttura, non rappresentarono certo un buon esempio e quasi nulla del loro operato mise in evidenza storie sulle quali poter sviluppare festanti cronache, sarebbe bastato poco per pilotare efficacemente quel pregiato e grande potenziale racchiuso nei nostri desideri straripanti di poliedriche curiosità.

    Tra di noi c'era un buon affiatamento e trovare un compagno di giochi con il quale organizzare un cordiale passatempo non fu mai complicato.

    Il sottostante piccolo cortile spesso non era sufficiente a ospitare tutti, pertanto ci dovevamo spostare fuori, in strada. Tutto questo conferiva una straordinaria vivacità e allegria alla zona circostante l'edificio.

    Il divertimento e la passione per il gioco non mancavano mai.

    Il borgo.

    Nella sottostante via Marco Polo circolavano poche persone e l’intera zona risultava quieta come generalmente era, anche nell'adiacente campo incolto nessuno giocava a pallone. Solo la lontana FATIS, fabbrica che lavorava lamiere industriali, continuava ritmicamente a martellare con fastidioso rumore.

    Il quartiere pur non essendo un granché a me piaceva, non mancava niente, tutto era a portata di mano, la latteria che profumava sempre di latte e spumiglie, il fruttivendolo con le primizie di stagione, il negozio di alimentari e GELIC: la cartoleria che vendeva ogni cosa, oltre a quaderni, penne, astucci, anche caramelle gommose alla liquirizia di vario genere, i moretti - piccoli, morbidi e neri - erano i miei preferiti e costavano poco.

    A carnevale poi la vetrina si riempiva di colori e nel periodo natalizio anche di fuochi d'artificio.

    Un ambiente piccolo ma ben fornito, un vero spasso entrarci perché qualcosa trovavo sempre da comprare con i pochi spiccioli che raggranellavo qua e là quando andavo dai parenti.

    Una giornata che si preannunciava piuttosto noiosa dove il tempo passava lentamente lasciando solo il superfluo. Mi consolavo al pensiero che mi sarei rifatto dopo cena, al muretto, con i compagni di gioco, quella sera avrei avuto modo d’incontrare tutti gli amici preferiti. Era quindi il caso di portarmi avanti con gli esercizi di matematica, per una volta dovevo far contenta la mia cara mamma, la mia vera ancora di salvezza. Sempre pronta a conciliare ogni cosa, anche quelle situazioni complicate che accadevano in famiglia con tre fratelli (Roberto, Patrizia e l’ultima nata Elisabetta) e mio padre Attilio, grande lavoratore, ma poco presente in casa.

    Aveva il dono di rassicurare nelle situazioni tristi e di dare entusiasmo quando le cose non filavano per il verso giusto. Quanti momenti lieti passati assieme, con il suo sorriso mai forzato e con quella predisposizione a non far mai notare i suoi dispiaceri.

    - Po po po po jé jé - ♬

    - po po po po jé jé - ♬

    - po po po po jé jé - ♬

    - po po po po jé jé - ♬

    Era il nostro ritornello gridato della sera che faceva da richiamo a tutta la compagnia pronta a scendere in strada. Quell’inno di felicità era uno sfogo istintivo di liberazione e piacere nello stesso tempo, rappresentava la sintesi della nostra allegria. Uno spettacolo vedere la corsa dei ragazzi che uscivano dalle vie limitrofe e si raggruppavano nel punto prestabilito continuando a cantare.

    Non ricordavo come fosse nato quel refrain, forse uscito spontaneamente da un ragazzo in un momento d’euforia.

    Difatti trovarci d'estate a giocare dopo cena era qualcosa di speciale, aver convinto i genitori a darci quella straordinaria opportunità era stata una conquista importante e ogni volta ne gustavamo il risultato raggiunto. 

    La serata godeva di condizioni ottimali per festeggiare il solstizio d'estate, aria profumata e leggera, ideale dopo una giornata calda e assolata.

    C’eravamo quasi tutti, io e Max proponemmo la sfida a guardie e ladri visto l'alto numero dei partecipanti e tenuto conto che la sera precedente avevamo giocato a nascondino e come sempre a piare (colui che contava appoggiato al muro) erano stati i meno scaltri, quelli poco veloci, i cosiddetti imbranati.

    Nel gruppo dei partecipanti notai anche Spigolo, di solito poco propenso al gioco, quel soprannome di cui non conoscevo né l'origine né l'autore ci stava, e per certi versi sembrava rappresentare il suo carattere.

    Le regole della competizione erano ben conosciute e abbastanza semplici d’applicare, da una parte la guardia - estratta a sorte - dall'altra tutti gli altri, in mezzo il campo di gara rappresentato da 50 metri di strada delimitato ai due estremi dalle linee di gesso al di là delle quali si era salvi. Tutto si svolgeva in via Marco Polo, la principale del rione, abbastanza grande e centrale rispetto alle nostre abitazioni, con traffico limitato e completamente assente alla sera.

    Alla partenza i cosiddetti ladri non dovevano farsi toccare dalla guardia ma arrivare dall'altra parte, nella zona franca, chi veniva preso in mezzo diventava automaticamente guardia nella fase successiva. Con la cattura di tutti i ladri il gioco aveva termine.

    Alle ventidue, come pattuito con i genitori, cessavano i divertimenti con il rientro a casa. Qualcuno sostava ancora a parlare prima di rincasare, cosa che facevo anch’io con l'amico Max, sempre molto disponibile alle attività ricreative che venivano decise in giornata, ragazzo forte e risoluto, già alto anche se più giovane di me, col quale mi trovavo bene.  Si condividevano anche i sentimenti e non era poco, ma in particolare ci accomunava l’esagerazione, eccedere le soglie del conveniente, la voglia di gareggiare, di primeggiare l'uno sull'altro alla ricerca di nuovi stimoli anche se tutto ciò ci portava a essere visti un po' come monelli, a considerazioni del tipo: non fare come loro!.

    L'ultima chiacchierata aveva luogo sotto il glicine profumato del Nano, soprannome che non riuscivo a capire vista la statura non certo bassa di Leonardo: il suo nome. Forse l'appellativo era stato dato proprio dalla sua famiglia, tutti molto più alti. 

    Era un suggestivo momento nel quale la tranquillità ci faceva pensare e riflettere un po' più a lungo, il silenzio predominava e i grilli sembravano più intraprendenti con il loro soave canto che saliva di tono.

    - Allora Max che si fa domani? Hai qualche idea?

    - Mah Spuma, non saprei, devo prima capire se i miei genitori mi danno ancora spazio. In questo periodo sono stato spesso a zonzo e mia madre è piuttosto incavolata, vediamo domattina come si mette, semmai possiamo fare una girata in bici nel pomeriggio, che cosa dici? 

    - Mi sembra un buon compromesso, anch'io devo limitarmi con le uscite e dare qualche piccola soddisfazione ai miei, sono d’accordo! Allora domani dopo pranzo definiamo la cosa, ciao.

    - Buonanotte Spuma.

    2. L'incoscienza

    La partenza.

    Il nomignolo Spuma mi venne dato dall'amico Piero in un periodo che faccio fatica a ricordare, ci si divertiva a fare evoluzioni tra gli alberi che crescevano spontanei nei terreni abbandonati della nostra zona, un tempo destinati a coltura agricola.

    Si provavano esercizi più o meno difficili, quando a un certo punto Piero disse:

    - scommettiamo una spuma che questo passaggio non riesci a farlo?

    Attaccato al ramo feci quella giravolta senza particolari problemi e da quel momento Spuma divenne il mio soprannome.

    Il fisico minuto e la statura medio bassa non davano certamente l'impressione di una persona tenace e molto resistente, per questo forse chi mi conosceva poco tendeva a sottovalutare il mio temperamento e la mia capacità di reagire agli stimoli ambientali e affettivi. Ero invece molto determinato in tutte le cose in cui credevo e difficilmente non le portavo a termine. Questo atteggiamento spesso mi portava però a esagerare su alcune azioni a scapito di altre.

    La bicicletta era là, appoggiata al muro della cantina con le ruote sgonfie, anche se non aveva un bell'aspetto non mi preoccupai più di tanto, non avevo mai dato troppa importanza all’esteriorità. Sistemai in fretta le cose primarie e la provai in cortile, a parte qualche breve cigolio qua e là il resto era funzionale.

    Non avevo ancora né visto né sentito Massimiliano e temevo che, per qualche diverbio in famiglia, il giro in bici saltasse.

    Non parlai a mia madre di quello che ero intenzionato a fare dopo pranzo. Quel brutto difetto di non dirle mai niente quando uscivo di casa mi dava un po’ fastidio, pur ritenendolo un comportamento irresponsabile continuavo a mantenerlo, non volevo avere condizionamenti di nessun genere sulle mie decisioni a cui dovevo dare corso autonomamente.

    Mi rendevo conto dell'enorme debito di riconoscenza che cresceva di giorno in giorno nei suoi confronti e che non sarei mai riuscito a onorare. Era lei che pazientemente mi incoraggiava nelle giornate storte, sempre lei che impercettibilmente stava dalla mia parte

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1