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Storia degli Esseni
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E-book645 pagine17 ore

Storia degli Esseni

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Gli Esseni furono un gruppo ebraico di incerta origine, nato forse attorno alla metà del II secolo a.C. e organizzato in comunità monastiche isolate di tipo eremitico e cenobitico.

I resoconti di Giuseppe Flavio e Filone Alessandrino mostrano che gli Esseni (Filone: Essaioi) conducevano una vita strettamente celibe, ma comunitaria − spesso paragonata dagli studiosi alla vita monastica buddista e in seguito cristiana − anche se Giuseppe parla di un altro "rango di Esseni" che si sposavano (Guerra 2.160-161). Secondo Giuseppe, avevano usanze e osservanze come la proprietà collettiva (Guerra 2.122; Ant. 18.20), eleggevano un capo che attendesse agli interessi di tutti e i cui ordini venivano obbediti (Guerra 2.123, 134), era loro vietato prestare giuramento (Guerra 2.135) e sacrificare animali (Filone, §75), controllavano la loro collera e fungevano da canali di pace (Guerra 2.135), portavano armi solo per protezione contro i rapinatori (Guerra 2.125), e non avevano schiavi, ma si servivano a vicenda (Ant. 18.21) e, come conseguenza della proprietà comune, non erano dediti ai commerci (Guerra 2.127).

Molti studiosi credono che la comunità di Qumran, che presumibilmente produsse i Rotoli del Mar Morto, fu un ramo degli Esseni, e che la Cristianità evolse da questa setta dell'Ebraismo, con la quale condivide molte idee e simboli. Il rabbino Elia Benamozegh (Livorno, 24 aprile 1823 – Livorno, 6 febbraio 1900) è tra questi e secondo cui "La Storia degli Esseni è fonte ricchissima di documenti atti a spiegare l’origine del Cristianesimo".
LinguaItaliano
Data di uscita16 lug 2019
ISBN9788831631631
Storia degli Esseni

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    Anteprima del libro

    Storia degli Esseni - Elia Benamozegh

    INDICE

    STORIA DEGLI ESSENI

    Elia Benamozegh

    Opere

    Articoli

    Bibliografia

    Esseni

    Storia

    Nome

    Speculazioni esoteriche

    Territorio

    I Nazareni

    Leggi, usanze, teologia e credo

    Discussione tra studiosi

    Testi e documenti storici

    Usi e Costumi esseni

    Rapporti tra esseni e zeloti

    Rapporti con il cristianesimo

    Similitudini con la dottrina cristiana

    Scribi e Farisei

    Il rito cenobitico

    I Molti

    Il rito eucaristico

    Il tema del deserto

    I Figli della Luce

    L’organizzazione gerarchica

    Differenze con la dottrina cristiana

    Ascetismo

    Legalismo

    Ritualismo

    Esclusivismo

    Uso della lotta armata

    Gesù e gli esseni

    Gesù era un esseno?

    Esseni moderni

    Bibliografia

    STORIA DEGLI ESSENI

    PREFAZIONE.

    LEZIONE PRIMA.

    LEZIONE SECONDA.

    LEZIONE TERZA.

    LEZIONE QUARTA.

    LEZIONE QUINTA.

    LEZIONE SESTA.

    LEZIONE SETTIMA

    LEZIONE OTTAVA.

    LEZIONE NONA.

    LEZIONE DECIMA.

    LEZIONE DECIMAPRIMA.

    LEZIONE DECIMASECONDA.

    LEZIONE DECIMATERZA.

    LEZIONE DECIMAQUARTA.

    LEZIONE DECIMAQUINTA.

    LEZIONE DECIMASESTA.

    LEZIONE DECIMASETTIMA.

    LEZIONE DECIMOTTAVA.

    LEZIONE DECIMANONA.

    LEZIONE VENTESIMA.

    LEZIONE VENTESIMAPRIMA

    LEZIONE VENTESIMASECONDA.

    LEZIONE VENTESIMATERZA.

    LEZIONE VENTESIMAQUARTA.

    LEZIONE VENTESIMAQUINTA.

    LEZIONE VENTESIMASESTA.

    LEZIONE VENTESIMASETTIMA.

    LEZIONE VENTESIMOTTAVA.

    LEZIONE VENTESIMANONA.

    LEZIONE TRENTESIMA.

    LEZIONE TRENTESIMAPRIMA.

    LEZIONE TRENTESIMASECONDA.

    LEZIONE TRENTESIMATERZA.

    LEZIONE TRENTESIMAQUARTA.

    LEZIONE TRENTESIMAQUINTA.

    LEZIONE TRENTESIMASESTA.

    LEZIONE TRENTESIMASETTIMA.

    LEZIONE TRENTESIMOTTAVA.

    LEZIONE TRENTESIMANONA.

    LEZIONE QUARANTESIMA.

    LEZIONE QUARANTESIMAPRIMA.

    NOTE

    STORIA

    DEGLI ESSENI

    LEZIONI

    DI

    ELIA BENAMOZEGH


    RABBINO-PREDICATORE

    E PROFESSORE DI TEOLOGIA NEL COLLEGIO RABBINICO DI LIVORNO.

    1865

    Il presente ebook è composto di testi di pubblico dominio.

    L’ebook in sé, però, in quanto oggetto digitale specifico,

    dotato di una propria impaginazione, formattazione, copertina

    ed eventuali contenuti aggiuntivi peculiari (come note e testi introduttivi), 

    è soggetto a copyright. 

    Edizione di riferimento: Storia degli Esseni, di Elia Benamozegh; FIRENZE. FELICE LE MONNIER. 1865.

    Tipografia dei Successori Le Monnier.

    Immagine di copertina: Designed by Freepik (http://www.freepik.com)

    Elaborazione grafica: GDM, 2019

    Elia Benamozegh

    Elia Benamozegh (Livorno, 24 aprile 1823 – Livorno, 6 febbraio 1900) è stato un rabbino, esegeta e cabalista italiano.

    Nato in una famiglia sefardita marocchina, originaria di Fez e rimasto orfano del padre Avraham, fu avviato dallo zio, rabbi Yehuda Coriat, all’apprendimento del Talmud e della cabala. Da questi studi arrivò alla convinzione che la cabala fosse fondamentale per la comprensione dell’ebraismo.

    Fu rabbino di Livorno. Si riteneva fedele alla tradizione ebraica, non di meno era considerato un liberale. Alla sua morte fu sepolto nella stessa città natale, nel cimitero di viale Ippolito Nievo.

    Opere

    Emat mafgyia (La paura dell’opponente), confutazione di un’opera anticabalistica di Leone da Modena, in 2 voll. Livorno, 1855.

    Ger Tsedek (Un proselita giusto), note critiche sul Targum Onkelos. Livorno, 1858.

    Ner le-David (Lampada di David), commento sui Salmi, pubblicato insieme al testo di riferimento. Livorno, 1858.

    Em la-Miqrah (Matrice della Scrittura), commento alla Torah contenente note critiche, filologiche, archeologiche e scientifiche sui dogmi, la storia, le leggi e i costumi dei popoli antichi, pubblicata insieme al testo di riferimento con il titolo di Torat Adonai. Livorno e Parigi, 1862-65.

    Ta’am la-Shad (Argomenti per Samuel David), confutazione del dialogo anticabalistico di Samuel David Luzzatto. Livorno, 1863.

    Mebo Kelali introduzione generale alle tradizioni ebraiche, pubblicata in Ha-Lebanon, 1864, pp.73 ssg.

    Storia degli Esseni. Firenze, 1865. Nuova edizione: Marietti 2007.

    Morale Juive et Morale Chrétienne. Examen Comparatif Suivi de Quelques Réflexions sur les Principes de l’Islamisme. Parigi, 1867. Morale ebraica e morale cristiana, Marietti 1997

    Teologia Dogmatica ed Apologetica. Livorno, 1877.

    Le Crime de la Guerre Dénoncé à I’Humanité. Parigi, 1881 (quest’opera vinse un premio della Ligue de la Paix).

    Ya’aneh be-Esh (Egli risponderà col fuoco), discussione sulla cremazione secondo la Bibbia e il talmud. Livorno, 1886.

    Israël et l’humanité, studio sulla questione della religione universale. Parigi, 1914 (postuma). Israele e l’umanità, Marietti 1990.

    L’immortalità dell’anima, La parola, Roma 2008.

    Shavuot. Cinque conferenze sulla Pentecoste, Belforte, Livorno 2009.

    Articoli

    Spinoza et la Kabbala, in Univers Israélite, xix. 36 ssg.

    La Tradition, ib. xxv. 20 ssg.

    Intorno alla Cabbala, in Il Vessillo Israelitico, xli. 3 ssg.

    Il Libro di Giobbe, in Educatore, ix. 325 ssg.

    Dell’Escatologia, ib. xxv. 203 ssg.

    Bibliografia

    Lattes, Vita ed Opere di Elia Benamozegh, Livorno, 1901

    Fuenn, Keneset Yisrael, p.100

    De Gubernatis, Dizionario Biografico, p.125

    Zeitlin, Bibl. Hebraica, p.19.

    Alessandro Guetta, Philosophie et cabbale. Essai sur la pensée d’Elie Benamozegh, Paris, 1998.

    Amoroso, Scintille ebraiche. Spinoza, Vico e Benamozegh, Pisa, ETS, 2004.

    Morselli, I passi del Messia, Marietti 2007.

    Yoseph Colombo Una etimologia discutibile: lettera inedita di Elia Benamozegh

    Alessandro Guetta, Elia Benamozegh e la qabbalah in Italia, in: Storia d’Italia, Annali 25, Esoterismo, Einaudi, Torino, 2010, pag. 477-498.

    Esseni

    Gli Esseni furono un gruppo ebraico di incerta origine, nato forse attorno alla metà del II secolo a.C. e organizzato in comunità monastiche isolate di tipo eremitico e cenobitico.

    Storia

     Tra i gruppi ebraici di età ellenistico-romana, conosciuti e documentati anche da autori greci e latini, quello degli Esseni è forse oggi il più noto, a causa della scoperta, effettuata a Qumran nel 1947, dei manoscritti del Mar Morto, appartenenti a una comunità di questo tipo. Già nell’antichità avevano scritto su di essi, per ricordare i più rilevanti, Filone Alessandrino (Quod omnis probus liber sit), Giuseppe Flavio (Guerra Giudaica), che ci attesta di esserne stato discepolo, e Plinio il Vecchio (Naturalis Historia). Sulla loro origine e sul significato del nome (puri, bagnanti, silenziosi, pii) non c’è accordo tra gli studiosi. Molto probabilmente ebbero inizio dalla metà circa delII secolo a.C. in epoca maccabea, e di essi non si fa mai menzione prima degli Asmonei.

    Di vita appartata e solitaria, si erano organizzati, fuori dal contesto sociale, in comunità isolate di tipo monastico e cenobitico; protetti da Erode il Grande, al tempo di Gesù erano oltre 4000 e vivevano dispersi in tutto il paese; circa 150 erano quelli residenti a Qumran. Questo sito andò incontro a una fine violenta nel 68 d.C. a opera dei romani a causa del loro coinvolgimento nelle sommosse negli anni della guerra che si concluse con il crollo di Gerusalemme. Prima della fine però riuscirono a nascondere la loro biblioteca nelle grotte circonvicine. Alcuni scampati, sembra, si unirono agli zeloti di Masada e ne condivisero la sorte. Lo proverebbe il ritrovamento, durante gli scavi del 1963 a Masada, di un frammento di pergamena dei Canti della santificazione del sabato noto dai ritrovamenti della grotta 4.

    Nome

    Giuseppe Flavio usa il nome Esseni in due racconti principali (Guerra giudaica 2.119, 158, 160; Ant. 13.171-2) così come in qualche altro contesto (un racconto sugli Esseni, Ant. 13.298; il cancello degli Esseni, Guerra 5.145; Giuda della stirpe degli Esseni, Ant. 13.311, ma qualche manoscritto recita Essaion; tenere gli Esseni in onore, Ant. 15.372; un certo Esseno detto Manaemus, Ant. 15.373; tenere tutti gli Esseni in onore, Ant. 15.378; the Essenes, Ant. 18.11 & 18; Life 10). In molti passi, comunque, Giuseppe scrive Essaios, che generalmente è da intendersi come Esseno ("Giuda della stirpe Essaios", Guerra I.78; "Simone della stirpe Essaios", Guerra 2.113; "Giovanni l’Essaios", Guerra 2.567; 3.11; "coloro che sono da noi chiamati Essaioi", Ant. 15.371; "Simone un uomo della razza degli Essaios", Ant. 17.346). Filone usa il nome Essaioi, sebbene egli ammetta che questa versione greca del nome originale che secondo la sua etimologia significa santi sia inesatta (NH XII.75). Il testo latino di Plinio riporta la parola Esseni. Nel I secolo d.C. lo storico Giuseppe Flavio identificò gli esseni come una delle maggiori quattro principali scuole ebraiche del periodo.

    Speculazioni esoteriche

    Sugli esseni si sono concentrate molte speculazioni esoteriche. Il controverso Ahmed Osman, ad esempio, nel suo libro Fuori dall’Egitto, ha sostenuto che Esseno deve essere tradotto come colui che segue Gesù (Essa). Questa ovvia traduzione letterale è da tralasciare a causa delle indiscutibili assunzioni circa le origini della cristianità del I secolo d.C. Nel nuovo libro di Gabriele Boccaccini,[1] viene spiegato che una etimologia per Esseni non è ancora stata trovata, ma che si applica anche a numerosi gruppi diffusi in tutta la Palestina che includono anche la comunità di Qumran. Infine il riferimento di Giuseppe Flavio a un cancello degli Esseni nel Tempio suggerisce che una comunità essena vivesse nel quartiere della città o che regolarmente accedesse a questa parte dei recinti del Tempio.

    Georges Ivanovič Gurdjieff, nel suo libro I racconti di Belzebù a suo nipote, sostiene che gli Esseni sono stati i veri e più fedeli seguaci di Gesù.

    Territorio

     Secondo Giuseppe gli Esseni dimoravano non in una sola città ma in moltitudine in ogni città (Guerra Giudaica 2.124). Filone parla di più di quattromila Essaioi che vivevano nella Siria Palestinese (Quod Omn. Prob. XII.75), più precisamente, in molte città della Giudea e in molti villaggi e raggruppati in grandi comunità composte da numerosi membri (Hyp. 11.1). Alcuni studiosi e archeologi moderni hanno individuato un insediamento abitato dagli Esseni a Qumran, un altopiano nel Deserto della Giudea lungo il Mar Morto. Mentre la testimonianza di Plinio (sulla parte occidentale del Mar Morto, lontano dalla costa … [sopra] la città di Engeda)  tende a essere utilizzata a supporto di questa identificazione, non esiste tuttavia nessun’altra prova conclusiva di questa ipotesi. Tuttavia essa ha finito per dominare la discussione scientifica e la percezione collettiva sugli Esseni.

    I Nazareni

    Il Padre della Chiesa Epifanio (che scrisse intorno al IV secolo d.C.) sembra fare una distinzione tra due gruppi principali all’interno degli Esseni: "Coloro che vennero prima di lui [Elxai, un profeta Esseno], gli Ossaeni e i Nazareni." (Panarion 1:19). Epifanio descrive ogni gruppo nel modo seguente:

    Esseni Nazareni:

    "I Nazareni - erano Ebrei per provenienza - originariamente da Gileaditis [dove i primi seguaci di Yeshua fuggirono dopo il martirio di Giacomo, fratello di Gesù], Bashaniti e Transgiordani…Essi riconoscevano Mosè e credevano che avesse ricevuto delle leggi, ma non la nostra legge ma altre. E così, essi erano Ebrei che rispettavano tutte le osservanze ebraiche, ma non offrivano sacrifici e non mangiavano carne. Essi consideravano un sacrilegio mangiare carne o fare sacrifici con essa. Affermavano che i nostri Libri sono delle falsità, e che nessuno dei costumi che essi affermano sono stati istituiti dai padri. Questa era la differenza tra i Nazareni e gli altri…" (Panarion 1:18)

    Esseni Ossaeani:

    "Dopo la setta dei [Nazareni] viene un’altra setta legata strettamente a essi, chiamata Ossaeani. Costoro sono Giudei come i primi… originari della Nabataea, Ituraea, Moabitis e Arielis, le terre oltre il bacino che le Sacre Scritture chiamavano Mare di Sale… Sebbene siano diverse dalle altre sei sette essa si è separata da loro solo perché proibiscono l’uso dei libri di Mosè come fanno i Nazareni." (Panarion 1:19)

    Giuseppe aggiunge: "Oltre a essi, esiste un’altra frangia di Esseni che concordano per leggi e costumi ma differiscono nella visione del matrimonio." (Guerra Giudaica 2.160).

    Alcuni gruppi moderni che rivendicano una connessione con l’Essenismo, rivendicano anche la collocazione degli Ossaeani, che incoraggiavano il celibato, che sarebbe stata attorno all’area di Qumran; e dei Nazareni, che incoraggiavano il matrimonio, e sarebbero stati attorno all’area del Monte Carmelo.

    Leggi, usanze, teologia e credo

    I resoconti di Giuseppe e Filone mostrano che gli Esseni (Filone: Essaioi) conducevano una vita strettamente celibe, ma comunitaria − spesso paragonata dagli studiosi alla vita monastica buddista e in seguito cristiana − anche se Giuseppe parla di un altro "rango di Esseni" che si sposavano (Guerra 2.160-161). Secondo Giuseppe, avevano usanze e osservanze come la proprietà collettiva (Guerra 2.122; Ant. 18.20), eleggevano un capo che attendesse agli interessi di tutti e i cui ordini venivano obbediti (Guerra 2.123, 134), era loro vietato prestare giuramento (Guerra 2.135) e sacrificare animali (Filone, §75), controllavano la loro collera e fungevano da canali di pace (Guerra 2.135), portavano armi solo per protezione contro i rapinatori (Guerra 2.125), e non avevano schiavi, ma si servivano a vicenda (Ant. 18.21) e, come conseguenza della proprietà comune, non erano dediti ai commerci (Guerra 2.127). Sia Giuseppe sia Filone hanno lunghi resoconti dei loro incontri comunitari, pranzi e celebrazioni religiose.

    Da quanto si è dedotto, il cibo degli Esseni non poteva essere alterato (con la cottura ad esempio); e potrebbero essere stati strettamente vegetariani, mangiando principalmente pane, radici selvatiche e frutta. Dopo un totale di tre anni di prova (Guerra 2.137-138), i membri appena unitisi prestavano un giuramento che comprendeva l’impegno a praticare la pietà verso la divinità e l’aderenza a principi morali verso l’umanità, per mantenere uno stile di vita puro, di astenersi da attività criminose e immorali, di trasmettere intatte le loro leggi e di preservare il libro degli Esseni e il nome degli Angeli (Guerra 2.139-142). La loro teologia includeva il credo nell’immortalità dell’anima e il fatto che avrebbero ricevuto indietro le loro anime dopo la morte (Guerra 2.153-158, Ant. 18.18).

    Discussione tra studiosi

    Gli Esseni vengono discussi in dettaglio da Giuseppe e Filone. Molti studiosi credono che la comunità di Qumran, che presumibilmente produsse i Rotoli del Mar Morto, fu un ramo degli Esseni; comunque, questa teoria è stata disputata da Norman Golb e da altri studiosi. Alcuni suggeriscono che Gesù fosse un Esseno, e che la Cristianità evolse da questa setta dell’Ebraismo, con la quale condivide molte idee e simboli.

    Secondo Martin A. Larson, gli oggi incompresi Esseni erano Ebrei Pitagorici, che vivevano come monaci. In quanto vegetariani e celibi, in comunità autosufficienti, che evitavano il matrimonio e la famiglia, essi predicavano una guerra incombente con i Figli del Buio. In quanto Figli della Luce, ciò rifletteva un’influenza separata dallo Zoroastrismo attraverso la loro ideologia parente del Pitagorismo. Secondo Larson, sia gli Esseni sia i Pitagorici ricordavano i thiasoi, o le unità di culto dei misteri orfici. Giovanni il Battista viene ampiamente considerato come un ottimo esempio di Esseno che aveva lasciato la vita comunitaria (si veda Ant. 18.116-119), ed è forse perché aspiravano a emulare il loro proprio fondatore Maestro di moralità, che venne crocifisso. - Precisazione di altro autore - Non è chiaro chi sia il soggetto delle ultime due affermazioni, sembrerebbe Giovanni Battista, il quale : è fuori discussione che fosse il fondatore della setta degli Esseni (non lo era) e pare abbastanza certo che non fu crocifisso bensì decapitato. - Fine precisazione -

    Un’altra questione è la relazione tra gli Essaioi e i Therapeutae e Therapeutrides di Filone (si veda De Vita Contemplativa). Si può sostenere che egli considerava i Therapeutae come una branca contemplativa degli Essaioi i quali, diceva, ricercavano una vita attiva (Vita Cont. I.1).

    Testi e documenti storici

    Gran parte dei documenti storici sugli esseni derivano dai ritrovamenti archeologici nel sito di Qumran, prima di questi ritrovamenti si conoscevano solo alcune citazioni da parte di scrittori antichi, in particolare Ippolito Romano, Plinio il Vecchio, Filone Alessandrino e Flavio Giuseppe (antichità Giudaiche e Guerre Giudaiche) che la chiamano setta degli esseni (Hasidim, in greco Haghoi cioè santi).

    Nel 1947, in una zona desertica a 30 km da Gerusalemme, grazie a una scoperta fortuita da parte di un pastorello di nome Mohammed Adh Dhib vennero rinvenute delle giare contenenti dei rotoli di pelle avvolti in brandelli di tela. Il materiale in larga parte venne rivenduto a un trafficante di nome Kando che a sua volta lo rivendette al governo israeliano. Negli anni seguenti sono stati rinvenuti, in undici grotte della zona, circa 900 rotoli, alcuni ridotti in frammenti altri in discreta condizione di integrità. Ben 200 di essi riguardavano libri o parti di libri dell’antico Testamento.

    In particolare l’intero rotolo di Isaia, oggi conservato nel Museo detto Scrigno del Libro a Gerusalemme. Vennero ritrovati anche i rotoli con le regole della comunità e tanti altri che permisero di far luce sulla misteriosa comunità essena. Un team di studiosi internazionale presieduto da padre De Vaux, un domenicano residente in Giordania, ma costituito da studiosi anche acattolici ed ebrei cominciò a studiare i reperti sin dalla metà degli anni cinquanta. Lo studio, non sappiamo se volutamente o meno, è stato piuttosto lungo e laborioso. Oggi, dopo circa sessant’anni dalla scoperta, tutto il materiale è stato messo a disposizione della comunità scientifica.

    Tra i principali documenti pubblicati vi sono:

    la Regola della comunità;

    la Regola dell’assemblea;

    la Regola della guerra dei Figli della Luce contro i Figli delle Tenebre;

    I rotoli di Isaia

    il Commentario ad Abacuc;

    il Documento di Damasco.

    Usi e Costumi esseni

    Le loro speranze messianiche erano riposte nel Re dei Giudei che li avrebbe liberati con le armi dal giogo pagano per edificare il Regno terreno di Yahweh e nel sommo sacerdote, ossia nel messia, Aronne.

    Nei loro testi fanno riferimento un Maestro di Giustizia morto a causa della sua lotta contro l’empietà.

    Abolita ogni proprietà personale, praticavano la comunanza dei beni, si contentavano del necessario e, di quanto producevano o possedevano in comune, facevano baratto. Dediti ai lavori di agricoltura, di allevamento, di apicultura e di artigianato, alternavano ore di attività con momenti di preghiera. Contrari alla violenza e attenti al rispetto degli animali, che non sacrificavano, rifiutavano di essere arruolati e di fabbricare armi, professando l’uguaglianza di tutti gli uomini e dichiarandosi artigiani di pace.

    Dediti al servizio di Dio nel celibato, gli Esseni coltivavano la pietà e la coerenza etica, come prescriveva la Torah che leggevano di continuo, specialmente di sabato, giornata che trascorrevano nell’osservanza più rigorosa. In questo giorno si svolgeva la lettura solenne, commentata da uno dei più colti fra loro, secondo l’esegesi allegorica. Cominciavano la giornata con la preghiera davanti al sole, lavoravano in silenzio fino alle undici quando insieme, cinti di un panno di lino, facevano abluzioni di acqua fredda; solo dopo questo bagno entravano nel refettorio loro riservato per il pasto frugale, consumato soltanto dopo una preghiera di benedizione da parte di un sacerdote. Terminato il pasto, elevavano una preghiera di ringraziamento, si toglievano la veste bianca comune e riprendevano il lavoro in silenzio fino a sera, quando insieme si riunivano per un altro pasto comunitario.

    L’ammissione alla comunità, avveniva tramite l’adozione di figli altrui, o l’accesso di nuovi giovani adepti. L’ammissione era peraltro selettiva e solo dopo tre anni di iniziazione, costituita da prove, si entrava a far parte del gruppo con un pasto comune e un giuramento solenne davanti alla comunità: con questo atto i neofiti assumevano l’impegno di essere totalmente leali e di non rivelare nulla ai profani, neppure se torturati a morte. Gli iniziati dovevano tacere soprattutto sulle dottrine esoteriche dei libri antichi e sui nomi degli angeli, oggetto di speculazione mistico-teologica. La struttura del gruppo esseno era gerarchica e comprendeva i gradi di postulante, di novizio e di iniziato. Sotto il profilo dottrinale gli Esseni sostenevano l’immortalità dell’anima e professavano un’escatologia di retribuzione per buoni e malvagi. Ammettevano pure la resurrezione, il giudizio finale e la fine del mondo. Tra loro, dice Giuseppe Flavio, vi furono veggenti e profeti.

    Il gruppo degli Esseni subì influssi esterni all’ebraismo: la sottolineatura del dualismo bene-male, l’atteggiamento di venerazione di fronte al sole, la dottrina sugli angeli, la presenza di bagni rituali si collegano a tradizioni iraniche o parsi. Così come il celibato, il cenobitismo, la riprovazione dei sacrifici cruenti e dell’olio, rinvierebbero a tradizioni buddhiste, se avessimo comprovati documenti di contatti culturali tra India e Palestina nel periodo ellenistico-romano. Quanto al silenzio comunitario, agli anni di noviziato, alle vesti bianche, alle prescrizioni della dieta, all’esoterismo della dottrina garantita dal giuramento, all’escatologia, il collegamento con le scuole filosofiche greche viene quasi spontaneo, specie con la tradizione pitagorica.

    I testi detti Regola della comunità e Regola dell’assemblea regolavano ogni aspetto della vita comunitaria degli esseni.

    Era previsto che in un gruppo di 10 uomini vi fosse almeno un sacerdote, che quando questi si riuniscono a cena per discutere e chiedere chiarimenti al sacerdote si disponessero a tavola secondo la scala gerarchica e che questi avessero a tavola sia del pane sia del vino; il primo a toccare pane e vino doveva essere il sacerdote (definito in quest’indicazione messia d’Israele) che li benediceva, quindi tutti gli altri commensali, che benedicevano anche loro il pane ciascuno secondo la propria dignità.

    Rapporti tra esseni e zeloti

    Tra i reperti di Qumran si ritrovano tracce che collegano la comunità essena ai rivoltosi zeloti, come ad esempio il Rotolo della guerra.

    L’attendibilità di Ippolito Romano è, tuttavia, messa in dubbio da alcuni storici (Laura Gusella, Gabriele Boccaccini).

    Rapporti con il cristianesimo

    Alcune usanze essene erano molto simili a quelle cristiane dei primi secoli e ciò potrebbe essere dovuto alla comune origine giudaica e all’uso delle medesime scritture bibliche. Nonostante ciò, i numerosi paralleli esistenti tra gli scritti di Qumran e i vangeli canonici, hanno convinto un buon numero di studiosi del fatto che le dottrine e le tradizioni delle comunità essene abbiano costituito la base fondamentale sulla quale si è successivamente sviluppato il Cristianesimo.

    Gli indizi emersi dalle ricerche filologiche, storiche e archeologiche, testimoniano l’esistenza di rapporti tra esseni e cristiani, e legittimano l’ipotesi secondo la quale il cristianesimo e l’essenismo siano legati da una stretta parentela. In particolare, le scoperte dell’archeologo Bargil Pixner, documentate da vari esperti, tra i quali Rainer Riesner, hanno evidenziato un fatto di eccezionale rilevanza: il primo luogo di riunione della prima comunità cristiana a Gerusalemme, nonché il luogo ove si svolse l’ultima cena, era ubicato nelle immediate vicinanze del quartiere degli esseni a Gerusalemme: esseni e primi cristiani sarebbero vissuti a Gerusalemme, per così dire, porta a porta.[2][3] Ciò rende estremamente plausibile l’ipotesi di contatti diretti e frequenti tra esseni e cristiani.

    Inoltre, alcune evidenze di ordine storico, hanno convinto molti studiosi del fatto che siano avvenute conversioni in massa di esseni al cristianesimo. Secondo Otto Betz e Rainer Riesner: Dobbiamo anche tener conto che un gran numero di esseni si convertì a Gesù come messia. Questi esseni convertiti formavano una cerchia di teologi che per quei tempi poteva ritenersi altamente qualificata. Essi erano in grado di pensare e studiare a fondo chi sia stato Gesù e in che modo ci abbia portato la salvezza. Sul tema dei paralleli tra esseni e cristiani, i due autori affermano: Vi sono stati occasionalmente, a dire il vero, dei tentativi di negare in ampia misura le somiglianze emerse, ma questi non necessari sforzi apologetici rimangono in minoranza.

    Similitudini con la dottrina cristiana

    Le similitudini con la dottrina cristiana sono numerosissime e possono essere divise, in linea di principio, in due categorie: similitudini filologiche e similitudini relative alle usanze rituali, alla teologia e alle consuetudini organizzative.

    Similitudini filologiche:

    Sono quelle che emergono dal confronto tra i manoscritti degli esseni e gli scritti del Nuovo Testamento. Secondo Betz e Riesner: È davvero sorprendente constatare quanto spesso essenismo e cristianesimo primitivo facciano riferimento a un gruppo ben definito di testi veterotestamentari. Poteva esserci, qui, la stessa tradizione esegetica.[4] Jean Daniélou identifica questa comune tradizione esegetica in una raccolta di Testimonia messianiche (4QTest/4Q175) rinvenuta a Qumran, contenente una selezione di profezie dell’Antico Testamento, che sarebbe stata utilizzata anche dai primi cristiani.[5] Esistono, inoltre, paralleli filologici che risultano estranei alle tradizioni giudaiche veterotestamentarie. Ad esempio i temi relativi ai figli della luce e i figli delle tenebre, i molti / la maggior parte, la giustificazione solo per grazia, la figura del mebaqqer (ispettore, ἐπίσκοπος[6]) rappresentano punti di contatto presenti nell’essenismo e nel cristianesimo, ma assenti nelle tradizioni esegetiche del giudaismo coevo, rappresentato da gruppi quali i Farisei e i Sadducei, la cui impostazione culturale era improntata a una fedele e rigorosa osservanza e conformità agli scritti dell’Antico Testamento. Secondo Danielou, si tratta di temi in cui è più chiara la dipendenza del cristianesimo nei confronti di Qumran.[7]

    Per quanto riguarda le analisi filologiche comparative, André Paul afferma: Tra gli scritti di Qumran e il Nuovo Testamento anche le rassomiglianze sono precise. Un dato testo particolare, una data espressione o titolo trovano in entrambi corrispondenze sorprendenti. La materia è così ricca che la scelta diventa necessaria.[8] Joseph Fitzmyer fa notare che: le formule introduttorie del Nuovo Testamento erano invariabilmente più vicine alle formule di Qumran che alle formule mishnaiche, talvolta anche una traduzione letterale delle formule di Qumran.[9] Martinez e Barrera aggiungono: Certo è che i testi del Nuovo Testamento mostrano numerosi paralleli e punti di contatto con quelli di Qumran. Poiché gli scritti esseni sono più antichi di quelli cristiani, è logico supporre che i primi possono avere influito sui secondi.[10]

    Similitudini relative alle usanze rituali, alla teologia e alle consuetudini organizzative:

    Anche in questi casi le similitudini risultano significative a causa della divergenza esistente tra l’essenismo e le coeve usanze e tradizioni giudaiche. Jean Danielou sottolinea che: Fu quando la prima chiesa incominciò a svilupparsi, che essa dovette darsi una forma più istituzionale. E qui ancora emergono i punti di contatto con la comunità di Qumran. […] Risulta così evidente che la prima comunità cristiana è immersa in un ambiente ebreo e vicino a Qumran, dal quale essa riprende numerose forme di espressione.[11]

    Tra le usanze rituali e teologiche, che presentano significative similitudini tra essenismo e cristianesimo, si possono ricordare: i pasti comunitari, le preghiere quotidiane, il battesimo, il calendario solare, la Didaché, il Testamento dei XII patriarchi, la resurrezione dai morti, le beatitudini. Tra le consuetudini organizzative: il matrimonio e il divorzio, la comunione dei beni, l’organizzazione gerarchica, l’organizzazione giudiziaria, l’ascetismo, la vita associata, l’ospitalità.

    Nei paragrafi seguenti sono elencati alcuni paralleli tratti dai manoscritti di Qumran e dagli scritti neotestamentari, e altri aspetti riguardanti le usanze rituali e sociali delle rispettive comunità:

    Scribi e Farisei

    La Comunità di Qumran presenta similitudini notevoli con la testimonianza evangelica; infatti nell’attesa della liberazione dall’oppressione romana, si ponevano in conflitto con la classe politica e sacerdotale (i sadducei etichettati come collaborazionisti), gli scribi e i farisei messi alla berlina anche da Gesù (farisei, sadducei, scribi, pubblicani… guai a voi! in Matteo 23)

    Il rito cenobitico

    Era previsto che in un gruppo di 10 uomini vi fosse almeno unsacerdote, che quando questi si riuniscono a cena per discutere e chiedere chiarimenti al sacerdote si disponessero a tavola secondo la scala gerarchica e che questi avessero a tavola sia del pane sia del vino; il primo a toccare pane e vino doveva essere il sacerdote (definito in quest’indicazione messia d’Israele) che li benediceva, quindi tutti gli altri commensali, che benedicevano anche loro il pane ciascuno secondo la propria dignità.

    I Molti

    Un esempio che si cita spesso è costituito dall’espressione i molti / la maggior parte, un termine generico che è venuto a designare un intero gruppo di fedeli in diversi passi del Nuovo Testamento. È probabile che nelle parole eucaristiche di Gesù, come sono riportate in Matteo e in Marco, il termine sia usato per indicare il gruppo dei discepoli, mentre nel testo parallelo, Luca abbia sentito la necessità di spiegarne il significato per i suoi lettori.

    Un caso più chiaro è nella Seconda Lettera ai Corinti di Paolo:

    A Qumran i membri a pieno diritto sono designati con la stessa parola ebraica che sta dietro l’espressione paolina i molti / la maggior parte. La Regola della comunità detta norme su chi può parlare e quando può intervenire durante le assemblee generali di tutto il gruppo:

    Il termine compare in questo senso: 26 volte nelle colonne VI-VIII, una volta nella colonna IX, e tre volte nel Documento di Damasco. In alcuni di questi casi è chiaro che i molti avevano funzioni giudiziarie, proprio come in 2 Corinti:

    Grazie ai testi di Qumran, oggi è finalmente chiaro che le espressioni neotestamentarie i molti o la maggioranza indicano sempre la totalità degli uomini o dei membri della comunità.

    Il rito eucaristico

    Il rito dell’eucaristia, descritto dall’evangelista Luca:

    Presenta dei paralleli con alcuni riti esseni, tuttavia, come riferisce il Vangelo di Giovanni, durante la cena Gesù lavò i piedi ai suoi discepoli e disse loro di farlo l’un l’altro:

    Alle similitudini eucaristiche con il rito esseno corrisponde una grande differenza: Non vi è ordine gerarchico, non vi è sottomissione di casta o di livello. Il maestro Gesù invece lava i piedi ai discepoli; ma soprattutto, gli esseni dovevano lavarsi -prima- di essere a tavola, non sarebbe stata tollerata perché impura, una vasca d’acqua per i piedi durante il pasto.

    Le similitudini non giustificano inoltre l’idea di una vera e propria derivazione del rito cristiano da quello esseno. Al riguardo scrive Hans Conzelmann:

    Partendo dall’ebraicità di Gesù appariva piuttosto difficile giustificare il  rito eucaristico, ossia il cibarsi del sangue e della carne del dio, atto apertamente blasfemo per la comunità ebraica del tempo sebbene piuttosto diffuso in altre religioni orientali. Questo tema era già sentito in età apostolica, e la lettera agli ebrei dà un’interpretazione rivolta all’ebraismo della morte di Cristo, mettendola in relazione con i sacrifici del tempio di Gerusalemme, durante i quali gli animali venivano uccisi e consumati.

    Il tema del deserto

    Il tema del deserto, presente nel racconto su Giovanni Battista dell’evangelista Marco:

    Presenta dei paralleli con un passo della regola della comunità:

    Entrambe le citazioni provengono da un passo del profeta Isaia, riportato nel libro di Isaia:

    Ma ciò non desta molta meraviglia in quanto il libro di Isaia era ampiamente utilizzato e copiato a Qumran ed era utilizzato da tutti gli ebrei per i risvolti messianici ed escatologici. Anche in ambito cristiano i risvolti profetici messianici ed escatologici vennero marcati e sottolineati.

    I Figli della Luce

    Il tema della luce è presente in vari passi del vangelo secondo Giovanni:

    Questo presenta dei paralleli con alcuni documenti esseni:

    L’organizzazione gerarchica

    L’organizzazione di Qumran comprendeva per prima cosa, il Consiglio dei Dodici. Ma al di sotto, esistevano degli ispettori (mebaqqer) che avevano la responsabilità di gruppi ristretti. I loro compiti consistevano principalmente nel ricevere ed esaminare i nuovi membri, nel presiedere le riunioni, in incarichi di tipo economico relativi alla gestione dei beni dei membri della comunità. Il mebaqqer si prende cura dei molti come un padre, consolando, sostenendo, correggendo; esamina i nuovi aspiranti in ogni cosa, dalle loro azioni alla loro intelligenza, forza, ricchezza e vigila che non entri nessun indegno. Il termine esseno mebaqqer corrisponde esattamente al termine greco episkopos (ispettore, sovrintendente) che, nella prima comunità cristiana, designava un’autorità con un grado inferiore al consiglio dei dodici apostoli.

    Le funzioni dell’episkopos cristiano, coincidevano con quelle del mebaqqer esseno: essi dirigevano le riunioni, si occupavano dell’ammissione dei nuovi membri interrogandoli e battezzandoli, gestivano i beni comuni, e provvedevano ai bisogni della comunità. Inoltre esisteva un altro gruppo nella comunità cristiana: quello dei profeti, di cui ci parla la Didaché e il Pastore di Erma. Secondo Adalbert Hamman[12] che cita le testimonianze di Giustino e Ireneo, i profeti cristiani avevano ricevuto il dono di guarire, di parlare varie lingue e di conoscere il futuro. Flavio Giuseppe menziona numerosi esseni che erano profeti e veggenti, Filone parla di esseni guaritori dei mali del corpo e dell’anima. Essi assolvevano pertanto una funzione all’interno della comunità, che presenta significative similitudini con il gruppo dei profeti cristiani.[13]

    Differenze con la dottrina cristiana

    La maggior parte degli studiosi che si occupano dello studio dei rotoli del Mar Morto concorda nel trovare affinità e consistenti similitudini comportamentali col primo cristianesimo, soprattutto di matrice giudaica. Il cristianesimo condivide infatti con il giudaismo il complesso delle scritture dette Antico Testamento, lo stesso concetto monoteistico di Dio e l’affermazione che egli è l’unico creatore. Vengono condivise le leggi morali della Torah, l’attesa del Messia, il concetto di resurrezione corporale, la credenza negli angeli e il giudizio finale. Gli esseni in definitiva non sono che una delle tante fazioni religiose che costituiscono il giudaismo di cui condividono le scritture e l’osservanza delle leggi cerimoniali levitiche; Dove si riscontrano difformità è invece per quanto riguarda il loro isolazionismo e il complesso sistema di norme che regola il loro tipico modo di vivere e il loro comportamento. Questo è concettualmente riassumibile in quattro termini: Ascetismo, legalismo, ritualismo ed esclusivismo.

    Ascetismo

    La personalità del Gesù tratteggiata dai Vangeli e predicata dagli apostoli è tutt’altra; Gesù infatti si schiera contro l’ascetismo, non insegna a estraniarsi dal mondo come richiede il codice di vita esseno ma ad andare addirittura verso il mondo a predicare il vangelo di salvezza. L’ascetismo, nell’ambito del cristianesimo, comincerà a manifestarsi due secoli dopo con Sant’Antonio, i Padri del deserto e Pacomio. In occidente ancora più tardi con San Benedetto e San Bernardo.

    Hans Conzelmann, critico storico, afferma al riguardo:

    E ancora più specificamente:

    A chiarire ulteriormente il fatto Hans Kung dell’università di Tubinga scrive:

    e ancora chiarisce:

    Nella sua opera Gesù visto dai contemporanei Frederick Bruce descrive le caratteristiche ascetiche della comunità essena:

    Per quanto riguarda la presenza di pratiche ascetiche nel cristianesimo primitivo, e l’influsso che l’essenismo avrebbe esercitato su tali pratiche, esistono tuttavia numerose opinioni contrarie a quelle sopra enunciate. In particolare:

    Adalbert Hamman, docente all’Istituto Patristico di Roma, afferma:

    Jorge Sangrador, dell’Università Pontificia di Salamanca, ha condotto uno studio sul cristianesimo del I secolo in Egitto. Come è noto, la comunità di Alessandria in Egitto, rappresenta una delle più antiche istituzioni cristiane, costituita già nel I secolo, probabilmente a opera dell’evangelista Marco. Ebbene, sulla base di alcune testimonianze storiche, Sangrador afferma che, alle origini del cristianesimo alessandrino, ci sia stata la

    Johannes Quasten, docente all’Istituto Patristico di Roma, afferma che:

    Secondo Dietrich Bonhoeffer, teologo, l’ascetismo era parte integrante delle modalità di vita dei primi cristiani e derivava direttamente dagli insegnamenti del Cristo:

    e aggiunge:

    Questi autori dunque, affermano e documentano la presenza e l’ampia diffusione di pratiche ascetiche nel cristianesimo del I secolo, a partire sin dalle origini delle prime comunità cristiane: l’ascetismo era praticato da numerosi cristiani, ed era parte integrante dell’insegnamento che ricevevano all’interno della comunità di appartenenza. Esistono, inoltre, ulteriori testimonianze di numerosi autori che affermano la diretta derivazione dell’ascetismo cristiano dalle pratiche ascetiche degli esseni. In particolare:

    Joseph Fitzmyer, docente alla Catholic University of America, afferma che:

    Rainer Riesner, docente all’Università di Tubinga, ribadisce che:

    E acclude in nota un elenco di autori favorevoli a questa tesi:

    J. M. BAUMGARTEN,[14] R. LAURENTIN,[15] A. VOOBUS,[16] A. ADAM,[17] M. BLACK,[18] G. ANDERSON.[19]

    In conclusione, la maggior parte degli esperti citati, non solo concorda nel collocare gli inizi dell’ascetismo cristiano in un’epoca corrispondente alla formazione delle prime comunità cristiane, nel I secolo, ma afferma anche che queste pratiche ascetiche furono importate dall’essenismo.

    Legalismo

    L’organizzazione delle comunità cristiane primitive appare piuttosto semplice a differenza delle ferree regole che vigono nelle comunità essene. I resoconti degli Atti degli apostoli, ma anche i documenti più antichi non ritenuti apocrifi, come la Didachè e la I Lettera di Clemente (tutti documenti del I secolo), non ci presentano una struttura gerarchica alla guida della comunità, ma piuttosto una collegialità di anziani, a cui si affiancano i cosiddetti predicatori carismatici itineranti (al riguardo dei quali la Didachè dà ampia notizia e reca consigli pratici) vengono consumati i pasti comuni, detti agapi nel corso dei quali viene spezzato il pane e distribuito il vino senza un cerimoniale né un approccio sacramentale ( a regolare il fatto interverrà infatti Paolo nella sua Lettera ai Corinti) e viene ampiamente praticata l’ospitalità. Al riguardo afferma Hans Conzelmann:

    Mentre l’essenismo prescriveva l’osservanza minuziosa di doveri e precetti, Gesù affermava esattamente il contrario scontrandosi proprio con i fautori del legalismo, i Farisei, da lui accusati di essere coloro che impongono pesi insostenibili sulle spalle della gente. L’essenismo è caratterizzato inoltre da una estrema severità nei confronti di chi viola le prescrizioni della legge mosaica. Questo viene affermato anche da Hans Kung in maniera specifica:

    Gli esseni pur nella loro minuziosa osservanza della Legge mosaica, avevano un netto rifiuto del Tempio di Gerusalemme, dei suoi sacrifici e dei suoi Sommi sacerdoti, ritenuti usurpatori, posizione questa risalente al tempo degli Asmonei.

    Ritualismo

    Gesù è uno che viola il sabato e le prescrizioni rituali: è spesso accusato di essere uno che mangia e beve con i peccatori e le prostitute, cosa inconcepibile per un esseno il quale, prima di mettersi a tavola, doveva purificarsi con delle abluzioni rituali e vestirsi di bianco. Riferiscono i vangeli

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