Akire
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Anteprima del libro
Akire - Mimì Gadaleta
a quanti riescono a percepire l'armonia dei suoni
in una sinfonia di silenzi.
AKIRE
PRESENTAZIONE
...decisi allora di concedermi una passeggiata solitaria sul lungomare di quella famosa città della Versilia, incantato dalla vista del mare sottostante, leggermente increspato, a quell’ora della sera, da una leggera brezza di mezza estate che lo faceva brillare, come disseminato da schegge di cristalli purissimi lasciati cadere alla rinfusa.
Ad un tratto mi sentì chiamare: professore! Professor Gadaleta!
L’incanto, ormai, era rotto, e quando di colpo mi girai, trovai di fronte il sorriso di una giovane donna che continuava a ripetersi.
Esitai un po' fino a quando...
Professore! Sono Akire. Scommetto che non mi ha riconosciuta!
Lei è uno dei pochi insegnanti che ricordo con piacere, così come mi fa piacere rivederla!
Era stata una mia alunna, al Ginnasio, non potevo non ricordarmela, per tante ragioni.
Era così cambiata!
Mi invitò a prendere un caffè in un bar alla moda a pochi passi da lì.
Accettai con qualche imbarazzo contando i minuti affinché potessi tornare al mio mare incantato e quando le posi domande di circostanza, giusto per parlarsi, fui investito da un lungo, meticoloso racconto della sua vita, seduti ad un angolo del bar dove, per oltre due ore, l’ascoltai senza pronunciare una sola parola temendo di violare i suoi segreti.
Alcuni mesi dopo le mandai una bozza su ciò che avevo scritto per lei e, quando mi rispose si mostrò contenta di farlo conoscere impegnandosi a curare l’edizione cartacea di prossima pubblicazione.
Io, nel frattempo, ve lo propongo in forma visiva servendomi del mio Blog precisando che i nomi che leggerete sono di pura fantasia, tranne quello della protagonista femminile che dà il titolo all'opera, che ai luoghi geografici, scelti a caso, non corrispondono le ubicazioni.
Sta a chi legge saper cogliere il senso delle cose, fra realtà e finzione, attraverso la penna del narratore.
mimì
Verso i quindici anni incominciai a crearmi qualche problema in più rispetto alle mie coetanee.
Erano tanti i dubbi che mi ponevo sulla mia esistenza, fra sospetti ed incertezze.
Diversi tasselli della mia vita non avevano ancora assunto la definitiva collocazione né riuscivo a percepire ciò che mi sfuggisse, fino a provocarmi inquietanti insicurezze.
Stavo ripetendo il quarto anno del ginnasio, ancora più svogliata dell'anno precedente, insoddisfatta dal tipo di scuola che proprio non mi appagava.
Il greco ed il latino poi...
Li odiavo come si può odiare una persona alla quale si ha solo voglia di farle del male ed avvertire un piacere morboso, proporzionato al proprio disagio.
Come avrebbe potuto l'unica figlia di un ingegnere e di una rispettata ginecologa permettersi di scegliersi un indirizzo scolastico a lei più congeniale?
Eppure mi sarebbe tanto piaciuto frequentare una scuola che mi avesse orientato nel campo dell'arte o della moda, sentendomi più portata.
Naturalmente non spettava a me prendere certe decisioni né potevo interrompere il taglio culturale dei miei familiari che si tramandava da generazioni.
Perciò fui condannata a frequentare quella scuola, costretta ad annoiarmi, per molti anni ancora, nel caso in cui l'avessi portata a termine.
A parte questo, la mia vita trascorreva abbastanza serenamente.
Amata, protetta, viziata dai miei genitori che volevano sapere tutto di me.
Perciò li tenevo a bada, nascondendo ogni cosa, specie certe amicizie non proprio rassicuranti.
E mentre indagavo sulla mia vita, presa dalla smania di sapere tutto, mi sentivo già pronta a spiccare il volo.
Ascoltavo le esperienze delle mie compagne con morbosa curiosità, fingendo indifferenza, ma con l'orecchio teso alle loro storie che mi facevano apparire stupidamente diversa.
Sapevo di essere bella e soprattutto di piacere.
Lo intuivo dall'invidia che suscitavo nelle mie stesse amiche, da certi apprezzamenti non sempre felici che i miei corteggiatori non mi risparmiavano.
Avrei voluto cedere e talvolta mi pentivo delle mie resistenze.
Ma era più forte di me.
I miei coetanei, o poco più, non mi interessavano.
Li trovavo immaturi, superficiali, inaffidabili, persino stupidi mentre facevo di tutto per nascondere la mia età e apparire diversa.
No, loro proprio non mi interessavano!
Cercavo un uomo a cui affidare la mia innocenza pronto a tradire la propria donna per donarsi a me.
"...phocion Atheniensis, etsi saepe exercitibus praefuit summosque magistratus gtessit, tamen, clarior fuit integritate vitae quam rei mlitaris...
Più tentavo di leggere e tradurre più mi massacravo e i miei pensieri volavano altrove.
Non avevo alcuna voglia di continuare, l'avrei fatto un altro giorno, chissà quando, nonostante l'interrogazione programmata.
Avrei trovato una scusa all'ultimo momento, lo avevo fatto altre volte, sempre con successo, perché in situazioni come quelle ero abbastanza convincente.
E se così non fosse stato?
Il latino, il greco...pf, quanto vi ho odiato!
Mi trovavo nello studio di mia madre, col cellulare spento, a cercarmi nel vuoto, circondata da tanti volti senz'anima, attaccati alla parete da generazioni, che raccontavano la lunga storia della mia famiglia.
Li conoscevo talmente bene da chiamarli per nome e se qualche volto mi era assai familiare, qualche altro proprio non lo sopportavo evitando così di guardarlo, se non per caso.
Fu proprio per caso che aprì il cassetto della sua scrivania, non l'avevo mai fatto prima, nonostante ciò che si racconti della curiosità femminile.
C'erano oggetti molto strani: alcuni fogli intestati di cui non riuscì a decifrare il contenuto, due carica batteria, il coperchio di una vecchia penna stilografica, un cellulare visibilmente rotto, un piccolo contenitore di vetro, ermeticamente chiuso, che conteneva sabbia, con un'etichetta che riportava la dicitura "رمال الصحراء العر" ed una data: Taima, 24 Febbraio 1981 scritta a mano, una lametta da barba...un brillantino.
Lo riconobbi subito!
Era quello che per alcuni giorni aveva adornato il lato destro del mio bel nasino e che mamma mi aveva costretta a togliere, non senza resistenza da parte mia.
Mentre cercavo di recuperarlo, sotto le mie mani e senza il minimo sforzo si aprì un doppiofondo.
Per un attimo rimasi interdetta.
Non sapevo proprio cosa fare, volevo rimettere a posto ogni cosa convinta di aver infranto un segreto e di essere scoperta.
Gli unici testimoni erano quei volti senz'anima appesi alla parete che a furia di tacere avevano smesso definitivamente di parlare.
Perciò prevalse la curiosità e, dopo essermi accertata che mamma, dal piano superiore, non mi avrebbe disturbata, cercai di scoprire quali misteri avrebbe potuto nascondere quel doppiofondo nel cassetto della scrivania.
Conteneva troppi oggetti per la sua dimensione fra cui la custodia di un anello con le lettere M-G
visibilmente impresse, un braccialetto in oro bianco con una