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Il Cerchio Firenze 77, Una storia vera divenuta leggenda Vol 2
Il Cerchio Firenze 77, Una storia vera divenuta leggenda Vol 2
Il Cerchio Firenze 77, Una storia vera divenuta leggenda Vol 2
E-book435 pagine7 ore

Il Cerchio Firenze 77, Una storia vera divenuta leggenda Vol 2

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Info su questo ebook

In questo libro, secondo di tre volumi, viene narrata la storia del Cerchio Firenze 77, un gruppo di persone che attraverso gli anni ha fatto un lungo lavoro di comunicazione con l’Aldilà, con manifestazioni di ogni tipo - trance medianica, apporti, fotografia dell’invisibile, scrittura automatica, luminosità, trasporto della materia, levitazione; un fenomeno dagli aspetti assolutamente straordinari durante il quale esseri di grande levatura spirituale hanno affrontato con dovizia di particolari temi alti, come il destino umano, il libero arbitrio, il trapasso, l’immortalità dell’anima e le dimensioni di esistenza ultra-umana.
Questo è un resoconto chiaro e dettagliato su questo famoso fenomeno di alta medianità spirituale. Se si pensa quanto delicati, controversi e profondi sono i temi affrontati dal Cerchio Firenze 77, si capisce quanto c’era bisogno di mettere tutto questo materiale in un ordine rigoroso e completo. Qui troverete cronache, persone, fatti: storia e microstoria. Un libro così ci voleva. E, vivaddio, un libro scritto finalmente come si deve.
LinguaItaliano
Data di uscita18 nov 2016
ISBN9788822866387
Il Cerchio Firenze 77, Una storia vera divenuta leggenda Vol 2

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    Il Cerchio Firenze 77, Una storia vera divenuta leggenda Vol 2 - Enrico Ruggini

    Enrico Ruggini

    Il Cerchio Firenze 77, una storia vera divenuta leggenda Vol 2

    UUID: 2815bf8c-ceaa-11e7-8165-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

    INTRODUZIONE AL SECONDO VOLUME

    30) ANALISI

    31) IL CODICE DI FRANCA

    32) TELEFONI E OROLOGI

    33) L’ALLUVIONE

    34) LA VIA DEI DONI

    35) IL SALUTO DEL FIACCHERAIO

    36) LA COPPIA STORICA

    37) NEPHES E LA COPPA

    38) IL RE ETIOPICO

    39) UN MESSAGGIO DALL’HIMALAIA

    40) IL PENTACLO

    41) IL PASSAGGIO OBBLIGATO

    42) SINTESI

    43) LA COMUNIONE

    44) LA LUCERNINA

    45) IL CONTE THIBAUT

    46) IL CARAVAGGIO

    47) LE BEATITUDINI

    48) SEMPLICITÀ E CHIAREZZA

    49) UN NOME PER LA CERCHIA

    50) UNA MANO SULLA SPALLA

    51) LA GRANDE ANIMA

    52) AFFIDARSI AL BUIO

    53) UNO SPERIMENTATORE AL CERCHIO

    LA FILOSOFIA NON MI INTERESSA

    UNA PROVA PERSONALE

    54) LA CONCHIGLIA

    55) IL DUELLO

    56) FOGLIE D’ULIVO

    57) GLOBI DI LUCE

    58) IL CRISTO NEL CUORE

    59) PER SEMPRE VOSTRA

    INTRODUZIONE AL SECONDO VOLUME

    Caro lettore, stai per iniziare la lettura del secondo volume di questa storia ai confini della realtà. Nel primo sono stati narrati gli inizi, presentate le Guide , gli Istruttori immateriali che, attraverso il loro strumento Roberto Setti, si sono prodigati nel difficile compito di tradurre per chi li ascoltava – e per tutti noi – quelle Verità dello Spirito che, per chiunque si avvicini ai misteri, risultano sfuggenti proprio perché ineffabili; e si è fatto anche cenno – come in un percorso iniziatico d’altri tempi, quando i discepoli tacevano per anni ascoltando reverenti i propri maestri – ai prodromi delle loro rivelazioni, degli Insegnamenti enunciati in quei primi lustri. Ma soprattutto è stato possibile fare la conoscenza con alcuni di coloro che hanno radicato dentro questa vita fisica quella esperienza che è stata principalmente spirituale, sia attraverso la loro partecipazione attiva, e sia facendola propria in vario modo e misura. Senonché, a onor del vero, il paragone con l’aspirante iniziato trova poco riscontro con il tipico fiorentino che allora frequentava la Cerchia , per niente incline al rispettoso silenzio degli antichi asceti, e pochissimo o punto interessato al ruolo di discepo lo. Sì, certo, in presenza dei Maestri , durante le sedute, regnava un clima impregnato di misticismo, e la reverenza verso le Alte Entità che si manifestavano era palpabile e unanimemente condivisa. Come pure lo stupore e la gratitudine per i miracoli ai quali i partecipanti assistevano. Ma appena fuori dalla seduta, caro mio, l’impenitente spirito toscano faceva capolino, e allora… addio misticismo!

    Molte volte mi sono chiesto perché è successo in questa città?, e perché tra queste persone e non altre?. Firenze è uno di quei luoghi fatali dove molte cose importanti sono cominciate, è la città dei grandi inizi, è una città che partorisce, che dà alla luce immense meraviglie e poi torna nell’ombra lasciando ad altri la cura dei suoi nati. Molto spesso nella storia di questa città i suoi figli migliori sono stati allontanati, rinnegati, perseguitati o dimenticati, e sublimi creazioni hanno trovato altrove il proprio riconoscimento, la giusta diffusione e il successivo sviluppo, mentre nella città, poco dopo il parto, il poderoso slancio iniziale si impoveriva, incapace di trovare tra le sue mura il segno della continuità. Questa è una curiosa prerogativa di Firenze e dei fiorentini, i quali non sembrano avere una solida attitudine per organizzare una vita futura a qualsivoglia opera. Ecco, forse proprio questa specificità dei fiorentini ha contribuito a favorire l’incontro con le Guide del Cerchio . Forse nessuno meglio di loro poteva fare proprio l’invito dei Maestri a non fondare intorno alle loro parole una chiesa, un istituto, una congregazione e a non dare vita ad una organizzazione né a gerarchie di rappresentanti ufficiali. Non organizzarsi intorno alle Verità dei Maestri e a tutta questa vicenda (che indubbiamente ha in sé quegli stessi aspetti che costituiscono il nucleo primigenio di tutti i grandi movimenti spirituali conosciuti, come una rivelazione ultra-umana e una cosmogonia che la spieghi e la sostenga, aspetti sui quali gli uomini hanno fondato, appunto, le loro organizzazioni religiose) è venuto quanto mai facile a chi, come i fiorentini, aveva ereditato una secolare pigrizia ad organizzarsi per qualsiasi cosa.

    Ma se l’ambiente e le sue abitudini ataviche erano adatte allo scopo, c’è almeno un altro perché che riguarda tutti, fiorentini e non. Ed è che le persone di quel gruppo avevano bisogno di quella precisa esperienza. In quella dovevano venire immersi, sentirsi accolti, riconoscerla come necessaria e riconoscervisi. Di quelle Voci , di quelle parole, di quei profumi, di quei portenti, avevano bisogno, precisamente di quelli dovevano fare esperienza per rinfocolare ciò che in loro giacieva sopito, sotto la coltre del vivere quotidiano. Erano pronti per incontrare Ciò che spettava loro, ciò che per buon karma era ad attenderli sul loro cammino. E ognuno di loro, senza esserne consapevole, ha svolto un compito prezioso per tutti noi che oggi, grazie al loro esserci stati, possiamo a nostra volta accogliere quello che, per buon karma , ci attendeva sul nostro cammino. Ognuno inconsapevole strumento di bene e di aiuto per altri inconsapevoli come lui. E tutti collegati a quell’unica fonte e a quell’unica rete che fa di tantissime vite una Vita unica .

    Nel primo volume abbiamo potuto seguire le vicende umane di persone qualsiasi che per destino, o per karma come abbiamo detto, si sono trovate a vivere l’impensabile, si sono dovute misurare con una dimensione di esistenza che rimane perlopiù sconosciuta alla maggior parte degli uomini, hanno dovuto mettere in discussione convinzioni consolidate che riguardavano la realtà percepita dai sensi e descritta da culture secolari, e confrontarsi con temi imponenti che riguardano il significato dell’esistere e del morire e sui quali non si erano mai soffermate prima dell’incontro con i Maestri del Cerchio , Voci sapienti e amorevoli che, dall’ Oltre , hanno proposto loro una visione della Realtà del tutto nuova, eppure totalmente logica, chiara e assolutamente convincente. E abbiamo potuto vedere come le loro strade si siano intrecciate con quelle di Chi li istruiva, guidava, sospingeva, sosteneva e talvolta proteggeva, e come la vita, la piccola e semplice vita di ognuna di queste persone sia stata, di fatto, il terreno di coltura sul quale è stato possibile per Loro seminare le Verità e consegnarle all’uomo di quel tempo e del futuro che a quel tempo sarebbe seguito.

    In questo secondo volume sempre più e sempre meglio apparirà evidente il disegno di trama e ordito, tra l’aldiqua e l’aldilà, che ha composto un tessuto esistenziale indistinguibile nelle sue parti, dipanato nei giorni di una moltitudine di amici sconosciuti, fratelli e sorelle nella ricerca e nello Spirito , individui, come noi, incarnati per accogliere questa messe di sapienza, offerta copiosa da dimensioni neanche immaginabili, eppure presenti attorno a noi con la qualità dell’immanenza.

    Se nel primo volume abbiamo preso confidenza con il fenomeno e con Roberto Setti – che ne era il tramite misterioso e anche il fulcro, quanto mai defilato e sfuggente – in una fase che ha visto la storia della Cerchia mantenersi dentro i confini di una Firenze ancora popolare e artigiana con un ché di provinciale vecchia maniera, ma protesa anch’essa a rincorrere il boom del dopoguerra, e circoscriversi a un gruppo ancora poco numeroso di partecipanti che mantenevano un riserbo rigoroso e vivevano quella loro esperienza nel segreto, quasi fosse una forma di trasgressione nei confronti della cultura religiosa dominante che stigmatizzava apertamente quelle pratiche e le bollava come pericolose e fuorvianti, quando non demoniache – ma si sa, allora il diavolo era come il sale e il prezzemolo; si trovava dovunque! – e quindi il fenomeno, le sue manifestazioni, i contenuti delle enunciazioni, e l’insieme dell’esperienza si svolgevano in se stessa, non potendo e non volendo valicare i confini che essa stessa volutamente si era posta; ebbene, in questo secondo volume, sempre attraverso le vicende dei partecipanti, vediamo farsi avanti la trasformazione; a poco a poco, insieme alla città che cambia, alla società che evolve, alla nazione che cresce, vediamo maturare il cambiamento. È il momento cruciale in cui la Cerchia rompe i sigilli della segretezza, si apre al mondo esterno, prende il nome con la quale verrà conosciuta e ricordata, e si svela, certo ancora parzialmente, e tuttavia si svela agli occhi di chi ha occhi per vederla.

    È il momento in cui le parole dei Maestri escono dal recinto di casa Setti e delle pubblicazioni a stampa privata distribuite in poche e rare copie ai soli fedeli della Cerchia , e raggiungono chi non ha mai potuto e mai potrà assistere ad una seduta. Da quel momento, veramente fatidico, la storia del Cerchio Firenze 77 assume una dimensione che nessuno dei partecipanti poteva presagire. Se nel loro prosieguo le sedute avrebbero mantenuto inalterato il loro carattere intimo, e benché fosse evidente (oltre che più e più volte dichiarata dalle Guide ) l’assenza di qualsiasi loro intenzione di attrarre proseliti, la divulgazione pubblica delle parole dei Maestri produsse effetti a cascata. La notizia di ciò che avveniva a Firenze in seno ad una misteriosa Cerchia medianica e ad opera di uno sconosciuto medium rimbalzò in tutto il Paese, ovunque vi fosse un interesse anche solo marginale verso questi temi. Indifferenti a tutto questo, le Guide continuarono nella loro instancabile e amorevole opera d’insegnamento, e all’interno delle sedute niente pareva cambiato, ma fuori da lì, per alcuni dei nostri amici, nulla più fu come prima.

    A coloro che incontrano questo volume senza avere letto quello precedente, ricordo che il molto corsivo che incontreranno è strettamente pertinente il Cerchio Firenze 77 , le Guide , la nomenclatura dei termini da Loro utilizzati, il loro Insegnamento , e ricordo anche che chi cercasse ulteriori informazioni può scrivere all’indirizzo e-mail che si trova ad inizio volume o connettersi al sito www.cerchiofirenze77.org .

    Infine torno a ringraziare Franca Audisio per il suo contributo determinante, non solo come memoria storica di colei che ha vissuto in prima persona fin dall’inizio e senza interruzioni questa lunga e meravigliosa storia, ma anche e soprattutto per la generosità e la pazienza elargite copiosamente durante anni di collaborazione. Le giornate passate insieme a lei con il tavolo ingombro di fogli, biscotti, caraffe d’acqua e tazzine di caffè, sono un ricordo prezioso e incancellabile che mi riempie di gratitudine.

    E adesso, davvero, la storia continua…

    30) ANALISI

    A voi, che essendo fatti di materia e di spirito siete fra la materia e lo spirito, diciamo ‘conoscete voi stessi’ ed in questa conoscenza, essendo nel vostro giusto e vero, cesseranno gli intimi conflitti, ed in questo silenzio interiore, caduto l’ultimo segreto dell’essere vostro, liberi alfine, trasformerete i vostri ideali morali in norme di vita. 1 (I vostri fratelli)

    La prima volta che si era fatto sentire nella Cerchia , la sua voce aveva sorpreso i componenti di quello che, allora, era lo sparuto gruppetto dei frequentatori; correva il 1949, il fenomeno della trance a incorporazione era iniziato da poco, e quel timbro così profondo contrastava decisamente con la voce naturale di Roberto, non ancora diciannovenne. Quella nuova voce sembrava attingere alle note più basse che le corde vocali del ragazzo riuscivano ad emettere, forzandole al limite delle loro possibilità. Le parole più che uscire dalla gola del medium parevano formarsi dentro il suo corpo organizzandosi negli anfratti più riposti, e infine risalire da quelle grotte interne portandosi dietro l’eco di volte buie, misteriose. L’effetto era una voce antica, penetrante, e al tempo stesso ricordava le voci che un bimbo avrebbe immediatamente riconosciuto come quella dell’orco o del lupo delle fiabe. Una voce grave e piena di mistero. Ma, a differenza di quelle oscure delle fiabe, era anche una voce priva di qualsiasi minaccia e colma di saggezza. Claudio , con questo nome si era presentato, poco incline alla morbidezza e per niente ai giri di parole, andava subito al punto, affrontava l’argomento, sempre quello, direttamente: metteva a nudo con semplicità e chiarezza le miserie dell’uomo, le elencava, le poneva impietosamente davanti ai presenti un poco intimiditi, e spiegava loro quali responsabilità recassero seco, quali effetti producessero, e come avrebbero influito nelle loro vite personali e nelle vite a venire, quelle legate a loro dai fili del karma .

    Avevano voglia, i nostri, a tentare di svicolare, di ascoltare con uno o magari solo con mezzo orecchio; Claudio non faceva sconti, andava avanti, calmo, quieto, a diritto si direbbe a Firenze, senza quelle impennate declamatorie del fine oratore, senza sottolineature nel fraseggio, senza quegli studiati cali di tono che catturano l’attenzione di chi ti ascolta e che sembrano dirti attento, questo è un punto importante, ti sto svelando un segreto…. Ciò di cui Claudio parlava era di una evidenza disarmante, la logica che accompagnava i suoi interventi era ineccepibile, le descrizioni che faceva del modo in cui l’uomo interpreta la sua esistenza non consentivano obiezioni, e le premesse volgevano alle conseguenze in maniera così naturale e, diremmo, scontata che lo stesso Jacques II de Chabannes de La Palice, più noto come Lapalisse, le avrebbe fatte proprie, perfettamente in linea con il famoso verso che lo celebra: se non fosse morto sarebbe ancora in vita . Lapalissiano!

    (…) Voi siete qua intervenuti similmente a tanti altri fratelli raccolti di fronte a un’immagine, inginocchiati ad un altare, attenti a un capo, a un Maestro, qui venuti speranti in un conforto. Voi, o figli, cercate un rimedio che possa darvi la felicità e la pienezza interiore; lo cercate perché siete stanchi della vita, annoiati e delusi, dolenti per qualche motivo. Questo tanto invocato e ricercato rimedio si chiama Realtà; ma proprio perché è Realtà non può essere comunicata; l’uomo è solo di fronte alla verità; nessuno può capire, comprendere per lui; se ascoltate le nostre parole per il rumore che esse fanno e non per comprendere quello che esse vogliono significare (…), la vostra vita rimane un correre affannoso or qua or là, capace solo di deludervi. Dovete rimanere soli e semplici, o figli. È di grande conforto per l’uomo vedere che le proprie idee sono condivise dai propri fratelli, come se un generale consenso fosse l’unica valida riprova della verità del suo pensiero (…); si riunisce così in gruppi, dove conferisce la propria fiducia ad un esponente divenendo responsabile degli errori che questi commette. In questi gruppi egli impara ad odiare al plurale, a combattere una creatura se non appartiene al suo gruppo, unicamente perché è di un’altra bandiera; ma se stolto è odiare al plurale, uguale irragionevolezza è dare la propria fiducia agli altri, credere a quello che una creatura dice unicamente perché si ha fiducia in lei. L’uomo, o figli e fratelli, deve ragionare con la propria mente e non con la fiducia negli altri; né deve, però, ricercare l’altrui fiducia, perché così facendo egli vuole accarezzare la propria ambizione; e quindi, in ultima analisi, sempre sfruttare. Ecco che cosa significa essere soli e semplici; significa vivere la propria vita da soli, senza coalizzarsi in gruppi, senza alimentare l’attrito che esiste inevitabilmente tra fazioni, significa mantenere puro il proprio cuore, significa ricercare in se stessi il libero slancio che è dato da quel qualcosa che nessuna organizzazione può avere: il sentimento. Imperciocché la vita, che è azione, è modificata dalla mente; la mente, che è separatività, è liberata dal sentimento, quel sentimento che è amore, principio e fine della vita. Pace. 2 (Claudio)

    A dar manforte a Claudio si erano più volte prodigati sia Kempis che Dali ; il tema al centro di tanto impegno, del resto, era e sarebbe stato cruciale in tutto il percorso di Insegnamento . Svelare un poco alla volta, negli anni, i meccanismi dell’ io , i segreti del comportamento dell’uomo, le motivazioni recondite e i processi inconsapevoli che ci accompagnano nel vivere quotidiano, e che agiscono in noi, per molta parte del nostro viaggio evolutivo, al di là di noi stessi, potremmo dire al posto nostro, un io stratificato nell’esistenza di ogni uomo e donna, intrecciato con ogni aspetto della nostra manifestazione, tanto da renderlo inscindibile dalla nostra esperienza. Questo tema era definito dalle Guide come l’ io e il suo superamento: scomodo, scomodissimo per i più.

    Quando lo si affrontava nel gruppo, aleggiava sempre un velo di imbarazzo; perché, non c’era niente da fare!, riguardava tutti. Nessuno tra di loro poteva dirsi esente dal possedere un io , o forse sarebbe più corretto dire "dall’essere posseduto da un io ", e quindi nessuno poteva sottrarsi alla sua azione. Per il fatto stesso di essere viventi, e quindi incarnati, e quindi per definizione abitati da un io , con quello dovevano fare i conti. Per anni e anni il signor io era stato al centro degli interventi di Claudio ; l’ Insegnamento delle Guide si era allargato costantemente a comprendere i temi più disparati, approfondendo ora questo ora quell’aspetto dell’evoluzione, sia dell’individuo che degli scaglioni di anime – come Loro avevano chiamato i cicli evolutivi degli Esseri che iniziavano il loro percorso nel cosiddetto Manifestato . L’ Insegnamento si era via via focalizzato su nuove verità e le aveva collegate a quanto già rivelato in precedenza, ma sistematicamente, come al centro della vita individuale sta l’essere umano, così, al centro del suo svolgimento aveva posto il contraltare dell’essere, il cardine manifesto della vita dell’uomo e l’irrinunciabile viatico della sua evoluzione spirituale, il fatale io , e insieme ad esso il suo superamento. Questo io , agli amici frequentatori della Cerchia , Kempis lo aveva descritto a modino.

    Era accaduto durante una seduta del 1958, pochi giorni prima della fin dell’anno, e nella Cerchia c’era un’atmosfera natalizia. L’imminente festività aveva disposto gli animi secondo un’inclinazione amorevole e questo clima affettuoso induceva a una condizione di allegria quasi festaiola e alla rilassatezza; era una di quelle sedute che senti scivolare via nella pace e nell’armonia e da cui ti aspetti incoraggiamenti e parole beneauguranti. Dimenticavano, i nostri amici, che per le loro Guide il Santo Natale non era né santo e tantomeno natale; a suo tempo Loro avevano speso qualche parola su questa data del 25 dicembre inventata da Papa Leone Magno, ancora nel 461 d.C., per commemorare una nascita divina di cui non esiste traccia nelle storiografie. Erano loro, i viventi, ad avere questa necessità commemorativa, questo bisogno di una data e di simboli atti a ricondurli ad eventi significativi e a risvegliare stati d’animo sopiti nello scorrere tutto uguale delle altre date; ma, per le Guide , quelli che si approssimavano erano giorni qualsiasi, o per dir meglio, per Loro ogni giorno era un giorno sacro.

    E così, il sommo Kempis , non si peritò di scendere nel merito di quell’argomento assai spinoso e non del tutto gradito; e come era sua consuetudine lo fece in modo da scuotere non poco l’atmosfera natalizia, e ricondurre il gruppo alla pregnanza della questione:

    (…) Proviamo a guardarlo più da vicino questo ‘io’, grande protagonista e sconosciuto. Guardiamolo ove può manifestare la sua avidità senza rispetti umani, senza la preoccupazione di salvare la faccia. Ove conta i suoi eserciti per dare battaglia, ove (assecondate le lusinghe dei sensi) volle nascondere la sua debolezza inventando Satana, ove cerca di convincersi di essere migliore di quanto in effetti sia. Guardiamolo ove ha il suo regno: nell’intimo dell’uomo. L’ambizione è il nutrimento dell’io ed il suo appetito; la prepotenza vorrebbe essere la dittatura dell’io; la superbia, la presunzione, la vanagloria e simili, sono la sua convinzione d’essere superiore. L’ira è l’accesa intolleranza dell’io, la paura è l’istinto di conservazione; la crudeltà è la sua completa cecità nei riguardi delle altre creature; la gelosia è il suo timore di perdere un affetto di cui vorrebbe avere l’esclusiva; l’invidia è il suo rammarico per non avere ciò che altri hanno; la lusinga è la sua arma per ottenere ciò che non ha da altri mezzi, di contro è la sua debolezza; l’ipocrisia è suo ingannevole travestimento, la menzogna è la sua difesa e chi più ne ha più ne metta. Ma sarà bene non andare oltre questo triste elenco giacché nulla è più di cattivo gusto per l’io che veder poste in risalto le proprie debolezze. E per dirla in poche parole: se ai vizi inerenti ai sensi (quali la gola, la lussuria, l’alcolismo e via dicendo) si aggiungono tutte quelle qualità negative che fanno capo all’io come quelle ora rammentate, si ha il quadro completo degli errori e delle debolezze umane. L’abbiamo smascherato questo io: chi potrebbe avere una peggior reputazione?... 3.

    Tra i presenti qualcuno si agitava sulla sedia, qualcuno teneva il capo chino, qualcuno annuiva, e qualcuno, senza accorgersene, stringeva i denti. E come non capirli? Che forse non possiamo rintracciare in noi stessi una misura anche minima di ognuna delle, chiamiamole benevolmente, caratteristiche elencate da Kempis ? Ma, giacché la peculiarità di Chi si rivolgeva a quegli uomini e donne immersi nella fatica di vivere era di accompagnare il rigore dell’ Insegnamento con un intento compassionevole, Kempis proseguì:

    (…) Dopo l’esposizione dei fatti, sentita l’accusa, la parola spetta alla difesa e, alla maniera dei vostri avvocati, cerchiamo le attenuanti della colpa. L’io nasce dal senso di separatività che l’individuo prova nei confronti del mondo che lo circonda. Questo sentirsi un’entità distinta dal resto non è acquisito o dovuto all’educazione, ma esiste ben spiccato nell’uomo prima che sia assoggettato alle consuetudini sociali. Che l’individuo sia unità è un fatto indiscutibile. E che quindi si senta l’individuo separato, distinto, non può essere dovuto ad un errore. Allora?, direte voi … 4 .

    Ed in effetti, nel buio della stanza dove Kempis svolgeva la sua lezione, tra i presenti furono più d’uno quelli che pensarono: Mah... e allora! Se non è un errore, che cos’è?!.

    (…) Esiste una differenza fra senso di separatività e senso di individualità. Quest’ultimo è suggerito dalla natura all’individuo, in quanto solo avendo consapevolezza della propria individualità si può avere coscienza dei propri doveri, solo sentendosi una unità integrante nel Tutto si può avere coscienza dei propri compiti. Siete individui. E come può sorgere la vostra coscienza se voi non comprendete? L’individuo è solo di fronte alla verità. Quando vi diciamo che nessuno può comprendere per voi, o fratelli, vogliamo rafforzare il vostro senso di individualità. (…) Generalmente si è consci del peso della propria persona quando si hanno dei diritti da accampare, mentre i doveri da adempiere si lascerebbero volentieri agli altri. Ciò è dovuto al senso di separatività che è un intimo errore di interpretazione del senso di individualità suggerito dalla natura. Quando l’individuo non fa attenzione all’errore nel quale cade, prende corpo l’io con l’insito bisogno di espandersi; nasce l’egoismo. Si deve invece avere coscienza della propria individualità, per sentire il peso della propria responsabilità ed essere uniti con tutto, per non creare il culto di se stessi. Riconducendosi a questa esatta visione di Sé nel Tutto si può porre fine all’io e ai suoi processi di espansione (…) 5.

    Anni a parlar dell’ io , del suo bisogno di crescere e affermarsi, della possibilità di superarlo. Fin dall’inizio, quell’argomentare così rigoroso e il tema che affrontava, avevano suscitato resistenze in chi ascoltava la voce calma e profonda di Claudio . Resistenze o sensi di colpa. Entusiasmi… pochi. Sì, a onor del vero qualcuno si applicava, ma poi saltava fuori che applicarsi era proprio ciò che non andava fatto, anzi, era di nuovo il solito io che si dava da fare per i suoi scopi sottili… come ad esempio esser virtuoso quaggiù per diventar grande in Cielo.

    – E santa pazienza!, ma che ci si deve fare con quest’io? Quasi quasi era meglio se non ci fosse stato!

    E Claudio tornava a spiegare che questo non era possibile; che l’ io era indispensabile all’esperienza umana, che andava capito e superato nei suoi bisogni di espandersi. Per fare questo una strada veniva loro indicata come l’unica percorribile: conoscersi.

    " Conosci te stesso ". Ancora e di nuovo quel motto che ci è giunto dall’antichità a noi più vicina, ma le cui radici si perdono in epoche non raggiungibili dalle nostre ricostruzioni storiche, e che ora veniva spiegato nel suo significato più concreto dalle Guide agli amici della Cerchia . Chilone? Talete? Che differenza fa! Incise sul tempio dove l’oracolo di Delfi profetizzava, quelle parole sono come un cartello indicatore per l’umanità, per quella parte dell’umanità che si mette in viaggio dentro di sé: " Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l'universo e gli Dei ". Socrate vi aveva costruito sopra la sua scolastica, esortando i suoi discepoli a sottrarsi ai richiami del mondo esterno e a rivolgersi al proprio intimo per scoprirvi la verità dell’esistenza. Claudio , svelati i meccanismi dell’ io , esortava i nostri a prenderne coscienza, a porvi un’acuta attenzione, al fine di scoprirne gli intenti, i modi, i moti, le mete, sempre più nascosti, sempre più sottili.

    Facile? Per niente! Altrimenti quella indicazione: " Conosci te stesso ", avrebbe già dato i suoi frutti, e l’umanità di oggi sarebbe… umanità, nel senso virtuoso del termine, e l’uomo sarebbe… un essere umano.

    Analizzate voi stessi, comprenderete il perché della situazione mondiale. Siete cambiati in conseguenza delle passate catastrofi? Non siete forse ancora avidi di potere, ricchezza, prestigio? Per questo vi chiamate ancora italiano, russo, americano e così via, perché il forte sfrutti il debole. Osservate con quanta facilità vi catalogate, cioè racchiudete l’umanità in tanti compartimenti stagni: da una parte i buoni, i giusti, dall’altra i malvagi, gli oppressori. È questo riconoscervi sostanzialmente diversi l’uno dall’altro che soffoca il sentimento e vi fa divenire crudeli. (…) Nessuna creatura è identificabile nella ristretta posizione determinata dal dualismo: buona o cattiva. Il vostro spiritualismo è pura illusione se vi permette di tollerare la soppressione di creature per la protezione di ideologie, interessi, o per il bene del proprio paese. (…) Il vostro parteggiare per una parte o per l’altra non fa che aumentare l’attrito (…) 6. (Claudio)

    Com’è difficile ancora oggi non schierarsi, non giudicare, non prendere posizione, tenere presente un quadro più ampio che si innalzi al di sopra delle categorie degli uomini, del bene e del male!

    I nostri discutevano tra loro:

    – A me sembra di stare attento, ma poi vedi come mi comporto!?! Sono egoista, che ci posso fare! Anche se qualche volta mi comporto da altruista, resto sempre un egoista, lo so! O come si fa a fare i conti con questo io ?! E poi... e poi… comportarsi è una cosa, e un’altra è essere .

    – Non mi sembra una cosa facile.

    – Facile sembrerebbe, perché Claudio dice che bisogna solo osservarsi senza fare nulla. Io mi osservo, mi osservo, ma mi sembra che non succeda niente.

    – Non è facile, ragazzi, non è facile. Una la vedi e mille ti sfuggono. Se fosse facile non s’era ancora qui, dopo tanti anni, a ragionar sempre dell’ io .

    – O se tutta questa parte che riguarda il " Conosci te stesso " si rimettesse insieme, almeno le cose principali, per potersela rileggere senza andare in qua e in là a cercare in mezzo a tanti fogli?

    – Una silloge?!

    – Ma anche un libro!

    Tutti si fecero più attenti; un libro. Un libro che contenesse i principi di quell’insegnamento così particolare e così importante. In fondo il " Conosci te stesso " era l’unica indicazione pratica che era venuta dalle loro Guide e su cui Claudio insisteva da quasi vent’anni; quel materiale meritava di essere raccolto.

    – Questa potrebbe esser un’idea! In fondo se ne son già fatti due e non c’è due senza tre!

    – Ma Loro che diranno?

    Loro furono d’accordo e anzi appoggiarono l’iniziativa contribuendo alla scelta dei brani da inserire nel libro. I nostri si misero subito al lavoro, furono radunati e scelti tutti i ciclostilati e le trascrizioni delle registrazioni che trattavano in modo specifico dell’argomento, le Guide diedero indicazioni sull’ordine dei paragrafi, sulle lezioni da introdurre e su quelle da escludere. In men che non si dica il materiale era ordinato e pronto per la stampa. Altrettanto rapidamente furono reperiti i fondi per la pubblicazione; tutti parteciparono come poterono, e un sostegno entusiastico venne dagli amici di fuori Firenze che vollero contribuire alle spese per il nuovo volume.

    Ancora la scelta cadde sulla tipografia Chiesa di via Ghibellina, e per la copertina fu deciso di seguire lo stile essenziale dei primi due libri; estremamente semplice, un cartoncino, e un sottile filo nero per il titolo. Ma questa volta il volume si doveva in qualche modo distinguere dagli altri: era il primo libro monotematico, e questo lo rendeva diverso dai precedenti. Inoltre non era voluminoso come i primi due, era un libretto di un centinaio di pagine. Si decise per un formato un poco più grande degli altri, e il titolo, invece che in alto a destra, fu posto al centro della copertina.

    Già: il titolo! Per quello ci fu da discutere. Vi furono molte proposte; Conosci te stesso, ma anche L’ io, o ancora Il superamento dell’io, oppure L’io e il suo superamento, o I processi espansionistici dell’io; ma alla fine ebbe la meglio il metodo proposto da Claudio e lo scopo per cui il metodo era stato proposto, ovvero: Analisi (il titolo) e Per un mondo migliore (il sottotitolo). Ottantasette pagine di testo. Nella pagina interna che riportava titolo e sottotitolo, in basso stava scritto Giorno di San Sebastiano, a ricordare che quel volume era venuto al mondo il 20 gennaio. Un indice, alla fine della raccolta, consentiva di orientarsi nei contenuti che, all’interno, si succedevano senza titoletti: una semplice successione di brani, ognuno dei quali riportava in calce il nome di chi li aveva pronunciati nel buio delle sedute fiorentine, nel corso di quei primi vent’anni. Kempis , Dali , due brani di Paolo , uno di Teresa , e tutti gli altri, la gran parte, di Claudio . Una stellina a cinque punte, un pentaclo, al centro della pagina separava uno dall’altro gli interventi di Claudio che si susseguivano numerosi. Erano state inserite anche alcune lezioni in cui i presenti avevano interloquito con Claudio , e in quelle occasioni quella Voce antica e profonda, rispondendo a loro, aveva risposto alle domande e ai dubbi di tutti noi, di tutti coloro che si confrontano con il " Conosci te stesso "; attraverso quelle pagine, i Suoi preziosi chiarimenti e le Sue indicazioni potevano adesso raggiungere chiunque le leggesse, al di là del tempo delle sedute.

    Così Kempis chiudeva la piccola introduzione al volume:

    Poche e semplici indicazioni per un’opera immensa. Ciò che subito conforta è il fatto che di questa opera ne tocca una parte ad ognuno ed ognuno quella, e quella sola, può e deve fare. Nessuno può arrogarsi il diritto di farla per noi, né imporci di farla per lui. Non è poco. Coraggio, dunque. 7

    [1] Cerchio Firenze 77 (1978), Oltre l’illusione, Edizioni Mediterranee, Roma, p. 145

    [2] Cerchio Firenze 77 (1981), Per un mondo migliore, Edizioni Mediterranee, Roma, pp. 112, 113

    [3] Cerchio Firenze 77 (1981), Per un mondo migliore, Edizioni Mediterranee, Roma, pp. 24, 25

    [4] Cerchio Firenze 77 (1981), Per un mondo migliore, Edizioni Mediterranee, Roma, p. 25

    [5] Cerchio Firenze 77 (1981), Per un mondo migliore, Edizioni Mediterranee, Roma, pp. 25, 26

    [6] Cerchio Firenze 77 (1981), Per un mondo migliore, Edizioni Mediterranee, Roma, p. 112

    [7] Cerchio Firenze 77 (1964), Analisi, Pubblicazione privata, Firenze, p. 87

    31) IL CODICE DI FRANCA

    Durante la trance, alla sinistra di Roberto stava seduta Bettina Bonaccini, e alla destra c’era Nella Bonora. Ed era sempre così: il Maselli, che col suo spiritaccio non perdeva occasione per fare una battuta, le aveva definite rispettivamente la diaconessa e la sacerdotessa, e sulle sedie poste ai lati della poltrona di Roberto sedevano solo loro; nessuno avrebbe mai osato prendere il posto di una delle due perché sia l’una che l’altra, così avevano detto le Guide, fungevano da elementi catalizzatori e favorivano il fenomeno della trance di Roberto. Ed entrambe erano ben contente di tenere le loro mani sui polsi del medium, mentre formavano la catena. Da quella posizione privilegiata, oltre alla sensazione di svolgere un ruolo importante nell’estrinsecarsi della medianità, avevano una visuale ravvicinata di ogni più piccola sfumatura dei fenomeni che si manifestavano nel corso della seduta. In seguito, con l’arrivo del registratore, Bettina aveva dovuto cedere il suo posto a Corrado De Cristofaro, al quale era stato affidato il compito di accendere e spengere il fornello, com’era stato ribattezzato il registratore dalla piccola Lilli. La gestione dell’apparecchio era faccenda assai delicata: un errore poteva significare la perdita di intere porzioni di Insegnamento e l’apparecchio doveva essere manovrato al buio, e quindi da mani fidate. Per l’appunto Corrado aveva il pallino per le diavolerie tecnologiche ed essendo assai versato nell’uso dei moderni congegni apprese al volo le manovre necessarie.

    Ma quella sera c’era Bettina al fianco di Roberto immerso profondamente nella trance quando, improvvisamente, il medium si voltò verso la donna e le disse: – È tutto vero! Tutto vero! – . Franca, la figlia di Bettina, seduta all’altra estremità della cerchia perché, a differenza di sua madre, non amava sentirsi fisicamente troppo coinvolta nei fenomeni travolgenti che frequentemente toglievano il fiato ai presenti, riconobbe immediatamente la voce di suo padre, Rodolfo Audisio. E quelle parole, – È tutto vero! Tutto vero! –, pronunciate da lui, la colpirono. Altre volte erano state pronunciate in seduta da qualcuno degli amici che era trapassato, magari da poco tempo, e che veniva a testimoniare l’esperienza che stava facendo. Come quella volta – si trattava di una seduta affettiva – in cui, come se si fossero dati convegno per l’occasione, alcuni dei loro amici e cari defunti erano passati per un salutino veloce veloce, ma assai gradito ai presenti. Matilde, che nell’ultima parte della sua vita era stata dura d’orecchi, se n’era uscita con un: Son io, io, come chi tu sei? Come sento bene ora! Oh, finalmente! Come sento! Altro che apparecchio!

    E poi l’Ottavia: Sono io, bambine, la Gensini. Sto tanto bene! Tanti baci a tutti!

    – Stai bene davvero?

    " Bene, tanto bene … Sono emozionata."

    Ma tutti quei saluti erano stati aperti da Marcello, un altro frequentatore della Cerchia, che aveva tenuto a far sapere che: – È tutto vero, sapete? Tutto vero!! Salutate gli amici. La mia compagna, la mia famiglia! Dovevo sistemare tante cose!

    Epperò, tornando alla Franca, quelle parole dette da suo padre, le parvero particolarmente significative. Suo padre era trapassato dopo una lunga malattia che aveva minato i suoi polmoni e condizionato pesantemente la sua vita. E negli anni in cui aveva assistito all’interesse della moglie per le vicende della Cerchia, aveva sempre scherzato con una buona dose di scetticismo su quanto Bettina gli raccontava tornando dalle sedute: – Sì, sì – sorrideva scuotendo il capo – queste son le novelle di Batacchio – lasciando così intendere quanto poco credesse nella sopravvivenza dell’anima dopo la morte, nell’aldilà, nella reincarnazione, nell’evoluzione, e in tutte le varie teorie che sua moglie tentava inutilmente di condividere con lui. Non che le impedisse di frequentare la Cerchia; giammai! Ma manteneva verso tutte quelle questioni a dir poco strane un atteggiamento di cauto distacco condito con un pizzico di ironia.

    Roberto, ancora ragazzo, aveva iniziato a frequentare regolarmente la casa dei nonni di Franca, in via Bernardo Rucellai, per apprendere l’inglese da Bettina che, nel frattempo, era tornata a vivere con i suoi genitori. La donna che, fin da

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